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Quale Chiesa?


 





[cfr. News, 22.01.2023 e seguenti]
 

Indice
Parte 1: Ricominciamo dal Credo
Parte 2: Una parabola di 5 secoli
Parte 3: Epilogo e precisazioni
Parte 4: False alternative
Parte 5: Cambiamento, rivoluzione o apostasia?
Parte 6: "Uno spettro s'aggira per l'Europa" (in lavorazione)





Quale Chiesa?



Assai spesso le discussioni, nella società, sui media, persino in famiglia (ammesso che nelle famiglie si parli ancora … e di argomenti importanti) ed oggi più che mai anche nella Chiesa, sono logorroiche, inutili e inconcludenti, semplicemente perché non si risale alla radice delle questioni, non si affrontano i fondamenti o si danno per scontati; quando invece oggi più che mai è proprio là che nascono gli equivoci, gli errori e dunque tutto ciò che ne consegue.

Anche negli ambienti ecclesiali, proprio laddove si moltiplicano oggi all’inverosimile i discorsi e le discussioni sulla Chiesa, su ciò che debba essere e divenire, su ciò che debba programmare e fare (la fatidica “pastorale”), tutti credono di avere il diritto di parlare e persino di sentenziare; ma assai spesso, purtroppo, si dà appunto per scontato che si sappia davvero di cosa stiamo parlando (la Chiesa stessa) e quali siano i suoi fondamenti (nella Rivelazione stessa di Dio)!
 
Vorremmo in merito fornire qui (in alcune tappe) solo alcune brevi delucidazioni, con particolare attenzione, appunto, alle premesse anche più remote, assai raramente discusse o addirittura ignote, ed invece ovviamente decisive per comprendere davvero dove nascano certe conseguenze, talora persino disastrose.

Potremmo dire, sulla scia delle sagge Quaestiones disputatae medievali, che è anzitutto importante, per evitare equivoci, errori e discussioni inutili, fare una esplicatio terminorum (cioè intendersi anzitutto sul significato che hanno le parole!) e poi analizzare la correttezza almeno “logica” del procedimento razionale; per non ridurci appunto ad un vano parlare e discutere. E tale discorrere, è bene notarlo, rimarrebbe vano anche se comunitario (“sinodale”), perché il valore stesso del capire non sta nel “camminare insieme”, anche se può a certe condizioni essere utile, ma nel “camminare nella verità” e verso la conoscenza sempre più profonda di essa!

Si veda in proposito nel sito la sezione “Un aiuto per”, sottosezione “Per capire la fede”, dove le questioni, a mo’ di domande e risposte, sono appunto poste in modo consequenziale:
- perché, proprio in quanto uomo, non posso non occuparmi di Dio e di Cristo? [l’indifferenza, persino se conclamata, di fatto è esistenzialmente impossibile, oltre che assai rischiosa] [vedi Introduzione – ascolta pure audio-catechesi “Perché dovrei?”]
- possiamo conoscere la verità? Possiamo conoscere e ragionare anche su realtà meta-empiriche (invisibili)? [se le nostre conoscenze fossero limitate al campo sensibile o tuttalpiù al mondo della scienza, evidentemente la religione e la fede sarebbero estromesse dal campo del sapere e limitate al campo delle credenze soggettive, dei sentimenti, se non delle illusioni o delle falsità] [vedi questione 1]
- possiamo sapere con certezza che Dio esiste? [dimostrazioni razionali dell’esistenza di Dio, indipendentemente dalla fede e dalle religioni] [vedi questione 2]
- le religioni sono tutte uguali o equivalenti? [dipende solo da dove siamo nati o come siamo stati educati? oppure è possibile studiare anche razionalmente ed oggettivamente le loro differenze e la loro maggiore o minore profondità?] [vedi questione 3]
- Dio si è “rivelato” all’uomo? Si è pienamente e definitivamente rivelato in Cristo? Solo in Lui c’è salvezza? [dunque il cristianesimo non è solo una religione, ma la Verità assoluta, in quanto nasce dall’unico vero Dio, resosi anche presenza umana tra noi] [vedi questione 4]
- Gesù Cristo ha voluto e fondato la Chiesa cattolica per salvare eternamente tutti gli uomini della terra e della storia? [dunque non c’è equivalenza tra le sedicenti Chiese o Confessioni cristiane] [vedi questione 5]
[A seguire e di conseguenza: cos’è la vita cristiana (vedi questione 6), cosa ci aspetta dopo la morte e cosa dobbiamo fare per essere salvi eternamente (vedi questione 7 – ascolta pure audio-catechesi)]





Prima Parte


Con tutta probabilità, oggi più che mai la “confusione” regna sempre più sovrana, anche nella Chiesa, e le risposte si allontanano sempre più come un miraggio, proprio già a motivo dell’incomprensione della parola stessa verità!
Per questo, pur negli ovvii limiti di un intervento come questo, vogliamo e dobbiamo partire proprio da un accenno a tale “questione di fondo”.



[Una premessa gnoseologica]

Domande false
Per sé sono le risposte che possono essere vere o false.
Però anche le domande possono esserlo, anzi potrebbero essere esse stesse improponibili, quando ad esempio presuppongono a loro volta qualcosa di falso, cioè premesse erronee [se ad esempio volessi parlare di “Chiesa” presupponendo però che Dio non c’è o non si è rivelato o ancora che Gesù Cristo non abbia voluto fondare alcuna Chiesa per raggiungere e salvare tutti gli uomini della storia]!

Addirittura c’è una questione che sta al fondo di tutte le altre; e se non si rispondesse a quella diventerebbe inutile e persino impossibile affrontare tutte le altre. Almeno se desideriamo, come la nostra stessa mente desidera quando pone domande, risposte “vere” e non solo punti di vista, “opinioni” solo soggettive e come tali sempre mutevoli, contestabili, accolte o negate a piacimento.
È la questione stessa della verità. Infatti, se giungessimo a negare che esista la verità o si dubitasse che possiamo scoprirla (come oggi spesso accade, essendo sprofondati in una cultura relativista e nichilista), evidentemente ogni questione e ragionamento sarebbero annientati nel loro stesso sorgere e svilupparsi, abbandonando ogni discussione in un inutile e logorroico dibattito fine e se stesso (come infatti succede assai spesso, a cominciare dal mondo dei media, ma anche in quello dei social).
È però intanto interessante constatare, senza ombra di dubbio, che tale sospetto sarebbe per ciò stesso improponibile. Infatti, nessuno può dire “la verità non esiste” senza intanto volerne già affermare una!

Già nel VI secolo a.C. un pensatore greco (Epimenide di Creta) propose questa antinomia insolubile: “Un Cretese mi ha detto che tutti i Cretesi sono falsi”! In qualsiasi modo si consideri questa affermazione essa risulta impronunciabile: se quel Cretese ha ragione allora dice il vero e non è allora più vero che tutti i Cretesi siano falsi, essendo anch’egli un Cretese; se invece non ha ragione, cioè è falso che tutti i Cretesi siano falsi, allora vuol dire che qualcuno che dice il vero c'è. Dunque, quella frase è impronunciabile in se stessa. [Interessante che persino S. Paolo pare vi faccia riferimento nella sua lettera a Tito (Tt 1,12)].

Allo stesso modo, è altrettanto evidente che la verità è “una” (come l’essere, di cui la verità è il riflesso mentale) e che non possono esistere due verità tra loro opposte.

In filosofia si chiama “principio di identità” (o di “non-contraddizione” o “terzo escluso”), senza del quale, persino se volessimo negarlo, il nostro pensare e parlare sarebbe un puro “bla-bla”, un flatus vocis dicevano i medievali, e noi non potremmo più parlare ma dovremmo solo “stare zitti come un tronco” (così sottolinea Aristotele nel libro IV della sua Metafisica).

Se ciò può sembrare difficile o questioni per filosofi, osserviamo allora come tale evidenza stia alla base stessa del buonsenso, del nostro pensare e della nostra vita, come indubitabile, così che anche un bambino di 4 anni ne ha già chiara l’evidenza assoluta e indubitabile (anche se ovviamente non sa che si chiama “principio di non-contraddizione”).

Facciamo un esempio. Tornando dall’asilo un bambino chiede a due fratellini più grandi: “la mamma è in casa?”. Uno di essi risponde: “Sì, ti sta preparando la merenda”; mentre l’altro dice: “no, è andata a fare la spesa al supermercato”. Il bambino ovviamente non sa chi dei due fratelli ha ragione e chi invece dice una bugia, ma è sicurissimo che quelle due affermazioni non possono essere entrambe “vere”, non possono cioè avere entrambi ragione (semmai possono essere entrambe frasi false, dire una bugia entrambi, perché ad esempio la mamma non è né in casa né al supermercato ma è andata in palestra). Se invece uno dicesse proprio l’opposto dell’altro, cioè se un fratello dice “la mamma è in casa” e l’altro dice invece “la mamma non è in casa”, sparisce addirittura la possibilità che abbiano torto tutti e due, perché se ha ragione uno ha torto l’altro e viceversa. Non sa che in filosofia si chiama appunto “principio del terzo escluso” (l’essere si oppone a non-essere e non c’è una terza possibilità) ma di fatto è evidente anche a quel bambino che la mamma o “c’è” o “non c’è” e quindi o è vero che la mamma è in casa (e allora è falso che è fuori casa) o è falso che la mamma è in casa (e allora è vero che è fuori casa)! Questo ovviamente se per “fuori casa” intendiamo non nel giardino di casa ma proprio fuori dall’abitazione (ecco, se è necessaria, l’esplicatio terminorum cui accennavamo); ovviamente se tale opposizione si riferisce allo stesso momento (non che era fuori casa prima ma ora è in casa, o viceversa).

La verità è dunque una, perché l’essere non può coincidere col nulla (come aveva già evidenziato Parmenide all’inizio della storia del pensiero classico).
Inoltre la verità non muta! Se in questo momento stai leggendo questa frase, sarà vero per tutta l’eternità che in questo preciso momento stavi leggendo questa frase!

Dobbiamo dunque uscire dal labirinto folle del “secondo me”, del semplice “mi piace, non mi piace”, del “sono o non sono d’accordo” (senza neppure portare alcuna prova del perché non sono d’accordo e magari limitandomi a silenziare o persino insultare l’interlocutore, anche laddove cerchi di “dimostrarmi” razionalmente che la sua affermazione è vera). Dobbiamo cercare cos’è vero, cioè come stanno le cose (essere), più che inseguire le opinioni, tanto meno il comodo (dico così perché mi sta bene così, mi è utile così).
Anche se talora non è facile capire cosa sia “vero” (ma neanche sempre impossibile, come abbiamo ricordato, altrimenti non potremmo porre neppure questo sospetto, perché sarebbe erroneo pure esso!), dobbiamo con tutto noi stessi ricercare la verità, sinceramente, onestamente, senza pregiudizi e timori; e ciò, ovviamente, quanto più le questioni sono decisive per la vita o addirittura per la vita eterna!
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Dobbiamo però essere appunto sinceri e onesti con noi stessi, senza farci condizionare da fattori interni (stati d’animo, posizioni di comodo, passioni negative, come l’orgoglio, la superbia, l’egocentrismo, la pigrizia) o esterni (come “pensano o fanno tutti così!”), ma amando davvero la verità, anche se inizialmente potrebbe sembrare scomoda.
Non dimentichiamo inoltre che può sempre insinuarsi in tal senso il “padre della menzogna”, come Gesù stesso chiama il diavolo (cfr.
Gv 8,44), mentre poi in realtà è sempre  “la verità che ci libera” e ci salva (cfr. Gv 8,32).


Possiamo certo compiere questa ricerca anche con l’apporto di altri (un maestro, un educatore, un libro), specie di chiunque conosce bene le questioni e ragiona bene (e così sa meglio spiegarcele, maieuticamente), cercando di trovare risposte vere e sciogliere seriamente dubbi e sospetti. Si tenga però presente che la verità è al di sopra di tutti e non dipende da nessuno, nemmeno dall'autorità o dalla maggioranza!


Come già ricordato, è talora necessario risalire alle sorgenti stesse delle questioni, perché magari le divergenze e opposizioni nascono proprio da errori, equivoci o ignoranza su tali sorgenti; in tal caso sarebbe appunto inutile discutere sulle conseguenze
(come del resto si farebbe in un procedimento matematico, dove i passaggi potrebbero al limite anche essere corretti e persino geniali, ma il risultato sarebbe comunque erroneo se qualcuno si fosse addirittura sbagliato a scrivere il testo iniziale). Senza l’attenzione e la verifica di tali premesse di una questione, allora ogni discussione, magari logorroica, potrebbe risultare inutile e persino irritante.

Per esempio …
Come si potrebbe dialogare o discutere, se fossimo convinti che la verità non c’è o non si possa conoscere? Si pensi in tal senso all’inutile e persino ossessiva accentuazione del “dialogo”, vero e proprio 'mantra' della Chiesa contemporanea, che rimarrebbe un’ingannevole parola vuota se non ci fosse la “verità-una” e la possibilità di trovarla, anche attraverso un vero “dia-logos”!
Ancora; come potrebbe uno scienziato anche solo iniziare la propria ricerca se pensasse ad esempio che la Natura sia puro Caos o non si possano assolutamente conoscere le sue leggi? [Non a caso è stata proprio la concezione biblica della Natura come “Creato”, cioè opera intelligente di un Dio sommamente intelligente (Logos), a fornire le “premesse” (chiare nello stesso Galileo, vedi) per la nascita stessa della scienza moderna (vedi), le cui scoperte a loro volta confermano sempre più la struttura logica e razionale (persino matematica) della realtà].
Più banalmente, rimanendo nel quotidiano e addirittura nella circolazione stradale: se in un incidente stradale, ad esempio uno scontro tra due auto, si mettesse in discussione che esiste un Codice della strada (come pare in certe città, senza fare nomi!), con regole oggettive non interpretabili a piacimento, che tipo di discussione si potrebbe intrattenere? Chi potrebbe decidere chi ha avuto ragione e chi torto (con le conseguenze pure di riparazione dei danni causati, anche per l’assicurazione)?



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Ricominciamo dal Credo

Veniamo quindi alle questioni di fede e alla domanda che ci siamo posti in questo documento (quale Chiesa?).
Anzitutto, c
ome potrebbe uno ragionare e discutere su questioni religiose, di fede, che riguardano cioè trascendenza, la rivelazione divina, se avesse il pertinace pregiudizio che esse sono pure credenze irrazionali, semplici opinioni, sentimenti o gusti personali, cioè interpretabili di volta in volta, in modo soggettivo e secondo i tempi, o addirittura pensasse che si tratti di falsità, di pure costruzioni umane?
Come uno potrebbe discutere di cristianesimo, di fede, di Chiesa, di sacramenti, dell’aldilà, se si escludesse “a priori” che Dio si è rivelato all’uomo e ci ha donato Egli stesso anche queste risposte?

Ecco in proposito due aneddoti persino divertenti …
Una volta un penitente che si stava confessando da un sacerdote, al termine dell’accusa anche precisa dei propri peccati, aggiunse: “ho dimenticato di dire che io non credo in Dio!”    Cosa ci rimane di quella Confessione?
Una volta un anziano popolano si recò dal Parroco per far celebrare una Messa in suffragio dell’anima della propria moglie da poco defunta, ma giustificò la sua richiesta così: “non so se Dio c’è, ma i morti ci sono, per cui dica una Messa per mia moglie!”    Da dove cominciare per fargli capire?!


Se poi qualcuno pensasse che si tratti solo di astratte elucubrazioni filosofiche o di questioni di secondaria importanza per la Chiesa, e che non sia necessario e urgente risalire alle “questioni di fondo” (oggi per nulla scontate!) per la fede stessa, allora facciamo parlare lo stesso S. Paolo (ed è Parola di Dio perché testo biblico del Nuovo Testamento e come tale viene presentato anche alla S. Messa, cui rispondiamo con gioia “Rendiamo grazie a Dio”!). Rispondendo ad alcuni della comunità di Corinto che mettevano in dubbio la risurrezione dei morti (punto invece decisivo della fede), egli fa giustamente risalire questa certezza al “fatto” della Risurrezione di Cristo, fondamento stesso della fede cristiana, senza del quale il cristianesimo semplicemente non esisterebbe [perché se non fosse risorto Gesù sarebbe stato un falso e ingannatore, parlando della sua divinità (cfr. Gv 14,8-9) e di essere Egli stesso la “risurrezione e la vita” (cfr. Gv 11,25) mentre sarebbe un cadavere marcito in una tomba venti secoli fa)]: “Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” (1Cor 15,14). Come dire: se Gesù non è risorto, allora “chiudiamo baracca”, perché è tutto falso e la fede cristiana è una grande menzogna! E sarebbe inutile stare a parlare poi di tutte le altre questioni di fede (Chiesa, Sacramenti, Comandamenti, Inferno e Paradiso)!

In seguito faremo qualche accenno all’attuale tragica situazione di gran parte della Chiesa Cattolica nell’Europa centro-occidentale. La drammaticità della situazione ecclesiale è data, oltre che dal tracollo del numero dei Cattolici, anche dal fatto che tra la maggior parte degli stessi residuali Cattolici non si sappia praticamente più cosa sia la fede cattolica, nemmeno sulle questioni appunto fondamentali!
Ecco alcuni dati …
In Olanda, nonostante tutta l’enfasi (anche in Italia!) creata in quel tempo attorno al loro nuovo (ed eretico*) Catechismo della Chiesa Olandese, pubblicato nel 1966 immediatamente dopo il Concilio (assise dove peraltro l’episcopato olandese, insieme a quello belga e tedesco, ha avuto un ruolo da leadership), i Cattolici in pochi anni sono passati dal 41% al 23% della popolazione (e i Protestanti, che tanto inseguiamo nelle loro innovazioni, hanno avuto un calo ancora maggiore: dal 36% al 10%).
Se poi andiamo a vedere in che cosa credano veramente oggi i Cattolici olandesi riscontriamo ad esempio che la maggior parte crede solo in un Dio generico (solo il 10% crede in un Dio personale, ancor meno nella SS.ma Trinità!), solo il 33% crede che Gesù sia davvero risorto, il 60% crede in modo generico e vago nell’Aldilà, neppure il 10% va a Messa la domenica, i giovani sono quasi inesistenti, pochissimi sono coloro che si sposano in chiesa e ancor meno quelli che fanno battezzare i propri figli.

* Le ambiguità teologiche e dottrinali del Catechismo olandese furono tali da richiedere nel 1968 un intervento correttivo del Vaticano, intervento rifiutato dagli stessi Vescovi olandesi, che nello stesso anno si opposero ufficialmente pure all’Enciclica di Paolo VI Humanae vitae. Si tenga poi presente che solo in Olanda Giovanni Paolo II (nel suo viaggio del maggio 1985) ebbe contestazioni proprio da parte di alcune realtà cattoliche!
Nel Belgio, dove ancora nel 1968 i Cattolici erano il 99% della popolazione (con un sovrano fortemente cattolico, Baldovino, di cui è in corso persino la Causa di beatificazione), ora sono quasi spariti, specie tra i giovani. Solo il 4% della popolazione va a Messa, solo il 25% si sposa in chiesa e il 50% fa battezzare i figli (il che significa che non si sa nemmeno più la necessità dei Sacramenti, istituiti da Cristo per la nostra salvezza).
Sulla situazione della Chiesa in Germania e sul suo sedicente Sinodo che rasenta sempre più lo scisma, torneremo in seguito; ma intanto tra i Cattolici neppure il 10% va a Messa, solo il 33% crede nella risurrezione di Cristo e solo il 40% crede nella vita eterna. Inoltre pochissimi giovani si sposano in chiesa e ancor meno fanno battezzare i figli.
In Austria i Cattolici in pochi decenni sono passati dall’89% al 58% della popolazione, ma va a Messa solo il 12% e i giovani sono praticamente spariti. [I Musulmani sono invece già l’8% della popolazione e in continua crescita]. Oltre a questo drammatico calo, anche nella Chiesa cattolica austriaca è in atto uno “scisma” di fatto (v. movimento “Wir sind Kirche”, Noi siamo Chiesa), che potrebbe però presto drammaticamente formalizzarsi.
Tra i pochi Cattolici della Svizzera, oltre alla S. Messa disertata dai più, la maggioranza ha queste posizioni sul Sacramento del Matrimonio: non crede all’indissolubilità (stabilita invece da Gesù stesso!), vuole quindi le la Comunione ai divorziati riaccompagnati ed è favorevole persino ai matrimoni omosessuali in chiesa. Anche nella Chiesa cattolica elvetica è vivo da tempo un movimento potenzialmente scismatico che vuole staccarsi dal Papa (“Los von Rom”, cioè “Via da Roma”).

Come si può dunque osservare, persino tra i Cattolici, pur residuali e in via di estinzione (basti pensare ai giovani, lasciati in una totale ignoranza religiosa* e in un drammatico deserto spirituale, giovani ai quali peraltro non interessa assolutamente nulla di tutte le discussioni ecclesiali!), non possiamo assolutamente più dare per scontato le questioni fondamentali della stessa fede cristiana cattolica!
* Anche tra i giovani di Roma (centro della Cattolicità e che vede pure la presenza di migliaia di preti e di suore), persino in ambiti accademici cattolici, è allarmante la percentuale di chi non sa ad esempio cosa sia la Bibbia, quali siano i 4 Vangeli (difficile che sappiano citare anche una sola frase di Gesù o un suo miracolo), i 7 Sacramenti, i 10 comandamenti …!


Dobbiamo con molta decisione considerare questa assenza di conoscenza delle più fondamentali questioni di fede, anche negli ambienti ecclesiali! Altrimenti tutto questo gran parlare che si fa oggi nella Chiesa, perfino in modo logorroico, circa la Chiesa stessa e le sue scelte, prospettive, programmazioni pastorali, cammini sinodali, rischia di non rendersi conto che si sta costruendo sul vuoto, con gran pericolo non solo per il futuro della Chiesa (e di conseguenza del mondo, che ha bisogno più che mai di Cristo Signore e della Sua grazia!) ma per la stessa salvezza eterna delle anime!

Se si credesse poi che le questioni di fondo della fede siano tramontate solo ai margini della Chiesa, è invece urgente avere il coraggio di riconoscere, per lo stesso bene eterno delle anime, che esse sono minate fin dai suoi vertici!
Facciamo un esempio, citando tra i tanti proprio la guida suprema (il Preposito Generale, detto popolarmente anche “Papa nero”, per il colore dell’abito e perché eletto a vita) di quell’Ordine religioso, fondato nel sec. XVI da S. Ignazio di Loyola, che nella storia ha rappresentato una punta di diamante della missione della Chiesa e della stessa cultura cattolica, cioè la Compagnia di Gesù (Gesuiti). Intervistato il 18.02.2017, tale "Generale", A. Sosa Abascal, forse per togliersi dall’imbarazzo di chi gli faceva osservare che l’Esortazione Amoris laetitia sembri contraddire (cfr. cap. 8) le parole stesse di Gesù sulla indissolubilità del Matrimonio e sul grave peccato di adulterio per chi si unisce coniugalmente con un'altra persona (cfr. Mt 5,32), egli così incredibilmente rispose: “Non sappiamo che cosa abbia detto davvero Gesù, perché allora non c’erano i registratori! Comunque bisogna contestualizzare le sue parole” (leggi). Cosa ci rimanga allora del cristianesimo dopo questa frase è difficile comprenderlo!

Non si scherza con Dio e con la Sua opera per la nostra salvezza (la Redenzione, ottenutaci a prezzo del Sangue di Cristo)!

Quando ad esempio non si parla più dello spirito, dello stato di grazia o di peccato delle anime, dell’eternità e della chiamata alla santità ma anche della terribile possibilità di dannarci, quando persino i Comandamenti sono sconosciuti o relativizzati, quando la Liturgia perde ogni dimensione sacrale, di culto e di adorazione di Dio, quando la virtù teologale della carità diventa sinonimo di volontariato, quando la “pastorale” si identifica con un attivismo per fare qualcosa per gli altri e la comunità cristiana con un gruppo (chiuso o “in uscita” non cambia!) dove il soprannaturale è sparito … in altre parole quando nella Chiesa non c’è più Cristo (o diventa un pretesto per fare qualcosa che con Lui non c’entra o semmai solo per vagamente “vederlo nel bisognoso”) e la legge suprema non è più quella della “salvezza eterna delle anime” … semplicemente è una Chiesa morta! E proprio per questo, al di là degli applausi apparenti di alcuni (specie dei media e di quei poteri forti che la vogliono proprio morta!) non interessa e non attrae più nessuno!

Si veda in proposito l’illuminante conferenza tenuta dal Cardinale Joseph Ratzinger (allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede) al Meeting di Rimini del 1990 (ascolta, spec. 33’/36’)
Ecco alcuni passaggi: “La Chiesa non è fine a se stessa …non può essere uno specchio che riflette solo se stesso o una finestra che invece di far passare la luce e permettere la visione le ostruisce … Ciò che conta nella Chiesa è la fede stessa … è questa la riforma di cui abbiamo bisogno! …
Oggi molti pensano (anche in ambiti abbastanza elevati della Chiesa), che una persona sia più cristiana quanto più impegnata in attività ecclesiali (fare qualcosa nella chiesa, darsi da fare, avere qualche impegno ecclesiale, o parlare della Chiesa). Può capitare che una persona sia ininterrottamente impegnata in attività ecclesiali e associazionistiche ma non sia affatto un cristiano! … mentre può capitare che uno non sia in alcuna attività pastorale, che non sia aggiornato sulle novità di politica ecclesiastica, che non prenda parte a Sinodi o voti in essi, ma segua la Parola di Dio e il Sacramento e viva con fede e con l’amore che deriva dalla fede e sia invece un vero cristiano!”



Se dunque ci chiediamo quale Chiesa dobbiamo costruire, evidentemente, come per ogni questione relativa alla fede cristiana cattolica, dobbiamo anzitutto chiederci, comprendere e desiderare solo questo: “Quale Chiesa ha fondato e voluto Gesù Cristo?”

Dato che la fede è anzitutto obbedienza a Dio che si è rivelato (cfr. ad es. S. Paolo: Rm 1,5; Rm 15,18; Rm 16,19; 2Cor 9,13;  2Cor 10,5-6; e S. Pietro: 1Pt 1,22), dobbiamo anzitutto chiederci ed approfondire, sulla linea del perenne fede della Chiesa Cattolica e del bimillenario insegnamento del Magistero, qual è la volontà di Dio! Essa è l’assoluta Verità (perché Dio non si sbaglia, non si contraddice, non ci inganna, non ha bisogno di aggiornarsi). E su questa Verità tutti (dal Papa all’ultimo cristiano, anzi ogni uomo) saremo un giorno giudicati!


Recuperiamo la vera fede. Ricominciamo dal Credo!


[
vedi la I parte del Catechismo della Chiesa Cattolica]



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Ecco in merito una significativa meditazione “patristica”*

* Patristica: i “Padri della Chiesa” sono gli autori sacri dei primi secoli (greci o latini) che attraverso i loro insegnamenti sono stati particolarmente importanti per l’approfondimento dell’autentica fede cattolica e che restano quindi un fondamentale punto di riferimento per la comprensione di essa.

Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme (vescovo del IV sec.)
(Catechesi. 5 sulla fede e il simbolo, 12-13; PG 33, 519-523)

Il simbolo della fede

“Nell’apprendere e professare la fede, abbraccia e ritieni soltanto quella che ora ti viene proposta dalla Chiesa ed è garantita da tutte le Scritture. Ma non tutti sono in grado di leggere le Scritture. Alcuni ne sono impediti da incapacità, altri da occupazioni varie. Ecco perché, ad impedire che l’anima riceva danno da questa ignoranza, tutto il dogma della nostra fede viene sintetizzato in poche frasi.
Io ti consiglio di portare questa fede con te come provvista da viaggio per tutti i giorni di tua vita e non prenderne mai altra fuori di essa, anche se noi stessi, cambiando idea, dovessimo insegnare il contrario di quel che insegniamo ora, oppure anche se un angelo del male, cambiandosi in angelo di luce, tentasse di indurti in errore. Così «se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un Vangelo diverso da quello che abbiamo predicato, sia anàtema!» (Gal 1, 8).
Cerca di ritenere bene a memoria il simbolo della fede. Esso non è stato fatto secondo capricci umani, ma è il risultato di una scelta dei punti più importanti di tutta la Scrittura. Essi compongono e formano l’unica dottrina della fede. E come un granellino di senapa, pur nella sua piccolezza, contiene in germe tutti i ramoscelli, così il simbolo della fede contiene, nelle sue brevi formule, tutta la somma di dottrina che si trova tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento.
Perciò, fratelli, conservate con ogni impegno la tradizione che vi viene trasmessa e scrivetene gli insegnamenti nel più profondo del cuore.
Vigilate attentamente perché il nemico non vi trovi indolenti e pigri e così vi derubi di questo tesoro. State in guardia perché nessun eretico stravolga le verità che vi sono state insegnate.
Ricordate che aver fede significa far fruttare la moneta che è stata posta nelle vostre mani. E non dimenticate che Dio vi chiederà conto di Ciò che vi è stato donato.
«Vi scongiuro», come dice l’Apostolo, «al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose, e di Cristo Gesù, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato» (1 Tm 6, 13), di conservare intatta fino al ritorno del Signore nostro Gesù Cristo questa fede che vi è stata insegnata.

Ti è stato affidato il tesoro della vita, e il Signore ti richiederà questo deposito nel giorno della sua venuta «che al tempo stabilito sarà a noi rivelata dal beato e unico sovrano, il re dei regnanti e Signore dei signori; il solo che possiede l’immortalità, che abita una luce inaccessibile, che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere» (1 Tm 6, 15-16). Al quale sia gloria, onore ed impero per i secoli eterni. Amen”


 

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Seconda parte



Una parabola di 500 anni

Nella Prima Parte abbiamo già osservato come errori che possono poi divenire persino “esplosivi”, sia sul piano culturale che esistenziale e persino in campo ecclesiale, abbiano quasi sempre radici lontane, sia in senso “logico” (cioè come premesse erronee o scorretto procedimento razionale) che in quello “storico” (passando persino da iniziali equivoci a grandi eresie, fino a provocare enormi danni alla Chiesa e alle anime).

In questa Seconda parte compiamo qualche sottolineatura in ordine a questa radice storica e culturale di ciò che oggi osserviamo non solo nella civiltà occidentale ma nella stessa Chiesa Cattolica.

[In merito, si possono ascoltare anche delle audio-catechesi (dell’autore), dall’omonimo canale YouTube, i cui links sono indicati nella sezione video del presente sito. Sono catechesi o conferenze racchiuse sotto il titolo di Introduzione alla fede e suddivise in 3 parti: “Il cristianesimo è vero” (ascolta 1A+1B), “L'inaudita crisi contemporanea” (ascolta 1C) e soprattutto “Il fondamento della crisi contemporanea” (ascolta 1D+1E)]


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L’epilogo di un cammino di cinque secoli


Tanto la Cristianità quanto la stessa civiltà europea e occidentale, che nella fede cristiana trova la propria principale radice, cinque secoli fa hanno conosciuto una deflagrante frattura, che ha posto fine al “luminoso” millennio cristiano chiamato poi Medioevo (vedi documento – sarà chiamato “oscurantismo” e “secoli bui” dallo spirito anticristiano dell’Illuminismo e come tale viene tuttora insegnato e rimane nell’immaginario collettivo) ed ha pure visto il sorgere di una gravissima eresia (Protestantesimo), che ha rotto con 15 secoli di fede cristiana e di storia della Chiesa ed ha spaccato (scisma) ineluttabilmente e definitivamente non solo l’unica Chiesa di Cristo ma la stessa Europa occidentale e l’intera cristianità mondiale (vedi).  
A livello culturale e di civiltà, l’Occidente, mentre si apriva alla scoperta di nuove terre e conosceva importanti progressi nel campo della scienza e della tecnica, ha iniziato un nuovo percorso culturale, che va in genere sotto il nome di “modernità”, che ha conosciuto un progressivo “decentramento” (simbolicamente si parlerà in tal senso di “rivoluzione copernicana”, come farà significativamente anche Kant all’inizio della sua Critica della ragion pura), non solo da Cristo ma dalla stessa verità in quanto tale, un cambiamento che, al di là appunto del progresso scientifico, tecnico e poi industriale, solo apparentemente sembrò esaltare l’uomo, ma prima l’ha lasciato solo con se stesso (senza più un riferimento trascendente), poi schiavo dei processi storici (strumento e vittima di “rivoluzioni” di ogni tipo) e infine dissolto nella Natura stessa (come oggi vediamo chiaramente), con un agghiacciante esito, già presente da tempo ma non ancora totalmente esploso, che è indicato con lo stesso termine “nichilismo”, cioè l’assenza totale di fondamento e di prospettive (di cui fu profeta e artefice F. Nietzsche, che già 150 anni fa assegnava non solo al cristianesimo ma alla stessa Europa e intera cultura occidentale ancora non più di due secoli di vita).
Infatti, al di là degli ampollosi e deliranti progetti di onnipotenza, che sembrano più che mai vincenti (Great Reset, New World Order, persino transumanesimo), l’esito di questo processo, l’epilogo di questo percorso di 5 secoli - come un cammino storico che potrebbe benissimo leggersi simbolicamente nella prima parte dell’evangelica parabola del “figliol prodigo” (Lc 15,11-17), dove l’esito della presunta autonomia dal Padre ha fatto ritrovare il figlio ribelle tra “carrube e porci” - è sostanzialmente “nichilista”: cioè non ci rimane proprio Nulla! E ciò non si legge solo nei libri e non si riscontra solo nei media, ma ormai lo si tocca per così dire con mano persino nelle strade e nelle nostre case, specie laddove facciamo attenzione alle nuove generazioni, in genere vere “pecore senza pastore” (cfr. Mc 6,34)!


Ascoltiamo allora in merito un sarcastico e tragicamente profetico giudizio di F. Nietzsche, così espresso (non a caso parlando anch’egli di un processo iniziato simbolicamente con Copernico – e che abbiamo qui già riportato significativamente all’inizio del dossier su “Darwin e l’evoluzionismo”):
“Da Copernico in poi l’uomo scivola dal centro verso una x” (Frammenti postumi)
“Non è forse, da Copernico in poi, in un inarrestabile progresso l’auto-diminuirsi dell’uomo, la sua volontà di farsi piccolo? La fede, ahimè, nella sua dignità, unicità, insostituibilità nella scala gerarchica degli esseri è scomparsa - è divenuto animale, animale, senza metafora, detrazione o riserva, lui che nella sua fede di una volta era quasi Dio (figlio d’Iddio, Uomo-Dio) [...] Da Copernico in poi, si direbbe che l’uomo sia su un piano inclinato - ormai va rotolando, sempre più rapidamente, lontano dal punto centrale - dove? nel nulla? nel trivellante sentimento del proprio nulla [...] Ogni scienza si propone oggi di dissuadere l’uomo dal rispetto sinora avuto per se stesso, come se questo altro non fosse stato che una stravagante presunzione [...] autodisprezzo per l’uomo [...]
La vittoria di Kant sulla teologia dogmatica concettuale (Dio, anima, libertà, immortalità) [...] Similmente chi potrebbe ormai biasimare gli agnostici se costoro, in quanto veneratori dell’ignoto e del misterioso in sé, adorano ora come Dio lo stesso punto interrogativo?” 
(Genealogia della morale)
La tragica verità di tale diagnosi e profezia riflette purtroppo assai bene quello che oggi ascoltiamo sulla Madre Natura (un “ecologismo” che ha i tratti di nuova ideologia e religione, contro l’uomo – vedi documento) e persino sui “cani di casa” o “amici a 4 zampe” (come se, per la prima volta nella storia della civiltà mondiale, l’uomo avesse perso la percezione della propria superiorità ed alterità sugli animali e sull’intero cosmo)!
Quando il Santo Curato d’Ars (S. Giovanni Maria Vianney) due secoli fa diceva “lasciate una Parrocchia (cioè la società) per 20 anni senza Parroco (cioè senza Dio e la fede) e adoreranno le bestie!” forse non pensava di essere così profetico!
 
Se oggi dunque pare proprio che stiamo toccando il fondo - con vere e proprie “aporie” che paiono umanamente insolubili e invincibili, ma che possono davvero condurre alla “soluzione finale”, oppure ad una vera e radicale alternativa cristiana! - la radice di tale crisi è appunto lontana, sia nella Chiesa che nella società.

Senza dimenticare che in tutto ciò, ad un livello superiore e nello stesso tempo più profondo, si gioca forse la decisiva e finale battaglia tra la “Donna vestita di sole” e il “Drago” infernale (cfr. Ap 12).  Questo non ha però nulla di “fatalistico” ma passa attraverso l’uso o abuso della nostra libertà, per Dio o contro Dio, per Cristo o contro Cristo, dalla parte di Maria Santissima o di quella di Satana!


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Anche se può risultare faticoso (e non proprio per tutti) compiamo allora in questa II Parte una rapida analisi, in questo caso non delle premesse gnoseologiche generali (la questione della verità, che abbiamo osservato un poco nella I Parte) ma delle premesse storiche (eresie e ideologie di questi 5 secoli) che ci hanno condotti fin qua, anche nella Chiesa, con tutta probabilità all’atto finale o comunque ad un’urgente e fondamentale svolta storica!





Alcuni errori storici che incidono più che mai
anche nell’attuale vita della Chiesa Cattolica



La civiltà occidentale è talmente intrisa di fede cristiana che quando, in questi 5 secoli, è andata progressivamente staccandosi e poi opponendosi al cristianesimo, lo ha fatto ancora con idee cristiane, sia pur impazzite e sterili (come tralci staccati dal tronco, cfr. Gv 15,1-5).

Celebre in tal senso l’analisi di Étienne Gilson (docente alla Sorbona), nei suoi fondamentali studi (trad. it.) La filosofia del Medioevo (Rizzoli 2011) e Lo spirito della filosofia medievale (Morcelliana 2009).




Quale Umanesimo?
Come ha ricordato persino Nietzsche (v. citazione sopra riportata), mai come nella fede cristiana l’essere umano è stato così elevato da essere non solo la creatura più eccelsa del Creato visibile (cfr. Gn 1,26-27) ma reso addirittura in Cristo “figlio di Dio” e partecipe per vocazione della stessa vita di Dio (cfr. Gv 1,12-13 e 1Gv 3,1-2).
Però, questo splendido “frutto cristiano”, staccato da Cristo, si è progressivamente pervertito, fino ad avvertire Dio non più come artefice e garante della nostra stessa altissima dignità, ma prima quasi come presenza imbarazzante (come Adamo nel paradiso terrestre dopo il “peccato originale”) poi come concorrente e alla fine come avversario (come istigò Satana all’uomo fin dall’inizio - cfr. Gn 3).
Così l’umanesimo, nonostante continuasse a presentarsi come celebrativo e promotore dell’uomo, pian piano l’ha ridotto a puro ingranaggio e parte di un processo più grande, dalla rivoluzione francese (passando dai libri alla ghigliottina), alla rivoluzione industriale (producendo una classe operaia resa sempre più schiava ed alienata), a quella bolscevica (dissolvendolo totalmente nel divenire storico e più concretamente nello Stato-partito), fino all’attuale incredibile riduzione (annunciata da Darwin, profetizzata appunto da Nietzsche) a semplice animale, a mera parte della Natura, anzi “cancro della Natura” (vedi documento), cui potrebbe anche essere sacrificato, come nei più ancestrali riti dell’umanità.

Divenne celebre in tal senso l’analisi di Henry De Lubac (teologo creato cardinale da Giovanni Paolo II) in Le drame de l'humanisme athée (1944) (trad. it. Il dramma dell’umanesimo ateo, Morcelliana, 2013).


Nella Chiesa …
Tale accentuazione dell’umanesimo, tale svolta antropocentrica, nell’ultimo secolo ha condizionato ed è penetrata pure all’interno della stessa Chiesa cattolica, passando progressivamente da una nuova teologia (Nouvelle Théologie) alla pastorale e persino alla stessa liturgia!
Nella “riforma liturgica” operata dal Concilio Vaticano II e da ciò che ne seguì (a livello normativo, oltre ai sempre più forti ed intollerabili abusi che ne sono seguiti) è evidente questa “svolta antropologica”, dove lo stesso orientamento (passato poi a livello persino architettonico, al di là del pressoché generale squallore dell’architettura sacra contemporanea!) è infatti chiaramente più orientata verso l’assemblea e il celebrante che non verso il tabernacolo e la Croce!

In tal senso, come espressione di questa svolta, risultano ad esempio assai significative le seguenti espressioni del Papa Paolo VI, proprio nella solenne Conclusione del Concilio Vaticano II (7.12.1965, vedi):
“La Chiesa del Concilio, sì, si è assai occupata, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo, dell’uomo quale oggi in realtà si presenta: l’uomo vivo, l’uomo tutto occupato di sé, l’uomo che si fa soltanto centro d’ogni interesse, che osa dirsi principio e ragione d’ogni realtà, s’è drizzato davanti al consesso dei Padri conciliari, attenti e amorosi.
L’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere; ma non è avvenuto. L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani ha assorbito l’attenzione del nostro Sinodo. Dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo”.





La Riforma protestante
Com’è noto, 500 anni fa la Cristianità ha dolorosamente conosciuto non solo un terribile “scisma” (come nel 1054 ci fu quello che separò da Roma le chiese ortodosse dell’est-Europa), ma una deflagrante “eresia”* che deformò radicalmente la fede cristiana e provocò irrimediabilmente l’abbandono della Chiesa cattolica (voluta e istituita da Cristo) di interi popoli e la tragica spaccatura non solo della Cristianità ma della stessa Europa (poi esportata nei 5 continenti), conducendola pure a dure lotte fratricide. Stiamo parlando ovviamente della cosiddetta Riforma (sarebbe più preciso chiamarla rivoluzione) protestante (vedi documento).

* Lutero non esiterà a negare ciò che la Chiesa era stata per 15 secoli (come se per tutto quel tempo Cristo avesse abbandonato nella falsità la Sua Sposa e lo Spirito Santo si fosse scordato di guidarla!), cancellando non solo il Papato (definito “Anticristo”), ma il sacerdozio (ridotto a “servizio” della comunità da parte del “Pastore”), quindi il sacramento dell’Ordine e la “successione apostolica”, e gli altri Sacramenti (rimane solo il Battesimo), perché anche l’Eucaristia (centro, fonte e culmine della vita cristiana e condizione di salvezza, secondo le parole stesse di Gesù, cfr. Gv 6,35.48-58), rimane poco più di un simbolo dell’Ultima Cena (aborrendo la concezione di Sacrificio di Cristo e Sua presenza reale; Lutero stesso giunse a profanarla in modo sacrilego e plateale!), con molteplici diverse interpretazioni tra le stesse Chiese protestanti. La stessa Sacra Scrittura, apparentemente tanto esaltata ma in realtà persino censurata di alcuni testi “scomodi” (ad es. la Lettera di Giacomo),  fu abbandonata alle infinite interpretazioni soggettive (mancando l’oggettività della Tradizione e del Magistero), così che fin dall’inizio sorsero divergenze e persino lotte tra le neonate diverse Chiese protestanti (Calvino, Zwingli, Melantone …) (vedi), che si moltiplicano nei secoli ed ancor oggi in innumerevoli sette e gruppi, persino al di là dei confini sessi del cristianesimo, come nel caso dei Testimoni di Geova, che negano addirittura la divinità di Cristo).

Tale eresia e scisma, se politicamente risente delle forti pressioni e appoggi dei poteri politici locali sempre più desiderosi di rendersi indipendenti da Roma, per mettersi a capo di Chiese nazionali e incamerarne peraltro tutti i beni (emblematico, anche se a se stante, il caso della Chiesa anglicana vedi), culturalmente, oltre al già citato umanesimo e progressivo antropocentrismo, può trovare una storica radice velenosa anche nel “nominalismo”, che nel XIV sec. venne già a minare i fondamenti stessi della metafisica e della stessa cultura medievale.
In questo senso il Protestantesimo ha addirittura anticipato le rivoluzioni culturali e sociali della “modernità”, che hanno distrutto le radici cristiane dell’Occidente. Si tratta di quel progressivo rifiuto dell’oggettività (della verità, dell’essere), che caratterizzerà tutto il pensiero moderno, abbandonando progressivamente l’uomo e l’intera civiltà occidentale (cristianesimo compreso) in un soggettivismo sempre più accentuato, da non permettere poi altro esito che il relativismo (il fatidico “secondo me”!) e storicismo (“di volta in volta”, “secondo le situazioni”!), che socialmente si imporrà sempre più come “dittatura”, fino a sprofondare in un nichilismo, vera aporia e strada senza uscita!
Mentre tutto ciò sembra esaltare la singolarità della persona e delle situazioni in realtà impedisce ogni conoscenza e persino ogni possibilità di vero dialogo (pur tanto declamato!), frantumando sempre più la stessa coesione sociale ed ecclesiale, com’è stato nella storia e come si evidenzia nel presente.

Difficile comprendere come si possa oggi esaltare Lutero anche da parte della Chiesa Cattolica, fin dai suoi vertici.
Oltre ad innumerevoli incontri e persino liturgie coi Protestanti, proprio in occasione dei 500 anni di Lutero [vedi News, 2.11.2022] c'è stato ad esempio il singolare viaggio di Francesco in Svezia, il 31.10.2016 (leggi), nella città di Lund - dove peraltro c’è la più importante chiesa svedese (una cattedrale del 1100, costruita ovviamente dai Cattolici ed usurpata nel XVI sec. dai Luterani) - per celebrare i 500 anni di Lutero. Oppure si veda, tra i tanti, un altro sedicente "pellegrinaggio ecumenico”, compiuto a Ginevra il 21.06.2018.


Nella Chiesa …
Non è difficile notare come tali tragici errori (eresie), peraltro in se stessi contraddittori, siano oggi non solo applauditi ma largamente penetrati anche nella Chiesa Cattolica!
Forse non sono molti, anche tra coloro che sono impegnati nelle parrocchie e nei gruppi, associazioni e movimenti ecclesiali, che siano consapevoli di tali “presupposti protestanti”, di stampo soggettivistico e distaccati dalla perenne Tradizione della Chiesa, striscianti nella prassi (pastorale) quotidiana. Pensiamo ad esempio all’usuale atteggiamento, nei confronti della fede, della morale, della liturgia e persino della stessa interpretazione della Sacra Scrittura, che si esprime in continui  “secondo me”, “cosa mi ha colpito”, del “mettersi in cerchio o attorno a un tavolo” per sentire l’opinione e interpretazione di tutti (un “cerchio” dove il sacerdote e persino il Vescovo non ha più un ruolo guida e di garante della perenne e autentica fede della Chiesa ma semmai solo di sintesi e garante dell’unità, qualunque essa sia, un cerchio dove ci si guarda tra noi a non a Lui, dove regnano le sedie e i tavoli e non gli inginocchiatoi e i tabernacoli!). Tutto ciò si concretizza in continui incontri di analisi della “Parola”, di scambio di esperienze e punti di vista, di interminabili e logorroiche “programmazioni pastorali”, di attività (persino senza verificarne la finalità cristiana per non dire l’ortodossia dei contenuti). Se parliamo poi della stessa liturgia, ecco l’idea di organizzarla e condurla come fosse uno spettacolo da rendere attraente e il più possibile “partecipato”, con “creatività”, con S. Messe evidentemente assai lontane dalla ogni sacralità, dalla vissuta percezione della presenza di Dio (specie nell’Eucaristia come “presenza reale” e “Sacrificio di Cristo”) – basti pensare cosa succede alla fine della Messa, con un chiasso come fosse un teatro alla fine dello spettacolo! – celebrazioni divenute significativamente solo “assemblee eucaristiche”, tutte rivolte a se stesse e non a Cristo Signore (come fosse il grande Assente!), dove il centro è l’assemblea, da far “partecipare” non nello spirito ma con decine di incarichi, compiti, con spesso eretiche “Preghiere dei fedeli” e bizzarre e creative “Processioni offertoriali”; liturgie dove il Celebrante assume il ruolo di intrattenitore, di logorroico commentatore di ciò che si fa (tipo telecronaca diretta), di predicatore degli argomenti più vari (solo apparentemente cristiani, magari inseguendo telegiornali o temi “à la page”), imponendosi di essere un abile e possibilmente “creativo” leader (fino al vescovo che arriva all’altare in bicicletta vedi o addirittura al prete che celebra seminudo in mare vedi vedi!). Visto poi che siamo rimasti indietro di secoli (v. poi) e dobbiamo imitare il protestantesimo, inseguendo le ideologie della modernità e il femminismo tardo novecentesco, si pensa di “innescare processi” (v. poi) anche all’insegna della “promozione della donna”: abbiamo così cominciato dalla “chierichette” (così che i maschietti, mentre in passato amavano stare accanto al prete e all’altare e assai spesso ciò era propedeutico al Seminario minore e persino al sacerdozio, se già poi abbandonavano quando si sentivano troppo “grandi”, visto che era difficile trovare giovani maschi all’altare, ora staranno sempre più alla larga, essendo roba “da femmine”!), per passare alle lettrici, all’abuso delle innumerevoli “ministre straordinarie della Comunione” fino ora alle Accolite istituite (vedi documento, vedi foto), alle pseudo donne-diacono, invidiando le vere donne diacono, pastore e vescovo protestanti e anglicani (vedi il nuovo vescovo-donna di Londra, anche nelle recenti e solenni Esequie della Regina Elisabetta, vedi minuti 1.12’44’’/1.13’27’’).
  


[Sull’Illuminismo, la “modernità”, le sue ideologie e le sue rivoluzioni, vedi il documento apposito]


L’idea di Rivoluzione
Da questa idea di totale rottura col passato e da questo radicale mutamento di prospettiva, presente appunto già nella Riforma protestante,  nasce  l’idea di “rivoluzione”. Non a caso Kant trasferirà tale concetto dall’astronomia (cfr. Copernico), alla gnoseologia (così inizia infatti la Critica della ragione pura) e alla filosofia intera. L’Illuminismo e l’intera modernità farà poi esplodere tale idea a livello sociale e politico, fino a giungere alle immani e terrificanti rivoluzioni [da quella francese (vedi) a quella bolscevica (vedi), fino a quella più silenziosa e personale, ma altrettanto tragica nei suoi effetti, come quella del ’68, specie la “rivoluzione sessuale” (vedi)], dove il passato rappresenta non più la preziosa eredità (tradizione) da conservare e sviluppare, ma da negare drasticamente (hanno tutti sbagliato), per accordarsi al fatidico “uomo di oggi” (mentre sostanzialmente l’uomo è sempre lo stesso!) e per far sorgere finalmente il mondo nuovo dell’avvenire!

Anche quelle della Rivoluzione francese (Liberté, Égalité, Fraternité) sono tre idee cristiane impazzite, che, proprio in quanto staccate da Cristo e dalla fede in Lui, pur essendo in sé valori riconoscibili anche solo razionalmente, proprio per questo distacco si rivoltano contro l’uomo (vedi documento)
La libertà, staccata dalla verità (nel frattempo evaporata), si trasformerà a livello di struttura sociale e politica in “liberalismo” (da cui le società capitalistiche e individualistiche) e a livello personale e culturale nel folle attuale impero di capricci e pulsioni di ogni tipo scambiati per “diritti”.
L’uguaglianza, staccata dalla concezione cristiana che unisce la comune creaturalità (dal Padre) e chiamata alla "santità" (in Cristo e per lo Spirito) all'unicità e irripetibilità della singola persona, irriducibile a parte di un tutto e aperta alla trascendenza, si trasformerà a livello di struttura sociale e politica in “socialismo” (da cui i sistemi comunisti), dove la singola persona perde ogni importanza e dignità per dissolversi nel tutto del collettivismo-partito [strano che poi oggi il comunismo più spietato si sia tradotto pure in feroce "capitalismo di Stato", come in Cina, e le politiche di sinistra del mondo occidentale abbiano sposato le più liberali e individualistiche ideologie e politiche dei capricci e pulsioni sessuali scambiati per diritti sociali e politici].
La fraternità, staccata dalla paternità di Dio (e ancor più dal diventare “fratelli in Cristo” mediante il Battesimo), si trasformerà quasi subito nella “fratellanza massonica” (così si chiamano i soci tra loro), sostanzialmente centri occulti di poteri forti (logge) alle dipendenze di ristrette e super-potenti oligarchie, oppure nel generico concetto di “fratellanza universale”, oggi assai caldeggiato anche dalle strutture internazionali (v. ONU) e persino nei documenti ecclesiali (vedi), peraltro talmente omologata e omologante da tutto inglobare (la parola chiave è diventata infatti ora “inclusione”) senza saper neppure in quale direzione sia diretta (in realtà già decisa ancora dalle stesse oligarchie).



Nella Chiesa …
Sintomatico che anche nella Chiesa, e in modo sempre più invasivo, si parli di “rivoluzione”.

In tempi non lontani c’è stato ad esempio chi, anche tra i Cardinali (vedi ultima intervista del Card. C.M. Martini), si lamentava che la Chiesa Cattolica fosse rimasta indietro di 200 anni (alludendo quindi al pensiero moderno e all’Illuminismo in genere ed alla rivoluzione francese in particolare).
È poi evidente che per molti il Concilio Ecumenico Vaticano II rappresenti una “rivoluzione” in senso stretto: non il 21° Concilio ecumenico della storia bimillenaria della Chiesa (peraltro un Concilio solo “pastorale”), ma l’inizio stesso della nuova Chiesa, come se tutto il passato fosse da gettare e la Chiesa fosse nata nel 1965 (a parte che molti, più che aver letto davvero tutti i Documenti del Concilio, si sono rifatti solo ad un presunto “spirito del Concilio” o addirittura ad un ”Concilio mediatico”, come vedremo ancora).
Forse sono gli stessi che, dopo aver sproloquiato per decenni sul Concilio (magari presunto), ora si sono persino dimenticati di parlarne, perché da 10 anni c’è una nuova “rivoluzione”: Francesco, il “Papa rivoluzionario”. 
E non lo dice solo qualcuno del popolo perché martellato dagli applausi mediatici e televisivi, ma proprio da leader di potenti mezzi di comunicazione (che fino a 10 anni fa bersagliavano continuamente il Papa e la Chiesa, e continuano ancora a bersagliare la Chiesa, specialmente se qualcuno osa ancora dirvi qualcosa di “cattolico”).

In questi anni, fino alla sua morte, particolarmente sintomatici sono stati i colloqui/interviste col fondatore e guida di Repubblica, Eugenio Scalfari, il quale, gloriandosi dell’amicizia di Francesco e applaudendo che la Chiesa con lui s’è finalmente convertita alla “modernità” (anche nel senso più laicista del termine), ama chiamare Francesco il “Papa rivoluzionario” (vedi) (vedi); ma anche Francesco ha detto che per lui è un onore essere definito così (vedi).

In attesa delle prossime e sempre nuove “rivoluzioni”, che seppelliranno le precedenti e le attuali!

Un esempio. Recentemente in un giornale cattolico, in una arguta Lettera al Direttore, una giovane, peraltro da non molto convertita ma già confusa e sconcertata per quel che vede nella Chiesa, chiede se, visti i radicali cambiamenti operatisi nella Chiesa di recente, fino a contraddire gli insegnamenti precedenti, non si debbano poi aspettare dal futuro altri radicali cambiamenti che neghino persino quanto detto oggi. Acuta osservazione! Drammatico poi che il Direttore le risponda affermativamente: il futuro, anche prossimo, potrebbe smentire il presente; e tutto questo è bene e persino auspicabile!
Conclusione che dovrebbe trarre la lettrice: oggi devi credere a questo, a questa Chiesa e a questo Papa (anche se negasse quello che hanno detto i predecessori); ma un domani dovresti disobbedire a ciò per obbedire alla nuova Chiesa e ai nuovi Papi!
In altri termini: la verità muta col tempo e il “Dio di turno” deve essere di volta in volta obbedito! Potremmo dire una sorta di idolatria della Chiesa e del Papa pro-tempore (cosa peraltro paradossale per una Chiesa all'inseguimento e in continuo dialogo con quella protestante)!





Le filosofie del divenire (contro quelle dell’essere)

Gran parte del percorso filosofico di questi ultimi 5 secoli (la cosiddetta “modernità”) costituisce dunque una parabola segnata da un progressivo soggettivismo e relativismo, per il singolo affatto liberante ma asfissiante e per la società talmente frantumante da impedire qualsiasi identità e unità. Tale percorso, come abbiamo già ricordato, è sostanzialmente e inevitabilmente approdato (“post-modernità”) ad un nichilismo non solo culturale ma esistenziale (lo si respira quasi per le strade, specie di notte)!
Culturalmente ciò trova le proprie lontane radici avvelenate in un sostanziale, progressivo e traumatico abbandono della filosofia dell'essere - dominante invece nel Medioevo (v. la “Scolastica”) e che trova il più geniale e per certi versi insuperabile vertice nel pensiero di S. Tommaso d’Aquino (1224-1274) - a favore della sempre più imperante ed invasiva filosofia del divenire, che trova un suo caposaldo in G.W.F. Hegel (1770-1831).
Questo progressivo abbandono della "metafisica" (filosofia dell'essere), se nella storia ha generato anche immani tragedie e rivoluzioni - come quella comunista (perché anche il pensiero di K. Marx è erede di quello hegeliano), che ha prodotto in un secolo oltre 100 milioni di morti! - nella filosofia ha continuato a segnare un sostanziale oblio dell’essere, checché la fenomenologia di E Husserl abbia desiderato “tornare a far parlare le cose” e l’esistenzialismo di M. Heidegger pensi di sottrarsi a tale oblio. Tutto ciò oggi non è solo cultura dominante, ma sempre più un sentire ed un vissuto generale, che ha generato una sorta di “odio” per tutto ciò che è stabile (essere, verità, natura umana, legge morale) a favore appunto del soggettivo, del relativo, dei tempi sempre mutevoli e delle situazioni sempre diverse. E se ciò talora si riveste falsamente, pure nella teologia e nella pastorale, di una presunta attenzione al singolo e alle sempre diverse situazioni (non si capisce però in base a che cosa leggerle e poterle aiutare), spesso si svela proprio come un inseguimento del cambiamento e del nuovo fine a se stesso (cioè l'importante è cambiare)!

Non per nulla, l’autentico e perenne Magistero della Chiesa ha sempre promosso, anche in tempi non lontani, la filosofia dell’essere (detta anche “filosofia perenne” o autentico pensiero metafisico), anche per la Teologia e la formazione stessa dei futuri sacerdoti (ne fanno obbligo le diverse Ratio Studiorum), con particolare attenzione appunto al pensiero filosofico e teologico del grande di S. Tommaso d’Aquino.

Si veda in proposito la celebre Enciclica di Leone XIII Aeterni Patris (1879), come l’illuminante Enciclica di Pio XII Humani generis (1950; “circa alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i fondamenti della dottrina cattolica”), fino ai sapienti e forti richiami del Magistero di Giovanni Paolo II (si veda in proposito il Discorso tenuto al Pont. Ateneo Angelicum il 17.11.1979), che trovano in merito il proprio apice nella fondamentale Enciclica Fides et ratio (1998; cfr. spec. i n.n. 43-44).


Nella Chiesa …
Nonostante questi continui ufficiali ed autorevoli richiami del Magistero, le Ratio studiorum (redatte  ma non fatte osservare, se non addirittura avversate sottobanco da molti Episcopati) che regolano gli studi filosofico-teologici dei Seminari per la formazione dei futuri sacerdoti, nonostante il “giuramento antimodernista” istituito da S. Pio X (del 1910 e tuttora persistente) che anche i docenti di Teologia (e Filosofia) degli atenei cattolici devono ufficialmente pronunciare all’inizio del proprio mandato, non è venuta meno ma anzi s’è progressivamente accresciuta una mentalità antimetafisica, un vero e proprio odio per le filosofie dell’essere (e relative teologie chiamate dispregiativamente “onto-teologie”) e per tutto ciò che è immutabile, in quanto non sarebbero rispettose delle singole soggettività e delle diverse situazioni, dei mutamenti dei singoli e della storia (vedi il fatidico “uomo d’oggi”!) e dello stesso mistero divino (un Dio “totalmente Altro” che non sarebbe però in quanto tale neppure più conoscibile; una fede di stampo protestante che aborrisce la ragione e si riduce a sentimento soggettivo).

[Singolare in tal senso che ad esempio la teologia di K. Rahner, sulla scia di un esistenzialismo di stampo heideggeriano, sia passata negli anni ’60 del secolo scorso, dal cadere in odore di eresia e di sembrava imminente scomunica, ad essere linea guida dello stesso Concilio Vaticano II]

Se passiamo dai vertici (talora baratri) della teologia contemporanea
(il card. Giuseppe Siri di Genova, una delle menti e dei pastori più acuti del secondo dopoguerra, intitolò significativamente Getsemani una sua opera sulla teologia contemporanea!) alla vita e al sentire comune della Chiesa di oggi, possiamo ad esempio sottolineare queste conseguenze …
L’avversione per tutto ciò che è cultura, teoria, dottrina, ricerca e cura delle idee vere e chiare (tutto ciò che la Chiesa ha chiamato invece spesso “carità intellettuale”), intese da questa nuova mentalità e pastorale come "astrazioni" inutili e persino dannose (peccato che anche questa sia una filosofia, e delle peggiori: il pragmatismo).
Un prevalere della prassi (la fatidica “pastorale”!) sulla dottrina (non solo sconosciuta dai più ma avvertita quasi con astio dagli stessi pastori) (peccato che anche questa sia una dottrina, e delle peggiori!)

“I teologi (considerati discorsi inutili e vuoti) andrebbero messi su un’isola a discutere tra loro!” [Inutile dire di chi sono queste frasi virgolettate!]
Un orrore per ciò che è universale e immutabile (come appunto la natura umana e la legge morale), chiamato dispregiativamente “immobilismo” e considerato “una piaga della Chiesa”, non rispettoso delle singole persone e delle diverse situazioni (per le quali ci vuole invece un continuo “discernimento”, anche se non si capisce bene in base a che cosa).
Il solito disprezzo illuminista per il passato, che avrebbe sempre sbagliato (il tanto deplorato “s’è sempre fatto così”!)
Il biasimo e persino lo scherno per la “dottrina” come qualcosa di stabile (“roba da naftalina”), dimenticando che stiamo parlando della stessa volontà divina rivelata e che certo non muta!
La liturgia ridotta quasi con fastidio ad occasione celebrativa per qualcosa d’altro (per qualche occasione, evento, anniversario, tematica), cioè sostanzialmente per celebrare ancora noi stessi (e persino in modo banale e indecente – anzi pensando che il decoro liturgico sia roba “per nostalgici e malati di mente”!) e non come culto e adorazione di Dio.
La necessità e il metodo di “innescare processi” (anche se non si capisce bene per andare dove), nel senso proprio hegeliano del termine (tesi-antitesi-sintesi), come proporre qualcosa ma dire poi anche il contrario, magari spararla grossa, per ottenere un passo intermedio, che a sua volta diventi inizio per nuovi cammini, sempre più avanti (non importa se contraddicendo il passato e contraddicendosi a loro volta). Il bisogno di inventare sempre vie “nuove”, dove l’importante è che siano nuove e non vere!
L’ossessione del “camminare insieme” (sinodalità), senza escludere nessuno; non importa in quale direzione e se nella verità o nell’errore!
L’assillo (ai limiti del paranoico) per il dialogo, il servizio, l’accoglienza, l’inclusione (non si capisce poi in che cosa, in quale realtà, in quale Chiesa), per una Chiesa “in uscita” (non si capisce verso dove), come “ospedale da campo” (non si capisce per curare che cosa e persino senza chiedersi le cause di certi mali, chi cioè provochi ad esempio le guerre e certe migrazioni clandestine, con quali scopi e quindi alimentando sempre nuovi feriti da curare).
Il biasimo e il disprezzo per il “proselitismo” (o per la stessa fondamentale missione della Chiesa?).


Una fede che l’esistenzialismo (pure cristiano!) ha ridotto a sentimento, al “secondo me”, al “cosa mi ha colpito”, “cosa mi piace o non mi piace”, se “corrisponde o meno al mio bisogno, alle mie attese”, una fede cioè ridotta a esperienza piacevole, a "wellness". La Chiesa ridotta a comunità (piccoli gruppi o grandi movimenti) dove si sta bene (e fin quando si sta bene). Confessioni trasformate a lunghi discorsi psicologici, il “padre spirituale” ridotto ad una sorta di psicologo, che fa discernimento e adatta e persino trasforma la dottrina, cioè la volontà di Dio, secondo le esigenze e le situazioni particolari  (e se il Confessore non assolve, perché non può farlo secondo la stessa Parola di Dio, il perenne insegnamento della Chiesa e lo stesso Diritto canonico, “è un delinquente”!), la direzione spirituale come un affrontare i problemi e le “fragilità”, dov’è sparita l’idea stessa di volontà di Dio da obbedire, di peccato da combattere (con la grazia di Dio), col pentimento e il proposito di non più commetterlo, della vita dello spirito, del destino eterno!




L’eredità del marxismo

Non entriamo qui ovviamente nell’analisi della filosofia di Karl Marx (abbiamo già accennato: erede dello storicismo hegeliano), del socialismo-comunismo che ha teorizzato e delle terribili rivoluzioni che ha prodotto.
[cfr. documento sulle rivoluzioni della modernità e testo in occasione del Centenario della rivoluzione russa vedi]
Dalla "rivoluzione bolscevica" del 1917, che ha sottomesso per 70 anni non solo l'immensa Russia ma l'intera Europa centro-orientale (URSS e Paesi del Patto di Varsavia), il comunismo è stato poi esportato (con Mao) alla Cina e di conseguenza in molti Paesi dell’Asia settentrionale (Corea del nord) e meridionale (Vietnam, Laos, Cambogia; vedi News, 12.09.2020). Ha quindi occupato politiche e governi di non pochi Paesi dell’Africa e dell'America centrale (Cuba) e meridionale.
Ha però esercitato un notevole influsso culturale e politico anche in Europa occidentale, nonostante l'Alleanza Atlantica seguita al 2° Conflitto mondiale, e particolarmente in Italia, dove per decenni ha militato il più grande Partito Comunista dell’Occidente!

Non possiamo non ricordare come tutto ciò fosse stato profetizzato e minacciato dalla Madonna a Fatima (apparizioni più importanti del XX secolo e riconosciute ufficialmente dalla Chiesa), solo pochi mesi prima della Rivoluzione bolscevica (13.05/13.10.1917), quando la Vergine Santa, attraverso ignari pastorelli, ha fatto non a caso anche un forte ed esplicito riferimento alla Russia, ai suoi errori che avrebbe sparso nel mondo, con grande sofferenza dell’umanità e feroce persecuzione della Chiesa, se non fosse stata esplicitamente "consacrata" dal Papa con tutti i Vescovi al Suo Cuore Immacolato  (vedi documento).
Vista l’immane tragedia che il comunismo ha rappresentato (e ancora rappresenta) nel mondo intero e nella storia dell'ultimo secolo e la più grande persecuzione che ha scatenato contro i cristiani e la stessa Chiesa Cattolica, considerato poi l'esplicito richiamo della Madonna a Fatima, è davvero impressionante che, nonostante fossimo ancora negli anni ’60 (e in piena “guerra fredda”, con gravi crisi come quella dei “missili sovietici a Cuba”), il Concilio Vaticano II mantenne un incredibile silenzio e totale censura sul comunismo [pare per un accordo segreto siglato a Metz (F ) tra esponenti vaticani e quelli del KGB russo, secondo cui la Russia avrebbe permesso ad esponenti del Patriarcato ortodosso di Mosca di partecipare come ospiti al Concilio, in cambio appunto del silenzio del Concilio stesso sul comunismo e su ciò che avveniva in Russia!]

Se però in Russia e in tutto l’est-Europa il comunismo è improvvisamente crollato su se stesso nel 1989-1991 (anche per uno speciale intervento dell'Immacolata attraverso il Suo Papa Giovanni Paolo II vedi), tale forma di pensiero non ha comunque certo cessato di condizionare (gli errori di cui parlò allora la Vergine Santa) la cultura occidentale e la stessa Chiesa cattolica!




Nella Chiesa …

L’eredità culturale del marxismo (socialismo/comunismo) ha fatto e fa sentire fortemente il proprio influsso all’interno della stessa Chiesa cattolica, dal livello teologico a quello della prassi “pastorale”, con una astuzia luciferina (certamente pure pilotata da occulti poteri massonici e potenti partiti comunisti) tale da far credere a più o meno ingenui cattolici che il marxismo, e persino la "lotta di classe", fosse persino uno strumento più idoneo per attuare la carità cristiana a favore dei poveri e bisognosi (proletariato), senza neppure accorgersi che, al di là delle erronee concezioni economiche e politiche (che tanta violenza e povertà stavano producendo nel mondo, con oltre 100 milioni di morti!), il marxismo, oltre al feroce ateismo (cioè contro il 1° e fondamentale Comandamento divino!), aveva una concezione dell'uomo e della società diametralmente opposta al cristianesimo (vedi documento sulla Dottrina sociale della Chiesa, sconosciuta agli stessi cattolici!), in grado di distruggere l'uomo e la società e di compromettere la stessa salvezza eterna delle anime!

Se negli anni ‘60/’70 anche in Europa e specialmente in Italia tale equivoco travolse gran parte della Chiesa Cattolica, specie delle fasce giovanili (allontanandole peraltro definitivamente dalla Chiesa, dalla fede e dalla morale cristiana, e quindi dalla salvezza eterna! vedi), in alcuni casi ha condotto alcuni suoi giovani dai più alti ambienti culturali cattolici alla lotta di classe
(vedi ad es. Mario Capanna dell'Università Cattolica del S. Cuore di Milano) o addirittura capi dell’associazionismo cattolico alla lotta armata contro lo Stato (vedi ad es. il caso Toni Negri).
Al di là però di queste punte "estreme", però non casuali (nonostante le carriere politiche di molti di loro),
 l’ideologia marxista penetrò fortemente nelle teologie e nelle pastorali della Chiesa Cattolica mondiale (tranne in quei Paesi fortemente cattolici, come la Polonia, che avevano sperimentato sulla propria pelle la violenza del comunismo, imposto dalla prepotenza di Mosca - e la Provvidenza ha voluto non a caso che nel 1978 proprio da quel Paese giungesse un giovane e luminoso Pontefice!).
Emblematico è stato il caso dell'influsso marxista sulla teologia e la pastorale di molte Chiese dell’America latina: pensiamo alle famose “teologie della liberazione” e alle osannate “comunità di base”! 
In quel continente latino-americano, al di là delle punte persino rivoluzionarie (e in certi casi persino di lotta armata) di certe prassi simili ad una sorta di “lotta di classe” cattolica, l’influsso comunista ha certamente condizionato anche certe globali scelte pastorali dell’intero Episcopato di quelle nazioni (CELAM), emerse ad esempio nella tanto declamata “scelta preferenziale per i poveri”, certo anche evangeliche ma in realtà condizionate non poco dal pensiero marxista, fino talora a degenerare in "pastorali" che di soprannaturale avevano praticamente nulla e persino in un vero e proprio appoggio ai partiti e governi di chiaro stampo comunista.

Se il lungo pontificato (compreso i viaggi in America latina) di Giovanni Paolo II ha costituito certamente una purificazione, salvandone gli aspetti positivi, di tali teologie e prassi pastorali latino-americane, certi influssi permangono, persino con evidenti collateralismi alle politiche e ai governi di sinistra [attualmente anche all'insegna delle nuove derive delle "sinistre", approdate un po’ ovunque (anche in Europa) ad un ecologismo unilaterale (dove si è passati incredibilmente dalla lotta per i poveri a quella per gli alberi e le falde acquifere!), oltre ovviamente all'appoggio incondizionato di ogni possibile degrado della sessualità (fatto passare per diritto inalienabile!)].
Di fatto proprio l’America latina (e non solo!), dopo decenni di vita e pastorale cattolica ridotta a “fare qualcosa (o lottare) per i poveri", senza alcuna sacralità e spiritualità, negli ultimi decenni ha visto il tanto celebrato “popolo” (poveri compresi) abbandonare la Chiesa Cattolica e trasferirsi in massa verso l'ateismo pratico ma soprattutto verso comunità "evangeliche" (o altre sette religiose), alla ricerca finalmente di qualcosa di spirituale, fuori dall'asfissiante pastorale cattolica tutta protesa sul "sociale", verso ciò che possa colmare la vera fame dell’uomo (che non è “di solo pane”! cfr. Mt 4,4) 
(vedi dati statistici al termine delle Flash-News dell'11.04.2022).
Ecco il drammatico e fallimentare esito di un'ambigua attenzione all'uomo che non si accorge di essere dentro una visione errata e riduttiva dell'uomo stesso (antropologia marxista; ma quelle teologie e pastorali disprezzano ogni preoccupazione culturale, non accorgendosi però di seguire così una cultura e un'ideologia errata e dannosa)!


Compiamo però ancora un’osservazione su un occulto (magari inconscio) ma assai incidente influsso che il pensiero “comunista” ha esercitato prepotentemente (e tuttora perdura) anche nelle più comuni realtà cattoliche (parrocchie, associazioni, movimenti), pure nostrane.
Anche in questo caso, ovviamente, si tratta di un contenuto effettivamente cristiano, ma talmente accentuato in modo unilaterale da diventare persino "ideologico". Oltre all'attenzione ai "poveri", sopra menzionata, c'è stata (specie a livello di realtà giovanili cattoliche, ma non solo) una accentuazione unilaterale e talora persino ossessiva all'esperienza della "comunità". 

Tale accentuazione unilaterale, anche laddove ha conservato un aspetto più evangelico (raramente, perché dagli anni '60/'70 del secolo scorso in moltissimi casi s'è trattato di un'accentuazione più psicologica e sociologica che teologica!) ha fatto sì che la "comunità" - o, più in generale nella Chiesa, la categoria di “popolo” (persino secondo un'attenzione ai soli "problemi della gente”!) – sia diventato una sorta di nuovo assoluto (c'è persino chi parla di evangelizzazione e catechesi come "Scuola di comunità"!). Si tratta certamente di un contenuto cristiano, ma spesso equivocato ed accentuato appunto in modo unilaterale (talora da potersi confondere persino con le "Comuni" laiche, atee o di altre religioni). Dagli anni '60 s'è cominciato in tal senso a parlare continuamente della necessità di ritornare a vivere come le primitive "comunità cristiane", a citare ad esempio in modo ossessivo At 4, 32 (non importa se poi proprio Atti degli apostoli, come le lettere di S. Paolo, ci presentano anche enormi problemi sorti all’interno di quelle comunità primitive, non sempre edificanti!) [s’è poi risaputo che At 4,32, come pure il salmo 133, ugualmente riecheggiato in modo ossessivo in quegli anni nei gruppi giovanili cristiani, sono anche i testi preferiti e più citati nelle logge massoniche, dove evidentemente i “fratelli” (come del resto i “Fratelli d’Italia” dell’Inno nazionale) non sono proprio quelli cristiani ma appunto quelli massoni!].
In quel tempo si sentiva persino raccomandare in modo aberrante, anche dai responsabili di comunità (addirittura nei Seminari!), che “era meglio sbagliare insieme che camminare da soli”! (come dire che la verità non c’entra, perché il valore è camminare "insieme"!)
Tale ossessivo e unilaterale aspetto "comunitario", che è certo un elemento importante della fede cristiana - che non può essere vissuta in modo individualistico, perché comunque col Battesimo siamo inseriti nella Chiesa e resi quindi partecipi del "Corpo mistico di Cristo" (cfr. 1Cor 12), ma a determinate condizioni e non in modo unilaterale;  perché uno potrebbe essere un vero cristiano anche da eremita o semplicemente vivendo i propri doveri cristiani in famiglia e sul lavoro (
ricordiamo la conferenza del card. J. Ratzinger proprio al Meeting di Rimini 1990, citata qui nella Prima Parte) - ora ha assunto nuovi connotati, sempre accentuati in modo ossessivo e unilaterale. Oltre infatti al proliferare (ai limiti del paranoico! fino all’esaurimento delle stesse poche forze cattoliche, preti e vescovi compresi! cfr. Dn 22,7) di incontri, assemblee, consigli, comitati, Sinodi (e incontri programmatori degli stessi), da cui scaturiscono in modo logorroico innumerevoli documenti (che nessuno poi legge davvero, pur se citati e citandosi a vicenda!), programmazioni pastorali, dove apparentemente tutto deve essere deciso “insieme” (non importa se nella verità o meno), anche se poi, come sempre, tutto, specie ciò che conta davvero (le questioni di fondo, che avranno talora tragiche conseguenze sul futuro e persino sulla salvezza eterna delle anime! - e che nessuno può permettersi di contestare o anche solo chiedere chiarimenti), è già stato occultamente deciso da una ristretta oligarchia!
[Chi negli anni '60/'70 ha potuto vivere l'esperienza della infinite ed esagitate "Assemblee studentesche" o "Assemblee operaie", sotto il monopolio comunista, conosce benissimo questa tecnica manipolatoria (tanto "democratica" negli appellativi quanto totalitaria nell'esecuzione degli obiettivi da raggiungere]. [Una tecnica mantenuta nelle scuole, anche a contestazione sessantottina terminata e fallita, nel moltiplicarsi inesorabile e logorroico di infiniti e inutili "Consigli scolastici", che tutti dovevano far finta di credere necessari e operativi!]

Sotto questo influsso culturale, siamo per così dire così passati, sempre in un'ottica "orizzontale" e "pragmatica", da una pastorale antropocentrica ad una ecclesiocentrica: una Chiesa apparentemente aperta e “in uscita”, in realtà molto autoreferenziale (magari facendo infiniti incontri per dire che non dobbiamo esserlo!). Si parla continuamente di noi, tra noi, per capire cosa dobbiamo fare noi per gli altri! Non importa se gli altri, a cominciare dai giovani, sono già su un altro pianeta e di questi discorsi non sanno proprio che farsene! (pensiamo ancora a quel folle e inutile "gioco di specchi" cui accennava il card. Ratzinger nella citata conferenza).
Siamo così giunti all’ossessione (ai limiti del paranoico) della “sinodalità”, per preparare Sinodi introduttivi a ulteriori Sinodi sulla sinodalità!

Visto poi che il marxismo e le sinistre sono esiliate dalla difesa dei poveri a quella degli alberi, anche le nuove preoccupazioni pastorali non vogliono come sempre rimanere certo “indietro”, per cui - abbiamo sentito dai piani alti! - anche “la falde acquifere del Congo o le foreste amazzoniche” sono diventate una prioritaria preoccupazione pastorale, così come la nuova carità cristiana deve comprendere pure la “raccolta differenziata” (senza dimenticare la “vaccinazione come atto d’amore”, come Big-Pharma comanda) e si raccomanda vivamente la “conversione ecologica”!
Inutile andare a cercare dove sia emigrata 
la “salus animarum”, missione suprema della Chiesa!



Una nota sul Risorgimento italiano (cfr. dossier e documento)
Se il potere massonico, di chiara anche se spesso astutamente occultata impronta anticattolica, aveva occupato o condizionato gran parte della cultura (e della società che conta) dell’Occidente - a cominciare dall’Inghilterra e Francia fino ai gangli più vitali di gran parte degli USA, oltre alla terribile persecuzione contro i Cattolici operata in Massico (vedi) - originando una cultura ed un potere che, sotto i veli di una sbandierata autonomia e indipendenza degli Stati dalla Chiesa, poneva in atto un “laicismo” che avversava ed avversa la fede e la Chiesa cattolica, in Italia, proprio in quanto centro della Cattolicità e sede del Papato (Roma), tale operazione non era riuscita e non sembrava possibile (lo stesso Protestantesimo, nonostante l’appoggio di tal poteri massonici, non era riuscito infatti a penetrarvi).
Questo immane e decisivo compito storico, cioè contro la Chiesa Cattolica nel suo stesso centro vivo, fu affidato nella seconda metà del XIX secolo al Risorgimento, non a caso a guida Piemontese e sostenuto da lauti finanziamenti e persino appoggi militari specie dell’Inghilterra; ovviamente sotto il pretesto, ancor oggi divulgato e creduto, dell’Unità d’Italia. 
L’intento militare e politico, com’è noto, si completò nel 1870, con la presa di Roma (l’occupazione di tutti i luoghi ecclesiastici e la cacciata stessa del Papa dal Quirinale); quello culturale (il famoso “fare gli Italiani”!) durò invece decenni  e per certi versi tuttora perdura, occupando tutti i centri culturali, a partire dalla “scuole statali” (e se non erano statali ma cattoliche venivano represse e tuttora sono economicamente discriminate) e le università, le biblioteche e soprattutto i centri di comunicazione di massa (dalla stampa, poi la radio e la televisione di Stato).

La soluzione politica per una possibile convivenza fu trovata nel 1929 con la creazione dello Stato della Città del Vaticano come sede del Papa (Patti Lateranensi) ed un accordo minimale che garantisse qualcosa della vita della Chiesa cattolica in Italia (Concordato); ma non era certo nei fatti il tanto sbandierato “libera Chiesa in libero Stato”, in quanto il potere culturale e quindi sulle masse rimaneva fortemente in mano al laicismo massonico. Così che ancor oggi, nella comunicazione di massa e nell'immaginario collettivo, Chiesa e Stato (in Italia) vengono intesi come due enti contrapposti (e divisi dal Tevere), confondendo Chiesa con il Vaticano e la stessa Chiesa Italiana come ente parallelo allo Stato (per cui ogni suo pronunciamento anche etico che differisca da ciò che vogliono i "poteri forti" dello Stato è accusato di indebita "ingerenza", oggi infatti quasi sparita), mentre di fatto "Chiesa" è almeno anagraficamente (in quanto battezzati) gran parte dei cittadini italiani (e quindi dello Stato)!  
Dapprima fu proprio il mondo del potere e della cultura ad essere occupato e reso ostile alla Chiesa ed alla cultura cattolica; mentre le masse rimanevano saldamente ancorate alla Chiesa.
Poi pian piano le nuove generazioni, sotto l’egemonia culturale dei nuovi poteri, furono espropriate della fede cattolica, allontanate dalla Chiesa e rese persino fortemente ostili ad essa. Il ’68 sotto questo aspetto fu uno spartiacque particolarmente decisivo (vedi), che travolse pure l’intero associazionismo giovanile cattolico!


L’insidia però più pericolosa fu l’infiltrazione massonica all’interno stesso della Chiesa, persino nei suoi centri più vitali, certamente agevolata dal nuovo panorama politico nella stessa città di Roma (sempre meno vero centro della Cristianità, fino a quasi sparire concretamente nel presente!), così che sempre più la Chiesa s'è trovata e si trova (e i Papi stessi, fino all’epilogo attuale!) a dover far fronte al nemico non più solo dall'esterno, ma al suo stesso interno!




Il Modernismo
Con questo termine si intende per così dire la somma di tutte queste deviazioni, derivate appunto dalla “modernità” ma purtroppo sempre più dolorosamente penetrate all’interno stesso della Chiesa Cattolica.
Non a caso il Papa San Pio X, agli inizi del XX secolo, individuò nel modernismo la “madre di tutte le eresie”, si potrebbe dire anche "somma", e lottò in ogni modo, col suo magistero ma anche con un'attenta attività di vigilanza, per estirparla dall'interno stesso della Chiesa cattolica, dov'era già allora abbondantemente penetrata (anche se non ancora nella Curia Romana). Fu fondamentale in tal senso (ed oggi è più che mai urgente conoscere e attentamente studiare!), la sua Enciclica Pascendi Dominici Gregis (1907), che compie un’acuta analisi e persino una puntuale disamina delle singole affermazioni eretiche che contraddistinguono questa perniciosa eresia-madre, che deforma la fede cattolica e la vita ecclesiale e che oggi tra l’altro sentiamo ripetere persino nella Chiesa, con disinvoltura e senza nemmeno più avvertirne la gravità!
L’azione di S. Pio X farà sì che almeno per 50 anni il modernismo, se non proprio del tutto debellato dalla vita della Chiesa, fu almeno costretto alla clandestinità. Tale grave deformazione della fede cattolica continuò però segretamente ad infiltrarsi, certamente con l'appoggio della Massoneria, all'interno della stessa Chiesa Cattolica, specie nei suoi centri vitali (luoghi dell'insegnamento e delle decisioni vitali), e progressivamente accedere in modo occulto anche ai “piani alti”, se non del Vaticano, almeno di molte diocesi e di importanti ambiti culturali ed accademici cattolici. 
Sarà poi col 1958, dopo la morte di Pio XII e l'elezione di Giovanni XXIII e specialmente col Concilio Ecum. Vaticano II, con tutto ciò che ne seguì (su cui torneremo), che il modernismo (poi detto più comunemente progressismo) trovò qualche apertura, qualche spiraglio (qualche fessura, dirà poi Paolo VI nel 1972 parlando, come vedremo, del “fumo di Satana” entrato nella Chiesa!), fino a prendere sempre più campo, occupando sedi sempre più importanti, fino all’epilogo attuale!

Senza voler qui entrare ovviamente nel merito della questione del “modernismo” (rimandando ovviamente per questo all’Enciclica citata), potremmo dire che fondamentalmente esso costituisca una sorta di “rasoio di Occam”, tanto spietato quanto subdolo, che elimina progressivamente tutta le dimensione “soprannaturale” della fede e della vita della Chiesa.
Risentirà di questa progressiva censura del "soprannaturale" tutta la vita della Chiesa.
La teologia sarà ridotta a semplice scienza umana e lo studio stesso della Bibbia (esegesi, ermeneutica) si tradurrà in un'analisi simile a quella di qualsiasi testo letterario dell’antichità.
Persino la liturgia perderà drasticamente la sua dimensione sacrale, divina, interiore, spirituale (il "Sacrificio di Cristo", la Sua "presenza reale", l'adorazione eucaristica, il silenzio che permette il raccoglimento dello spirito), per divenire una sorta di "spettacolo" vagamente religioso [senza spazi di silenzio e con bagarre previa e finale; con canti talora difficilmente distinguibili dalla musica leggera e con testi assai spesso inconsciamente eretici, che in pochi anni hanno cancellato secoli e secoli di prezioso e invidiabile patrimonio liturgico e artistico (senza magari accorgersi che le stesse "ragazze del coro", che stanno a cantare davanti a tutti o addirittura in presbiterio come se fossero sul palco di Sanremo, magari convivono o fanno le vacanze col ragazzo, e fanno pure tranquillamente la Comunione!)], per appiattirsi appunto sull’orizzontale, sull’assemblea, sul celebrante e sulla sua omelia (in genere inutilmente logorroica e peraltro in genere rivolta a questioni sociali o di attualità, fino all'insopportabile)!
Di conseguenza anche il progressivo predominio della cosiddetta "pastorale" sulla fede stessa (fede data per scontata e invece sempre più assente o deformata) occuperà sempre più le preoccupazioni e i discorsi ecclesiali (lo stesso Concilio ha voluto essere solo "pastorale"), riducendo la vita della Chiesa ad un continuo parlare, programmare, fare qualcosa, convegni, produrre documenti, per poi tradursi magari in semplici attività umanitarie se non addirittura ricreative, peraltro abbandonando invece la formazione e la catechesi ad un livello talmente basso (e in genere in mano a volontarie quasi per nulla preparate sui contenuti della fede e assai spesso nemmeno in grado di garantire lo svolgimento stesso degli incontri) da risultare quasi sempre inutile e fallimentare, se non dannosa! 

Nell'annuncio cristiano (guardandosi bene dal farlo ai nostri immigrati, anche quelli aiutati dalla Parrocchia e dai gruppi cattolici; mandando al macero e persino condannando due millenni di missioni cattoliche nel mondo, costate anche il sangue di milioni di martiri!), si parlerà sempre meno di Dio, della doppia natura (unione ipostatica) di Gesù (ridotto a grande uomo), della Redenzione (Sacrificio di Cristo, morto in Croce per i nostri peccati), della “grazia” di Dio (data dai Sacramenti), della vita di grazia, del diavolo, del peccato, della salvezza o dannazione eterna!
I fedeli si troveranno pian piano defraudati dei contenuti stessi della fede, ridotta a vago senso religioso, a vago sentimento interiore, senza veri contenuti attinti dalla Rivelazione, dalla Tradizione, dalla storia della Chiesa, dalla vita dei Santi (che pur hanno lasciato un solco profondo nella storia), dal Catechismo, abbandonati in un analfabetismo religioso (talora anche colpevole!), dove la vita e l’impegno cristiano sono ridotti ad un vago umanitarismo, una sorta di filantropia senza contenuti ed impeto di fede (chi conosce ad esempio, anche tra i Cattolici più impegnati nel sociale e persino nella politica, la “Dottrina sociale della Chiesa”? vedi), senza alcuna capacità missionaria (neanche coi più vicini!), come una sorta di semplice volontariato; allo stesso modo la vita ecclesiale, persa ogni dimensione soprannaturale, si riduce ad un moltiplicarsi di cose da fare, di incontri e di discorsi, oltre al volontariato per i bisognosi.
Si tratta di una fede e una Chiesa oggi così tragicamente impoverita di contenuti e della stessa consapevolezza della propria storia e del proprio immenso ed ineguagliabile patrimonio (spirituale, teologico, liturgico, ma anche culturale, artistico, sociale), che i poveri residuali Cattolici soffrono spesso di una sorta di “complesso di inferiorità”, che li spinge a nascondersi, a non esporsi, persino a vergognarsi della propria fede e della Chiesa (e della sua storia, massacrata dai falsi pregiudizi appresi fin dall’infanzia)! E per questo anch'essi, tranne un “piccolo resto” assai promettente (e in genere legato proprio al mondo della Tradizione - vedi gli esempi che vengono dalla pur laicissima e islamizzata Francia), vanno ad elemosinare vita e contenuti dalle sempre nuove e folli ideologie della modernità (dal relativismo, al femminismo, dalle sempre più bizzarre follie sessuali scambiate per diritti, all’ecologismo più esasperato, dall’ossessione per le pandemie e relative obbedienze statali, vaccinazioni comprese, a ciò che di volta in volta comanda l’agenda ONU), credendosi così all’avanguardia quanto più attaccati al carro della modernità, mentre proprio questo carro barcolla sempre più e si trova sull’orlo del baratro del nichilismo!



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“Scendendo dalla barca, Gesù vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose” (Mc 6,34).



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Abbiamo con ciò compiuto un sintetico panorama sugli errori della modernità, penetrati poi lentamente anche all’interno della vita stessa della Chiesa (anche ad opera di infiltrazioni dei “poteri forti” mondani) ed oggi addirittura in essa trionfanti (anche se potrebbero avere i giorni contati …)!


Fine della parabola di cinque secoli della civiltà occidentale (e della Chiesa) … e unica prospettiva possibile per uscirne!


[cfr. la svolta decisiva del “figliol prodigo” della parabola evangelica (Lc 15,14-20)]:
“Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. 
Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre”.


Il seguito di questa straordinaria parabola del “Padre misericordioso” è nota. Una sconvolgente misericordia divina, un Amore infinito (quale Dio è!), in grado di redimere ogni uomo, situazione e persino civiltà … ma tutt’altro che un “relativismo” e “buonismo” oggi predicato (secondo un gravissimo equivoco sulla misericordia, pericolosissimo per le anime!), tutt’altro che un goliardico “happy end”, da “saldi di fine stagione”, un vago “andrà tutto bene!”, pensando magari ad un Padre che dice al figlio "che era morto e perduto" e ora è finalmente tornato "potevi anche restare fuori casa o puoi persino tornarci”, perché noi siamo diventati inclusivi!



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Terza parte



Epilogo e precisazioni

Dopo aver sinteticamente presentato (nella II Parte) quella parabola culturale di 5 secoli che può andare sotto il nome di “modernità” (vedi) e che non solo ha caratterizzato la civiltà occidentale ma ha inciso non poco sulla cristianità, fino a penetrare all’interno stesso della Chiesa Cattolica, torniamo ora a compiere inizialmente una sottolineatura sul cammino ecclesiale di questi ultimi 100 anni, come una sorta di epilogo di questo processo storico e di certe deviazioni progressivamente entrate in molti ambiti della Chiesa Cattolica.
Compiremo quindi ancora alcune precisazioni su alcuni contenuti fondamentali della fede cattolica, a livello delle sue stesse premesse, oggi particolarmente minati.




Epilogo … ecclesiale

Come abbiamo ricordato, già agli inizi del XX secolo il luminoso e decisivo pontificato di San Pio X (1903-1914) inferse anche un duro colpo, che sembrò letale, al “modernismo”, quella “madre di tutte le eresie”, come la definì appunto il Pontefice (e che oggi chiameremmo più comunemente “progressismo”), che già da alcuni decenni, con l’aiuto certo anche dei poteri massonici, dalla cultura dominante era riuscita occultamente a penetrare anche all’interno stesso della Chiesa Cattolica, insidiandosi non solo nella teologia ma persino in gangli vitali e sempre più alti della vita ecclesiale.
Che fosse definibile “madre” o sintesi di tutte le eresie è giustificato dal fatto che tale grave deformazione della fede eliminava in modo sempre più invasivo tutto il livello soprannaturale e divino della fede cristiana, distruggendola così alla radice e svuotando o minando dall’interno le basi stesse della vita cristiana e della Chiesa.
Il Pontefice non si limitò, al fine di combattere tale perniciosa eresia ed allontanarla dalla Chiesa, ad una esplicita e chiara condanna mediante la fondamentale Enciclica Pascendi Dominici Gregis (1907) - corredata persino, per essere più chiara (com'era nello stile di quel grande Papa, vedi il suo celebre Catechismo), da un elenco esplicito delle affermazioni moderniste, già allora circolanti (ed oggi addirittura imperanti!), da ripudiare come “non cattoliche” - e ad obbligare clero e docenti cattolici ad un esplicito “Giuramento antimodernista” (1910 vedivedi in italiano), ma, poiché i documenti, come sappiamo e come abbiamo visto ampiamente anche in tempi più recenti, possono rimanere carta straccia (!), e, nonostante la gravità morale, i “modernisti” erano persino disposti a giurare di ripudiarlo, pur di rimanere tali e conservare luoghi e incarichi di particolare rilievo, S. Pio X pose in atto una sorta di “controspionaggio” (ad opera soprattutto del fedele collaboratore mons. Umberto Benigni), che scovasse per così dire i “modernisti” che erano già riusciti ad infiltrarsi nella Chiesa, nel clero stesso e nell’insegnamento cattolico.   
Nonostante ciò, se con S. Pio X il modernismo e i modernisti sembravano debellati (in realtà alla sua morte confessò amaramente che pensava si fossero semplicemente nascosti!), possiamo con notevole grado di certezza riconoscere che fino al pontificato di Pio XII (cioè fino al 1958), tale grave deformazione della fede dovette però rimanere clandestina e comunque al di fuori della Curia romana (Santa Sede). Si trattava però, con tutta probabilità, di una sorta di “fiume carsico”, cioè sotterraneo, pronto a riemergere al momento opportuno e in grado di allagare pian piano il “campo di Dio” e risalire poi perfino ai piani alti dei sacri palazzi (tanto più che Roma stessa, come già ricordato, era caduta da alcuni decenni sotto il potere massonico risorgimentale e post-risorgimentale).

Anche sul piano politico, se i Patti Lateranensi e il Concordato tra Chiesa e Stato in Italia (1929) avevano permesso, non senza gravi difficoltà, un ritorno dei Cattolici nel panorama politico italiano, emerse tra essi una divisione e sostanziale diversità nel modo di intendere tale loro presenza: una più decisamente confessionale ed una più “liberale” (o “laica”, come diremmo oggi). Fu questa seconda concezione che di fatto si impose, nonostante non fosse allora appoggiata dal Vaticano (come dimostrano ad esempio i non lievi attriti tra Pio XII e Alcide De Gasperi). Tale divisione riuscì però per decenni a convivere pure nelle due fondamentali correnti del Partito dei Cattolici (DC), col prevalere in genere di quella anticamente detta liberale, paradossalmente favorevole ai governi di centro-sinistra. La nota e tragica fine, ad opera delle Brigate rosse (1978), di un esponente autorevole di tale corrente, Aldo Moro, amato discepolo di Paolo VI fin dai tempi della FUCI, segnò senza dubbio un durissimo colpo al loro auspicato “compromesso storico” (tra cattolici e comunisti), che sembrava raggiunto proprio in quel momento!
La fine del comunismo nell’Europa dell’est (1989/1991) - che a rigor di logica doveva vedere il trionfo della “Dottrina sociale della Chiesa” (che fin dai tempi della Rerum novarum come in tutte le altre encicliche sociali aveva messo in guardia dagli errori sia del socialismo come del capitalismo selvaggio, ponendosi come una sorta di “terza via”, rispettosa sia della singola persona come della sua stessa dimensione sociale e quindi del “bene comune”) – segnò invece il tracollo della presenza politica dei Cattolici in Italia. Mancato certo anche l’appoggio degli USA - che non ne avevano più bisogno per contrastare il più forte Partito Comunista dell’Occidente (PCI, stato per decenni alle dipendenze da Mosca ma ora in grado di volgersi sempre più ad interessi “atlantici”, come dimostrano attualmente anche i suoi eredi) - la DC fu invece disintegrata, sotto il bombardamento giudiziario e mediatico della cosiddetta “tangentopoli” (1992/1994). Fu in quel drammatico epilogo della presenza dei Cattolici in politica (peraltro da tempo immemori della Dottrina sociale della Chiesa), che riemerse in tutta la sua virulenza la loro spaccatura, mettendosi di fatto in lotta tra loro e al servizio dei due antitetici “poli” e relativi governi, fino alla loro ben prevedibile eclissi, resi cioè totalmente insignificanti, come presenza cristiana, anche quando si professano tali e vanno persino ad occupare pure le più alte cariche dello Stato!


Con l’elezione nel 1958 di Giovanni XXIII (subito applaudito dai media come il “Papa buono” e così rimasto per decenni nell’immaginario collettivo … come se Pio XII non lo fosse stato!), sia per l’età che per la bonarietà del suo tratto umano [nonostante circolino documentate accuse di fraterni legami con importanti “modernisti” italiani (v. E. Buonaiuti) e persino legami massonici (specie quando fu Nunzio Apostolico a Parigi*)], si attuarono certo delle aperture, ingenue o capziose è difficile saperlo, che portarono subito allo scoperto quel fiume carsico (modernismo), così da prendere rapidamente il sopravvento, persino nel Concilio Vaticano II.      [* cfr. G. Magaldi, Massoni, MI 2021, pp. 29/30]
Com’è noto, Giovanni XXIII, nonostante l’età avanzata (che nel Conclave del 1958 faceva pensare ad un papato breve e transitorio, dopo che fallì, si dice a motivo di un veto esterno, la candidatura e forse persino la stessa elezione del card. Giuseppe Siri!), indisse invece subito (annunciato già il 25.01.1959) il Concilio Ecumenico Vaticano II, il 21° Concilio  ecumenico della storia della Chiesa [tra l’altro il precedente, il Vaticano I (1870), dovette sciogliersi in tutta fretta a motivo dell’invasione di Roma da parte dei Piemontesi (la fatidica “breccia di Porta Pia” del 20 settembre proprio di quell’anno!) e si sentiva pure la necessità di concluderlo].
Si scelse di caratterizzare il Vaticano II solo come Concilio “pastorale”, cioè senza dover raggiungere affermazioni dogmatiche e relativi “anatema sit” (cioè scomuniche), com’era in genere nella tradizione e nei compiti di Concili così importanti come quelli di tutta la Chiesa (detti ecumenici) e con la necessità di far fronte a dolorose e pericolose eresie [il Concilio precedente al Vaticano I fu quello “di Trento” (1545-1563), che dovette far fronte pure all’enorme eresia “protestante” appena scoppiata]
Tale connotazione pastorale, potrebbe in tal senso permettere persino una critica, una non accettazione (almeno parziale) e addirittura una futura revisione, specie per alcuni suoi documenti. Persino Bergoglio lo fece intendere ai seguaci di mons. Lefebvre (vedi),.. cosa che avrebbe scatenato una furiosa reazione e forse persino uno scisma se fosse stata fatta da Benedetto XVI !
Dopo una relativamente serena fase preparatoria (a guida della Curia romana), il Concilio ebbe solenne inizio l’11.10.1962. A motivo di questa buona preparazione, Giovanni XXIII credeva ingenuamente che il Concilio potesse concludere i propri lavori entro poche settimane [accennò “a Natale” anche nel celebre ma improvvisato discorso (“anche la luna stasera … date una carezza ai vostri bambini”) affacciandosi, la sera dell’inizio del Concilio e dopo l’insistenza del suo segretario, su una piazza S. Pietro gremita e in festa per l’evento vedi].
In realtà un’agguerrita minoranza liberale (progressista) dei Padri conciliari (specie dell’episcopato tedesco, olandese e francese) riuscì subito ad imporsi, a far cestinare quanto era emerso nella fase preparatoria e a portare alla ribalta delle questioni assai delicate e novità al limite dell’eresia (significativo in tal senso, come già accennato, che la teologia di Karl Rahner, fino a poco prima in odore di condanna e scomunica, assunse repentinamente il ruolo quasi di “linea guida” dei lavori conciliari, come poi in seguito della teologia imperante, mentre ad esempio quella di H. U. von Balthasar, di elevatissimo spessore e di sicura ortodossia, nonostante taluni oggi ne dubitino, sia stata censurata).
Si scatenarono aspri dibattiti anche ai più alti livelli: si pensi ad esempio a quelli tra il card. Ottaviani (Prefetto del S. Uffizio, persona che incarnava la Tradizione della Chiesa) e il card. Bea (prelato tedesco di stampo modernista, creato da Giovanni XXIII cardinale e Presidente del nuovo Segretariato per la promozione dell'unità dei cristiani, punta di diamante del futuro ed equivoco ecumenismo). Proprio a personaggi come il card. Bea, che aveva pure contatti con la massoneria giudaica statunitense (come si ricorda nella conferenza sotto citata), si deve proprio il trionfo dell’idea di “ecumenismo” e di rapporti paritetici con le altre religioni, uno dei punti più controversi del Concilio e di fatto un radicale cambiamento rispetto alla bimillenaria tradizione della Chiesa [si ascolti in proposito la testimonianza diretta dell’arcivescovo Marcel Lefebvre, che era presente, come autorevole membro della ristretta Commissione preparatoria del Concilio (si veda anche il video, dove ai minuti 10’/20’ si parla esplicitamente di questo scontro)].

Giovanni XXIII morì il 3.06.1963, quando il Concilio non aveva ancora prodotto alcun documento.
Il Concilio verrà continuato dal nuovo Papa Paolo VI, durò 3 anni, produsse numerosi documenti (specie nell’ultimo concitato periodo) e si concluse l’8.12.1965.

Nonostante certi equilibri faticosamente raggiunti e qualche permanente ambiguità, è abbastanza evidente che il Concilio Ecum. Vaticano II abbia rappresentato una novità e talora persino un cambiamento radicale rispetto alla Tradizione bimillenaria della Chiesa, soprattutto circa l’ecumenismo, il dialogo con le altre religioni, il rapporto tra Chiesa e Stati, evidenziando pure una nuova visione della stessa Chiesa (si ascolti ancora in proposito la testimonianza di mons. Lefebvre).
Al di là dei numerosissimi e talora verbosi documenti prodotti (che pochi hanno effettivamente letto per intero, anche tra i più entusiasti fautori del tanto acclamato e presunto “spirito del Concilio”!), è comunque chiaro che fin dai primi anni del post-Concilio s’è assistito a radicali cambiamenti, fino all’eruzione incontrollata anche delle più stravaganti interpretazioni dottrinali, liturgiche e pastorali; ne ha fatto immediatamente seguito pure un impressionante e mai più cessato svuotamento di Seminari e Noviziati e persino l’abbandono di moltissimi sacerdoti e consacrati!
Se per molti il Concilio rappresentava per la Chiesa la possibilità di una “nuova Pentecoste” e la speranza di una nuova “primavera”, per altri (come abbiamo qui già ricordato nella II Parte) esso costituiva una vera e auspicata “rivoluzione”, un vero ripudio del passato, della Tradizione, del Magistero di sempre, e l’inizio di una “nuova Chiesa” (magari vagheggiando un ritorno alla prima comunità cristiana, più immaginaria che reale, e comunque come se lo Spirito Santo fosse stato assente per 20 secoli)!
Se anche in molti Vescovi era fervida l’attesa di questa nuova “primavera” (e se tardava era colpa di chi opponeva resistenza alle novità del Concilio) e se lo stesso Giovanni XXIII vedeva ormai prossimo il sorgere di questo nuovo sole (ma morì senza vederlo) e diceva di non credere ai “profeti di sventura” (che i decenni successivi hanno invece dimostrato aver avuto ragione!), anche l’entusiasmo e la speranza di Paolo VI furono assai presto deluse (tanto da essere ricordato come un Papa “mesto”), se persino nell’omelia della solenne S. Messa dei SS. Pietro e Paolo di pochi anni dopo il Concilio (29.06.1972 - vedi) non nascose la tristezza per una attesa “primavera” che si era invece palesata come “gelido inverno”, fino a drammaticamente confessare che «pare che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio»!

Ricordiamo inoltre che nel 1968, mentre in Occidente infuriava la contestazione e rivoluzione giovanile (vedi), Paolo VI fu travolto dalla contestazione non solo di moltissimi cattolici ma persino di interi episcopati, rimasti assai delusi dall’Enciclica Humanae vitae sulla castità matrimoniale, a tal punto che negli ultimi 10 anni del suo Pontificato (terminato il 6.08.1978) non osò più promulgare alcuna enciclica (vedi)!

A riprova che, al di là degli abusi e delle deviazioni del post-Concilio prossimo o remoto (su cui comunque i Vescovi non hanno vigilato), ci fossero comunque nel Concilio se non altro delle pericolose ambiguità, che permettevano di aprire “fessure” e varchi in tal senso, permane il dato che anche dopo decenni sia stato ancora necessario parlare di una sua corretta “ermeneutica”, cioè interpretazione (non della “rottura” ma della “continuità”, vedi il primo discorso natalizio di Benedetto XVI alla Curia Romana) o di una contrapposizione tra un Concilio “reale” e un Concilio “mediatico” (vedi l’ultimo discorso di Benedetto XVI al clero, tenuto a braccio per circa un’ora, dove elegantemente il Papa, già rinunciatario, parla di Concilio “mediatico” per non dire quello effettivamente attuato in settori non solo marginali della Chiesa).

Anche a livello autorevole, si parlò esplicitamente di grandi “novità” introdotte dal Concilio, persino di un “radicale cambiamento”, addirittura nel modo stesso di intendere la Chiesa, oltre al suo rapporto con le altre Confessioni cristiane e con le altre Religioni e persino con gli Stati, di cui si esaltò la “laicità” (fu il Vaticano stesso a chiedere di togliere il Cattolicesimo come “Religione di Stato” dalle Costituzioni di quei Paesi che ancora si gloriavano di indicarla).
Ciò potrebbe dunque indurre a pensare che per quasi 20 secoli la Chiesa non solo avesse sbagliato e fosse persino ignara o errante sulla propria stessa identità (!), voluta da Cristo Signore, o che questa potesse mutare?!

Si ascolti ancora la testimonianza diretta (di chi era presente ai lavori conciliari, addirittura a livello di Commissione centrale) di mons. M. Lefebvre [2 conferenze in italiano: Venezia (1980 - ascolta),  ed una a Torino (1984, ascoltaqui anche con video-documentario).​​​​


Dopo la brevissima (33 giorni!) parentesi del comunque già significativo pontificato di Giovanni Paolo I, il carisma e il lungo pontificato (27 anni) di Giovanni Paolo II, coadiuvato dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede card. Joseph Ratzinger (che volle e mantenne accanto a sé fino alla morte) costituirono senza dubbio un freno al dilagare delle eresie moderniste.

[Torneremo però a fare una sottolineatura ed offrire un possibile chiarimento su due passaggi quantomeno delicati e rischiosi anche di questo luminoso Pontificato: la questione degli “incontri di Assisi con tutte le religioni” e quella della cosiddetta “richiesta di perdono” per i peccati dei cristiani in occasione del Giubileo del 2000]


Ovviamente, le novità del Concilio si sono poi trasferite anche nel nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983 (vedi) e nei nuovo Concordati (compreso quello con l’Italia, rinnovato nel 1984)
[si ascolti in merito ancora l’illuminante conferenza di mons. Lefebvre sopra citata]



Torneremo brevemente su questi decisivi passaggi dell’ultimo secolo. Era però sempre più evidente, specie per chi frequentava ambienti ecclesiastici, anche “abbastanza elevati” (come disse il card. Ratzinger nella conferenza citata qui nella I Parte), che la “madre di tutte le eresie” (modernismo, progressismo) era più viva che mai, anche a livelli sempre più alti della vita della Chiesa, come una sorta di “scisma sommerso”, e talora poteva anche permettersi di emergere dal livello “carsico” e pure di alzare la propria voce, persino come una sorta di ricatto, appunto come minaccia di un verso e proprio scisma (come ad esempio nella Chiesa tedesca, austriaca, svizzera, olandese e belga - cfr. qui già quanto detto nella I Parte e su cui torneremo anche nell’ultima). Si veda un chiaro riferimento a questo possibile scisma, ad esempio nell’accorata omelia di Benedetto XVI nell’ultima sua S. Messa “del Crisma” del 2012!

Significativo ad es. che nel 1999 un pensatore italiano, sedicente cattolico e dichiaratamente progressista, come Pietro Prini, abbia scritto un libro (e tenesse conferenze, anche ad alto livello cattolico) con questo titolo: “Lo scisma sommerso. Il messaggio cristiano, la società moderna e la Chiesa cattolica” (Garzanti - vedi)

Per questo, l’elezione il 19.04.2005 di Benedetto XVI, cioè del card. J. Ratzinger (per oltre 23 anni garante dell’autentica fede cattolica come Prefetto della Congr. per la Dottrina della fede e primo collaboratore di Giovanni Paolo II, contrastato ed avversato da moltissimi ambiti della Chiesa cattolica, oltre che da grandi poteri occidentali), rappresentò quasi un miracolo e costituì per così dire una sorta di sfida ai “lupi” (vedi omelia di inizio pontificato) del mondo “progressista” se non addirittura dei poteri forti “massonici”*!

* Sarebbe bene anche ricordare che il card. J Ratzinger, come Prefetto della CdF, sottolineò che, nonostante che il nuovo Codice di Diritto Canonico non ne facesse (inspiegabilmente!) più esplicita menzione, la “scomunica” per chiunque aderisse alla Massoneria era ancora permanente! (vedi)
Forse nelle potenti logge non se lo sono più dimenticato...!

Com’è noto, tutto ciò ha portato Benedetto XVI, l’11.02.2013, alla storica, grave (come ricordò egli stesso) Rinuncia al Pontificato, che ha destato e ancora desta angoscianti e laceranti domande, persino per la scorrettezza canonica di alcuni suoi decisivi aspetti, anche se in genere coperte (pure in senso mediatico; e con sistemi assai poco consoni al tanto declamato dialogo e spirito sinodale), fatto passare come se avesse compiuto un atto che oggi dovrebbe essere considerato “normale” e che invece in 2000 anni è avvenuto solo 10 volte (in questi termini "mai nell'ultimo millennio"! disse poi incredibilmente e sorprendentemente lo stesso Benedetto XVI, in termini infatti chiaramente erronei dal punto di vista storico ma criptici ed esplosivi dal punto di vista del significato (vedi il documento apposito, redatto in occasione della morte, il 31.12.2022).



Quanto sta accadendo ora nella Chiesa Cattolica risente ovviamente di questo retroterra (che nelle sua radici risale indietro addirittura di secoli – cfr. II Parte) e ne rappresenta per così dire la conseguenza e forse l’epilogo. Vi ritorneremo in seguito (V Parte).


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Potremmo in questo senso essere al tramonto di un lungo periodo … e forse persino di un modo di “vedere” la Chiesa come assai evidente nel mondo (dai tempi di Costantino e dell’Editto del 313 d. C.).
C’è persino chi ha notato come potrebbe essere pure significativo che Benedetto XVI sia morto il 31.12.2022, cioè nel giorno stesso in cui morì il Papa San Silvestro I, Pontefice appunto al tempo dell’imperatore Costantino e dunque primo Papa uscito dalla clandestinità del cristianesimo!
Dunque, siamo se non alla "fine dei tempi" almeno alla possibile fine di un periodo quasi bimillenario della storia della Chiesa?
Pare accenni a questo Benedetto XVI nel 2016 (firmandosi dopo 3 anni ancora col nome da Papa!), parlando con P. Seewald in uno dei suoi ultimi libri (Ultime conversazioni, Garzanti), dove (p. 218) incredibilmente accenna alla possibilità che egli sia l'ultimo Papa (vedi profezia di Malachia), almeno come si è inteso finora!
Del resto, a proposito della Chiesa, già nel 1969 il giovane teologo J. Ratzinger si lanciò in una strana ma lucida profezia (vedi), in cui tra l'altro disse: "Dalla crisi odierna emergerà una chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che essa aveva costruito in tempi di prosperità. Man mano che il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche molti dei suoi privilegi sociali. Rispetto all’epoca precedente, sarà considerata molto di più come una società volontaristica, cui s’accederà solo in base a una decisione libera”.


Nello stesso tempo, potremmo invece essere, per straordinario intervento divino e dopo una grande e dolorosa “purificazione”, all’alba questa volta sì di una nuova Pentecoste, dai tratti e modalità però a noi ora ignoti, anche se da oltre un secolo annunciati (“trionfo del Cuore Immacolato di Maria Santissima”) e davvero manifestazione non solo di una nuova eccezionale effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa (anche con segni straordinari), ma pure un’era di pace per il mondo (un mondo che potrebbe essere nell’alternativa di tornare a Cristo o di andare verso la propria stessa autodistruzione, come abbiamo visto nella II Parte)! 



Rimane comunque quell'inaudito n. 675 (vedi) dell'autorevole Catechismo della Chiesa Cattolica, dove, in modo mai registrato in alcun precedente ed ufficiale Catechismo della Chiesa, si parla della “Prova finale della Chiesa” in questi termini:

675. “Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il «mistero di iniquità» sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell'apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell'Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l'uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne”.

Risente della terza parte (nella parte censurata) del segreto di Fatima (vedi dossier), nota però agli estensori del Catechismo, Giovanni Paolo II e all'allora (1992) Prefetto della CdF card. J. Ratzinger?


 

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Precisazioni


Come abbiamo ricordato fin dall’inizio del presente documento, al fine di dissolvere ingannevoli equivoci ed evitare dolorose lacerazioni (e persino un possibile tragico scisma!), è necessario chiarire alcune premesse, alcune “questioni di fondo”, ovviamente nella genuina e sincera ricerca della “verità”, senza cui non solo i verbosi dibattiti o i duri scontri non avrebbero alcuna soluzione ma condurrebbero ad una frattura sempre più vasta e persino insanabile.
Torniamo quindi brevemente, con qualche particolare precisazione, su alcune delle “questioni di fondo” della fede cattolica, su cui oggi si riscontra spesso ignoranza, confusione e talora persino pertinace e colpevole eresia.




Sulla Rivelazione divina (e la fede)

La fede cristiana non è un vago “senso religioso” o un rifugio wellness per star bene con se stessi o trovare il conforto di una comunità di amici, ma fondamentalmente è obbedienza (che è segno di amore, cfr. Gv 14,15.21.24) a Dio che si è rivelato (cfr. ad es. S. Paolo: Rm 1,5; Rm 15,18; Rm 16,19; 2Cor 9,13;  2Cor 10,5-6; e S. Pietro: 1Pt 1,22).
È dunque risposta, libera ma doverosa, ad un’iniziativa divina, una risposta d’amore a Dio-Amore che chiama l’uomo alla comunione con Sé. Per questo non si tratta di una nostra iniziativa, di una costruzione umana, che potremmo manipolare a piacimento, secondo vedute soggettive e mutevoli secondo i tempi e le circostanze.
Il cristianesimo poggia sulla Rivelazione di Dio stesso, che trova il suo culmine in Cristo, vero Dio e vero uomo; per questo è ben più di una semplice “religione”!
Si tratta della suprema iniziativa d’amore di Dio per noi (“per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”, come recitiamo nel Credo). Noi dobbiamo conoscere tale iniziativa divina e con la Sua grazia aderirvi sempre più, per essere salvi eternamente.
Evidentemente, senza questa consapevolezza, ogni discorso teologico ed ogni problematica ecclesiale o pastorale sarebbero vanificati in partenza!

La prioritaria preoccupazione della Chiesa Cattolica di mantenere e trasmettere l’autentica dottrina non è dunque un nostalgico rimanere ancorati al passato o un "immobilismo"(accusa lanciata oggi a chiunque voglia rimanere fedele addirittura a ciò che Dio stesso ha detto e la Chiesa ha sempre insegnato!) che renderebbe incapaci di conoscere e rispettare le singole situazioni e persone, ma semplicemente conoscere e fare la volontà di Dio al fine di ottenere la salvezza eterna di tutti gli uomini!

Questa è la missione della Chiesa; ed anche la più grande carità verso gli uomini di tutti i tempi (perché è donare loro la vera vita e la salvezza eterna).


[Cfr. la preoccupazione prioritaria di garantire e difendere l’autentica dottrina, nelle parole stesse di Gesù e in tutto il Nuovo testamento (vedi alcune citazioni)]



Per Rivelazione divina si intende ciò che Dio ha voluto rivelare all’uomo per salvarlo.
Ha avuto due tempi: il primo (Antico Testamento), Rivelazione di Dio al popolo ebraico, costituisce una lunga e progressiva preparazione al secondo, cioè alla venuta di Cristo (Nuovo Testamento), fondamentale, definitiva e insuperabile Rivelazione di Dio a tutta l'umanità di tutti i tempi.
Gesù non abolisce ma porta a compimento, perfeziona e completa l'A. T.: rivela pienamente Dio (SS.ma Trinità), il senso della vita umana (non abolisce ma perfeziona i 10 Comandamenti) e il suo destino eterno (rivela il paradiso e l'inferno); supera invece moltissimi precetti dati al popolo ebraico (che il cristiano non deve più osservare).
L’A. T., come preparazione a Cristo, mantiene il suo valore di Parola di Dio anche per i cristiani.

La pienezza della Rivelazione divina è in Cristo, vero Dio e vero uomo, la Parola stessa di Dio (Logos/Verbum) fatta “carne” (Incarnazione).
Proprio per questo è definitiva e insuperabile; e non ha bisogno di completamenti (e neppure aggiornamenti), fino alla fine del mondo!

Già solo per questo si capisce che l’Islam (unica grande religione nata dopo Cristo, nel VII sec.) sia una religione falsa: pur mantenendo grandi valori ebraici e cristiani (come il monoteismo, cioè un Dio unico, Creatore e Giudice universale) e persino molte norme dell’A. T. biblico, riconosce in Gesù solo un grande profeta, prima dell'arrivo del grande e definitivo Profeta (Maometto).

Dio non si rivela all’uomo e all’umanità per soddisfare qualche curiosità e neppure per svelarci dati scientifici (che Dio ha creato ma lascia alla nostra intelligenza scoprire), ma per salvarci.
Ecco perché nella Bibbia non troviamo risposte scientifiche, ma ciò che è necessario sapere per la nostra salvezza. Nello stesso tempo fu proprio la Rivelazione biblica ad offrire all'umanità la base stessa della scienza, in quanto consapevolezza del Creato come opera di un Dio-Logos, intelligente, e quindi in modo non caotico ma razionale (vedi).
Semmai troviamo nella Bibbia risposte di valenza pure filosofica (cioè sul perché e il senso della realtà e della vita umana) di altissimo livello, anche razionalmente indagabili e confrontabili con le più alte scoperte che l’umanità ha raggiunto. ​​​​​​Per questo fin dai primi secoli il cristianesimo non ha fatto alleanza con le Religioni (pagane od orientali) ma coi vertici della filosofia classica greca (Platone e Aristotele).
Questo felice e fecondo incontro tra la vera filosofia e l'autentica teologia cristiana ha avuto un importantissimo riverbero sull'intera civiltà occidentale, specie nel "luminoso" millennio che va sotto il nome improprio di Medioevo (vedi il dossier).



La Rivelazione divina, pur superando certo le nostre capacità, può e deve essere conosciuta ed indagata senza sosta, per penetrare sempre più nel mistero e nella vita stessa di Dio e per conoscere come deve essere condotta la nostra vita!

La scoperta della Verità è già in sé un grande gaudio, perché l’uomo è fatto per la verità (anche Platone afferma che per l’uomo la scoperta della verità è già in sé una grande gioia, prima ancora che per l’utilità pratica che tale scoperta può fornire). Del resto Gesù stesso dice, significativamente proprio rispondendo alla tentazione di Satana di ridurre il bisogno umano e la stessa Sua missione solo a livello materiale: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4); così come sottolinea “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Se poi la verità scoperta è proprio Cristo (Verità incarnata), allora non c’è gaudio più grande e salvifico (v. ancora Gv 8,36)!

Penetrare sempre più profondamente nella Verità rivelata, nel mistero stesso di Cristo e della Santissima Trinità, è allora non solo possibile, secondo diversi livelli di intelligenza e di grazia divina, ma doveroso, senza pigrizia spirituale (accidia) e senza fermarsi mai, perché si tratta del nostro stesso cammino di santità, che è il motivo stesso per cui esistiamo!


La Rivelazione divina all’uomo di ogni tempo e luogo ha il suo culmine in Cristo (Verbo Incarnato, cioè la Seconda Persona della SS.ma Trinità, la Sapienza/Logos stesso di Dio, fatta carne). Quindi il suo culmine “biblico” è il Vangelo (i 4 Vangeli "canonici", cioè riconosciuti fin all'inizio come autentici e ispirati da Dio: Mc, Mt, Lc e Gv; Matteo e Giovanni sono Apostoli essi stessi, quindi hanno avuto un'esperienza diretta di Gesù lungo tutta la Sua vita pubblica).
Fanno però parte del N. T., oltre ai 4 Vangeli, altri 23 libri, considerati ispirati da Dio e quindi Parola di Dio: Atti degli Apostoli (ancora di Luca), molte Lettere di Apostoli (di cui 13 sono di S. Paolo) e l'Apocalisse, unico libro profetico del N. T. e ultimo libro della Bibbia.
Questo perché, anche se il culmine insuperabile della Rivelazione di Dio all'uomo è Cristo (Dio stesso fatto uomo), però gli Apostoli ci aiutano in modo unico a conoscere e penetrare nel mistero di Cristo. Con la morte e gli scritti dell’ultimo Apostolo (Giovanni*) termina la Rivelazione di Dio all’umanità! 

*Giovanni, unico Apostolo morto non martire ma per anzianità (secondo una tradizione, Dio lo mantenne incolume anche se immerso nell'olio bollente, dove lo gettarono per ucciderlo), morì verso la fine del I Secolo; ciò è possibile perché quando seguì Gesù (circa 30 d.C.) era poco più che adolescente (era il più giovane degli Apostoli e il prediletto dal Signore). Oltre a scrivere per ultimo il suo Vangelo, il più teologicamente profondo e con una struttura sua (mentre gli altri 3 Vangeli hanno una struttura simile e per questo sono detti "sinottici"), nel N. T. abbiamo di Giovanni anche 3 Lettere e l'Apocalisse (parola che significa Rivelazione; è l'unico libro profetico del N.T. e l'ultimo della Bibbia).

Tra l’altro anche gli Ebrei che non hanno riconosciuto in Gesù il Messia promesso e ancora lo attendono, ammettono, senza saperselo spiegare, che da 20 secoli Dio non abbia dato altra Rivelazione (come invece avveniva frequentemente, attraverso fatti e parole, nell’A. T.).

Com’è noto, i 46 libri dell’A. T. ed i 27 libri del N. T. formano la Bibbia. Essa, che è la vera Rivelazione di Dio agli uomini e trova il suo centro e culmine insuperabile in Cristo, non è dunque semplicemente un “libro sacro”, paragonabile ad altri libri sacri di altre religioni. Oltre ad essere composta (ispirata da Dio attraverso autori sacri) da 73 libri (vedi) e scritti in arco di tempo di oltre mille anni, è fondamentalmente una storia (la "storia della salvezza").
Tale "storia della salvezza" occupa un arco di tempo molto lungo, di circa 2000 anni. Infatti l'A. T., con un preludio che risale fino alla Creazione (primi 11 capitoli di Genesi), va da Abramo* a Cristo (cioè 19 secoli di storia del popolo ebraico), mentre il N. T. occupa solo il I sec. d.C., come appena sopra ricordato.

* Abramo è il capostipite del popolo ebraico (anche come albero genealogico) e si colloca all'incirca attorno al 1800 a.C.; è considerato "padre nella fede" non solo dagli ebrei, ma anche dai cristiani e persino dai musulmani. Interessante notare che attualmente la religione ebraica (20 milioni di seguaci?), quella cristiana (2,5 miliardi di seguaci) e quella musulmana (1,5 miliardi di seguaci), costituiscono oltre la metà della popolazione mondiale! Con ciò si vede attuata anche la promessa iniziale fatta da Dio ad Abramo: pur anziano e con moglie sterile, avrebbe avuto una discendenza numerosa "come le stelle del cielo e la sabbia del mare" (cfr. Gn 22,17)!

Dunque la Bibbia, oltre ad essere composta da 73 libri, occupa una storia di circa 20 secoli.




Una nota sulle cosiddette  “Rivelazioni private
Quelle che in questi 2000 anni (con maggiore frequenza negli ultimi 3 secoli) vanno sotto il nome di "Rivelazioni private” sono in genere "eventi soprannaturali straordinari" - miracoli, doni mistici, apparizioni o locuzioni interiori (di Gesù e assai più spesso, per mandato divino, di Maria Santissima) che comportano pure delle "rivelazioni", cioè dei "messaggi", talora solo per pochi o per particolari situazioni, in alcuni casi invece per l'umanità intera (vedi dossier "Miracoli"). Esse non fanno parte della Rivelazione di Dio all’umanità (terminata appunto con l’ultimo libro della Bibbia) e come tali non impegnano la fede cattolica di un fedele (cioè si può essere "cattolici" anche senza crederle), persino quando sono riconosciute dalla Chiesa. Possono però essere molto utili e persino gravi ed urgenti, non solo per le singole anime ma talora per l'umanità intera e per la storia (vedi ad esempio le apparizioni di Fatima). Pur non essendoci appunto l'obbligo di crederle e seguirle, neppure quando sono riconosciute dalla Chiesa, sarebbe però quantomeno un atto di superbia non porvi devota attenzione. 
Il giudizio della Chiesa su queste “Rivelazioni private” spetta anzitutto al Vescovo locale e nei casi più importanti può coinvolgere il giudizio stesso del Papa. Dopo una rigorosa indagine, che prevede anche il giudizio della scienza (vedi dossier Miracoli) e ancor più un giudizio teologico (perché evidentemente una rivelazione privata che smentisse “la Rivelazione” sarebbe comunque falsa, perché Dio non può smentire se stesso!) il giudizio della Chiesa può formularsi in 3 modi: 1) “constat de supernaturalitate” (cioè si constata la soprannaturalità dell’evento) e come tale se ne ammette anche il culto e la devozione (anche se, come abbiamo ricordato, ciò non obbliga nessuno, anche cattolico, a crederlo); 2) “non constat de supernaturalitate” (cioè la soprannaturalità dell’evento non è o non è ancora constatabile) e come tale rappresenta una sorta di "sospensione di giudizio", che potrebbe in futuro lasciare spazio ad una delle altre due soluzioni; non se ne proibisce però la credenza e la devozione (nell’ovvio solco della autentica preghiera e vita cristiana); 3) “constat de non supernaturalitate” (cioè si nega che sia un fatto soprannaturale e quindi di origine divina) e come tale non va creduto e seguito (perché, oltre che falso e talora potrebbe persino nascondere motivi di guadagno, tale evento, anche in buona fede, potrebbe essere addirittura un inganno del demonio).  






Sulla Parola di Dio (Dei Verbum)

Forse molti non sanno che per “Parola di Dio” (Dei Verbum), secondo la fede/dottrina cattolica (a differenza dell’eresia protestante), non si intende solo la Sacra Scrittura (Bibbia), che pur ha la priorità, ma anche la Tradizione e il Magistero (della Chiesa Cattolica).

A scanso di equivoci, tale importante verità è stata ovviamente confermata anche dal Concilio Ecumenico Vaticano II proprio in un documento apposito (Cost. Dei Verbum, spec. nn. 8-10).


La Sacra Scrittura (la Bibbia), "ispirata" da Dio agli autori sacri dei testi riconosciuti tali dalla Chiesa (libri detti “canonici” e quindi parte del “Canone”), ha ovviamente la priorità e deve avere la massima importanza nella vita di un fedele cristiano cattolico, come conoscenza, meditazione e obbedienza nella vita concreta (“ignorare la Sacra Scrittura è ignorare Cristo!”, diceva il Padre della Chiesa S. Girolamo).
Il suo centro vitale, quindi da privilegiare anche nella nostra conoscenza e meditazione, è ovviamente il Vangelo (che ci fa conoscere Gesù), ma anche tutto il Nuovo Testamento, che ci aiuta a penetrare meglio nel "mistero di Cristo".

La Sacra Scrittura, specie ovviamente il N.T., è “Norma normans non normata”, cioè è norma (guida) per tutta la Chiesa e per ogni cristiano, ma non può essere contraddetta (non normata) da nessuno (neppure dal Papa!), perché tutti ne sono sottomessi, essendo appunto Parola di Dio.

Proprio perché Dio non parla ed opera soprattutto attraverso un libro ma è una Presenza viva, soprattutto quella del Risorto nella Chiesa (il Verbo si è fatto “carne”, non “carta”! e non a caso Gesù non scrive nulla) e l’azione in essa dello Spirito Santo (che ci fa conoscere sempre meglio, senza ovviamente mai contraddirsi, Cristo stesso - cfr. Gv 16,13), la Bibbia, pur essendo fonte originaria e fondamentale della Rivelazione, non va soggetta a personale interpretazione (cfr. 2Pt 1,20), né esaurisce tutta la Parola di Dio (Dei Verbum).
Per Parola di Dio infatti, come abbiamo ricordato, non si intende dunque in modo protestante la "sola Scrittura" (come diceva appunto Lutero), ma la perenne Tradizione della Chiesa Cattolica e il suo Magistero, specie di Pietro e dei suoi successori (Papi), come Cristo stesso ha voluto (cfr. Mt 16,18 e  Lc 22,32).


Come poi sottolineeremo, anche la Liturgia, come vera opera divina (opus Dei), fonte e culmine della vita della Chiesa, nell’unione indissolubile di lex orandi e lex credendi (per raggiungere la lex vivendi), è non solo vero nutrimento spirituale, ma il modo con cui Dio ci raggiunge e ci santifica, oltre ad essere il nostro vero culto a Lui!

Tutto ciò deve esprimersi (e quante volte l’ha fatto nella storia!) anche nella bellezza dell’arte, nelle sue diverse modalità, compresa la musica sacra! 


​​​​​Questo insieme armonico e indistruttibile è il sacro “depositum fidei”, che nessuno (nemmeno un Papa) può tradire o cambiare (cfr. 1Tm 6,20; 2Tm 1,12.14).

Tutto ciò è stato appunto distrutto dall’eresia protestante. Nella sua apparente rivalutazione della Sacra Scrittura, perché invece censura tutto ciò che in essa la smentirebbe, persino interi libri (ad es. Gc), l'abbandona  all'interpretazione "soggettiva", per cui si moltiplicano all'inverosimile e persino in modo contraddittorio non solo le interpretazioni ma i gruppi e persino le sedicenti Chiese della Riforma (vedi). Tale grave errore, che sembra appunto tanto valorizzare la Sacra Scrittura quando  invece l'abbandona a continue diverse interpretazioni e persino la censura se non corrisponde ai propri schemi teologici, è presente tuttora non solo nei diversi gruppi e Chiese protestanti, fino ad arrivare alle sètte neppure cristiane (vedi i Testimoni di Geova, sempre con la "loro" Bibbia in mano, che censura però tanti testi che li smentiscono clamorosamente, e non sono considerati cristiani, neppure dai Protestanti, in quanto negano la divinità di Cristo!), ma purtroppo oggi assai diffuso anche nella Chiesa cattolica: si parla sempre della Parola, ma si abbandona alle interpretazioni anche più arbitrarie, si censurano i testi "scomodi" e "politicamente scorretti", che smentirebbero la sensibilità attuale e persino la diffusa predicazione, per non parlare di molta "esegesi" di tipo liberale e modernista, che già da tempi ormai remoti (ma i tragici effetti si fanno sentire oggi!) ha censurato gran parte del suo livello soprannaturale!


Proprio a motivo di questa unità e completezza della Dei Verbum (Sacra Scrittura, Tradizione e Magistero della Chiesa),  nessuno (nemmeno un Papa!) può contraddire, soprattutto su questioni di fede o di morale, non solo la Sacra Scrittura, ma anche la perenne Tradizione ed il continuo Magistero della Chiesa!

È infatti significativo che i Papi, nel loro magistero, citino continuamente non solo la Sacra Scrittura, ma anche gli insegnamenti dei Padri della Chiesa, dei Dottori della Chiesa, dei Santi e soprttutto del Magistero precedente; è molto significativo che i Pontefici che citino continuamente ed amabilmente, specie nei loro documenti ufficiali, i loro “venerati Predecessori”, proprio per sottolineare questa continuità e questo intangibile “depositum fidei”! [Triste osservare come invece ora assai raramente o per nulla ascoltiamo questo rimando ai Predecessori; anzi sono talora persino contraddetti!]

S. Paolo - che pur ha avuto carismi talmente speciali da farne l’Apostolo delle genti (pur non essendo stato tra i 12 che hanno seguito Gesù) e le sue 13 lettere sono entrate nel N. T. come ispirate da Dio (e quindi come vera Parola di Dio) perché in modo superlativo ci fanno conoscere ed entrare nel mistero di Dio! – non osa inventare nulla. Così infatti si esprime (lo dice in riferimento all’Eucaristia, ma è estensibile a tutta la sua dottrina e missione): “Tradidit quod et accepi” ("Vi ho trasmesso ciò che ho ricevuto", 1Cor 15,3). Per non parlare di Gal 1, 6-12 (che riportiamo al termine di questa Parte), dove tra l'altro sottolinea: “se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema" cioè scomunicato!


Tradizionalista? Semplicemente cattolico!
In base a quanto abbiamo sopra ricordato, “tradizionalista” non è allora termine che indichi qualcosa di opzionale, né tanto meno di dispregiativo. La fedeltà alla Tradizione (Traditio), nel senso profondo e cattolico del termine (depositum fidei fedelmente trasmesso), è semplicemente un grave dovere morale, per rimanere fedeli a Cristo ed essere salvi! Non è dunque termine che indichi persona (o comunità) nostalgica dei tempi passati, di antiche forme e liturgie, o addirittura considerato poco caritatevole perché legato ad un “immobilismo” incapace di capire le diverse e mutevoli situazioni delle persone, ma è connotazione  semplicemente “cattolica”, in quanto doverosamente rimasta nel solco bimillenario, perenne, immutabile, del vivo “depositum fidei”, cioè nella luce viva con cui lo Spirito Santo dispiega lungo il tempo la corretta e sempre più piena comprensione dell’unica Verità che Gesù Cristo stesso è, ci ha detto e donato (cfr. Gv 14,6; Gv 13,16).


Tradizione e sviluppo del dogma
Come vedremo ancora più avanti, ci può e ci deve essere una comprensione sempre maggiore di ciò che Dio ha rivelato – e Gesù ci invia lo Spirito Santo anche per questo (cfr. Gv 16,13) - ma ovviamente mai una negazione o contraddizione di questo (com’è proprio, tra l’altro, della verità in quanto tale, come abbiamo ricordato all’inizio di questo documento).
La Chiesa, anche attraverso gli studiosi (esegeti, teologi) e alimentata talora anche da nuovi “carismi” (doni dello Spirito Santo per l’edificazione dell’unica Chiesa), ma comunque sempre sotto la guida del Magistero, può cioè penetrare sempre meglio nel mistero di Cristo (nella volontà di Dio); ma non può mutarla, perché Dio, Essere perfettissimo e assoluta Verità (non quindi falsamente ed hegelianamente inteso, come oggi spesso capita), non si sbaglia, non muta, non si contraddice, non ha bisogno di aggiornarsi, ci conosce perfettamente, e in quanto Amore infinito non ci inganna di certo!





Sulla Chiesa


[Ecco quindi una doverosa precisazione, oltre a quanto già detto nel presente sito, vedi la catechesi sulla Chiesa (sezione “Un aiuto per < per capire la fede”, n. 5)]

Da 20 secoli (e sarà fino alla fine del mondo e della storia) siamo tra la prima venuta di Cristo (nell’umiltà della natura umana, assunta e redenta) e la Sua seconda venuta, quando tornerà nella gloria, come Giudice universale, cioè quando tutti saranno sottoposti al Suo giudizio e inizierà di conseguenza per ogni singola persona, anche con il proprio corpo risorto, l’eternità beata (paradiso) o dannata (inferno), secondo l’adesione o meno alla volontà di Dio e non secondo i nostri pensieri!
La Chiesa, che cresce nel tempo e nello spazio in questo tempo “intermedio”, ha ricevuto dal Suo Signore un “mandato” (missione) fondamentale e irrinunciabile, cioè quello di annunciare Cristo (il Vangelo) e di salvare mediante l’azione dello Spirito Santo che opera soprattutto attraverso il Battesimo e gli altri Sacramenti, istituiti per la nostra salvezza (cfr. Mt 28,18-20).
Questo è dunque il compito e l’opera principale della Chiesa nel mondo e nella storia: la salvezza eterna delle anime (salus animarum).



[Circa la concretezza della “vita cristiana” e l’Aldilà (escatologia) si vedano nel sito, nella sezione “Un aiuto per < per capire la fede”, la parte 5 (vedi) e 6 (vedi)]

La Chiesa Cattolica (“Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica”, come recita il Credo o Simbolo niceno-costantinopolitano del IV secolo e tuttora ripetuto in ogni S. Messa domenicale e nelle solennità) è quella fondata e voluta da Gesù Cristo (e Suo Corpo mistico), guidata dallo Spirito Santo, fondata sugli Apostoli (e successione apostolica: Vescovi) e avente come guida suprema Pietro (e suoi successori, come Vescovi di Roma, cioè il Papa, Vicario di Cristo).
Non è quindi paragonabile alle altre Confessioni cristiane, che pur credono nella divinità di Cristo e donano il Battesimo nella Santissima Trinità.


Alla Chiesa ortodossa, separatasi dalla Chiesa Cattolica nel 1054, pur mantenendo la successione apostolica, manca il riconoscimento e il legame col Papa (al Vescovo di Roma viene riconosciuto solo un “primato” d'onore), che non è certo un elemento secondario ma fondante dell'autentica Chiesa voluta da Cristo Signore (cfr. Mt 16,18-19). Si tratta quindi di una Chiesa "scismatica" (cioè separatasi dalla Chiesa Cattolica). Nella dottrina e nella liturgia, pur con diverse ma legittime sensibilità, mantengono il sano "depositum fidei"; differiscono solo sulla cosiddetta questione del “Filioque”, cioè negano che lo Spirito Santo “proceda dal Padre e dal Figlio” (vedi nel Credo).


Invece, nelle diverse Confessioni protestanti, nate dalla cosiddetta Riforma del XVI secolo e sempre moltiplicatesi in innumerevoli gruppi (quasi mai d'accordo neppure tra loro su quale sia l'autentica fede - vedi), oltre allo scisma, cioè alla separazione dal Papa e dall'autentica Chiesa Cattolica voluta da Cristo, sono subentrate gravissime eresie (persino la negazione di quasi tutti i Sacramenti), cioè gravissime deformazioni della fede cattolica trasmessa dai tempi apostolici (come se per loro lo Spirito Santo fosse stato assente per 15 secoli, visto che non può certo sbagliarsi o contraddirsi, e Gesù avesse abbandonato nell'errore la Sua Chiesa per 15 secoli, nell'attesa che giungesse Lutero, Calvino, Melantone, Zwingli ...)!


Sulla singolarità della sedicente Chiesa anglicana, nata anch'essa nel XVI secolo per le bizzarrie del re Enrico VIII e suddivisasi in molteplici rami, vedi il documento.

La parola "scisma" indica una separazione netta dalla Chiesa Cattolica (voluta da Cristo, "una" (in Lui), "santa" (nella sua essenza, nella sua autentica dottrina e nei Sacramenti che donano la vita divina), "cattolica" (cioè universale) e "apostolica", (fondata cioè sulla fede degli Apostoli e nella comprovata successione apostolica dei vescovi e del Papa).
La parola “eresia” (alla lettera: scelta) indica una negazione o deformazione di una o più verità di fede
La parola “apostasia” indica invece la negazione totale dei fondamenti della fede (ad esempio la SS.ma Trinità o la divinità di Cristo) da parte di chi invece prima li credeva. 


Per questo si può amaramente constatare che l'Europa, patria fondamentale del cristianesimo, che ha irradiato in tutto il mondo e nel primo millennio ha vissuto una sostanziale unità "cattolica", se nel XI sec. ha conosciuto lo "scisma d'Oriente" (con la nascita della Chiesa Ortodossa, diffusa principalmente in tutta l'Europa orientale) e nel XVI secolo ha visto un altro terzo della sua rimanente popolazione separarsi dalla Chiesa cattolica e divenire fortemente "eretica" (sedicenti Chiese Protestanti o della Riforma, cui si aggiunge la Chiesa anglicana), oggi è precipitata quasi totalmente nel baratro dell'"apostasia". [vedi Esortazione Ap. di Giovanni Paolo II] Torneremo su questo panorama anche nell'ultima parte del presente documento.. Rimangono in Occidente sparuti ma assai promettenti gruppi e monasteri cattolici (in genere assai legate alla Tradizione vedi), mentre nell'Europa orientale, dopo il gelo dei 70 anni della terribile persecuzione comunista atea, si assiste ad un grande rifiorire della fede cristiana (ortodossa).


Invece, come abbiam già detto, i “Testimoni di Geova”, nati negli USA a fine XIX sec., nonostante che essi si dichiarino tali, non sono invece “cristiani”, in quanto, pur rifacendosi alla Bibbia e al Vangelo, che citano e interpretano arbitrariamente (sia pur in modo ossessivo, anche a domicilio!), non riconoscono la "divinità" di Cristo, punto discriminante per professarsi o meno "cristiani"! Come abbiamo ricordato, non sono riconosciuti "cristiani" neppure dai Protestanti; anche se a ben vedere anche la logica di fondo di queste nuove sètte, che proliferano sempre molto negli USA, è sempre protestante, nel senso di un’interpretazione nuova e stravagante della Parola di Dio, secondo i loro fondatori, come se prima di loro lo Spirito Santo fosse stato assente e Cristo non avesse abitato e guidato la Sua Chiesa!





Un'ultima osservazione in merito ...

Abbiamo già osservato, e ancora vi ritorneremo, che una mentalità di fatto “protestante” è purtroppo penetrata progressivamente all’interno stesso della Chiesa Cattolica. 
Per questo, anche un pur lodevole maggiore riferimento di alcuni gruppi o movimenti alla Sacra Scrittura, la lascia però all’interpretazione personale del singolo, di questa o quella scuola esegetica, di questo o quel leader, movimento, associazione, gruppo, cioè senza alcun riferimento alla vera, integrale e perenne Tradizione e all'autentico Magistero della Chiesa! Sarebbe quindi auspicabile e doveroso, vista anche l'attuale ignoranza religiosa, talora al limite dell'analfabetismo (specie delle nuove generazioni), che insieme al lodevole riferimento alla Sacra Scrittura e a questo o quel testo di meditazione o catechesi, si facesse un serio studio ed un costante riferimento al Catechismo della Chiesa Cattolica (vedi), vera autorevole e completa sintesi della fede, della conoscenza dei Sacramenti, della morale cattolica e della preghiera cristiana), o almeno al suo Compendio (vedi), che il luminoso Magistero di Giovanni Paolo II (e Benedetto XVI) ci ha donato ma che è stato colpevolmente e gravemente non accolto, persino rifiutato o comunque solo episodicamente e raramente citato! Bibbia e Catechismo, cattolicamente parlando, devono stare insieme sul nostro tavolo di catechesi e meditazione!

Sullo stesso sfondo di fatto “protestante” (più o meno consciamente o inconsciamente tale), si pongono anche tutte le domande e gli innumerevoli dibattiti sulla “Chiesa”, su “quale Chiesa vogliamo o dobbiamo costruire”, su “cosa dobbiamo fare per essere al passo coi tempi”, su “quale sia il compito del prete”, su “come celebrare in modo più partecipato o interessante la liturgia” ….
Tutto ciò si moltiplica sia a livello locale, diocesano ma anche parrocchiale o dei singoli gruppi, associazioni e movimenti, fino ai più alti livelli della Chiesa universale, col moltiplicarsi di incontri, assemblee, convegni, Sinodi ….!
Così, sempre sulla scia protestante, possiamo pure osservare, come abbiamo già sopra sottolineato, che la tanto e lodevolmente osannata Parola (un modo moderno e persino unilaterale e talora persino ossessivo per dire la Sacra Scrittura), va poi ad incappare in terribili censure dei "testi scomodi" (quelli che smentirebbero appunto il politically correct di certi nuovi programmi pastorali!), secondo un metodo disonesto di citare o interpretare la Bibbia (proprio appunto dei Protestanti e persino dei Testimoni di Geova, ora penetrato però anche nella Chiesa Cattolica, anche ad alti livelli ...)!
Ad esempio, qualcuno oggi avrebbe il coraggio di citare, anche in qualche solenne incontro cattolico o in un "programma pastorale", certi chiari testi (pure del N. T. e persino certe parole di Gesù!) contro il divorzio (Mt 5,32), gli atti omosessuali (Rm 1,24-32) e altri peccati sessuali (1Cor 6,9-20; Ef 5, 18-20), contro il dialogo interreligioso (At 4,12) o l'accoglienza di chiunque nella Chiesa (Mt 7,15; Mt 10,28.32-41; Ef 5,6-11; 1Tm 4,1-6; Tt 1,10-11; 2Gv 7-11; Gd 3-8.12-13.17-23;​ Ap 2,19-26) ...

[Per un più vasto elenco di citazioni del N. T. sul dovere di difendere l'autentica dottrina (vedi) o sulla morale sessuale (vedi)]




Sulla testimonianza e l’aiuto dei Santi

Dobbiamo compiere una precisazione anzitutto sulla questione della “testimonianza”, in quanto oggi, anche nella Chiesa, se ne presenta spesso un’accentuazione unilaterale e falsa, come se la verità dipendesse dalla testimonianza.
Anche questo esagerato insistere sul valore della testimonianza risente di quella progressiva perdita dell’oggettività della verità (come abbiamo ricordato nella Premessa della I Parte) e della metafisica (una filosofia del divenire ed esistenzialista che fa sentire il proprio potente influsso anche sul pensiero e sulla vita della Chiesa, cfr. II Parte).

La testimonianza ha certo una grande valore, sia per il testimone stesso che per chi la riceve.
La propria capacità di testimonianza (al di là dei diversi doni naturali e soprannaturali che una persona può avere) dimostra al testimone stesso se ci crede veramente, quanto sia preparato e quanto sia disposto a “pagare” per la verità testimoniata (anche in termini di isolamento, derisione, talora vere e proprie persecuzioni morali e persino fisiche, in certi casi addirittura con la morte, come nel caso del "martirio").

Circa il dovere missionario
La "missione", come dice la parola stessa, è un "mandato" che Cristo stesso ha dato alla Sua Chiesa, come suo compito prioritario nel tempo (quanto durerà la storia) e nello spazio (fino ai confini del mondo) (cfr. Mt 28,18-20). Pure ogni singola comunità cristiana ed ogni singolo battezzato e cresimato ha questo compito da Dio (il sacramento della Cresima abilita ed obbliga particolarmente alla missione!), di cui renderà conto a Dio eternamente e persino in modo grave (cfr. Mc 8,38).
Oggi, in un clima culturale sempre più relativista e sincretista, si tende anche nella Chiesa a minimizzare e persino azzerare questo mandato divino, sotto il pretesto del "dialogo" e la condanna del "proselitismo", in realtà a motivo dello smarrimento che l'unica salvezza è in Cristo e attraverso la Sua Chiesa (vedi il contestato richiamo della Dominus Iesus) (salvo ovviamente le "vie straordinarie" che Dio può utilizzare per salvare un'anima dalla dannazione eterna).


A proposito della recente ripetuta condanna del "proselitismo" (o si pensa proprio ad azzerare la missione?!), ricordiamo che con tale termine si intende invece la pratica, deprecabile certo, di obbligare fisicamente, moralmente o psicologicamente alla fede, promettendo vantaggi, magari di tipo economico o sociale.

La testimonianza esistenziale (l’esempio di vita) ha poi un grande valore, per sé di tipo più psicologico che veritativo, nei confronti degli altri, che spesso sono più attratti e convinti, specie all’inizio, da un buon esempio che da un sapiente discorso.
Gesù stesso, che pure sottolinea molto l’importanza del buon esempio e l’immensa gravità di chi invece crea scandalo (cfr. Mc 9,42), sottolinea pure l’importanza di seguire l’insegnamento (ovviamente se è vero) anche quando l’insegnante non ne offre una testimonianza di vita (cfr. Mt 23,2-3).

Non è vero che basti il "buon esempio"
Come si può già osservare, l’importanza è data dalla verità o meno di ciò che si testimonia (oggettività della verità, appunto smarrita dalla cultura dominante, costretta allora a parlare solo di coerenza e tolleranza), perché anche il “buon esempio” non basta, né tanto meno la “coerenza” ha un valore in sé. La “tolleranza” (parola tanto cara alla Massoneria, che poi nel proprio grande e subdolo potere è tutt’altro che tollerante, tanto più nei confronti di chi parla appunto della Verità), che sembra un valore indiscutibile (come la parola “rispetto” e persino la parola “amore”), in realtà è oggi una parola equivoca che nasconde un gravissimo errore: il relativismo (non si può conoscere la verità, tutto è relativo e opinione). Neppure la “coerenza” è un valore in sé (anche se è importante che una persona viva ciò in cui crede), perché se uno fosse coerente con una propria idea sbagliata dovremmo augurargli di essere “incoerente”, per cercare e camminare nella verità (e salvarsi)! Anche il tanto declamato “buon esempio”, che da solo sarebbe sufficiente (addirittura si dice dei genitori nei confronti dei figli), se è certo un dovere ed ha un enorme capacità di creare consenso e spingere alla sequela della verità, in sé non è sufficiente, perché per sé non dice ancora nulla (come per la coerenza) sulla verità o meno di una posizione. Occorre dunque, prima o poi, nei momenti opportuni e talora anche inopportuni (cfr. 2Tm 4,2), annunciare esplicitamente la verità, spiegarla, approfondirla, farla conoscere (S. Paolo: “come potranno credere senza averne sentito parlare? e come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?” Rm 10,14).
È inoltre giusto che l’annunciatore della verità, che deve certamente esserne il più possibile anche un testimone esistenziale cioè dare l’esempio, annunci di più di quello che sa già vivere, anche perché l’ascoltatore (discepolo, educando, figlio, amico) ha diritto di sapere tutta la verità e non solo quella che il testimone sa vivere, e potrebbe essere più santo, conoscendo tutta le fede cristiana, rispetto a chi gliela annuncia! Tra l’altro, se la verità annunciabile fosse solo quella che uno sa vivere, di passaggio in passaggio (ad esempio di generazione in generazione) la verità diminuirebbe sempre più fino a non essere più conosciuta (perché si perderebbe sempre qualcosa, quello che uno non sa ancora vivere).
Insomma ciò che conta è la verità o meno del contenuto annunciato, non solo la testimonianza di chi l’annuncia. Perché appunto la verità è indipendente da chi la dice e pure da quanti la dicono.


Gli scandali non contraddicono il Vangelo

Questo chiarimento è molto importante anche per i fatti contrari, perché spesso sono proprio le contro-testimonianze (brutti esempi, talora anche molto forti) che impediscono la conversione di chi ascolta o ne inficiano e persino bloccano il cammino spirituale. Tutto ciò ha una gravità immensa (“scandalo”, parola che significa appunto ostacolo) nei confronti dei “piccoli” e non solo di età ma anche per ignoranza o pochezza di contenuti (come dice Gesù stesso, cfr. Mc 9,42).
È dunque importante che si capisca questa “indipendenza” della verità dalla testimonianza o contro-testimonianza di chi l’annuncia; perché se un buon esempio non dice immediatamente la verità del contenuto (appunto non basta la coerenza, bisogna vedere di cosa siamo testimoni e coerenti e quindi parlare di questo contenuto), anche un cattivo esempio (persino uno “scandalo”) non smentisce affatto la verità annunciata! Se nella vita ci muoviamo con intelligenza, nella ricerca della Verità ad ogni costo perché ne va di mezzo la nostra stessa vita e la salvezza eterna, allora ci sta a cuore questo, e se ci rattrista certo vedere un cattivo testimone (magari a livello di scandali molto gravi!) ciò non dovrebbe minimamente impedire il nostro cammino di verità (conversione); semmai preghiamo per quel falso testimone (e se possibile correggiamolo, cfr. Mt 18,15-17), perché si converta e viva (e si salvi pure dall’inferno, se lo meriterebbe per questo scandalo); non siamo così stolti da non seguire la Verità (Cristo) e andare all’inferno noi per questo!
Del resto, facciamo giustamente così anche per la vita quotidiana: nessuno si priva di guidare un’auto perché c’è qualcuno che guida male o nessuno studente va più a scuola o all’università perché c’è qualcuno che è bocciato. Noi cerchiamo di seguire la verità e fare il nostro dovere!


Evangelizzazione (primo annuncio cristiano) 
e catechesi (approfondimento della fede)
Una volta precisata questa questione, talora decisiva per il proprio cammino, dobbiamo allora chiederci e indagare sulla verità del cristianesimo e conoscere (e far conoscere) sempre meglio i contenuti della fede, che hanno anche una loro “ragionevolezza” (cfr. 1Pt 3,15), cioè hanno delle prove convincenti in sé. Ecco l’importanza e la grande carità di un annuncio esplicito e corretto di Cristo (missione, evangelizzazione) e di una continuo approfondimento dei contenuti della fede cristiana (catechesi, letture), senza timidezze nei confronti degli altri e senza pigrizia (accidia) nei confronti di se stessi. 
Abbiamo questo fondamentale diritto di conoscere l'autentica fede cristiana e il dovere di annunciarla; un dovere che abbiamo nei confronti di noi stessi, degli altri e ovviamente di Dio!

Come abbiamo ricordato nella I Parte (e pure sopra), il centro di tutta la fede cristiana è la Risurrezione di Cristo, cioè la sua vittoria definitiva e completa sulla morte, il suo essere vivo (anche col corpo), quindi il suo essere Dio (ovviamente l’unico, perché non ci possono essere più Dèi; e Gesù ci svela di essere la Seconda Persona della SS.ma Trinità, Dio uno e trino) e quindi la Verità assoluta, indubitabile, immutabile, eterna! Tutto il resto, della fede e della morale cristiana, né è la conseguenza (avevamo citato come lo esprime con decisione S. Paolo ai Corinzi, cfr. 1Cor 15,14).
Inutile quindi girare attorno al problema senza affrontarlo, magari con la scusa appunto delle contro-testimonianze (e magari invece non conoscendo o non volendo conoscere, complice anche la cultura dominante, ciò che di straordinario la Chiesa Cattolica ha sempre fatto, specie attraverso i suoi Santi e non solo, in ogni tempo e luogo, anche nel presente!) o per coprire la propria pigrizia spirituale (accidia) se non addirittura la non-voglia di convertirsi (certamente incoraggiata dal diavolo, che ha questo come scopo prioritario sulla nostra vita, fino alla nostra morte), di cambiare e di essere salvati da Cristo; anche se talora è proprio l’ignoranza della vera fede e della bellezza del cristianesimo a non dare slancio esistenziale ed anche missionario.
Ora, anche l’avvenimento (perché la fede cristiana, a differenza di tutte le Religioni, non poggia su una teoria ma su un avvenimento, soprattutto questo!) della Risurrezione di Cristo ha le sue “prove ragionevoli” e indagabili, soprattutto la testimonianza degli Apostoli, che dimostrano (lo si capirebbe anche nell'ascolto di un testimone in un processo penale) che non possono mentire, perché dopo aver avuto le apparizioni del Risorto sono cambiati improvvisamente e nessuno più riuscì a farli tacere o fermare, fino a dare tutta la loro vita per Cristo e morire per Lui!
[vedi nel sito la catechesi n. 4 della sezione “Un aiuto per < per capire la fede”]

Se è vero che la verità non dipende neppure dal numero di coloro che la seguono (Gesù sarebbe risorto e sarebbe quindi l'unico Dio e Salvatore dell'uomo anche se rimanessero in pochissimi a crederlo!) è però certo un dato sconvolgente che dopo 2000 anni ci siano ancora 2,5 miliardi di cristiani, cioè di persone che credono in Lui e Lo seguono, per molti anche a costo della morte! Se contassimo poi tutti i cristiani della storia? Tutti pazzi che credono a un Crocifisso e che in milioni e milioni si sono fatti persino uccidere per Lui (i martiri)? Potrebbe ragionevolmente essere qualcosa di falso, su cui anche un ragazzino odierno potrebbe sorridere e che potrebbe facilmente abbandonare senza neppure indagare (come infatti molti oggi fanno in Occidente, un Occidente dimentico delle radici stesse della propria civiltà, che su Gesù Cristo s'è formata e s'è diffusa nel mondo)?


Cristo Signore cambia la vita!
Qui si inserisce anche l’importanza non solo dei testimoni di Cristo, ma appunto anche dei Santi, la cui vita e i cui insegnamenti dobbiamo conoscere, a nostra edificazione spirituale.
[Nel sito abbiamo tutta una sezione “Sulle orme dei Santi” (vedi), che riporta alcune delle stupende catechesi che Benedetto XVI ha dedicato ad alcuni di loro]
Anche se, come abbiamo detto, la testimonianza non è immediatamente indicatrice della verità testimoniata, però è certo sconvolgente osservare come certe persone, al di là dei carismi personali che Dio ha dato loro e quindi talora della loro eccezionalità (specie nei Santi canonizzati), diano prova viva di come Cristo cambi la vita! Basterebbe ad esempio pensare cosa ne ha fatto Cristo e lo Spirito Santo di un “giovane-in” del 1200 ad Assisi (vedi S. Francesco). 
In effetti possiamo tutti sperimentare, al di là delle caratteristiche della propria personalità (già tra gli Apostoli persino alcuni psicologi hanno individuato una gamma molto vasta di personalità; ed è così raro trovare due Santi simili, nonostante l'unica fede) come il decidersi ad aprire la porta della propria vita a Cristo la cambia radicalmente!


Non basta quindi solo un’adesione intellettuale, ma aprire totalmente a Lui le porte del proprio cuore (non in senso sentimentale ma proprio come un aprire alla Sua presenza la concretezza della propria vita: cfr. Ap 3,20).
Per chi ne ha le facoltà e l'opportunità, è però importante e persino doverosa anche una conoscenza razionale della fede, sia per convertirsi come pure per approfondire la fede [si pensi ad esempio, tra i più grandi Santi, alla riflessione filosofica e teologica di S. Agostino (vedi) o di S. Tommaso d’Aquino (vedi)].

È quindi importante, per chi può, anche l’apporto di una vera filosofia e di un’autentica teologia, comunque di una riflessione anche razionale sulla fede.

I grandi Santi hanno poi lasciato una scia di santità (spesso attraverso gli Ordini religiosi o realtà ecclesiali da loro fondati ma anche coi loro scritti) che perdura nei secoli [basterebbe pensare in tal senso a chi dopo secoli e secoli segue oggi, anche tra i giovani (vedivedivedi), la via tracciata da S. Benedetto (vedi), S. Bernardo (vedi), S. Francesco (vedi), S. Domenico (vedi); S. Teresa d’Avila (vedi) o la “piccola via” di santità testimoniata e indicata da S. Teresa di Lisieux (vedi)].
Assai spesso hanno trasformato anche la vita sociale e civile del loro ambiente, del loro tempo e talora anche dei secoli futuri [cfr. ancora S. Benedetto (non a caso Patrono d’Europa; vedi il monachesimo nel documento sul Medioevo) e S. Francesco d’Assisi (non a caso compatrono d’Italia insieme a S. Caterina da Siena vedi) … fino ad esempio ai grandi Santi detti appunto “sociali”, che hanno saputo far fronte, con la loro saggezza e carità cristiana, anche alle nuove problematiche sociali del XIX secolo, ad esempio in una Torino in fase di industrializzazione selvaggia (basti pensare a S. Giovanni Bosco ed altri Santi torinesi del tempo).


Ripetiamolo. Che Cristo sia la “Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6) e unico Salvatore del mondo (cfr. At 4,12) è assolutamente vero anche se fossero o rimanessero in pochi a crederlo!
Non è quindi la nostra esperienza a rendere vero Cristo e il Cristianesimo (anche questa riduzione della fede ad "esperienza", parola chiave ripetuta in modo unilaterale in tutti i gruppi cattolici, specie giovanili, è erronea e segno dell’influenza della filosofia dell'esistenzialismo sulla fede cristiana, come abbiamo osservato nella II Parte), né la nostra testimonianza!
Però è grandioso e persino commovente constatare come l’incontro con Cristo, non solo per gli Apostoli e i primi cristiani, ma sempre e ancor oggi, possa cambiare radicalmente la vita, anche dalle situazioni più brutte e penose!
Lo testimoniano non solo i grandi Santi, ma in fondo chiunque Gli abbia davvero aperto le porte della propria vita. Lo testimoniano ancor oggi anche umili ma significative testimonianze anche di giovani che si erano smarriti anche in gravi deviazioni morali [nel sito, nella sezione video, ci sono ad esempio dei video con qualche loro testimonianza - video 1 - video 2 - video 3 -  video 4] o che vivono in letizia persino la morte imminente (vedi la storia di David, oggi già morto e quasi sicuramente con Dio, visto che ottiene già delle grazie, leggi)]

[Sulla commovente ed eroica testimonianza di santità di alcuni giovani e persino piccoli bambini cristiani contemporanei, vedi ad es. nelle News del 24.12.2022, vedi pure News del 16.03.2021]
Fortissima e commovente la testimonianza del santo ragazzo messicano José Sánchez del Río (1913-1928), canonizzato il 16.10.2016 (vedi Notizia di quel giorno), che, nonostante la giovanissima età (14-15 anni) volle partecipare (se non altro come portabandiera) all'eroica epopea dei Cristeros, che si opposero anche con le armi alla dittatura massonica che voleva estirpare con atroce violenza la fede cattolica dal Messico, e subì il martirio, per fedeltà a Cristo e alla missione affidatagli, al grido di “Viva Cristo re!” [vedi la scena del martirio nello straordinario film Cristiada (2011 - vedi il trailer)].



La testimonianza suprema: il martirio
Ricordiamo infine che la testimonianza suprema è data proprio dai Martiri (la parola stessa “martirio” significa infatti “testimonianza”; oggi si usa anche in senso laico e persino improprio, ma è termine cristiano che indica appunto i cristiani eroicamente “morti per Cristo”), cioè di coloro che, pur di non tradire Cristo e la fede cristiana, si sono fatti torturare ed uccidere, dando appunto la testimonianza suprema dell’offerta a Cristo della vita fino a morire per Lui!
La Chiesa Cattolica ne ha sempre tenuto in grande venerazione la memoria, costruendo fin dai primi secoli anche grandi basiliche sulle loro tombe o comunque a loro dedicate; in genere se ne conserva una reliquia al di sotto degli altari delle chiese più importanti.
La loro memoria (festa) liturgica è sempre stata celebrata con grande solennità (i nomi di alcuni dei primi martiri, uomini e donne, sono addirittura entrati e permangono nella preghiera Eucaristica I o Canone romano).
Significativa è infatti la testimonianza dei primi martiri (gli Apostoli stessi muoiono tutti martiri, tranne Giovanni, e appunto i Protomartiri), che nell’Impero romano sono stati decine di migliaia! Quando il cristianesimo uscì dalla clandestinità (nel 313, sotto l’imperatore Costantino), si pensò subito, persino per volere stesso dell’imperatore, di costruire sulle loro tombe a Roma (o comunque anche altrove, in loro memoria) grandiose e stupende basiliche. 
[si veda in proposito la Traccia per un pellegrinaggio romano “Sulle orme degli Apostoli e dei Protomartiri romani”, con storici e gloriosi cenni biografici]
Sarebbe però errato pensare che il martirio abbia caratterizzato la vita della Chiesa solo nei primi due secoli, perché esso è stato vissuto da innumerevoli cristiani di ogni tempo e continente; e proprio il XX secolo è stato quello che ne ha conosciuto il maggior numero (si parla anche di 40 milioni di cristiani uccisi in odio alla fede)!

[Sull’atroce martirio di innumerevoli cristiani cattolici, anche nell’Europa dei tempo moderni, si vedano i documenti sulla modernità (vedi), sugli Anglicani (vedi), sulla rivoluzione francese (vedi) e quella russa (vedi)]   
Non mancano anche nel tempo presente (nelle News del sito ne diamo spesso notizia, spesso censurata invece dai media).
Inoltre, oltre alla persecuzione fisica e cruenta, ce n’è un’altra assai vasta, comunque assai dolorosa, anche nelle società moderne più avanzate e democratiche, anche dell’Occidente, che passa attraverso l’emarginazione, il diniego, l’irrisione, fin dalle più tenere età per arrivare ai grandi centri di potere; anche se non mancano anche in queste attuali e progredite società violenti attacchi anche fisici contro i cristiani (ci sono nel sito molte News in tal senso, ma si veda anche all’interno del documento sulla situazione della Francia).


L'intercessione dei Santi
Se la testimonianza dei Santi è assai preziosa - e per questo dobbiamo con solerzia conoscerne le autentiche biografie e gli scritti! – ancora più preziosa è la loro assistenza (intercessione), che possono assicurarci dal Paradiso. Tutta la storia della Chiesa e potremmo dire anche ogni cristiano ha potuto e può sperimentare la potenza di questa loro intercessione, appunto nella “comunione dei santi” (che lega la Chiesa ancora “pellegrina” sulla terra, quella “trionfante” del paradiso e persino quella “purgante” ma comunque composta di anime sante del Purgatorio).
Dobbiamo quindi tenerli nella massima considerazione, nella nostra vita, preghiera e devozione.
Tutto ciò deve però mantenersi lontano da un atteggiamento non cristiano, se non persino superstizioso e pagano (come se fossero un “portafortuna” o comunque non ci conducessero ad una vita di fede più intensa e cattolica).
Non si tratta di “adorazione”, riservata solo a Dio, ma di “venerazione”. Per questo sbagliano i Protestanti a non avere il culto dei Santi e ad accusare la Chiesa cattolica quasi di idolatria che oscurerebbe la centralità di Cristo. I Santi (e sopra tutti Maria Santissima!) non oscurano affatto Gesù e la fede in Lui, ma la aiutano e la alimentano, col soccorso appunto della loro luminosa testimonianza e della loro potente intercessione!
Dobbiamo avere nei loro confronti un grande attaccamento spirituale. Abbiamo anche Santi Patroni, personali, di città, nazioni, continenti, e persino di stati di vita e professioni. Di uno di loro ne portiamo anche il nome (è bene, anzi sarebbe obbligatorio per il Battesimo, che si dia ai neonati il nome di un Santo e non certi nomi bizzarri di oggi! Tra l'altro, come segno di cambiamento radicale di vita, nel Battesimo di un adulto c'è il cambiamento anche del nome). Possiamo certo avere una particolare devozione e attaccamento spirituale ad uno o più santi, per motivi personali; ma non dimentichiamo appunto il Santo di cui portiamo il nome: egli o ella ci protegge particolarmente e intercede per noi, e quindi dobbiamo averne particolare venerazione e festeggiare per questo (come si faceva di più in passato e in certe regioni si fa ancora) la loro memoria liturgica come nostro “Onomastico”, con non minore gioia che per il Compleanno (che talora oggi conosce invece delle esagerazioni pagane).
Poi, com’è noto, il 1° novembre celebriamo la solennità di Tutti i Santi, cioè quelli non canonizzati (un numero sterminato, noto solo a Dio!); è una grandissima solennità, grazie a Dio rimasta anche festa civile, pero prima oscurata dalla memoria dei morti (per i Fedeli defunti è dedicata invece la liturgia del giorno seguente, 2 novembre) ed oggi tragicamente sostituita, fin dalle più tenere età, dalla festa pagana e persino satanica di “Halloween”.

[Sui calendari cristiani, costellati appunto dalla liturgia e anche dalla memoria dei Santi, e i nuovi calendari pagani di oggi vedi documento apposito]



La Chiesa Cattolica, i morti e i Santi
La Chiesa cattolica, se sottolinea l’obbligo di seguire gli insegnamenti dell’autentico e perenne Magistero, voluto da Gesù e garantito dallo Spirito Santo [nel sito, sezione “Sulle orme … del Magistero” (vedi)], ci indica come modelli da imitare e protettori da pregare – dopo ovviamente Cristo stesso (vero Dio e vero uomo) e Maria Santissima (come la creatura più eccelsa e santa della storia) – i Santi, che non sono affatto di ostacolo, come pensano i Protestanti, ma di immenso aiuto per il nostro cammino di fede! 
[nel sito, sezione “Sulle orme di …” vedi “…dei Santi”; vedi catechesi introduttiva di Benedetto XVI]
Per questo la Chiesa Cattolica ha pure da Dio l’autorità (affidata in modo infallibile al Papa) di “canonizzare” (proclamare ufficialmente Santi) dei nostri fratelli o sorelle nella fede, ovviamente dopo la loro morte e dopo un lungo e rigoroso Processo [che normalmente richiede pure la conferma divina di un “miracolo”, scientificamente provato, ottenuto per l’intercessione del candidato, quindi da morto, che comprova così la sua vicinanza a Dio (uno per la Beatificazione e un altro per la Canonizzazione)], dandocene certezza della loro gloria eterna nel paradiso ed offrendoceli come modelli di vita (da imitare) e aiuti soprannaturali (da pregare e venerare).

Alla Chiesa spetta il grave mandato divino di insegnare a tutti gli uomini cosa si debba fare per essere salvi ed evitare (peccati mortali) per non essere dannati. Ha pure il potere, attraverso il Papa, di indicarci con certezza e in modo infallibile (dopo appunto un Processo canonico) i Beati e i Santi del Paradiso. Non ha invece la possibilità di conoscere il destino eterno di tutte le altre anime, se cioè siano realmente in Paradiso, in Purgatorio o all'Inferno.


Alcuni "mistici" (approvati dalla Chiesa) hanno avuto non solo la visione dell'Aldilà (questo è avvenuto anche in alcune apparizioni mariane, come a Fatima vedi) ma in certi casi anche la possibilità di sapere dove fossero le singole anime dei defunti e di comunicare con loro. Si tratta comunque di quelle "Rivelazioni private" o "doni mistici" (se non ricercati e non producono guadagno), di cui abbiamo sopra parlato, che non implicano necessariamente la fede e su cui si deve essere molto prudenti (come fa la Chiesa)! Vanno invece rigettati come estremamente pericolosi e gravemente peccaminosi tutti i tentativi di comunicazione coi morti e con l'Aldilà (medium o presunti sistemi di comunicazione con l'Aldilà), in quanto, al di là dei ciarlatani ingannatori e talora affaristi, c'è sempre in ciò un intervento diabolico (anche se indicasse dati esistenziali veri di queste persone o desse risposte precise sui defunti). Ciò può mantenere poi la presenza del demonio in certe persone (vessazioni o possessione) o in certi luoghi dove sono state fatte queste pratiche (infestazioni). [Se invece Dio concede eccezionalmente qualche communicazione sui o dai morti, assolutamente non ricercata, allora può essere un dono concesso]
[Sull’Aldilà esiste nel sito una catechesi apposita (vedi) come pure un’audio-catechesi (ascolta)]


La preghiera e soprattutto una Santa Messa offerta in particolare suffragio di un'anima di un "fedele defunto" ha ovviamente la sua efficacia solo per le anime Purgatorio, la cui purificazione può essere accelerata anche dalle nostre preghiere, specie la S. Messa offerta per loro, come dalle nostre penitenze offerte per questo.
L’unica certezza assoluta che certe anime sono in Paradiso si ha per i Santi “canonizzati”. Per tanti fedeli (a Cristo!) che hanno vissuto e sono morti nella Sua grazia, con sincero amore per Dio e per gli altri, possiamo certo ipotizzare che siano in Paradiso, ma non possiamo averne certezza (perché solo Dio può conoscere davvero un'anima)!
Non ci è dato neppure conoscere se un’anima si sia invece davvero dannata (sia cioè all'Inferno), neanche nei casi più gravi (possiamo lecitamente supporlo, se ad esempio di Giuda, che oggi è di moda rivalutare anche dai vertici della Chiesa, Gesù dice infatti esplicitamente che "sarebbe stato meglio per lui non fosse mai nato” Mt 26,24); perché non sappiamo che rapporto intercorra tra l’anima di un moribondo e Dio (momento decisivo, per i quale chiediamo il soccorso di Maria Santissima in ogni Ave Maria).

Non vi è alcun dubbio l'Inferno che esista (Gesù ne parla continuamente!) e non sia affatto vuoto, anzi! Anzitutto ci sono gli Angeli che appena creati si sono ribellati a Dio (i demoni/diavoli, in primis Lucifero/Satana - Dio non ha creato l'Inferno, ma esso è nato con la ribellioni di questi angeli e quindi col loro essere diventati diavoli!); poi ci sono tutte le anime morte consapevolmente e pertinacemente lontani da Cristo (unico Salvatore!) e dalla Sua grazia, cioè nel peccato mortale! Ciò non contraddice affatto l'infinito amore di Dio e la sua potentissima "misericordia", perché sarebbe contro l'amore e la stessa misericordia impedire le libere scelte dell'uomo (come fu per gli angeli). 

[Si veda in proposito quanto precisato nella catechesi sull'Aldilà
Impressionante poi che nelle ultime importanti apparizioni mariane (vedi Fatima) la Madonna abbia fatto vedere l'inferno ai piccolo veggenti, che ne rimasero così impressionati da sostenere poi qualsiasi sacrificio pur di convertire i "poveri peccatori" perché non vi andassero!

La Chiesa cattolica prega e può celebrare le Sante Messe di suffragio per tutti i fedeli defunti (cioè battezzati nella Chiesa Cattolica), tranne appunto per i Santi canonizzati, che sono certamente in Paradiso (li preghiamo perché intercedano per noi).
Esistono invece dei limiti, indicati anche dal nuovo Codice di Diritto Canonico (Cann. 1176-1785, vedi Cann. 1183-1185) per celebrare le Esequie ecclesiastiche (funerali cattolici).
Oltre ovviamente a non poter celebrare le Esequie cattoliche per chi non era cattolico (e infatti non viene ovviamente neppure richiesto), esistono però condizioni perché non si possano celebrare le Esequie cattoliche (ma solo preghiere e poi anche SS. Messe di suffragio) anche di un Cattolico che notoriamente e pubblicamente sia morto in uno stato di pertinace apostasia (appartenendo ad esempio a gruppi religiosi, culturali o politici in chiara opposizione alla fede cattolica o malavitosi, oppure chi si dichiara apertamente e pubblicamente ateo) o di peccato grave, pubblicamente noto, senza dare alcun segno di pentimento, ad esempio rifiutando i Sacramenti (anche il sacramento del Matrimonio, convivendo o avendo solo un matrimonio civile; o chi ha rotto il proprio Matrimonio cristiano e vive non in castità un'altra unione, che Gesù infatti non può benedire perché ha chiaramente voluto il Matrimonio come indissolubile).

Lontano dalla fede e dalla vera liturgia cattolica è pure il modo come si celebrano spesso anche certe Esequie cattoliche (con elogi funebri di parenti e conoscenti, applausi) e soprattutto, anche nella predicazione, con la falsa concezione che quell’anima sia andata sicuramente in paradiso (?!) in qualsiasi stato sia deceduta (pensiamo ad es. a quelle condizioni sopra accennate, talora anche di personaggi importanti e quindi sotto i riflettori mediatici, o alle morti improvvise, in cui è assai raro che oggi uno, ad esempio un giovane, sia morto “in grazia di Dio”, magari invece in o dopo una notte di grave peccato, come in certi incidenti mortali notturni di tanti giovani)! 
Tra l’altro il Rito delle Esequie scoraggia in ogni caso di fare un panegirico (parlare del morto) ma indica di concentrarsi invece sul mistero di Cristo morto e risorto e comunque sui contenuti della fede!

Circa le preghiere e le SS. Messe di suffragio (da un semplice L'eterno riposo alle 30 SS. Messe gregoriane, ma anche alle penitenze fatte con questa intenzione): sono ovviamente inutili (e vietate) per i Santi canonizzati (le SS. Messe, le preghiere e devozioni sono in loro onore e per chiedere la loro intercessione); sono pure inutili per le anime dannate dell'Inferno (che però, come abbiamo ricordato, non sappiamo con certezza quali siano, neppure per i casi più gravi), in quanto la loro condizione di dannazione è eterna e immutabile (“lasciate ogni speranza voi ch’entrate”, come ci ricorda anche Dante circa quanto affisso sulla porta dell’Inferno). Quindi le nostre preghiere, penitenze e soprattutto le SS. Messe di suffragio sono esclusivamente per le anime del Purgatorio, di cui accorciamo così il cammino e la sofferenza, con grande carità cristiana di cui queste anime sono immensamente grate!
Tra l'altro, visto che la Chiesa cattolica, fin dai tempo apostolici, ha sempre pregato e celebrato le SS. Messe per i morti, cioè per le anime del Purgatorio (anche le prime celebrazioni nelle Catacombe non erano solo per nascondersi ma soprattutto per celebrare accanto alle tombe dei cristiani defunti e spesso martiri), ciò dimostra che non è vero che l'esistenza del Purgatorio sarebbe una convinzione tardiva della Chiesa, addirittura medievale (come certuni dicono e predicano)!
Se l'anima per la quale preghiamo non avesse bisogno del nostro suffragio (perché già in paradiso) o per essa fosse inutile (perché all’inferno), tali preghiere vanno in suffragio di altre anime del Purgatorio, magari proprio quelle che ne hanno più bisogno o per le quali nessuno prega.



Un’ultima nota sulla confusione (eretica) attuale
Come dovrebbe essere purtroppo evidente, oggi circolano in modo sempre più invasivo anche nella Chiesa cattolica, nella sua predicazione, catechesi di base e sentire comune, ma talora anche molto in alto, delle gravissime eresie in merito a questo punto centrale della fede!
Si parla sempre meno dell’escatologia (dell’Aldilà) o in modo non cristiano (andare nel Nulla, ritornare nella Natura, reincarnazione – si veda in tal senso anche un piccolo documento sulla “cremazione”, purtroppo sempre più diffusa, che in sé è contraria alla fede cristiana nella finale “risurrezione della carne”, di tutti i morti anche con il proprio corpo - si veda anche un chiarimento sulla "donazione degli organi"), con grave danno alla vita spirituale, togliendo la percezione del combattimento spirituale e il dovere della lotta interiore per vincere il peccato, anzi togliendo preziosi freni al dilagare personale e sociale dell’immoralità (se si va a finire nel nulla o tutti in Paradiso)!
S’è infatti diffusa una nociva ed eretica idea della “misericordia” per cui tutti si salverebbero perché Dio è buono e misericordioso. Anche un quasi analfabeta del cristianesimo sa infatti che Gesù non parla affatto di questa salvezza totale finale (che è un’eresia condannata dalla Chiesa), anzi che gran parte della predicazione di Gesù riguarda il pericolo di dannarci eternamente, da cui solo Lui può salvarci (in questo sta il motivo della Sua Incarnazione e della nostra Redenzione) ma richiede anche la nostra personale accoglienza della grazia e conversione (sforzo tanto richiesto da Gesù, fin dall’inizio della Sua predicazione, e che sarebbe ovviamente vanificato se tutti e comunque fossero poi salvi)!




Sulla Liturgia

Una riflessione particolare, sia pur ovviamente assai sintetica, dobbiamo riservarla alla Liturgia. Essa è la preghiera ufficiale della Chiesa, la quale, come un corpo solo in Cristo (Suo Corpo mistico) e mossa dallo Spirito Santo, che in essa abita, eleva al Padre. La Liturgia non è dunque una preghiera privata (anche se può ovviamente essere elevata anche individualmente), o semplicemente devozionale, ma preghiera appunto della Chiesa in quanto tale. Per questo, a differenza delle altre preghiere, è regolata dal Magistero stesso della Chiesa e non è a disposizione di chiunque perché possa viverla o trasformarla a piacimento.
Per questo motivo, al di là dei diversi Riti e di parziali cambiamenti storici, la Liturgia conserva nel tempo e nell’universalità della Chiesa una sua sostanziale unità.

La Liturgia, che è “fonte e culmine” della vita della Chiesa e quindi anche del buon cristiano, è costituita dai 7 Sacramenti (compresa l’Eucaristia e quindi la S. Messa e l’Adorazione eucaristica) e la Liturgia delle ore, che ritma il tempo e la giornata della Chiesa.

Pur essendo molto importanti per la fede e per la vita spirituale, e assai spesso raccomandate anche dal Cielo (!), non sono invece preghiera “liturgica” il S. Rosario, la Via Crucis o altre preghiere e pie “pratiche di pietà”.

La Liturgia delle Ore è caratterizzata e sostenuta soprattutto dalla recita dei Salmi. I 150 Salmi sono preghiere ispirate da Dio che costituiscono un libro (Salterio) dell’Antico Testamento. Sono dunque pregate anche dagli Ebrei (ne hanno fatto certo uso anche Gesù stesso e Maria SS.ma!); ma proprio per questo, pur mantenendo il loro immenso valore, sono da leggere e pregare alla luce di Cristo e del N. T. (come tutto l’A. T.).
La Liturgia delle Ore è utile per la continua lode di Dio (bello pensare che sul pianeta, secondo i diversi fusi orari, c’è una lode continua della Chiesa) e per la santificazione della giornata e del tempo. Varia anche secondo i tempi liturgici (Avvento, Natale Quaresima, Pasqua, Tempo ordinario) e scandisce la giornata in 7 momenti di lode: Notturno o Ufficio delle Letture (per i monaci nella notte, per il clero e i laici possibile anche in altri momenti della giornata), Lodi (inizio della giornata), Ora Media [più breve, scandisce il centro della giornata, ponendo pause al lavoro e riportando la mente a Dio; ora suddivisa in TerzaSesta e Nona (secondo il computo orario latino; precedentemente alla riforma contemplava anche Prima); il clero e i laici possono recitare anche una sola delle tre], Vespri (fine della giornata) e Compieta (prima del riposo notturno)]. Il monachesimo ne ha fatto e ne fa solenne e abbondante cadenza orante della propria giornata e dell’intera vita monastica. In genere è cantata, nella storia e spesso anche nel presente, secondo le fondamentali e imperiture melodie del “canto gregoriano”.

Il “canto gregoriano”, fiorito nel Medioevo (vedi dossier) e rimasto nei secoli, ha avuto persino un ruolo decisivo nella storia della musica (pure il nome delle note musicali deriva dalla Liturgia delle ore e dal canto gregoriano, vedi nel dossier citato) e mantiene nella Chiesa una grande importanza (non solo per i monaci ma per la liturgia della Chiesa intera) e come tale è raccomandato dallo stesso Concilio Vaticano II (cfr. S. C. n. 116), anche se purtroppo proprio a partire dal Concilio è stato in genere violentemente censurato.

Nel sito [sia nella II e VI Parte del dossier sul Medioevo (vedi) sia nel documento sulla fioritura di alcuni monasteri (in genere legati alla liturgia tradizionale) in Francia (vedi)] abbiamo citato ad esempio la straordinaria esperienza dei monasteri di Fontgombault (vedi) e di Barroux (vediquiqui si può pure seguire, in diretta o differita, il canto della loro Liturgia delle Ore e della S. Messa)!

Per il clero secolare (sacerdoti) se n’è fatta una versione più ridotta, come numero di Salmi; da cui il nome Breviario al loro libro della Liturgia delle Ore. Dall’ordinazione diaconale in poi il clero è obbligato in coscienza a recitarla (sarebbe quindi per essi peccato non farlo; obbligo liturgico che paradossalmente non riguarda invece la celebrazione eucaristica), a nome e in favore di tutta la Chiesa.


La liturgia, che è “fonte e culmine” della vita della Chiesa (S. C., n. 10), non è sostanzialmente “opera umana”, sia pur attuata evidentemente anche da noi, ma “opera divina” (opus Dei), in cui si rende presente e operante il mistero di Cristo (Dio incarnato, morto e risorto, vivo e operante per mezzo dello Spirito Santo, per la nostra salvezza o Redenzione), quindi azione fondamentalmente soprannaturale (c’è dunque un aspetto visibile ed uno invisibile), che attua nel tempo il perfetto culto al Padre (nel “Sacrificio” del Figlio, che si rinnova in modo incruento sull’altare), nello Spirito Santo, quindi vero anticipo del paradiso
(cfr. Ap 457192122 – nella musica si può ad esempio ascoltare la parte finale del celebre Messiah di Händel) e nostra santificazione.
Non si tratta dunque di una realtà semplicemente umana, che possa essere toccata o mutata a piacimento …

Proprio in quanto “Preghiera della Chiesa”, come abbiamo sopra ricordato, la Liturgia non è lasciata ad un uso “creativo” personale o comunitario (neppure dei singoli gruppi, parrocchie, carismi o movimenti), ma è sapientemente regolata dal Magistero della Chiesa e dal Papa stesso (mediante appositi documenti, oltre alle stesse Rubriche liturgiche). C’è in merito nella Curia romana (a nome quindi del Papa) un apposito Dicastero (al di là delle responsabilità più recentemente affidate alle Conferenze Episcopali nazionali).
Lo stesso Codice di Diritto Canonico, nel Libro IV (Cann. 834-1253), ne disciplina la natura, i compiti, i diritti e doveri e ne sanziona i trasgressori.


Riti Cattolici
Nella Chiesa Cattolica, oltre alla persistenza delle “Chiese Orientali” (cattoliche, non la Chiesa ortodossa), con i loro Riti e persino il loro Codice, coesistono lecitamente, pur nella loro sostanziale unità, diversi Riti (23): latino (romano, ambrosiano, mozarabico, anglicano cattolico), bizantino (costantinopolitano; riti greco-cattolici di singole nazioni dell’est-Europa, come il Rito bizantino slavo), alessandrino, antiocheno (siriaco occidentale), caldeo (siriaco orientale), armeno, ecc.

[Nella stessa Italia, anche se la quasi totalità della Chiesa Cattolica è di Rito romano, persiste pure il Rito ambrosiano (nella grande Arcidiocesi di Milano), come pure alcune comunità cattoliche di Rito Orientale (specie nel centro-sud)]
Esiste quindi, all’interno della stessa Chiesa Cattolica, una ricchezza di Riti che affondano le loro radici nella storia e posseggono un patrimonio liturgico (anche musicale) di grande importanza, che è rimasto sostanzialmente immutato nei secoli (fino al 1970) e che a nessuno è lecito distruggere e neppure mutare radicalmente!


La Liturgia nella bimillenaria storia della Chiesa … e nel presente
Ovviamente non possiamo qui entrare neppur minimamente nella questione dello sviluppo storico della Liturgia della Chiesa Cattolica, dai tempi apostolici a quelli medievali, dal Concilio di Trento (1545-1563) e dal Messale Romano di S. Pio V (1570), fino all’innegabile svolta ad opera del Concilio Vaticano II (Cost. Sacrosanctum Concilium, 4.12.1963) e soprattutto dei Documenti che ne seguirono, specie col Nuovo Messale del 1969 (Paolo VI), fino alla situazione attuale.
Possiamo però sottolineare come, nonostante la molteplicità dei Riti e i piccoli cambiamenti intervenuti nella storia della Liturgia della Chiesa Cattolica, essa abbia mantenuto nei secoli, almeno fino al Vaticano II, una sostanziale unità e continuità.
Non entreremo neppure nel vivo della gravosa questione (e relative laceranti discussioni e posizioni) dei radicali cambiamenti operati appunto dal Concilio e dal post-Concilio (non solo a livello di intollerabili abusi ma proprio di documenti ufficiali), cambiamenti radicali ammessi dagli stessi artefici della cosiddetta Riforma liturgica.
Sarebbe peraltro sintomatico osservare, circa un innegabile influsso del Protestantesimo penetrato nella liturgia (soprattutto nella nuova S. Messa), di cui abbiamo fatto cenno già nella II Parte e su cui torneremo, che per attuare tali riforme conciliari si tennero in grande considerazione proprio gli invitati e gli inviati, i rapporti e gli incontri, con esponenti di quelle sedicenti Chiese della Riforma!

Con la Riforma liturgica post-conciliare, nella “nuova” S. Messa è evidente come si sia ad esempio privilegiato l’aspetto della Santa Cena (che ricorda appunto non in modo remoto quella Protestante) su quello del Sacrificio di Cristo (aborrito da Lutero), quindi dell’altare come tavola/mensa più che come altare/ara appunto del Sacrificio (talora sembra persino un tavolo poggia-oggetti, dall’irrompere dei microfoni e ora persino altri oggetti elettronici, ai foglietti, fino agli occhiali e tutto ciò che può essere utile e non si sa dove mettere),  della sempre più preponderante (anche a livello di orologio!) “Liturgia della Parola” sulla “Liturgia eucaristica”, della Parola sul Sacramento, dell’ecclesia-centrismo (l’Assemblea e il celebrante che si guardano e dialogano) sul cristocentrismo (voltati verso Cristo), sul sacerdote come ministro (simil-pastore) al servizio della comunità, che presiede l’Assemblea liturgica, più che come colui che, in virtù della particolare partecipazione al sacerdozio di Cristo ricevuta dal Sacramento dell’Ordine (negato dai Protestanti), agisce “in persona Christi”, per offrire appunto al Padre il Sacrificio del Figlio (mistero della Passione e morte in Croce di Cristo, che si rinnova realmente anche se in modo incruento sull’altare), la “partecipazione attiva” dei fedeli intesa nel senso del “fare” e del “dire” e non della feconda partecipazione “interiore”, dalla solennità di un plurisecolare e invidiabile patrimonio musicale che ha costellato la storia stessa della musica, oppure dai canti religiosi popolari cantati ovunque, alla banalizzazione di musica e canti simil-musica leggera, cantati magari da gruppetti di giovani che pretendono “animare” la liturgia (quasi fosse un morto da rianimare o uno spettacolo per intrattenere); dalla posizione del corpo (sparita la genuflessione, l’inchino del capo, spariti ormai quasi del tutto gli inginocchiatoi), per non parlare della grave perdita della dimensione del silenzio, della contemplazione, dell’adorazione, fino al modo sempre più dissacrante di trattare e ricevere l’Eucaristia, quasi fosse un simbolo o un semplice pezzo di pane e non la “presenza reale” di Cristo stesso (in corpo, sangue, anima e divinità), non più in ginocchio, in bocca, con ordine, ma senza adorazione e tremore filiale; la perdita del silenzio prima e dopo la S. Messa (in preparazione e in ringraziamento per il dono più grande di Dio!) al chiasso analogo ad un pre/post spettacolo teatrale, senza peraltro alcuna consapevolezza della permanenza reale di Gesù nell’Eucaristia, non solo nella persona di chi l’ha ricevuto nella Comunione (se degnamente, cioè “in grazia di Dio”), ma nel tabernacolo (infatti trasferito in un angolo o addirittura in luogo periferico), così che sia appunto difficile continuare in ringraziamento la propria adorazione in ginocchio davanti a Gesù-Eucaristia, reso appunto impossibile dal chiasso post-Messa nella chiesa-teatro!

Come per tutti numerosi documenti conciliari, anche per la Costituzione sulla Sacra Liturgia (vedi) si potrebbe anzitutto osservare come essa più che studiata ed attuata attentamente (cosa che come abbiamo già ricordato, pure la maggior parte dei fautori unilaterali del Concilio, del post-Concilio e persino dello “spirito del Concilio” non hanno quasi mai fatto, come per tutti i suoi documenti), abbia offerto dei pretesti, certo anche a causa di alcune effettive ambiguità o “fessure” astutamente da tempo ben preparate, per poi attuare ciò che in seguito è purtroppo avvenuto.  Nello stesso tempo si potrebbe osservare con stupore che molte delle novità che poi persino i semplici fedeli hanno potuto presto osservare, anche con sconcerto (perché spesso i teologi e i pastori parlano del “popolo” ma neppure lo conoscono o ascoltano il loro prezioso “sensus fidei”), in realtà il Concilio non le aveva dette [nella S. C. si raccomanda ad esempio l’uso del latino (n. 36), del canto gregoriano (n. 116), mentre ad esempio non si parla di voltare gli altari “coram populo” (fatto poi anche nelle più auguste cattedrali gotiche, talora anche con scempio architettonico e persino con ignobili tavolini!) – insomma nulla di ciò che nell’immaginario collettivo ha invece costituito la grande novità del Concilio!].

Si può certo osservare che negli anni del post-Concilio siamo andati sempre più verso sostanziali mutamenti, tali da render la liturgia (e di conseguenza la fede e la Chiesa) cattolica sempre più simil-protestante (e tra l’altro sempre più lontana invece dalla grande sensibilità e tradizione liturgica della Chiesa ortodossa, ben conservata anche nel presente! Non vale l’ecumenismo con loro?!), per poi scadere in una sorta di para-spettacoli religiosi (vedi), quasi totalmente umani, immanenti, senza alcuna trascendenza e spiritualità, fino alla più insopportabili dissacrazioni, addirittura alla blasfemia (si pensi che in un caso, già citato, è intervenuta addirittura la Procura – non il Vescovo! - per indagare sul sacerdote per affronto alla religione vedi vedi leggi).


Se in questi ultimissimi anni, a motivo della cosiddetta “pandemia”, abbiamo visto le chiese cattoliche ossessionate anche dalle più irrazionali preoccupazioni igienico-sanitarie (vedi ad esempio News 20.08.2020) e i Vescovi proni ai più violenti diktat statali (fino alla chiusura totale delle chiese per tre mesi, nella primavera 2020, quando si poteva andare perfino in Tabaccheria!), abbiamo pure nell’occasione constatato un ulteriore passo verso la progressiva visione “protestante” della liturgia cattolica (ridotta a culto, a parola, a spettacolo), così da far sembrare di secondaria importanza la “presenza reale” di Cristo nell’Eucaristia e la necessità della presenza fisica per i Sacramenti, per cui molti fedeli si sono abituati (credendola persino analoga e forse persino più bella oltre che più comoda) alle home-liturgy (quant’è bella la Messa in TV o su internet!), così che anche col possibile rientro “in presenza”, molti fedeli non si sono più ripresentati!

Tutti i tentativi, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI di riportare la liturgia almeno ad un minimo di dignità sacrale o quantomeno ad evitare gli abusi, diventati insopportabili (come si espresse a suo tempo il card. Ratzinger), sono risultati pressocché vani.

Si vedano ad esempio (vedi nel sito la sezione “Un aiuto per < per partecipare bene alla S. Messa e per ricevere bene la S. Comunione”, anche per avere delle sottolineature circa i documenti seguenti) alla Enciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia (2003), all'Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti Redemptionis Sacramentum (2004) e all'Esortazione Apostolica di Benedetto XVI Sacramentum caritatis (2007).
Si pensi che, come ultimo estremo tentativo per arginare gli abusi, il sopra citato documento Redemptionis Sacramentum, al n. 184, ha ricordato ad ogni fedele il proprio “diritto e dovere di segnalare al proprio Vescovo” (e persino alla Santa Sede!) gli abusi liturgici osservati e pervicacemente continuati anche dai ministri sacri (nonostante le caritatevoli ma ferme osservazioni presentategli).

In questi ultimi 10 anni abbiamo comunque superato il limite, tanto nella liturgia, quanto nell’uso dissacrante delle chiese, anche quelle di grande importanza storica ed artistica oltre che religiosa, pure da parte delle massime autorità della Chiesa ed anche se contro le norme stesse della Chiesa.
Se già da tempo s’era visto l’abuso di chiese e cattedrali (anche le più importanti del mondo e della storia, anche in Italia) per conferenze e concerti, ora si raggiungono livelli davvero blasfemi e intollerabili, come chiese talora ridotte a “sale da pranzo” (vedi vedi vedi) e persino “dormitori” (vedi vedi) per poveri e immigrati di ogni cultura e religione (senza alcun rispetto per la sacralità del luogo vedi), come se tra l’altro tali Chiese locali o importanti movimenti (anche assai ricchi) non avessero strutture e sale idonee a tali scopi (c’è evidentemente proprio lo scopo di dissacrare e di presentare la Chiesa come una Ong)!
Del resto, abbiamo visto pure processioni pagane (se non idolatriche o addirittura sataniche) nella stessa basilica di S. Pietro (vedi) e immagini spettrali sulla sua facciata (vedi) proprio all’inizio del Giubileo straordinario della misericordia e solennità dell’Immacolata!
Sarebbe però meglio non scherzare con Dio (e neppure con Satana) …
Anche la pazienza di Dio potrebbe infatti avere un limite e dire “basta!” (come farà alla fine con l’impero delle tenebre, cfr. Ap 20). Perché la Chiesa è di Dio e la liturgia è “opus Dei”!
Non abbiamo forse già visto un segno in questo senso, e proprio in piazza S. Pietro? (vedi)



Vetus Ordo Novus Ordo
Anche di fronte a questo precipitare della Liturgia in abissi senza fondo e in abusi intollerabili, J. Ratzinger/Benedetto XVI osò tornare a parlare della necessità di pensare ad una “Riforma della Riforma” (attirandosi ovviamente l’ira e gli attacchi furiosi dei cattolici progressisti/modernisti)!
Come sappiamo, c’è in merito una questione di proporzioni enormi ma assai delicata, che qui non possiamo certo sviluppare.
A partire da quanto detto dal Concilio Vaticano II sulla Liturgia (Sacrosanctum Concilium), ma persino molto oltre le indicazioni in esso emerse (abbiamo già notato che lì non si parla affatto di “voltare gli altari” o di abolire il “latino” e si incoraggia addirittura il “canto gregoriano”), negli anni immediatamente successivi sono state prese da parte del Papa stesso delle importanti decisioni (con relativi documenti), che hanno attuato in modo radicale, cioè con vistosi e drastici cambiamenti rispetto alla plurisecolare Tradizione della Chiesa, la Riforma liturgica (che ha aperto la strada a sempre nuovi cambiamenti e addirittura agli abusi di cui abbiamo sopra fatto cenno).
Uno dei passaggi più vistosi e drastici in tal senso, di ovvia fondamentale importanza, fu la nuova S. Messa, secondo il Nuovo Messale di Paolo VI, promulgato il 3.04.1969 (vedi) (i testi liturgici riformati per la Chiesa latina furono approvati nel 1970).
Il popolo di Dio s’è accorto subito, per alcuni con entusiasmo e per altri con sconcerto, di questo “radicale cambiamento”, che è diventato paradigmatico del Concilio stesso; e dopo oltre mezzo secolo, tale questione e persino tale divisione non solo non si è risolta ma segna sempre più una profonda crisi e lacerazione, che evidenzia sempre più lo iato aperto da quella decisione.
Abbiamo già sopra ricordato come, al di là degli ovvii piccoli sviluppi e cambiamenti recepiti lungo la bimillenaria storia della Chiesa, il Rito latino romano ha conosciuto una sua sostanziale unità e continuità lungo i secoli. Di tale Tradizione se ne fecero garanti, anche per il futuro della Chiesa (impegnandola in questo senso), specialmente il Concilio di Trento e S. Pio V, col Messale Romano da lui promulgato nel 1570.
Si potrebbero dunque sollevare questioni non marginali sull’introduzione del Nuovo Messale del 1969, che operò non solo radicali cambiamenti ma fu reso obbligatorio, vietando l’uso dei Messali precedenti!

[Ciò fu un punto di particolare attrito con l’Arcivescovo mons. Marcel Lefebvre e con tutti coloro che ritenevano improprio questo cambiamento e ingiusto questo divieto]
[Sulla questione del rapporto tra il Messale di Pio V e quello di Paolo VI vedi questo intervento vaticano]


Un segno forte di ripensamento in tal senso (Riforma della Riforma?), sia pur espresso  delicatamente e da permettere graduali attuazioni (per evitare le ire progressiste e le minacce di scisma?), fu la decisione di Giovanni Paolo II di ripristinare, per chi lo desiderasse e con particolare permessi dei Vescovi, anche il Rito antico (Vetus Ordo, secondo il Messale Romano del 1962), sia pur individuando come “straordinaria” questa forma di celebrare (Motu proprio Ecclesia Dei, 1988).
Benedetto XVI nel 2007 (col noto Motu Proprio Summorum Pontificum) compì un ulteriore decisivo passo, di fatto permettendo il ritorno all’antica e perenne liturgia (Vetus Ordo vedi) a chiunque lo desiderasse e senza particolari permessi dei Vescovi.

In modo persino inaspettato dai più (tanto meno negli ambienti progressisti di tutti i livelli ecclesiali), ci fu un grande entusiasmo per questo ed un crescente sostanzioso ritorno a questa solenne e sacra Liturgia della Chiesa; la sorpresa, rispetto forse alle previsioni di alcuni, è data dal fatto che questo grande ritorno e rifiorire di fedeli e comunità che amavano tornare, con grande frutto e persino con grandi sacrifici, all’antica Liturgia cattolica, non si poteva più configurare come sparuti gruppi di “tradizionalisti” (ad esempio la “Fraternità S. Pio X” di mons. Lefebvre o altre comunità cattoliche analoghe, peraltro sempre più feconde) o di vecchi e inconsolabili “nostalgici”, visto che si trattava sempre più anche di baldi giovani, spesso persino neo-convertiti, che ovviamente prima del Concilio, durante e persino nei decenni seguenti, non erano neppure nati! Una vera testimonianza del “sensus fidei” di una piccola porzione, ma sempre più vasta, feconda ed entusiasta, del popolo di Dio, che raccoglie con gioia i frutti spirituali di tale Liturgia per le loro anime!


Risulta quindi sconcertante che recentemente (e mai s’era vista nella Chiesa l’opposizione radicale ad un Papa precedente e ad una sua decisione di soli 14 anni prima!), il 16.07.2021, il Motu proprio Tradizionis Custodes (un titolo peraltro contraddittorio rispetto al contenuto) e la successiva Lettera apostolica Desiderio desideravi (del 29.06.2022) abbiano inflitto un durissimo colpo a tale possibilità, praticamente restringendola ad una sorte di “recinto” per una specie che si vuole in via di estinzione (pur lasciando, a questo punto in modo ancor più incomprensibile, qualche piccola eccezione). Un'ulteriore forte restrizione di possibilità è giunta col Rescriptum … del 20.02.2023 (vedi), circa l’implementazione del Motu Proprio Traditionis custodes.


Sui “tradizionalisti” e sul Vetus Ordo
Molti pensano erroneamente che i “tradizionalisti” – la “Fraternità sacerdotale S. Pio X” di mons. Lefebvre* (e i fedeli che la seguono) o altre realtà ecclesiali (talora anche sacerdotali, religiose e monastiche) che risalgono storicamente a lui e si sono poi distaccate (specie dopo lo scisma del 30.06.1988) o comunque altri gruppi che celebrano nel Vetus Ordo, che negli ultimi anni si sono moltiplicati, anche come numero di fedeli - siano semplicemente coloro che amano celebrare la S. Messa in latino. In realtà la questione non sta in questi termini.

Una nota su S. E. mons. Marcel Lefebvre
Abbiamo già citato molto volte l’Arcivescovo francese mons. Marcel Lefebvre (indicando anche alcune sue conferenze in audio che si possono ascoltare  quiqui e qui)
[Nel sito c’è tra l’altro un riferimento a lui e alla sua opera (compreso le feconde comunità monastiche o di laici, che seguono il Vetus Ordo e che storicamente a lui si rifanno, presenti oggi in Francia, in un documento sull’attuale situazione francese (vedi)]
L’Arcivescovo mons. Marcel Lefebvre (1905-1991), nonostante la crescente fioritura delle sue comunità di sacerdoti, religiosi e laici, fu dapprima avversato da molti cattolici e vescovi progressisti (specie francesi), poi Paolo VI nel 1975, in modo improvviso e senza alcuna giustificazione formale, chiuse il suo Seminario di Ecône (già approvato in Svizzera) e lo sospese “a divinis” nel 1976. Avendo comunque continuato la sua opera ma volendo pure garantire la “successione apostolica” per i suoi seguaci, il 30.06.1988 ordinò senza mandato papale 4 nuovi Vescovi, incorrendo così nella scomunica “latae sententiae” (le Ordinazioni episcopali sono valide, in quanto nella “successione apostolica”, ma non lecite ed hanno formalmente creato uno “scisma”). Tale “scomunica” (non lo scisma, evidentemente) fu revocata da Benedetto XVI il 24.01.2009, attirandosi una  furibonda reazione internazionale e di gran parte della Chiesa (vedi l'accorata Lettera che il Papa scrisse il 12.03.2009 in tale penosa circostanza).
Significativo che mons. Lefebvre avesse scelto come programma pastorale e suo stesso motto episcopale la celebre espressione di S. Paolo (1 Cor 15,3) “Tradidi quod et accepi” ("Vi ho trasmesso ciò che ho ricevuto"); così ha voluto che fosse riportato anche sulla sua tomba ad Ecône.

In realtà anche il card. J. M. Bergoglio, da arcivescovo di Buenos Aires, incluse ufficialmente i sacerdoti della Fraternità S. Pio X tra il clero cattolico della sua diocesi; così come ora permette loro in tutta la Chiesa di poter celebrare anche lecitamente i Sacramenti (Confessioni, Eucaristia, Matrimoni) per tutti i fedeli cattolici del mondo, e di farlo nel Vetus Ordo (ora appunto vietato ai più)! [vedi qui la documentazione].

In senso lato, come abbiamo ricordato all’inizio di questa III Parte, “tradizionalista” è semplicemente sinonimo di autentico “cattolico”, perché non si può essere Cattolici senza un profondo radicamento ed una provata fedeltà alla Tradizione della Chiesa, che, come abbiamo detto, è parte della stessa Parola di Dio (Dei Verbum) e del sacro “depositum fidei” che non si può alterare perché è di origine divina e custodito fedelmente dalla Chiesa Cattolica.

In senso specifico, “tradizionalista” può essere usato come sinonimo di chi (comunità o singolo fedele) vuole tradurre questa volontà di rimanere fedele alla Tradizione, che non è appunto un’opzione “di parte” ma “conditio sine qua non” per essere Cattolici, anche privilegiando (talora in modo esclusivo, se può) la partecipazione alla Liturgia della Chiesa Cattolica (Romana latina) secondo i Riti (Vetus Ordo) precedenti alla drastica Riforma attuata dopo il Concilio Vaticano II (Novus Ordo).
Si tenga presente che questo forte richiamo alla Tradizione e la volontà di rimanere ad essa fedeli, che contraddistingue il mondo ecclesiale cosiddetto “tradizionalista”, non riguarda solo il rifiuto delle novità liturgiche introdotte dal Concilio Vaticano II ma anche di tutte quelle altre nuove visioni che dal Concilio sono emerse: un nuovo modo di intendere la Chiesa e lo stesso ministero sacerdotale, un “ecumenismo” inteso come rapporto paritetico con le altre Confessioni e Religioni, l’accettazione come positiva della “laicità” degli Stati moderni … ed altre “novità” introdotte appunto in questi ultimi decenni.

Circa la Liturgia, non si tratta semplicemente della lingua latina (che permane come possibilità anche nel Novus Ordo), ma di seguire la Liturgia (tutta o solo in particolari celebrazioni della S. Messa) secondo il Vetus ordo.


Una nota sul latino e le sue traduzioni (nella Liturgia)
Come abbiamo precisato, celebrare la S. Messa secondo il Vetus ordo non è semplicemente celebrarla in latino, ma secondo appunto il Rito rimasto sostanzialmente uguale fino al 1969 (in genere chi segue il Vetus Ordo si riferisce all’ultima sua edizione, il Messale del 1962, edito sotto Giovanni XXIII, come appunto indica la Summorum Pontificum). Tra l’altro nella Preghiera Eucaristica (Canone Romano) del Vetus Ordo prevale il silenzio adorante, perché il sacerdote celebra sottovoce (“submissa voce”)!
Chi pensa che l’uso del latino sia caratteristica del mondo tradizionalista ignora tra l’altro che il latino è tuttora la lingua ufficiale della Chiesa (tutti i documenti della Chiesa, nella loro versione ufficiale sono in lingua latina), e rimane anche la lingua privilegiata anche per la S. Messa (abbiamo visto che il Concilio stesso raccomanda di mantenerlo nella Liturgia, cfr. S. C. n. 36); lo si può riscontrare in molte chiese del mondo, soprattutto in S. Pietro in Vaticano, specie nelle liturgie pontificie (l’abbiamo visto anche nelle Esequie di Benedetto XVI).

Tra l’altro, le traduzioni nelle lingue volgari moderne (permesse dopo il Concilio) creano non pochi e persino sempre nuovi problemi, anche di grave natura teologica e dottrinale!
Come sappiamo, ogni traduzione crea sempre dei problemi, perché ogni lingua ha caratteristiche proprie e talora presenta significati diversi alle stesse parole.
Nella Liturgia, ogni traduzione ufficiale dal latino ad una lingua volgare (moderna), spetta alla o alle Conferenze episcopali nazionali o dei Paesi che usano quella lingua, il tutto sotto la supervisione e approvazione della Santa Sede (anche se ultimamente si parla di lasciare anche in questo maggiore autonomia alle Conferenze episcopali, il che potrebbe però creare non pochi problemi e persino abusi).
Tutto ciò perché appunto in una traduzione non adeguata potrebbero insinuarsi (talora persino volutamente) errori teologici anche di grande spessore!

In Italia abbiamo avute in pochi decenni già diverse edizioni ufficiali (CEI) della Bibbia (l’ultima è del 2008), del Lezionario (l’ultimo è del 2007/2008) e tre edizioni del Messale [1973, 1983 e l’ultima del 2020, divenuto obbligatorio dal 4.04.2021, con una quantità enorme di cambiamenti, che sembra tradire persino il gusto un po’ hegeliano del cambiare per cambiare (oltre a certe frettolose traduzioni anche lessicalmente discutibili se non errate)].

Non entriamo qui nel merito delle questioni, anche gravi. Si pensi che s’è andata a cambiare persino la 6^ domanda della stessa Preghiera del Signore o Padre nostro: "et ne nos inducas in tentationem“ ("Non ci indurre in tentazione”) ora trasformato incomprensibilmente in “non abbandonarci alla tentazione”, con una traduzione tra l’altro totalmente inventata rispetto al testo latino e greco e con un significato teologico totalmente mutato (la tentazione, la “prova”, che Dio può permettere per la nostra santificazione e che possiamo chiedere che non sia troppo forte o comunque sia sostenuta dalla Sua grazia, è ben diversa dall’abbandono, in cui certo l’amore di Dio non può lasciarci e che quindi è inutile e scorretto chiederlo - il Catechismo della Chiesa Cattolica vi aveva dedicato i nn. 2846/2849 vedi). Così s'è cambiato il canto degli Angeli a Betlemme (e quindi il Gloria): c’è una bella differenza teologica tra il “pax hominibus bonae voluntatis” (che non sono tutti gli uomini) e il “pace in terra agli uomini, amati dal Signore” (che sono invece tutti gli uomini).
Strano invece che un’importante traduzione da correggere (più volte segnalata da J. Ratzinger), che riguarda addirittura le parole della consacrazione del vino nella Preghiera eucaristica della S. Messa (rendendolo il Preziosissimo Sangue di N. S. Gesù Cristo) e di enorme differenza teologica, non sia invece stata trasferita nel nuovo Messale [c’è un’enorme differenza tra il “Qui pro vobis et pro multis effundetur” e il “versato per voi e per tutti”, non solo tra “effuso” (che indica un atto volontario d’amore) e “versato” (che potrebbe pure essere un incidente subìto), ma soprattutto tra il “per molti” (pro multis in latino) (perché la grazia deve essere accolta per essere soggettivamente efficace) e il “per tutti” (indistintamente)]. Incredibile poi che questo doveroso cambiamento (a dispetto degli innumerevoli cambiamenti introdotti) non sia stato effettuato, quando tra l’altro la stessa nuova traduzione CEI dei Vangeli dell’Ultima Cena traduce bene il "pro multis" con “per molti” (cfr. Mt 26,28 e Mc 14,24).


Coloro che preferiscono le lingue volgari (moderne) al latino perché pongono in modo unilaterale l’accento sul “capire”, scordano che nella Liturgia, che non è una catechesi, dovrebbe invece prevalere la dimensione sacrale della contemplazione e persino del silenzio. Tra l’altro il Vetus Ordo, come abbiamo appena ricordato, prevede la Preghiera eucaristica (Canone romano) in “submissa voce” (sottovoce, quasi silenziosa) da parte del celebrante e il silenzio adorante dei Fedeli. La proclamazione della Parola di Dio (Epistola e Vangelo) viene comunque tradotta immediatamente (specie il Vangelo) e comunque commentate dall’omelia.
Si potrebbe tra l’altro un po’ sarcasticamente osservare che, dopo decenni dell’uso liturgico dell’italiano (e i talora logorroici discorsi del celebrante) e nonostante il notevole innalzamento del livello medio di istruzione, i Cattolici sono oggi assai più ignoranti dei contenuti della fede e della liturgia (i giovani quasi sempre a livello di un tragico analfabetismo religioso) rispetto a 50 anni fa!
Altro paradosso: mentre il mondo s’è fatto piccolo, villaggio comune, globalizzato, e sempre di più le nuove generazioni possono parlare un’unica lingua (l’inglese vedi una nota in proposito nel documento sugli inglesi), la lingua unica che già nel Medioevo permetteva a tutti i dotti di comunicare ovunque (appunto in latino) e sino a pochi decenni orsono permetteva a tutti i Cattolici di poter partecipare anche verbalmente alla stessa S. Messa in tutto il mondo (con le stesse parole e persino con gli stessi canti!), oggi nemmeno i Vescovi nei loro incontri internazionali e Sinodi riescono a comprendersi tra loro (questo già al Concilio, con notevoli riverberi persino sulle decisioni prese!), così da dover organizzarli per “circoli linguistici”. E non si venga a dire che si potrebbe ormai sostituire il latino con l’inglese, come nuova lingua comune, perché i giovani persino laureati non solo non hanno mai imparato anche solo a recitare il Padre nostro e l’Ave Maria in latino ma neppure in inglese (neppure nelle Pontificie Università romane); così che persino nelle GMG, al di là della lingua del Paese ospitante  e le traduzione simultanee in cuffia, migliaia o milioni di giovani di tutto il mondo non possono pregare in una lingua sola (limitandosi magari ad un “Jesus Christ, you are my life!” per poter dire o cantare qualcosa insieme)!

Un possibile futuro incontro?
Dobbiamo però ammettere che, nonostante il Vetus Ordo permetta oggettivamente una maggiore religiosità e sacralità di partecipazione del fedele, possono ugualmente insinuarsi, soggettivamente o anche come gruppo cattolico “tradizionalista”, delle tentazioni di puro gusto estetico, specie quando ciò rappresenta una novità o in reazione pendolare agli usi e abusi liturgici contemporanei. 
Dobbiamo ricordare che agli occhi di Dio non conta, sia in un Rito che nell’altro, l’esteriorità o un estetismo, magari ostentato, ma adorare Dio in spirito e verità (cfr. Gv 4,23) e col cuore, non per l’esteriorità (cfr. Mt 6,5-6).
Si deve cioè evitare un gusto semplicemente estetico fine a se stesso (estetismo liturgico), poiché sarebbe ancora un tradire l’aspetto soprannaturale della Liturgia e quindi non in grado di edificare e santificare davvero la propria anima; per i più anziani potrebbe invece tradire un anelito semplicemente “nostalgico” (“come ai vecchi tempi!”).
Occorre poi evitare, pur nella fedeltà alla Tradizione liturgica, inutili o esagerati “fissismi” (come se non si potesse cambiare proprio nulla, quando invece lo stesso Vetus Ordo l’ha fatto più volte).
Si potrebbe, ad esempio, introdurre un “Pater noster” interamente recitato dai fedeli, posticipare “Ite Missa est” dopo la Benedizione e le preci finali della S. Messa. Si potrebbe prevedere una più fedele calendarizzazione del Triduo Pasquale, come ha fatto il Novus Ordo (ad esempio della Veglia Pasquale nelle Notte Santa di Pasqua) o una più abbondante presenza della Sacra Scrittura (come ha lodevolmente fatto il Novus Ordo con Lezionario festivo a ciclo triennale e feriale a ciclo biennale). Circa le differenze talora forti nel “calendario liturgico” - anche se è vero che certi spostamenti operati dal Novus Ordo hanno ad esempio fatto poi dimenticare totalmente persino secolari tradizioni della pietà e pure della cultura - però ormai è fonte di confusione e di divisione che ci siano queste disparità di calendario liturgico; per cui si potrebbe forse prevedere una certa sintesi tra nuovo ed antico (magari la memoria di un Santo, specie quelle meno importanti, che differisce di pochi giorni tra l’uno e l’altro rito o l’inserimento della memoria di alcuni grandi Santi canonizzati in questi 50 anni, come ad esempio S. Massimiliano M. Kolbe o S. Padre Pio da Pietrelcina).
Sono solo alcuni esempi di alcuni forse possibili incontri tra il Vetus e il Novus, senza cadere in un disprezzo totale del Novus o abbandonarlo ai sempre continui cambiamenti, dove pare talora che si insegua persino un cambiare per il gusto di cambiare, come traspare appunto abbondantemente  nell’ultimo Messale italiano!


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Come sappiamo e come possiamo constatare sia nel percorso della propria anima che nello stesso  cammino storico della Chiesa, la rottura con la Tradizione (nel senso proprio di autentica volontà di Dio che si rivela), l’abbandono suicida dell’immenso patrimonio spirituale (e persino culturale e artistico) della bimillenaria storia della Chiesa Cattolica (se ne rammaricano persino alcuni pensatori atei e non pochi cultori dell’arte!) e il tradimento del vero “spirito della liturgia”, sempre più appiattita sull’orizzontale e priva di vero afflato spirituale e soprannaturale, provoca enormi danni alle anime, come alla Chiesa e di conseguenza all’umanità intera. Perché, come sappiamo e appunto persino sperimentiamo (talora già dall’adolescenza), l’abbandono della vera liturgia (lex orandi, cioè l’autentica vita di preghiera) trascina con sé anche l’abbandono della vera fede (lex credendi), e viceversa, per poi deformare e persino distruggere non solo l’anima ma la concretezza stessa della vita (lex vivendi), con conseguenze drammatiche nell’eternità (dannazione)!

Quindi, quando parliamo di scontro, talora durissimo e più che mai attuale, tra il “modernismo” (il vasto mondo cosiddetto “progressista”, prima come “scisma sommerso” ed ora persino ai vertici della Chiesa) e la Tradizione della Chiesa (e non solo appunto per la Liturgia), non parliamo di uno scontro tra correnti, paragonabile o simile a quello che può verificarsi in politica (non a caso si parla impropriamente di “destra” o “sinistra” anche in questo senso!), o di gusti estetici o spirituali, ma in modo sempre più evidente di uno scontro tra l’impero delle tenebre (cfr. Lc 22,53) e quella della luce, della morte o della vita (dello spirito e poi di tutto) (cfr. Gv 1,5).

Tutto ciò che sta avvenendo anche all’interno stesso della Chiesa cattolica è l’espressione di questo scontro dalla valenza apocalittica (Ap 12), tra il mondo (e il suo “principe”) e l’opera della Redenzione (cfr. Gv 12,31-32), tra la “Città di Dio” e la “Città dell’uomo” (direbbe S. Agostino).
E in tutto ciò è perfino paradossale assistere al triste spettacolo di una Chiesa all’inseguimento continuo del mondo e delle sue nuove ideologie (cfr. “Sinodo tedesco” e non solo!), mentre il mondo corre sempre più veloce (e per questo è sempre irraggiungibile) verso il baratro del Nulla! Mentre constatiamo la conversione di molti, che correvano col “mondo” (e talora ne portano le dolorose ferite) e che la “grazia” ha illuminato e riportato nella Chiesa, scoprire e vivere con stupore, entusiasmo e vero gaudio spirituale il bimillenario patrimonio sacro che la Tradizione della Chiesa ci ha fedelmente trasmesso nei secoli per opera dello Spirito Santo!


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Per la nostra meditazione ...


Dalla Prima Lettera di S. Paolo apostolo ai Tessalonicesi 
(cronologicamente il primo testo del N. T., prima ancora dei Vangeli scritti) (1Ts 2,3-4):
“Il nostro appello non è stato mosso da volontà di inganno, né da torbidi motivi, né abbiamo usato frode alcuna; ma come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori”.


Dalla Lettera di S. Paolo apostolo ai Galati (Gal 1, 6-12):
“Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo.
In realtà, però, non ce n'è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.
Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema (scomunicato)!
L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!
Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!
Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull'uomo; infatti io non l'ho ricevuto né l'ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo”.


Dalla Prima Lettera di S. Giovanni apostolo (1Gv 2,15-17):
“Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!”
(seguono i versetti sull’Anticristo!)


 

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Quarta parte





False (gravi) alternative

Soffermiamoci ancora su alcune questioni, già osservate, per sottolineare ulteriormente come il solo porre certe domande o alternative sia fuorviante, in quanto presuppone già un’idea falsa o almeno riduttiva della fede e della Chiesa stessa, lontana se non perfino opposta rispetto a quella che Cristo Signore ha voluto e vuole. Eppure sono domande e questioni talmente ridondanti da occupare da tempo innumerevoli discussioni, incontri, assemblee, sinodi …



 
Missione o dialogo?


C’è un solo Dio: la Santissima Trinità
Dio, per definizione stessa, non può che essere uno (in Sé) e unico (non ce ne sono altri)!
Già la ragione coglie che l’Essere perfettissimo, l’Assoluto, la Causa prima di tutte le cose non può che essere uno e trascendente. Due o più Dèi sarebbero una contraddizione in termini (uno non avrebbe qualcosa di un altro, altrimenti non si distinguerebbero neppure, e quindi non sarebbe l’Essere prefetto cioè Dio).
Lo afferma la fede: "Credo in un solo Dio ..." (così inizia il Credo).

Già il popolo ebraico (nell’Antico Testamento) passò assai presto dal considerare il loro Dio (Jahvè) il più grande ad essere l’unico: le altre presunte divinità semplicemente non esistevano.
Nella pienezza della Rivelazione divina, cioè in Cristo, Dio si manifesta come Santissima Trinità: Tre Persone (delle quali si è “incarnata”, cioè fatto uomo, la Seconda, il Figlio-Logos), ma un unico Dio.
Per mezzo del Logos “tutte le cose sono state create”, come afferma il Credo; mediante la Sua Incarnazione, Passione, Croce e Risurrezione tutti gli uomini sono salvati, redenti ("per noi uomini e per la nostra salvezza").
Questi sono i due “misteri” (cioè contenuti) principali della fede cristiana.


L’unica salvezza è in Cristo
Non c'è quindi un essere umano della storia che non esista già in riferimento a Cristo e 'potenzialmente' salvato da Lui! Quindi l’annuncio cristiano non raggiunge come un “messaggio” (parola oggi abusata e riduttiva a proposito di ciò che Dio ha rivelato!) la vita di un uomo o di un popolo come se questi fosse un materiale “neutro” (o una natura a sé; si dice addirittura, abbiamo già osservato, l’uomo “d’oggi”!), dall’esterno, ma come la verità stessa di lui, cioè ciò per cui egli stesso esiste!

Per questo il “mandato” (missione) che Gesù risorto affida alla Chiesa (cfr. Mt 28,18-20), perché il Vangelo (fede) e il Battesimo (grazia) raggiungano tutti i popoli della terra e della storia, non è mai una violenza, ma l’esplicitarsi della verità stessa di chi ascolta, cioè del senso vero della sua esistenza e sua unica via di salvezza eterna.
Oggi la crisi della fede e della Chiesa ha raggiunto livelli di apostasia apocalittica (come vedremo ancora): si relativizza Gesù come se fosse uno delle tante manifestazioni di Dio e gli uomini e i popoli sarebbero già salvi solo seguendo la propria coscienza, convinzione, religione o filosofia! Cioè come dire che Gesù sarebbe venuto e sarebbe andato in Croce invano! Non c’è bestemmia più grande!
La teologia contemporanea, che sta dietro anche a tanta predicazione attuale, non ha sempre osato affermare tale esplicita apostasia, ma subdolamente l’ha coperta con questo stratagemma, che se non vanifica totalmente l’opera salvifica di Cristo vanifica però totalmente la missione della Chiesa, con gravissimo ed eterno danno delle anime. Gesù sarebbe sì l’unico Salvatore dell’uomo, ma lo salva anche se non lo sa, non ha fede e non riceve la sua grazia (i famosi “cristiani anonimi” di Karl Rahner); oppure i cristiani coscienti fungerebbero da “sostituzione vicaria”, ottenendo la salvezza per tutti (cfr. Henri de Lubac)*. A pensarci bene, si tratta di una rimodulazione moderna e persino cattolica della “sola grazia” di prospettiva protestante (Lutero), in cui di fatto non serve la nostra conversione.

* Ne ha parlato Benedetto XVI nel suo ultimo libro, che ha voluto fosse pubblicato post-mortem, come immediatamente è stato fatto: Che cos’è il cristianesimo (Mondatori, 2023), cfr. pp. 93-94.
È vero che in “via straordinaria” Dio può salvare eccezionalmente, sempre per i meriti di Cristo, anche chi incolpevolmente non lo conosce (perché vissuto prima o perché non ancora raggiunto dall’annuncio del Vangelo), se ha almeno risposto agli appelli interiori di Dio nella sua coscienza o se ha seguito quelle parti di verità che possono esserci anche nella sua religione. Non certo se rifiuta o ignora colpevolmente Cristo e la salvezza che viene da Lui mediante la fede e i Sacramenti.
La “via ordinaria” (normale) di salvezza, non solo per vivere la vita nuova cristiana, ma per salvarsi dall’Inferno ed entrare in Paradiso, è però quella operata da Gesù ed annunciata e donata dalla Chiesa Cattolica: la fede autentica, la grazia di Dio ricevuta soprattutto mediante i Sacramenti, l'obbedienza a Dio in tutte le cose della vita e morire 'in grazia di Dio'.
Rimane dunque inequivocabilmente il dovere della Chiesa (e di ogni cristiano) di annunciare Cristo, così come esiste il fondamentale diritto e dovere di ogni uomo di conoscere Cristo, e, se ben preparato, di ricevere il Battesimo e gli altri Sacramenti dell’Iniziazione cristiana (Cresima ed Eucaristia), di obbedire in tutto alla volontà di Dio insegnata da Gesù e fedelmente trasmessa e interpretata dalla Chiesa Cattolica, da Lui istituita per questo (missione della salvezza delle anime: salus animarumsuprema lex)!

Che tutto ciò oggi sia quasi tramontato, sia nella coscienza dei fedeli e persino di molti pastori, ne ha dato prova anche lo “scandalo”, clamore e opposizione, suscitato all’interno stesso della Chiesa (!) nel 2000, cioè in occasione del grande Giubileo dei 2000 anni dell’Incarnazione, dal Documento della Congregazione per la Dottrina della fede (a nome del Papa Giovanni Paolo II) Dominus Iesus (vedi).




Missione, popoli, culture, filosofie e religioni
Dovrebbe essere evidente che, anche dal punto di vista filosofico (lo abbiamo ricordato anche all’inizio di questo documento, nella “premessa gnoseologica”), una verità più grande (non parliamo poi se è la Verità assoluta!) non distrugge una eventuale verità più piccola e parziale, semmai la completa, la purifica  e l’innalza a vette più alte e belle!
Ecco perché l’annuncio del Vangelo, se è autentico, mentre raggiunge tutti i popoli, culture, filosofie e religioni, contribuisce enormemente alla crescita spirituale e persino sociale e culturale di quegli uomini e civiltà. Ciò che di bene e vero vi è già in loro viene purificato ed innalzato a vette più alte; ciò che invece c’è in loro di falso e di male (molte volte, anche a livello di religioni primitive degli indigeni, con drammatiche atrocità) viene progressivamente estirpato e abbandonato; e ciò non è affatto una violenza, ma un progresso, di cui i popoli del mondo hanno beneficiato e beneficiano con imperitura gratitudine.
Solo una lettura ideologica, anticristiana o relativista, ha voluto scorgere in questa missione della Chiesa a tutti i popoli una sorta di violenza!

Al di là infatti certo di limiti, peccati ed abusi - che possono esserci stati nella storia della “missione cattolica”, come ovunque c’è l’essere umano segnato comunque ancora dalla possibilità di peccato, specie poi se ci sono pressioni di tipo politico o economico - possiamo osservare come, sin dai primi secoli e lungo tutta la storia e in ogni continente, la missione evangelizzatrice della Chiesa Cattolica, mentre procurava il dono infinito ed eterno della salvezza eterna, contribuiva enormemente persino al progresso di quei popoli e di intere civiltà.
Si veda in proposito la grande opera attuata dalla Chiesa Cattolica (in primis il monachesimo benedettino) nell’Europa nascente (vedi il dossier sul Medioevo), o nell’evangelizzazione dei popoli slavi (vedi l’Enciclica Slavorum Apostoli, scritta nel 1985 dal primo Papa slavo della storia!); ma vedi anche quanto qui sottolineato (con obiettiva differenza rispetto a certe missioni “protestanti”) a proposito delle missioni cattoliche in America (vedi).



Dialogo

Abbiamo già sottolineato come ciò che serpeggiava già da tempo nella teologia moderna e contemporanea e scorreva in modo sempre più impetuoso, anche se in genere come un criptico “fiume carsico”, in non pochi e non secondari settori della vita della Chiesa, sia improvvisamente venuto alla ribalta ed abbia assunto ruoli sempre più dominanti dopo il Concilio Vaticano II.
Una parola-chiave, una “password” diremmo oggi, un "mantra” persino ossessivamente ripetuto, quasi un segnale di riconoscimento per identificarsi e far capire da che parte ci si pone, era e ancora è la parola “dialogo”.

Lo stesso Paolo VI la pose come elemento predominante della sua prima Enciclica, quella che in genere è “programmatica” di un Pontificato, Ecclesiam Suam; e tale parola veniva evocata, a cerchi concentrici, proprio per delineare il nuovo volto della “missione” della Chiesa.
Del resto il Concilio stesso, tanto più che s’era scelto di caratterizzarlo solo in chiave “pastorale”, nel suo sfondo persino più antropologico (umanesimo, s'è detto) che cristocentrico (l'assenza del punto Alfa, come osservava criticamente l’emarginato "grande" teologo H. U. von Balthasar, come lo definiva Benedetto XVI), aveva fatto del dialogo col mondo e con l’uomo d’oggi un proprio cardine fondamentale.


Occorre però prestare molta attenzione a queste parole, tanto belle quanto spesso ambigue, peraltro tipiche delle ideologie della modernità (vedi): si veda ad esempio la parola “tolleranza”, tanto amata e reclamizzata quanto violentemente contraddetta nei fatti, prima dall’Illuminismo (vedi in Voltaire) e comunque ancor oggi dalla Massoneria.
Assai spesso queste parole-chiave, ripetute ossessivamente ma utili per aprire ben altri processi culturali e storici, significative e accattivanti (possono sembrare persino, ad uno sprovveduto, il fior fiore del cristianesimo o declinazioni della parola “amore”), nascondono delle insidie pericolosissime, per la mente, la cultura, la società, persino la civiltà e soprattutto per la Chiesa stessa e per le anime.
Infatti la cultura illuminista, moderna, massonica, utilizza la parola “dialogo” (e tolleranza) in modo ambiguo e assai pericoloso. Infatti, dietro parole così “buone” (tanto da ingannare anche i cristiani, credendole Vangelo) e persino ovvie per vivere con rispetto e giustizia i rapporti umani, sociali e tra culture e religioni, si nasconde la terribile insidia del “relativismo”: non c’è la verità ma tutto è opinione! Non a caso si accettano tutte le opinioni, purché restino tali e non osino proclamarsi "vere”! 
Quindi ogni cultura, filosofia e religione è considerata equivalente; e "intollerante" è chiunque osi ancora parlare di vero/farlo e bene/male!
Una società finalmente aperta, inclusiva, in perenne dialogo (fine a se stesso), dove tutto è accolto e tollerato, soprattutto omologato; salvo poi accorgersi (come nell’utopia “anarchica”) che intanto il male prima o poi emerge e va comunque riconosciuto e combattuto o quantomeno limitato.
Una cultura e società dove tutto è ammesso, dove persino ogni desiderio e pulsione diventa "diritto" da promuovere; purché non si discutano di dettami di “lorsignori” (padroni del mondo), che parlano di tolleranza e dialogo, ma perseguitano con tutti i mezzi (in genere occulti, talora anche violenti) tutti coloro che si oppongono ai loro progetti e alle loro nuove ideologie fatte passare come “progresso”.

Appunto, una paradossale “dittatura del relativismo”!

A livello culturale, si può ben capire come questo uso della parola “dialogo” sia diametralmente opposto a quello, assai sapiente e costruttivo (nella ricerca di una verità sempre più grande), usato dalle vette della filosofia: basterebbe pensare alla “maieutica” di Socrate, ai Dialoghi di Platone, ma a tutta la filosofia e teologia medievale (basterebbe vedere S. Tommaso d’Aquino, con le sue Quaestiones disputatae, le sue Summae, come anche i pubblici dibattiti tenuti persino a Parigi o Colonia; con la capacità di porre in dialogo cristianesimo, pensiero aristotelico e addirittura, solo allora fu possibile, i commentatori arabi di Aristotele!).
La Verità ha le sue ragioni e per questo è capace di convincere, di confrontarsi; contrariamente alle ideologie e persino a quelle religioni che non sanno "convincere" e allora vogliono "vincere" imponendosi (come l'Islam); ma anche il relativismo alla fine deve divenire intollerante e violento, perché non ha le ragioni e non vuole ascoltare ragioni, e quindi si impone appunto come "dittatura"!  

[Sull’uso fecondo e costruttivo di questo metodo razionale “dialogico”, da cui sono nate dalla Chiesa persino tutte le Università, usato in modo fecondo dal tanto deprecato e oscurantista Medioevo vedi il dossier apposito. Paradossalmente, ed in modo esattamente opposto ai luoghi comuni usati dall’anticristianesimo illuminista, fu proprio questo il metodo usato dalla stessa Inquisizione vedi dossierdocumentoNews)]

Dobbiamo dunque prestare molta attenzione all’uso della parola “dialogo”, perché, come infatti purtroppo è avvenuto, da strumento per la ricerca ed approfondimento della verità, sotto la volta onnicomprensiva del “relativismo”, tale parola diventa slogan, sinonimo di equivalenza di tutte le opinioni, culture, filosofie, religioni. In realtà, fingere di accettare tutto, ammesso che sia possibile perché appunto prima o poi il “male” va impedito o almeno limitato (l’Europa occidentale se ne sta accorgendo in modo drammatico, come accade in Francia - vedi anche all'interno del documento - come in altre Nazioni dell'Europa occidentale), significa ritenere che nulla sia “vero”, perché non possono sussistere verità tra loro contraddittorie. La riprova è data proprio dal fatto che in questo concetto ambiguo di “dialogo” diventano impronunciabili le parole “verità” ed “errore”.
Sembra proprio di sentire riecheggiare lo smarrimento, imbarazzo o superficialità pragmatista di Pilato, di fronte ad un Gesù che parla del Suo Regno di “verità”, con il celebre “quid est veritas?”, domanda forse tanto poco importante per lui da non ascoltare e forse nemm
eno attendere risposta (che era “incarnata” di fronte a lui) (cfr. Gv 18,38)! 

Non è certo casuale che proprio le questioni e documenti stessi del Concilio Vaticano II che hanno destato più perplessità e discussioni, tuttora non risolte ma anzi fortemente amplificate dall’inarrestabile deriva che ne è seguita, in un modo o nell’altro risentano di questa ambiguità.
Infatti tale pericolo “relativista” (per le religioni si può dire “sincretista”) è strisciato a tal punto dentro la Chiesa da costituire (inutile nasconderlo, anzi spesso è vantato dagli stessi artefici!) da certe “novità assolute”, potremmo proprio dire "figlie della modernità", rispetto al bimillenario “depositum fidei”, tradizione e costante Magistero della Chiesa* 
[vedi le Dichiarazioni Nostra Aetate e Dignitatis Humanae; il Decreto Unitatis Redintegratio; ma anche molti passaggi della Costituzione Gaudium et Spes].

* Che ci sia una diversità di importanza tra i documenti del Concilio e che proprio su questi più critici si possa anche dissentire o pensare ad una futura correzione lo fece intendere nientemeno che Francesco, nel dialogo con la Fraternità S. Pio X, cioè i seguaci di mons. Lefebvre (vedi).
Fino ad allora si parlava delle religioni non cristiane come di “false religioni”! Da allora nessuno ha più osato usare tale appellativo. Per rispetto o perché in fondo si pensa che tutte le religioni siano "vere" o equivalenti? Di fatto siamo giunti, in tempi recenti, a indicarle come “diverse manifestazioni di Dio” (vedi)! Cioè Gesù non è più “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6)?! Ben altre furono le parole di S. Pietro, all'inizio della sua missione, pronunciate con grande audacia (parresia) davanti alle più alte autorità religiose di Israele, che l'avevano fatto arrestare: "Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti (...) In nessun altro c'è salvezza: non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At 4, 9.12).
Fino ad allora, riguardo alle diverse Confessioni cristiane e Chiese  della Riforma (protestanti), si parlava di “eresie”, che hanno deformato la fede cattolica di sempre e rotto drasticamente l’unità della Chiesa. Poi si sono indicate come “Chiese sorelle” (la Chiesa di Cristo non “è” più la Chiesa Cattolica ma “sussiste” nella Chiesa Cattolica, cfr. LG. 8); fino ai giorni nostri, in cui s’è giunti a lodare Lutero come un vero riformatore da cui dovremmo prendere esempio!
Non si tratta dunque solo di aspetti psicologici, di atteggiamenti, di buoni rapporti, ovviamente doverosi, ma proprio di non comprendere e non distinguere più il vero dal falso. Proprio la questione della "verità" è tramontata! Sostituita dalla parola "unità" (ma unità per che cosa?)! 


Anche il fatidico “dialogo col mondo” s’è tradotto sempre più in un inseguimento del mondo, delle sue logiche, cercando di attirarsene le simpatie, censurando sempre più ciò che del Vangelo potesse disturbare o scontentare la mentalità dominante; fino all’attuale riduzione della Chiesa ad una sorta di “Cappellania” del mondo (dall’ONU a tutti gli altri centri di potere globalista-relativista).
Mai fino ad allora si era parlato di “libertà religiosa” in senso illuminista (ciascuno deve seguire la propria religione; dunque sono equivalenti?), cioè senza la questione della verità e la necessità, certo nel rispetto di chiunque e senza alcuna costrizione, di cercare la Verità; ogni uomo ha il diritto e il dovere di cercare e scoprire l’unica Religione “vera” (perché è Dio stesso incarnato)! La Chiesa Cattolica non solo ha accettato di vivere in una società e in uno Stato laico, pluralista, multietnico e multireligioso (situazione divenuta peraltro sempre più esplosiva, come abbiamo ricordato, vedi appunto in Francia come in altri Paesi europei), ma ha lodato tutto ciò, fino al punto che la stessa Santa Sede, dopo il Concilio, ha chiesto di togliere ogni riferimento alla “fede cattolica” come Religione di Stato dalle Costituzioni di quei Paesi che invece ancora si vantavano di indicarla (senza per questo impedire, com’è ovvio, altre religioni).
Persino dell’Italia post-risorgimentale e addirittura di Roma (“città santa” cattolica perché sede di Pietro e centro della cristianità) s’è accettata la piena “laicità” (prima, col Concordato 1929, obtorto collo; poi, col rinnovo del Concordato nel 1984, addirittura applaudendo ad esso) 
[cfr. su questo la già citata conferenza di mons. M. Lefebvre a Torino (1984), subito dopo il nuovo Concordato con lo Stato Italiano (ascoltaqui con video-documentario)].

Si tenga presente che la “laicità” (“laico” è una parola cristiana, che indica il fedele non sacerdote), secondo la tradizione illuminista tuttora persistente in Francia e in Italia secondo l’accezione risorgimentale “cavouriana”, indica solo formalmente la libertà della Chiesa Cattolica in una società pluralista e a-confessionale, ma di fatto relega la “libertà religiosa” a livello solo di “libertà di culto”, secondo cioè una visione della fede e della religione come fatto privato di coscienza (come oggi pensano anche grandi autorità politiche e istituzionali cattoliche!), senza alcuna possibilità di decisione e di intervento non solo sulle questioni politiche (sarebbe considerata un’intollerabile “ingerenza”, come se i Cattolici fossero cittadini di serie B!) ma persino sulle questioni di grande e grave valenza “morale”
 (cfr. i “valori non negoziabili” – vedi la Dottrina sociale della Chiesa).


Concludendo: la “missione” data da Cristo alla Chiesa (e di cui ciascuno dovrà a diverso titolo rendere a conto a Dio in eterno!), cioè la salvezza eterna delle anime (di tutti gli uomini del mondo e della storia), s’è ridotta a “dialogo”, poi a “silenzio” su Cristo, infine la Chiesa s'è ridotta ora a divenire “ancella” del mondo, delle sue logiche, ideologie e potere.
Ovviamente, questo tipo di Chiesa è non solo tollerata, ma applaudita (e persino sostenuta) dai poteri mondani. Piace al mondo; ma non è più la Chiesa di Cristo. E, come “sale che perde il sapore”, dopo i primi applausi è destinata ad essere calpestata e sparire! (cfr. Mt 5,13)



Una nota su missione e “proselitismo
Com’è noto, se talora sentiamo ancora parlare di “missione”, ci si preoccupa però subito di escludere assolutamente il “proselitismo”!
L’uso di questa parola può però ingenerare molti gravi equivoci, fino a far pensare che non si pensi solo al proselitismo, ma proprio alla “missione” della Chiesa in quanto tale (abbiamo visto persino disappunto per la conversione al cristianesimo ad opera di veri testimoni del vangelo)! In tal caso sarebbe gravissimamente condannata la missione della Chiesa (e allora persino l’educazione dei figli alla fede!), perché non rispettosa della “libertà di coscienza”. L'ambiguità illuminista della parola "libertà di coscienza" si manifesta qui in tutta la sua valenza anticristiana; proprio da questo sono scaturite pure, dalla modernità, tutte le false accuse sulle missioni cattoliche (vedi documento su “Colonizzazione e missione”). Anche l'attuale emergente "cancel culture" e l'odio per tutto ciò che nella storia l'Europa (ma si pensa al cristianesimo) ha fatto nel mondo vengono da questo pregiudizio moderno. 
Ovviamente tutto ciò è non solo il suicidio del cristianesimo e persino di un immenso patrimonio di civiltà, ma la cancellazione stessa della "missione", trasferita semplicemente ad una sorta di impegno umanitario (così si pensa oggi la figura del "missionario") e in fondo della Chiesa stessa!

In senso proprio, infatti, “proselitismo” indica, come abbiamo altrove ricordato, la pratica, certo deprecabile, di obbligare fisicamente, moralmente o psicologicamente alla fede, promettendo vantaggi, magari di tipo economico o sociale.
Confondere ciò, o permettere la confusione, con la “missione”, che risulta così scoraggiata, è molto grave, essendo appunto la missione (salvezza eterna delle anime) il primo dovere della Chiesa, il superiore compito che Cristo stesso le ha affidato (cfr. Mt 28,18-20)!




Un'osservazione circa due iniziative di Giovanni Paolo II

Non vogliamo certo qui soffermarci sul lungo (1978/2005) straordinario Pontificato di Giovanni Paolo. Il carisma di quest’uomo “venuto di lontano”, dalla Polonia (la cattolicissima Polonia, però allora costretta a vivere all’ombra minacciosa di Mosca e quindi del marxismo ateo), che a soli 58 anni era già sulla “Sede di Pietro”, il primo non italiano dopo quasi 4 secoli, dotato di una personalità, intelligenza, capacità, cultura, comunicativa (sapeva pure moltissime lingue moderne, compreso il russo) e persino simpatia fuori dal comune e di una fede granitica, ridestò la vita della Chiesa, anche a livello giovanile (basti pensare alle GMG, sua invenzione), correggendo anche molti errori (abbiamo già accennato al superamento certo non definitivo anche della cosiddetta “teologia della liberazione” in America Latina) e ridestando con coraggio la passione per la verità, nell’armonia di “fides et ratio” (vedi) e persino per la “dottrina sociale della Chiesa” (espressione che era stata messa nel cassetto!), come per la liturgia autentica, dando inizio, come abbiamo visto, alla rivalutazione del Vetus Ordo (vedi) e cercando di frenare gli abusi nati col Novus Ordo (vedivedi).
Certo, nonostante l’iniziale vigore anche fisico (un Papa persino sportivo), già l’attentato subito in piazza S. Pietro il 13.05.1981 (che doveva portarlo alla morte sicura ma gli fu evitata da un intervento della Madonna: era l’anniversario di Fatima e quel proiettile ancor oggi è incastonato nella corona della statua della Madonna a Fatima, vedi dossier) e le successive malattie e cadute, fino al terribile morbo di Parkinson, che dal 1995 alla morte (2.04.2005) lo paralizzò progressivamente nel fisico, hanno molto impedito, fortunatamente solo fisicamente, l’esercizio del suo ministerium petrino.
Si potrebbe umilmente anche osservare che Giovanni Paolo II, forse consapevole dell’impossibilità di rimuovere certi sistemi e poteri interni alla Chiesa (volle però sempre tenere accanto a sé, come garante della vera dottrina e quindi Prefetto della Congregazione per la Dottrine della fede, il fidato card. Joseph Ratzinger), pensò più ad esercitare la propria missione personalmente e direttamente nel mondo. Ha così compiuto, in 26 anni, 104 viaggi internazionali (in 129 nazioni diverse) e 146 nazionali, percorrendo 1.247.613 chilometri, per 800 giorni del suo pontificato!
Non mancarono certo interventi decisi e soprattutto una parola chiara sull’autentica fede e morale cristiana, come pure sulle ideologie che condizionavano la vita dei popoli e delle nazioni. Viste comunque le permanenti derive eretiche e persino minacce scismatiche di molte Chiese dell’Europa centrale (v. certe contestazioni ecclesiali ricevute nel suo stesso viaggio in Olanda, o i movimenti scismatici in Austria, Germania e Svizzera - di cui abbiamo già fatto cenno e su cui ancora torneremo), si potrebbe osservare che, per evitare il peggio (che però oggi sta accadendo!), nonostante la sua fermezza sui principi fu più tollerante sui responsabili, anche vescovi, di tali derive.
In ordine però alle presunte o reali ambiguità che nel dopo-Concilio possono avere inciso anche negativamente sulla vita della Chiesa e creato confusione nelle anime, di cui alcuni accusano appunto persino Giovanni Paolo II, dobbiamo soffermare brevemente la nostra attenzione su due scelte di Giovanni Paolo II, che, pur in sé lodevoli e forse persino meritorie di fronte a Dio, 
hanno però permesso una certa confusione, alimentata subito dal potere mediatico, ma pure cavalcate da certe realtà ecclesiali (che hanno ingenerato una sorta di relativismo e sincretismo religioso), e l'impressione di un certo “ridimensionamento” della certezza della verità e santità della Chiesa Cattolica.

1) Gli incontri dei capi religiosi ad Assisi
Ha fatto epoca (era in effetti la prima volta nella storia che accadeva ciò) l’incontro dei capi o rappresentanti di tutte le religioni, col Papa, ad Assisi il 27.10.1986 (
vedi). Voleva essere il segno visibile (e mediatico) che le religioni in sé non erano fonte di divisioni e di guerre (accusa tipica dell’Illuminismo, laicismo e Massoneria), ma potevano invece incontrarsi, persino fisicamente, per pregare per la “pace” nel mondo.
Fu precisato che non si trattava di “pregare insieme”, impossibile dal punto di vista religioso non essendo l’unico Dio (anzi non essendo certo Dio quello delle altre religioni!), ma un essere “insieme per pregare”. Analogo incontro si tenne sempre ad Assisi (raggiunto addirittura in treno col Papa da tutti i capi religiosi e leader di molti movimenti ecclesiali), il 24.01.2002 (
vedi vedi), dopo cioè i terribili attentati dell’11.09.2001 negli USA, che potevano far correre il rischio di uno scontro tra il mondo islamico fondamentalista e l’Occidente. Anche in questo caso si trattava anche di far vedere al mondo che i capi religiosi potevano invece stare “insieme per pregare” il proprio Dio ed essere così “strumenti di pace”.

Il grande rilievo mediatico, che aveva certamente fatto vedere al mondo la valenza pacifica e l’unità delle Religioni, aveva però certamente anche potuto instillare nel popolo l’idea, vedendo il Papa vestito di bianco accanto e in cerchio con tutti gli altri capi religiosi, che le Religioni fossero fondamentalmente tutte uguali o equivalenti, dimenticando che Dio è venuto sulla terra solo in Cristo (e il Papa è il Suo Vicario!) ed ha fondato solo la Chiesa Cattolica, per la salvezza di tutti gli uomini!
Analogamente allo “spirito del Concilio”, che sorpassò il Concilio stesso, così nacque anche il sedicente “spirito di Assisi”, che promosse e promuove continui incontri inter-religiosi, tenuti in tutto il mondo e con grande enfasi (ed anche potere economico e mediatico, specie da parte della Comunità di S. Egidio; ma anche, in tono minore, da parte del Movimento dei Focolari).


2) La richiesta di perdono
Un’altra iniziativa, in sé benemerita (anche come atto di umiltà di fronte a Dio e al mondo), ma assai pericolosa per la possibile confusione dottrinale che avrebbe potuto generare nello stesso popolo di Dio, anche per lo spessore mediatico che tali iniziative rivestono (con strumentalizzazioni facilmente immaginabili!), fu, in occasione del grande Giubileo del 2000 (il 12.03.2000), la solenne e pubblica “richiesta di perdono” per i peccati che i cristiani hanno compiuto nella storia [cfr. 
Bolla di indizione, n. 11; omelia (S. Messa nella Giornata del perdono); vedi anche documento della Commissione Teologia Internazionale].
Ciò poteva infatti ingenerare la confusione, infatti subito emersa, tra gli storici “peccati dei cristiani” (di cui si chiedeva perdono in occasione del Giubileo) ed i “peccati della Chiesa”, che invece è “santa”! L'impressione poteva dunque essere, e infatti così è stata colta, anche ad opera del potere mediatico che non ha certo perso un'occasione così ghiotta per farlo, che finalmente anche la Chiesa ammettesse, magari dopo secoli, quelle colpe di cui la cultura "moderna" l'ha sempre accusata, creando quei miti "anticattolici" che si imparano fin dall'infanzia e vengono continuamente propagandati dalla cultura dominante [sulla loro falsità si vedano nel sito i documenti sull’Inquisizione (vedi) sulle Crociate (vedi), sul Caso Galileo (vedi), tanto per citare i più comuni 'cavalli di battaglia' anticlericali]. Insomma, non c'è stata mai alcuna richiesta di perdono da parte dei poteri 'laici' per le gravissime tragedie perpetrate nella storia e particolarmente feroci contro i cristiani (vedi miti, ideologie e rivoluzioni della modernità), tragedie causate dalle ideologie atee che hanno raggiunto proprio nel XX secolo proporzioni terrificanti, e invece questa Chiesa che dopo secoli chiede finalmente perdono dei propri misfatti storici (in genere appunto inventati o amplificati dalla propaganda anticlericale, che si guarda bene di parlare peraltro delle straordinarie opere di bene che la Chiesa ha sempre prodotto ovunque nei secoli e di cui gli stesssi Cattolici rischiano ormai di non sapere più nulla)!
Come dire: visto che finalmente dopo secoli la Chiesa stessa ha riconosciuto i propri misfatti e ne ha chiesto tardivamente pubblicamente perdono, ciò non solo aumenta il disprezzo per essa, ma può anche farci pensare che allora un domani potrebbe chiedere perdono per ciò che fa e ci insegna oggi. Dunque non è da seguire e obbedire! Altro che strumento di salvezza voluto da Cristo Signore!

Per questo motivo, Giovanni Paolo II fu vivamente sconsigliato di compiere questo gesto, anche da parte di autorevoli e sagge personalità della Chiesa, anche Cardinali assai stimati dallo stesso Pontefice (come il card. Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna, che ne parlò esplicitamente nella sua autobiografia Memorie e digressioni di un italiano cardinale, Cantagalli 2007, pp. 535-536 vedi).





Camminare insieme o nella verità?

L’eclissi della questione della verità, tipica del pensiero moderno (antimetafisico), ha ormai raggiunto ampiamente anche la Chiesa Cattolica e se ne scorgono tutte le tragiche conseguenze, già evidenziatesi nella società civile.
Nella vita della Chiesa si tratta dell’eclissi della “dottrina”, che poi è la fede e il desiderio di fare la volontà di Dio, a favore della “prassi”, cioè della “pastorale”, da inventare di volta in volta, nel modo più creativo possibile, magari con continui sfibranti incontri di programmazione e persino secondo metodi “democratici”, dove tutti hanno diritto di parola e di voto, ma dove poi, come avviene anche nelle cosiddette “democrazie occidentali”, le cose che contano sono già state decise da qualcuno.
Si esalta quindi in modo unilaterale il valore della comunità, del fare insieme, del camminare insieme (etimologia della parola “Sinodo”), del decidere insieme. Il valore stesso di quanto si fa sembra dato dalla partecipazione, dal sondaggio, dalla somma delle opinioni, e non dalla verità o meno della direzione. Negli anni del post-Concilio, abbiamo già ricordato a proposito dell’influsso del comunismo all’interno delle comunità cristiane specie giovanili, si giunse addirittura a dire che “era meglio sbagliare insieme piuttosto che camminare bene da soli”! La preoccupazione di “obbedire” a Dio, di “fare la volontà di Dio”, veniva così progressivamente a nascondersi dietro il nostro “decidere insieme” e magari facendoli coincidere, cioè riducendo Dio stesso al “noi” umano. Peccato che poi appunto le grandi decisioni venivano e vengono prese altrove, non dall’autorità costituita, ma da occulte regìe.
Nella vita sociale, era evidente già nel fatidico ’68 e negli anni ’70, che le innumerevoli “assemblee” (studentesche, operaie) servivano solo per porre in atto “democraticamente” (aggettivo tanto usato quanto sconfessato nella prassi dei Paesi e dei Partiti “comunisti”) ciò che i leader dovevano far passare, anche con violenza psicologica e talora fisica sulle “masse”, in obbedienza cieca alle indicazioni di partito o di sindacato.
Anche le moderne democrazie occidentali sembrano sempre più chiedere il consenso popolare del voto (già pilotato dal potere mediatico), per poi in modo persino sfacciato perseguire obiettivi dei grandi poteri occulti nazionali e internazionali (vedi), persino in sfacciata antitesi alla propaganda elettorale servita per raggiungere certi alti scanni.
Nei gruppi e comunità ecclesiali si moltiplicano incontri e discorsi per consultarsi, per programmare iniziative, senza che mai si possano però porre in discussioni le linee di fondo, che assai spesso presuppongono e perseguono obiettivi invece assai discutibili se non apertamente eretici.
Il singolo cristiano, a cui vien fatto credere che è tanto più cristiano quanto più è impegnato in questi incontri e discorsi, si trova invece privato della luce necessaria per il proprio cammino di fede nella concretezza della vita quotidiana 
(si ascolti ancora l’indimenticabile conferenza del card. J. Ratzinger sulla Chiesa, già citata nella prima parte, v. i minuti 33’/36’).
Persino il singolo Vescovo, che pur di fronte a Dio è l’unico responsabile, sotto la guida di Pietro, della diocesi che gli è stata affidata e di cui dovrà render conto a Dio, è sommerso da innumerevoli Consigli diocesani (presbiterali, pastorali, economici, …), per poi rimanere soffocato da incontri delle Conferenze Episcopali (regionali, nazionali, continentali) e dalle relative Commissioni in cui è stato incaricato; ora deve provvedere a organizzare e partecipare a diversi livelli dei cammini “sinodali”, per preparare Sinodi che preludono ad altri Sinodi per concludere ad uno o più Sinodi mondiali sulla “sinodalità”; come un folle “gioco di specchi” che riflette solo se stesso (come disse appunto il card. Ratzinger nella conferenza citata), una ingannevole e alienante “finestra di Overton” che rasenta la follia.

Cammino della comunità cristiana, ponti, dialogo, visione sinodale? Ma se sei emarginato e rischi persino la scomunica se osi porre dubbi e domande ragionevoli su questioni di fondo oggi in crisi, di cui è proibito parlare!
C’è da scommettere, perché lo abbiamo già visto, che dopo anni di apparenti discussioni e persino di dolorose divisioni, si scopra che la sintesi finale e gli obiettivi che si volevano raggiungere (anche a livello di documenti ufficiali) erano già pronti nel cassetto prima ancora che si cominciasse il cammino sinodale!

Di fronte al tracollo della famiglia due interi Sinodi sulla famiglia (2014-2015) hanno di fatto condotto (tra ambiguità, smentite e conferme) all’avvallo del divorzio, persino col conforto dei Sacramenti (non importa se l’episcopato tedesco lo ammette e quello polacco no; e in certe città basta attraversare la strada -  es. vedivedivedi – per avere due posizioni opposte, tanto decisive per la salvezza della propria anima)!
Di fronte alla scomparsa di intere generazioni di giovani dalla Chiesa, specie in Europa occidentale, il Sinodo sui giovani (2018) è stato un tale flop da non aver fatto neppure notizia, prima, durante e dopo.
Il Sinodo per l’Amazzonia (2019), così poco amazzonico da essersi svolto a Roma e secondo 'linee guida' di fatto tedesche (forse gli abitanti della foresta amazzonica non sanno neppure che c’è stato), doveva servire, dentro una preoccupazione "ecologista", per avvallare e poi estendere alla Chiesa universale (secondo il solito metodo che fa passare una novità come una eccezione locale per renderla poi accessibile e normale per tutta la Chiesa) il sacerdozio dato agli sposati e forse inventare le sedicenti diaconesse. Ma una parola di Benedetto XVI (altro che Papa emerito, zitto e “nonnino saggio” a cui ogni tanto far visita di cortesia, visto che ha continuato ad abitare in Vaticano, vestito di bianco e col titolo di Benedetto XVI vedi) ha messo un sassolino nell’ingranaggio; e la tanto attesa novità non ci fu! (*)
[Così, di quel Sinodo passeranno alla storia soprattutto le tristi immagini di quell'incredibile culto pagano, esoterico se non satanico di Pachamama nei Giardini vaticani e persino nella Basilica di S. Pietro, che vi fece da preludio (vedi vedi
vedivedi)!]

(*) Cfr. le parole di Benedetto XVI sul “sacerdozio cattolico” nel testo già preparato nel 2018 e pubblicato nel 2020 (con ampi stralci resi noti in precedenza) col Card. Sarah (R. Sarah con J. Ratzinger/Benedetto XVI, Dal profondo del nostro cuore, Cantagalli 2020, vedi).
Tale libro uscì il 30.01.2020, proprio mentre stava ormai per uscire l'attesa Esortazione apostolica post-sinodale (appunto sul Sinodo per l'Amazzonia dell'ottobre 2019). Forse proprio le parole di Benedetto XVI riuscirono a bloccare quelle attese novità, date ormai per certe, che invece appunto non compaiono nell'Esortazione Quaerida Amazonia, pubblicata poco dopo, il 20.02.2020.
Benedetto XVI, nel suo ultimo libro, che ha voluto fosse pubblicato ‘post mortem’ e così è stato immediatamente fatto pochi giorni dopo, Che cos'è il cristianesimo (Mondadori, 2023), ripresenta (p. 4) e ripropone in forma nuova quel testo scritto con Sarah (pp. 96/122) (in realtà questa forma nuova era già pronta il 17.09.2019). In tali pagine (specie p. 109 e seguenti) torna proprio sul significato del celibato sacerdotale. Con la sua usuale lucidità, Benedetto XVI sottolinea come Lutero si oppose al sacerdozio, facendo sparire il sacramento dell'Ordine, perché la Chiesa secondo lui era tornata ad una visione sostanzialmente ancora veterotestamentaria del sacerdozio (offerta dei sacrifici), mentre la Riforma riprendeva solo il suo aspetto "ministeriale" (com'è infatti il “pastore” protestante). Ratzinger non ha timore di sottolineare come il Concilio Vaticano II, nel documento sul sacerdozio, presenta in effetti il sacerdozio solo come “ministero pastorale”, risentendo della riduzione luterana; così come fa gran parte dell’esegesi moderna. Sottolinea qui fortemente che invece il presbitero cattolico è un vero "sacerdote", nel senso proprio di colui che “offre il sacrificio", sia pur in un’ottica nuova e definitiva rispetto all’A. T., perché è Gesù il vero Sacerdote e la Sua Croce è il vero Sacrificio, che si rinnova, sia pur in forma incruenta, in ogni S. Messa!

A proposito di interventi autorevoli di Benedetto XVI che sul più bello delle orchestrazioni vaticane internazionali (pensate per fare fumo e far passare gli slogan precostituiti; in quel caso, riguardo alla terribile piaga della pedofilia, lo slogan-colpa doveva essere il “clericalismo”) rompe le uova nel paniere, cioè getta un faro di luce nella nebbia persistente, si ricordi il suo chiaro intervento in occasione dello speciale Incontro dei Presidenti di tutte le Conferenze Episcopali del mondo, voluto da Francesco e tenutosi in Vaticano dal 21 al 24 febbraio 2019, sul tema degli abusi sessuali commessi dai chierici. Benedetto XVI fece pervenire a tutti i Presuli convocati a Roma un suo lungo, autorevole e sapientissimo contributo, sotto forma di "Appunti" (vedi). Pare tra l’altro che tale prezioso e illuminante contributo non sia pervenuto ai destinatari; ma è stato allora reso pubblico attraverso un autorevole mensile tedesco (Klerusblatt) e rilanciato, per l'Italia, dal Corriere della Sera del 12.04.2019. Benedetto XVI lo ripropone integralmente anche in questo libro pubblicato post-mortem (Che cos'è il cristianesimo, pp. 143-160)
E poi c’è sempre il Sinodo tedesco, che minaccia lo scisma ad ogni incontro, per essere apparentemente frenato da Roma, ma forse persino incoraggiato a continuare; perché nella dominante logica (dialettica) hegeliana, l’importante è “innescare processi”, passando da tesi (dottrina tradizionale) ad antitesi (spararla più grossa che si può) per ottenere una sintesi (una via di mezzo, che però diverrà a sua volta tesi per innescare un nuovo processo) e così avanti sempre! Intanto in Germania già siamo alla benedizione dello pseudo matrimonio omosessuale cattolico (già effettuato pubblicamente da molti preti cattolici, senza alcun conseguente provvedimento disciplinare nei loro confronti) e alle pseudo donne diacono. Forse è la coesistenza coi luterani che li spinge così ossessivamente ad inseguire sempre le ultime rivendicazioni della modernità nichilista; però potrebbero anche accorgersi che in questo continuo inseguimento del mondo i Protestanti si ritrovano peggio dei Cattolici (come seguito di popolo e di giovani e come numero di vocazioni sacerdotali, nonostante i pastori "sposati").
Con tutta questa sinodalità, ma anche a causa di proposte talora indecenti ed eterodosse, invece dell’unità cresce la divisione. Invece di una Chiesa in missione (o “in uscita”, anche se non si è ben capito per andare dove e con quale scopo e se alla fine abbia smarrito anch’essa la via di casa!) è sempre più una Chiesa autoreferenziale, che si parla addosso, che si ubriaca di documenti e di discorsi che solo gli addetti ai lavori (magari in carriera) capiscono.
Eppure molte risposte sarebbero semplici: basterebbe tornare a chiedersi “cosa Dio vuole?”, “cos’ha detto N. S. Gesù Cristo?”, “cosa ha detto lo Spirito Santo, senza mai contraddirsi, in duemila anni di storia della Chiesa?”. E forse basterebbe mettere degli inginocchiatoi (possibilmente davanti ai tabernacoli, se ci sono ancora) al posto degli innumerevoli tavoli e sedie per guardarsi e continuare a parlare di cosa fare per essere moderni e andare incontro al fatidico “uomo di oggi” (che è fatto per Cristo come quello di sempre)!

Il Card. Giacomo Biffi, nella sua citata autobiografia, sottolineò in merito a questo prevalere dell'unità sulla verità, le proprie  perplessità, non solo su alcuni passaggi del Concilio, ma anche su certe espressioni già di Giovanni XXIII, note e considerate importanti quando invece sono in sé fuorvianti. Una delle più note, ancor oggi continuamente ripresa, è “dobbiamo guardare a ciò che ci unisce e a non a ciò che ci divide”, espressione non solo contraria a tutta la storia del Magistero e pure dei Concili della Chiesa (che hanno dovuto sempre precisare l’autentica dottrina e denunciare le eresie), ma anche alla legge morale e persino ad un'autentica filosofia, perché va sempre distinta la verità dall’errore, il bene dal male, anche a costo di dolorose separazioni (cfr. G. Biffi, Memorie e digressioni di un italiano cardinale, Cantagalli 2007, pp. 177-188).





La Chiesa di sempre o una Chiesa nuova?

Dovremmo anzitutto ricordare che la Chiesa non è “nostra”, ma di Dio, voluta da Cristo (cfr. Mt 16,18) e mossa dallo Spirito Santo!
Per questo, dovremmo parlarne con circospezione, con grato stupore e tremore, guardando a Lui piuttosto che guardarci tra noi, ascoltando Lui piuttosto che continuare a parlarci tra noi. Certo, la Chiesa è un corpo vivo che cresce, ma è “mistero”, è il “corpo mistico di Cristo” (cfr. 1Cor 12), abitato e mosso dallo Spirito, che non conosce certo contraddizioni lungo tutta la sua storia.  Lo Spirito Santo guida la Chiesa a penetrare sempre più profondamente nella Verità che è Cristo (v. Gv 16,13.15), sviluppando quindi la comprensione del dogma ma senza mai negarlo o contraddirsi (vedi la meditazione patristica al termine di questa Parte).
La Chiesa non ha un’origine umana ma divina! Non è inventabile da noi di volta in volta, secondo i tempi e i luoghi! Può crescere, conoscere anche nuovi carismi, nuovi approfondimenti, ma non può cambiare!
Dio non si sbaglia, perché è Essere perfettissimo, Intelligenza suprema, Verità suprema, senza alcun difetto e quindi possibilità di errare. Dio non cambia, perché cambiare vorrebbe dire perdere o acquisire qualcosa (quindi non sarebbe perfetto, non sarebbe Dio). Dio non ci inganna: perché la menzogna è essa stessa una mancanza, un difetto; e soprattutto perché Dio è amore e ci ama infinitamente (se ci ingannasse non ci amerebbe ma vorrebbe il nostro male).

Cambiano certo le situazioni contingenti e storiche, ma non cambia la verità (fede e morale) che deve illuminare tali situazioni.

C’è chi parla di “rivoluzione” nella Chiesa. Abbiamo già osservato quanto sia improprio per la Chiesa questo termine della "modernità". Se prima la data di inizio veniva considerata il 1965 (il Concilio), come se per 20 secoli la Chiesa non ci fosse stata o non fosse stata mossa dallo Spirito, avesse sbagliato e dovesse ora finalmente aggiornarsi (aggiornamento fu una parola chiave di quegli anni!) e adattarsi ai tempi; persino la Liturgia di sempre doveva essere cestinata per farne una “nuova”!
Ora improvvisamente l’inizio è stato spostato al 2013 (Francesco), con la stessa logica. Ci sarebbe ora un nuovo imprescindibile “salto”, una nuova “rivoluzione”, finalmente una “nuova Chiesa”!
Secondo questa logica (ancora hegeliana) ci si dovrebbe però aspettare poi un’altra rivoluzione, che seppellisca l'attuale! (Infatti c’è chi – sì, ancora i Vescovi tedeschi! – è già deluso anche di Francesco, perché dovrebbe avanzare di più ... e di nuovo minacciano lo scisma!)
C’è stato anche chi, tra i Cardinali (Martini), accusava la Chiesa cattolica di essere in ritardo di 200 anni! Evidentemente si pensava proprio alla Rivoluzione francese, alle sempre nuove ideologie della modernità (vedi). Strano però che coloro che auspicano questo continuo “inseguimento del mondo” non si accorgano che il mondo, a partire da quelle ideologie, ha creato già degli “inferni” sulla terra (proprio quando voleva fare dei “paradisi”) e che l’esito nichilista di quei processi ha già indicato le proprie aporie (Nietzsche in questo era lucidissimo e profetico!) e nel XX secolo ha già fatto abbondantemente vedere il fondo agghiacciante del pozzo in cui si può precipitare; e non si accorgano neppure che c’è già chi, in modo più o meno cosciente, sogna un ritorno a casa (come abbiamo all’inizio ricordato, accennando alla parabola del "figlio prodigo"). Persino acuti pensatori ancora atei se ne rendono drammaticamente conto!


Se talora sembra di essere in un interminabile “sabato santo”, se avessimo persino l’impressione che il Signore dorma mentre la barca sta affondando (cfr. Mc 4,37-38), è sempre necessario ricordare che la barca della Chiesa è Sua, che Cristo Signore è con noi (cfr. Mt 28,20), che c’è la Sua promessa che “le porte degli inferi non prevarranno” sulla Chiesa (Mt 16,18). Non è però garantita certo la salvezza della barca nella tempesta, se avessimo lasciato il Maestro a riva (basti pensare che in tanti discorsi e persino documenti non si cita neppure più Gesù; e in certe liturgie sembra il grande Assente!). Rimane infatti l’angosciante interrogativo di Gesù “Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8).

Riascoltiamo allora alcune ultime parole che Papa Benedetto XVI ha voluto lasciarci, proprio nell’ultima Udienza Generale (piazza S. Pietro, 27.02.2013, vedi):
“Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa (2005), ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato … come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare”! …

Tra l’altro, a proposito della sua Rinuncia al “ministero” petrino afferma:
“Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre … Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro.
Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore”.




Tradizione o progresso?

Abbiamo già riflettuto su questo, ricordando cosa sia la Tradizione nella vita della Chiesa Cattolica: addirittura parte, come il Magistero perenne, e insieme e sotto la Sacra Scrittura, della stessa Parola di Dio (Dei Verbum). In questo senso, abbiamo sottolineato, “tradizionalista” significa semplicemente “cattolico” (come disse S. Pio X nella Pascendi).
Non lasciamoci dunque catturare da categorie e schemi ideologici umani. C’è chi addirittura parla di questa apparente e falsa alternativa secondo le categorie politiche di “destra” e “sinistra”!
“Tradizionalista” non indica colui o coloro che vogliono semplicemente  rimanere fedeli al passato per una sorta di nostalgia, di amore per l’antichità, secondo gusti estetici che a torto o a ragione oggi si ritengono arcaici, anacronistici e superati, ma l’attaccamento all’immenso dono della Tradizione, che ci permette di raccogliere il frutto dell’approfondimento dottrinale e vitale della stessa volontà di Dio (Rivelazione).
Così “progresso” nella Chiesa non indica il gusto della novità per la novità (secondo l’equivoco ancora hegeliano che “nuovo” significherebbe automaticamente “migliore”), ma il desiderio di approfondire sempre di nuovo, nel solco della perenne Tradizione, la conoscenza della santa volontà di Dio, penetrando sempre più profondamen
te nel “mistero” di Cristo.
L’assunzione in senso invece solo umano, culturale, sociale e politico di queste categorie provoca danni enormi nella vita della Chiesa, inutili e persino feroci divisioni; al punto che uno, dopo aver detto due parole o compiuto alcune scelte, viene subito classificato inesorabilmente nell’una o nell’altra delle parti, rompendo ogni possibilità di confronto sereno e di dialogo (anche da parte di chi si riempie sempre la bocca di questa parola!), in base a degli “a priori”,  senza voler ascoltare e dare le ragioni, in una sorta di manicheismo secondo cui il vero e il falso non sono conoscibili ma sono appunto dati o negati “a priori”, semplicemente perché si è già stati catalogati dentro una di queste categorie. In questa acuta separazione, con questo errato metodo manicheo, si rischia di entrare davvero nell’eresia e persino nello scisma!


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Continuità o rottura?

Anche in questo caso il dilemma è semplicemente falso all’origine. Invocare la “rottura” col passato e con la Tradizione perenne della Chiesa e il Magistero di sempre (come ha fatto la Riforma protestante e ogni successive rottura e formazione di nuove presunte e sedicenti Chiese e Gruppi cristiani), significherebbe perdere appunto la concezione stessa della fede cattolica e della vita della Chiesa, anzi significherebbe negare la presenza e la guida perenne dello Spirito Santo nel corso della bimillenaria storia della Chiesa. In fondo è negare l’opera stessa di Dio!

[Abbiamo già più volte ricordato che tale idea di drastica rottura col passato, se nella cristianità ha travolto nel XVI sec. tutta le Riforma Protestante (vedi), nel pensiero moderno, specie nei suoi risvolti sociali, ha generato l’idea di “rivoluzione”, che ha caratterizzato e ancora caratterizza tutta la modernità (vedi)]
Possiamo certo individuare, se corredato da precise condizioni e garanzie, un “progresso” nella comprensione stessa del “dogma” 
(come vedremo anche nella mediazione patristica al termine di questa Parte del documento).
La Verità, che è Cristo (cfr. Gv 14,6) è talmente elevata, infinita, abbagliante, viva, che, pur rimanendo se stessa, definitiva, intoccabile, insuperabile, si può e si deve conoscere e vivere sempre più, guidati dallo Spirito Santo, all’interno della Chiesa (cfr. Gv 16,13).
In fondo già l’ispirazione divina che guida la formazione delle 23 opere del Nuovo Testamento che seguono i 4 Vangeli sono considerati Sacra Scrittura (Bibbia) perché, sotto la guida degli Apostoli (e fino alla morte di Giovanni), tali testi, che seguono nella Bibbia il Vangelo, ci aiutano a penetrare nel mistero di Cristo e della vita cristiana. Ma, come sappiamo e come abbiamo ricordato, dopo l’Apocalisse (con la morte dell’ultimo Apostolo) la Rivelazione piena e definitiva di Dio è terminata. Non si può prendere a pretesto Gesù (che è Dio) e il Nuovo Testamento, che completa e supera l’Antico Testamento, per immaginare sempre di nuovo una sorta di Nuovissimo Testamento che superi il Vangelo stesso!   

Oltre al Magistero perenne della Chiesa (gli insegnamenti dei Papi), di particolare importanza in questo senso (come Tradizione), abbiamo già ricordato, sono i “Padri della Chiesa”, cioè gli autori sacri dei primi secoli, considerati maestri e dottori della fede. Ma, a diverso titolo, sono proprio i Santi, con la loro vita, i loro carismi, e talora persino i loro particolari doni mistici, ad aiutarci a penetrare più vivamente nella conoscenza di Dio e della vita cristiana (vedi nel sito alcune catechesi di Benedetto XVI). Per questo dobbiamo attingere molto dagli scritti dei Santi e anche dalle loro buone biografie .

Quando Benedetto XVI, in uno dei suoi primi grandi discorsi (incontro prenatalizio con la Curia Romana, 22.12.2005, vedi ), afferma, a proposito della comprensione del Concilio Vaticano II, la necessità di passare dall’ermeneutica della “rottura” a quella della “continuità”, sottolinea proprio questa fondamentale dimensione della vita stessa della Chiesa.

Evidentemente, nessun Concilio può contraddire gli altri Concili.
Anche il Concilio Ecumenico Vaticano II, il 21° della storia della Chiesa, che pur ha voluto essere solo “pastorale” e non “dogmatico”, non può contraddire i Concili precedenti, ad esempio il Concilio di Trento. Falso e fuorviante appunto che molti, ancor oggi, anche nella liturgia e nella pastorale, li pongano in contrapposizione e cerchino di eliminare gli insegnamenti e le decisioni di quel decisivo Concilio del XVI secolo! 

Allo stesso modo nessun Papa può contraddire gli insegnamenti dei Papi precedenti, specie su questioni fondamentali di fede o di morale!
Il Papa, il cui compito ricevuto da Cristo è proprio quello, nel mantenere il più possibile l’unità dell’intero popolo di Dio, di “confermare i fratelli nella fede” (cfr. Lc 22,31-32), è in ciò totalmente sottomesso alla Parola di Dio, al volere stesso di Dio, cioè alla Sacra Scrittura, alla Tradizione (depositum fidei) e al Magistero perenne della Chiesa

Tutto ciò, come abbiamo già ricordato, è stato fortemente richiamato anche dal Concilio Vaticano II (vedi Costituzione Dei Verbum, sp. prime due parti).

Senza questo non saremmo più nella Chiesa cattolica, voluta da Cristo Signore!
No, contrariamente a ciò che pensa Lutero e tutto il Protestantesimo, lo Spirito Santo e lo stesso Cristo Signore non hanno abbandonato la Chiesa per 15 secoli, né l’hanno lasciata nell’ignoranza e nell’errore, nell’attesa che arrivassero i sempre nuovi Riformatori.
Così come non l’abbandonerà oggi!



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Ecco in proposito una significativa meditazione “patristica”:


Dal «Primo Commonitorio» di san Vincenzo di Lerins, sacerdote

(Catechesi. 5 sulla fede e il simbolo, 12-13; PG 33, 519-523) (Cap. 23; PL 50, 667-668)

Lo sviluppo del dogma

Qualcuno forse potrà domandarsi: non vi sarà mai alcun progresso della religione nella Chiesa di Cristo? Vi sarà certamente e anche molto grande.
Chi infatti può esser talmente nemico degli uomini e ostile a Dio da volerlo impedire? Bisognerà tuttavia stare bene attenti che si tratti di un vero progresso della fede e non di un cambiamento. Il vero progresso avviene mediante lo sviluppo interno. Il cambiamento invece si ha quando una dottrina si trasforma in un’altra.
È necessario dunque che, con il progredire dei tempi, crescano e progrediscano quanto più possibile la comprensione, la scienza e la sapienza così dei singoli come di tutti, tanto di uno solo, quanto di tutta la Chiesa. Devono però rimanere sempre uguali il genere della dottrina, la dottrina stessa, il suo significato e il suo contenuto.
La religione delle anime segue la stessa legge che regola la vita dei corpi. Questi infatti, pur crescendo e sviluppandosi con l’andare degli anni, rimangono i medesimi di prima. Vi è certamente molta differenza fra il fiore della giovinezza e la messe della vecchiaia, ma sono gli stessi adolescenti di una volta quelli che diventano vecchi. Si cambia quindi l’età e la condizione, ma resta sempre il solo medesimo individuo. Unica e identica resta la natura, unica e identica la persona.

Le membra del lattante sono piccole, più grandi invece quelle del giovane. Però sono le stesse. Le membra dell’uomo adulto non hanno più le proporzioni di quelle del bambino. Tuttavia quelle che esistono in età più matura esistevano già, come tutti sanno, nell’embrione, sicché quanto a parti del corpo, niente di nuovo si riscontra negli adulti che non sia stato già presente nei fanciulli, sia pure allo stato embrionale.
Non vi è alcun dubbio in proposito. Questa è la vera e autentica legge del progresso organico. Questo è l’ordine meraviglioso disposto dalla natura per ogni crescita. Nell’età matura di dispiega e si sviluppa in forme sempre più ampie tutto quello che la sapienza del creatore aveva formato in antecedenza nel corpicciuolo del piccolo.
Se coll’andar del tempo la specie umana si cambiasse talmente da avere una struttura diversa oppure si arricchisce di qualche membro oltre a quelli ordinari di prima, oppure ne perdesse qualcuno, ne verrebbe di conseguenza che tutto l’organismo ne risulterebbe profondamente alterato o menomato. In ogni caso non sarebbe più lo stesso.
Anche il dogma della religione cristiana deve seguire queste leggi. Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età. E’ necessario però che resti sempre assolutamente intatto e inalterato.
I nostri antenati hanno seminato già dai primi tempi nel campo della Chiesa il seme della fede. Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invece della genuina verità del frumento, raccogliessimo il frutto della frode cioè dell’errore della zizzania.
È anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quello stesso frumento di verità che fu seminato e che crebbe fino alla maturazione.
Poiché dunque c’è qualcosa della primitiva seminagione che può ancora svilupparsi con l’andar del tempo, anche oggi essa può essere oggetto di felice e fruttuosa coltivazione.





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Quinta parte



A questo punto, avviandoci alla conclusione, non possiamo esimerci da un’umile ma doverosa  ultima considerazione sulla gravissima crisi “di fede” - in Europa occidentale anche crisi “numerica” (come ancora vedremo nella sesta e ultima Parte) - che la Chiesa Cattolica sta vivendo, che non è esagerato definire dal tenore “apocalittico” (cfr. Ap 12-13). Siamo infatti di fronte ad uno dei più forti attacchi che i “poteri forti” mondani, specie dell’Occidente, stanno sferrando contro la Chiesa Cattolica, epilogo nichilista e satanico della “modernità”, come abbiamo visto. Se apparentemente tale attacco sembra meno violento delle “rivoluzioni” già attuate nei 3 secoli passati (vedi), non per questo è meno doloroso; anzi, è assai più pericoloso se non persino letale. Anche perché questa volta, abbiamo osservato, nell’arco di un secolo tale potere o “fumo di Satana” è riuscito talmente ad infiltrarsi all’interno stesso della Chiesa (cfr. il “modernismo”), da raggiungerne i vertici, così da riuscire a non farsi neppure più notare ma anzi applaudire, con l’ovvio sostegno del grande potere economico, politico e mediatico.
Tutto ciò ha una valenza sempre più chiaramente satanica. La medesima potenza che vuole portare il mondo stesso sotto un unico grande “regno”, per poi annientarlo.
Allo tempo stesso, tale scontro apocalittico vede scendere in campo, in modo progressivo e sempre più incalzante, l’Immacolata. A Lei, al Suo Cuore Immacolato, quindi a Cristo Signore, e a tutti coloro che stanno a Lei ben uniti e saldi nella vera fede, è però garantita la vittoria! Con assoluta certezza.





Cambiamento, rivoluzione o apostasia?



Un attacco letale?

Leone XIII, in una misteriosa ma reale visione avuta il 13.10.1884, aveva visto la Chiesa  cadere sotto il potere di Satana per 100 anni (non totalmente, perché c’è la promessa di Gesù che “le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”, cfr. Mt 16,18)
La Madonna aveva chiesto a Lucia di Fatima di rivelare la terza parte del segreto nel 1960. Perché? (sulla questione del cosiddetto 3° segreto, e se pienamente rivelato nel 2000, vedi dossier e vedi documento su BXVI).
Giovanni XXIII, letto il messaggio, lo censurò, dicendo di non credere ai “profeti di sventura”!
Paolo VI, come abbiamo già ricordato, dopo i primi entusiasmi e le radiose speranze per la “primavera” del Concilio, parlò del fumo di Satana entrato da qualche fessura nella Chiesa.
Le potenze “moderniste”, che agivano nascoste durante i Pontificati precedenti, col Concilio vennero alla ribalta e, col pretesto del Concilio, cercarono di attuare una vera e propria “rivoluzione” nella Chiesa; a tal punto che quando nel 1968 (con l’enciclica Humanae vitae) si mostrarono deluse dallo stesso Paolo VI, iniziarono gli attacchi contro il Papa (così che egli non promulgò in seguito più alcuna enciclica, cioè negli ultimi 10 anni del Pontificato).
Giovanni Paolo I fu trovato morto dopo soli 33 giorni di Pontificato!
Il lungo e fecondo Pontificato di Giovanni Paolo II (16.10.1978/ 2.04.2005; qualcuno pensava di interromperlo con il feroce attentato del 13.05.1981!), coadiuvato soprattutto dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede card. J. Ratzinger, riuscì a frenare l’avanzata delle avanguardie moderniste, che non nascondevano la propria opposizione, se non odio, per lui e per il fedele Cardinale custode della fede, fino alla minaccia dello scisma (specie settori non marginali della Chiesa Cattolica di Germania, Austria, Olanda, Svizzera, come abbiamo osservato).
L’incredibile elezione di Benedetto XVI (2005) scatenò ovviamente un feroce attacco contro di lui su tutti i fronti, esterni e interni alla Chiesa, così da rendergli di fatto impossibile il governo della Chiesa.


Nel documento qui redato in occasione della sua morte (31.12.2022) (vedi) accenniamo ad alcuni dati, in certi casi persino resi pubblici, come le pressioni dell’Amministrazione USA per ottenere la sua sostituzione (emerse pure nel cosiddetto scandalo WikiLeaks); la chiusura al Vaticano del circuito bancario internazionale (SWIFT), subito riaperto dopo la sua Rinuncia!; la sedicente “Mafia di San Gallo”, club di eminenti Cardinali che si trovavano anche nell’omonima città elvetica (ma anche a Roma, via Pineta Sacchetti) e che lavoravano da tempo per la sua sostituzione con J. M. Bergoglio (lo rivelò uno di questi cardinali, il belga Godfried Danneels); certi cambi al vertice dello IOR (di cui il Papa era all’oscuro o contro la sua volontà), fino al trafugamento delle sue carte private persino dalla sua stessa camera da letto, da cui il caso VatiLeaks e le notizie riservatissime diventate di dominio pubblico. Per non parlare dei feroci attacchi subiti, persino a livello diplomatico, come dopo una frase pronunciata in aereo sui preservativi (17.03.2009; ci fu una mozione contro il Papa da parte del Parlamento belga e di quello spagnolo!), o dopo la sua straordinaria lectio magistralis all’Università di Ratisbona (Regensburg, 12.09.2006), così come dopo la revoca della scomunica ai Vescovi ordinati da mons. Lefebvre (che scatenò, come qui abbiamo già ricordato, una  furibonda reazione internazionale e di gran parte della Chiesa; vedi l'accorata Lettera che il Papa scrisse il 12.03.2009 in tale penosa circostanza).
Solo per citare alcuni fatti …


Tutti potevano permettersi di criticare i suoi insegnamenti e di disobbedire alle sue autorevoli indicazioni! E tutto ciò con la complicità dei poteri forti e del potere mediatico internazionale!
Non ci vuole una particolare capacità investigativa o chissà quale dietrologia “complottista” per comprendere come tutto ciò abbia portato all’inaudita Rinuncia dell’11.02.2013, fatta poi passare come un fatto “normale”, quando invece lo stesso Benedetto XVI ne parlò come di un fatto mai accaduto negli ultimi 1000 anni (dichiarazione sconcertante perché storicamente falsa, basterebbe pensare alla celebre rinuncia di Celestino V nel 1294, a meno che non si risalga alla “Sede impedita” di Benedetto VIII!) e continuò fino alla sua morte (31.12.2022) a rimanere in Vaticano, vestito di bianco e col titolo di Papa! 

[Sul Pontificato di Benedetto XVI e sulle questioni relative alla sua Rinuncia, vedi documento apposito]

Non entriamo qui nella questione, tanto ultimamente dibattuta quanto violentemente censurata, che se la Rinuncia di Benedetto XVI fosse stata indotta da poteri esterni (laici o ecclesiastici) o non fosse stata correttamente posta (persino al di là della volontà stessa del dichiarante), secondo il Codice di Diritto Canonico l’elezione del successore sarebbe invalida, cioè nulla! In tal caso Benedetto XVI avrebbe comunque (persino suo malgrado, semmai in “sede impedita”, prevista dal Codice) continuato ad essere il Papa e il Conclave successivo, essendo convocato col Papa ancora vivo e non regolarmente rinunciatario, sarebbe appunto “invalido”, anzi facendo incorrere in scomunica tutti coloro che vi hanno partecipato (una sorta di usurpazione del potere papale), quindi inesistente il Papa eletto (per il Codice di Diritto Canonico un Atto “nullo” non è nemmeno sanabile, in quanto considerato proprio inesistente) e tutto ciò che ha fatto nel suo (presunto) pontificato!
Evidentemente si tratta di una questione così grave – nella storia abbiamo avuto persino degli Antipapi! – che di fronte anche a soli ragionevoli “dubbi” presentati da qualche fedele (ancor più se da prelati o addirittura cardinali; ma nella storia sono intervenuti in merito persino imperatori!), è doveroso affrontare e risolvere la questione, non censurarla o condannarla “a priori” (magari scomunicando anche solo chi la pone, come sta avvenendo), ancor meglio convocando un Sinodo o Concilio per chiarire e rispondere ai quesiti posti. Qualora si censurasse o non risolvesse la quaestio, si correrebbe il rischio (successo nella storia, grazia a Dio non per moltissimi anni) di avere una serie di Antipapi (perché da un Antipapa non può seguire nella successione un vero papa).

Una riprova storica di ciò, fra le altre, è data dall’elezione papale del Card. Angelo Roncalli nel 1958, che poté assumere il nome di Giovanni XXIII, anche se dal 1410 al 1415 ci fu già un Papa Giovanni XXIII; ma essendo poi riconosciuto come "Antipapa", in quanto invalidamente eletto, la sua elezione risultò nulla ed è stato quindi un Papa semplicemente inesistente!

Si tenga presente che i dubbi posti, anche da valenti studiosi (persino non credenti), sono seri e da affrontare seriamente e non liquidare sbrigativamente (come è stato fatto e si fa tuttora) come esternazioni irrazionali di esaltati che gridano al complotto!

[Cfr. ad es. Andrea Cionci, Codice Ratzinger, Byoblu 2022(attualmente uno dei best-seller italiani); Diego Fusaro, La fine del cristianesimo, Piemme 2023: Alessandro Minutella, Pietro dove sei?, Gamba 2021. Sui gravi errori di latino nella Declaratio della Rinuncia, che ne comprometterebbero la validità perché una dichiarazione così solenne deve essere anche ritualmente osservata pure nei particolari e persino al di là dell’intenzione stessa di chi la pone, intervenne il giorno dopo (12.02.2013) a denunciarli anche il grande filologo latinista Luciano Canfora sul Corriere della sera]



Habemus Papam …

Giungiamo così al 
Conclave del 13.03.2013, che elesse Pontefice il cardinale Jorge Mario Bergoglio, l'arcivescovo di Buenos Aires.

Si tratta del primo Papa americano della storia. Si tratta anche del primo Papa “Gesuita”, cioè un “religioso” appartenente  alla “Compagnia di Gesù”, l’Ordine religioso fondato nel 1540 da S. Ignazio di Loyola, e quindi coi 3 voti di povertà, castità e obbedienza (ricordiamo che i sacerdoti diocesani non hanno invece i “voti”), cui S. Ignazio volle aggiungere anche quello di una particolare obbedienza e affidamento al Papa. Il Superiore Generale dei Gesuiti, chiamato “Preposito Generale” (o anche solo “Generale”) è chiamato popolarmente anche “Papa nero”, in quanto, come il Papa, è eletto normalmente “a vita”. Anche per questi motivi si è sempre ritenuto che non potesse esserci un Papa “Gesuita”.
Nato a Buenos Aires, ma da genitori d’origine piemontese emigrati in Argentina, il 17.12.1936, J. M. Bergoglio fu fatto Vescovo nel 1992 (si dice che l’allora P. Generale, P. H. Kolvenbach, non fosse d’accordo) e nel 1998 divenne Arcivescovo di Buenos Aires (e fu creato Cardinale nel 2001).


Quanto è successo nella Chiesa nel 2013, al di là dell'enorme tentativo mondiale e vaticano di farlo passare come "normale", pone in realtà delle gravissime questioni che, valide o infondate che siano, andrebbero comunque canonicamente affrontate, in quanto la quaestio in gioco è ovviamente di assoluta importanza: si tratta infatti della vita stessa della Chiesa e della salvezza eterna delle anime! L'eventuale invalidità canonica della Rinuncia di Benedetto XVI (e le prove in merito non sono poche o peregrine) renderebbe un "sopruso" la convocazione del Conclave del 2013, farebbe incorrere tutti i Cardinali partecipanti nella scomunica latae sententiae e renderebbe ovviamente “nulla”, cioè inesistente, l'elezione del Papa fatto da tale Conclave (sarebbe cioè un Antipapa, come altre volte è avvenuto nella storia). Inoltre potrebbero emergere persino altri dati invalidanti il Conclave stesso del 13.03.2013, quindi non da condannare o cestinare "a priori" (il farlo sarebbe un chiaro segno di debolezza nella certezza della verità) ma da analizzare attentamente: esistenza davvero un’organizzazione-pilota di Cardinali, la sedicente “Mafia di S. Gallo”, preposta per ottenere la Rinuncia di Benedetto XVI e l'Elezione di Bergoglio (come emerge dal diario di uno dei Cardinali che ne faceva parte)? C'è persino un'altra questione tecnica*, ma ugualmente pericolosa per la validità del Conclave, analizzata da Antonio Socci nel suo studio pubblicato già nel 2015.

* Pare che in quel 13.03.2013 ci siano state in Conclave 5 votazioni invece delle 4 previste (limite invalicabile), in quanto nella quarta votazione risultò una scheda in più, sia pur bianca, rispetto ai votanti! (cfr. A. Socci, Non è Francesco, Mondadori 2015).


Ma andiamo alle novità e stranezze già di quell’Habemus Papam del 13.03.2013 ...

A proposito di Habemus Papam
Tra gli innumerevoli attacchi contro Benedetto XVI e le pressioni, anche psicologiche, per spingerlo ad andarsene come inadatto ai nuovi tempi, ci fu anche, a livello cinematografico, l’angosciante film di Nanni Moretti che porta questo titolo (“Habemus Papam”, del 2011). In seguito, sempre a livello cinematografico, ci fu l’altro attacco nel film “I due Papi”, del 2019 (Netflix, USA; reclamizzato persino ad altezza-palazzo davanti a piazza S. Pietro).

Mentre il sole era già abbondantemente tramontato e oltre un miliardo di persone era con gli occhi puntati sulla Loggia di S. Pietro, venne rivelato che il Papa eletto era il Cardinale Arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio e che aveva scelto di chiamarsi Francesco. Già nella scelta di questo nome e nel “modo” come è stato assunto c’era già un primo segnale di “rivoluzione”. “Francesco” era evidentemente il riferimento ad uno dei più grandi Santi della storia della Chiesa, tanto popolarmente amato quanto oggi equivocato (vedi). Nessun Papa aveva osato prendere il nome del grande Santo di Assisi, neppure i 4 Papi francescani della storia (Nicolò IV, Sisto IV, Sisto V e Clemente XIV).

Comunque, per evitare equivoci (o meglio, per confermare i soliti equivoci e luoghi comuni sul grande Santo d’Assisi), qualche giorno dopo il nuovo Pontefice disse che aveva scelto quel nome (del poverello d’Assisi), perché “voleva una Chiesa povera per i poveri”; così nella sua prima vera Enciclica  - perché la Lumen fidei del 29.06.2013 era sostanzialmente quella che Benedetto XVI aveva preparato ma che a motivo della Rinuncia non aveva fatto in tempo a pubblicare (!), a completamento delle encicliche sulle tre virtù teologali e per l’Anno della fede ancora in corso! - la Laudato sii (24.05.2015) cattura fin dal titolo S. Francesco nelle attuali preoccupazioni “ecologiste”, come nella Fratelli tutti (3.10.2020) nel dialogo pacifista e globalista tanto caro (quanto smentito nei fatti) ai poteri forti dell’Occidente (tra l’altro inserendo il falso storico di un S. Francesco che sarebbe andato a “dialogare” col Sultano, quando invece andò (alla V Crociata) per convertirlo e persino per cercare il “martirio” [cfr. ad es. Fonti Francescane (nn. 2231-2234) e nel sito il dossier sulle Crociate (vedi, punto 4.3)].

Un altro significativo particolare, sfuggito ai più ma ovviamente perdurante, è che in quell’annuncio e in quel nome scelto dal nuovo Papa mancava il numero “Primo” (Francesco Primo).

Qualcuno ha risposto che non si dice “primo” quando un Papa prende per primo quel nome, ma solo, per distinguerlo, dopo che nella storia ci saranno altri Pontefici con quel nome (cioè da quando esiste il "Secondo"): ciò è falso e contraddetto anche dall’elezione più recente di un Papa che porta per primo un nome, anche se doppio [si ascolti (ai minuti 3’50 vs 11’30) l’annuncio dell’elezione di Giovanni Polo I il 26.08.1978].
Anche questo ha una sua importanza, perché fa capire che nessun Papa è un “fungo” o una “meteora”, ma è il successore di S. Pietro e parte dell’intera storia della Chiesa (Francesco sarebbe il 266° Papa).
Si è così giunti, anche nei fatti, a considerare il suo pontificato come un “unicum”, una “rivoluzione”, fino a parlare con sempre più disinvoltura della “Chiesa di Francesco” [ma non è “di Cristo”?! cfr. quanto si inquieta in proposito S. Paolo coi Corinzi (cfr. 1Cor 1,10-13) e coi Galati (cfr. Gal 1)].
Per continuare sulla nota cronaca di quella serata storica e per molti versi conturbante …
Il nuovo Papa si affacciò solo con l’abito bianco (senza mozzetta rossa e stola, stola obbligatoria che poi quasi a fatica il Cerimoniere gli mise per poter dare la prima Benedizione), stette a lungo (in mondovisione) senza neppure fare un gesto o un sorriso (vedi: da 10’07 a 12’), per poi salutare con un incredibile “buonasera”, invece del tradizionale e doveroso “Sia lodato Gesù Cristo!” [già una prima “dissacrazione” del papato (v. sotto), se non già un accentramento su di sé invece che su N. S. Gesù Cristo!?]. Quindi l’accento s’è subito spostato sul “Vescovo di Roma” (persino sul Vescovo emerito Benedetto XVI), più che sulla figura e la missione del Papa (qualcosa che fa pensare allo sdoppiamento delle due figure – Papa e Vescovo vestito di bianco - nella terza parte, quella resa nota il 13.05.2000, del “segreto di Fatima”? vedi).

Nei primi tempi del pontificato a Bergoglio veniva spesso spontaneo dire “Quand’ero nell’altra diocesi”... come se avesse semplicemente cambiato Diocesi.
Ha 
già fatto persino sapere che, in caso di una sua Rinuncia al Pontificato (e intanto si fa apparire la cosa come sempre più normale, quando invece non lo è affatto!), vorrà avere il titolo di “Vescovo emerito di Roma”. È un titolo problematico, ma in effetti assai meno di quello di “Papa emerito”, inesistente nel Diritto Canonico (un Papa che rinuncia torna semplicemente Vescovo!) e senza senso dal punto di vista teologico, anche se è stato fatto passare come normale per gli ultimi 10 anni di J. Ratzinger, specie nei primi tempi e poi alla fine, in occasione delle sue Esequie, per giustificare in qualche modo che si trattasse comunque del funerale di un Papa! 
 

Tra i Titoli ufficiali e i solenni appellativi del Papa, anche nell’Annuario Pontificio, è stato inoltre tolto uno dei più storici e teologicamente significativi: Vicario di Cristo!
Sembra proprio che ogni riferimento a Cristo debba essere rimosso. Anche sacerdoti, vescovi e cardinali parlano più di Francesco che di Cristo! Si dice persino la “Chiesa di Francesco” e non la “Chiesa di Cristo”!

Qualcuno ha fatto osservare che anche Benedetto XVI nel 2006 aveva tolto uno dei titoli ufficiali del Papa: “Patriarca d’Occidente”. Anche se era un titolo importante (persisteva dal 450), è certamente evidente la diversità di significato teologico rispetto a “Vicario di Cristo”!
Abbiamo già osservato come, contrariamente alla tradizione e all’uso comune di tutti i Papi precedenti (ricordiamo la consueta cortese e devota formula per citarli: “come disse il mio venerato Predecessore”, sia che si trattasse di Pontefici recenti come di secoli passati), Francesco citi invece rarissimamente i suoi Predecessori e neppure i loro documenti ufficiali (Encicliche, ecc.). Tutto pare cominciato nel 2013!
Persino il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) è totalmente dimenticato (come del resto hanno fatto in questi 30 anni anche i sacerdoti e persino i vescovi), in molti casi contraddetto, in un caso persino cambiato.
C’è chi ha osservato, con meraviglia e rammarico, che questo silenzio o amnesia storica di Francesco vada talora a toccare i Santi, anche quelli il cui carisma o missione fu particolarmente attinente ai temi a lui cari (ma forse proprio perché non si inserisce nella perenne Tradizione della Chiesa): ad esempio tutta l’insistenza sui “poveri” non ha mai risentito dell’eco di Santa Madre Teresa di Calcutta e tutto quel gran parlare della “misericordia” non ha mai incrociato le parole (e pur si tratta di riconosciute apparizioni e messaggi di “Gesù Misericordioso”!) di Santa Faustina Kowalska!
Tra le tante “novità”, si potrebbe anche osservare come, contrariamente a tutti i suoi Predecessori, anche immediati, non figuri mai accanto a Francesco la persona del “Segretario personale” (in genere stabilmente accanto al Pontefice), già molte volte cambiato, quasi sconosciuto; ultimamente, con l’uscita “episcopale” di mons. Guido Marini, anche il Cerimoniere pare più defilato e meno mediatico; è poi certamente più eclissata la figura del Cardinale Segretario di Stato (con Benedetto XVI il card. Bertone ne era l’ombra, dalle celebrazioni alle conferenze stampa sui voli papali, quasi a significare plasticamente dove stava il vero controllo della situazione).



Desacralizzazione della figura del Papa

Forse le nuove generazioni non lo sanno neppure, ma lo spessore sacrale del ministero petrino, della persona stessa del Papa, non solo nella liturgia o nelle udienze, ma anche nel suo stesso presentarsi, nell’arco di 60 anni sì è trasformato a tal punto da catapultarci quasi in un altro pianeta (vedi vedi vedi vs vedi vedi); e non si tratta di “adattamento ai tempi”, principio già assai problematico per un'istituzione divina, ma proprio della perdita (almeno a livello di immagine pubblica) della consapevolezza della fede e della sacralità stessa della Chiesa Cattolica, Corpo mistico di Cristo, abitata e guidata dallo Spirito Santo, per la salvezza eterna del mondo!

Tra l’altro proprio i tempi moderni, hanno invece sacralizzato, persino in forma opposta cioè satanica, certe figure dello spettacolo, della musica, persino dello sport, da farne dei veri e propri “idoli” e il loro apparire (si pensi a certi concerti) a vere e proprie “liturgie”!
Anche in questa “desacralizzazione” della figura del Papa, ovviamente tanto applaudita dalle forze anticlericali e dal potere mediatico, Francesco ha raggiunto dei vertici inimmaginabili; così da far sorgere il sospetto, non proprio temerario, che si cerchi con insistenza questa esposizione mediatica, proprio per veicolare volontariamente tale desacralizzazione, magari fatta passare come semplicità evangelica o francescana. Abolito il titolo sacro di “Vicario di Cristo”, Francesco ama presentarsi come un semplice leader religioso, forse persino leader “umanitario” (cosa tanto cara alla globalizzazione/omologazione voluta dai "poteri forti").
Già nel suo primo affacciarsi dalla Loggia di S. Pietro e presentarsi al mondo, in quel 13.03.2013, stupì tutti, tra consenso e sconcerto, con quel “buonasera!”: un saluto più consono ad un presentatore televisivo che a Sua Santità il Vicario di Cristo (titolo appunto poi da lui soppresso!) - in sostituzione del classico e santo “Sia lodato Gesù Cristo!” - che è rimasto costante, tra l'ostentato e il compiaciuto, difficilmente leggibile come semplicità evangelica o francescana, anche per ogni Angelus o Udienza generale.
In quella prima sera, decise subito di tornare in pullmino coi Cardinali nella loro dimora (Casa S. Marta), rifiutando non solo quella sera ma per sempre l’auto papale e soprattutto la dimora al Palazzo Apostolico!

Anche il Palazzo Apostolico è vuoto …
Fa sempre una certa impressione osservare il Palazzo Apostolico da piazza S. Pietro, di giorno e di sera (era bello vedere accesa la luce dello studio privato del Papa fin circa le 23.15 e pensare che là c’era il Vicario di Cristo che pensava, pregava e soffriva per tutta la Chiesa!) totalmente vuoto e spento!

Come abbiamo già altrove sottolineato (cfr. News, 2.11.2022), contrariamente a quanto è stato fatto credere del circo mediatico, non è stata una scelta di povertà. In realtà, come egli stesso ha spiegato qualche giorno dopo, è stato “per non avere problemi psichiatrici” ad abitare nel Palazzo Apostolico (può essere una battuta, comunque infelice, ma è pur vero che già a Buenos Aires Bergoglio era seguito da tali specialisti). Si tenga comunque presente che la cosiddetta "Casa Santa Marta", fatta costruire da Giovanni Paolo II per ospitare Cardinali, Vescovi o altre personalità ecclesiastiche, specie stranieri, per degli incontri tenuti in Vaticano (anche per il Conclave o i Sinodi), è un lussuoso albergo. Appunto da 10 anni una grande suite è adibita ad abitazione papale! Si tenga presente che tale nuova abitazione, al di là dell'immagine dissacrante per essere quella del Papa, comporta un dispendio enorme di energie e denaro. Oltre a quanto ovviamente occorre per il Papa (ora peraltro con notevole difficoltà di deambulazione), va garantita pure una stretta sorveglianza: delle Guardie svizzere, dalla Gendarmeria vaticana e persino dell’Esercito Italiano (visto che sul retro l’edificio si affaccia proprio sull’Italia, cioè in via della Stazione Vaticana vedi).
Ovviamente gli appartamenti pontifici del Palazzo Apostolico vanno ugualmente tenuti efficienti e puliti, perché lì il Pontefice vi tiene i ricevimenti ufficiali, anche dei Capi di Stato o di Governo, e vi si affaccia pure per l’Angelus domenicale (va inoltre trasportato lì, ogni volta e ora con fatica, da/per il citato albergo Santa Marta).
Dunque questa strana scelta, inaudita nella storia bimillenaria della Chiesa, non ha affatto rappresentato una scelta di povertà, ma ha notevolmente incrementato le spese per l'abitazione usuale del Papa!

 

Nelle prime ore del Pontificato, Bergoglio decise di andare di persona a pagare la Pensione dove aveva alloggiato prima del Conclave! Anche altre volte si è recato di persona in alcuni negozi di Roma, per comprare gli occhiali o un disco (ovviamente c’era sempre, guarda caso, il fotografo ufficiale a riprendere la scena .. che non doveva essere divulgata, vero?!). Fondamentale poi, per l'impatto mediatico, l’uso di una nuova auto, ovviamente un’umile utilitaria (non importa se tutto il grande seguito utilizza ancora le “ammiraglie” Mercedes o BMW e comunque tutto il parco-auto dei Pontefici precedenti debba essere mantenuto ed efficiente per alcune circostanze – si veda ad esempio lo sfarzoso corteo papale che accompagna ad Abu Dhabi la "sua" utilitaria. Sui talora problematici e perfino imbarazzanti "viaggi apostolici" si veda la Notizia del 2.11.2022). Poi, ovviamente, nei suoi voli internazionali, Francesco doveva salire sulla scaletta dell’aereo portando a mano la sua borsa. Ora, che è su un'umile e comune "sedia a rotelle" (ci sono ancora da qualche parte quelle sedie mobili più "papali" utilizzate da Giovanni Paolo II, ma sarebbero poco consone allo scopo mediatico), deve ovviamente utilizzare gli elevatori. Portare di persona il proprio "bagaglio a mano" (a costo di inciampare sulla scaletta dell'aereo) era di grande impatto mediatico; come se non si sapesse che un viaggio papale internazionale prevede almeno due aerei passeggeri (anche per il seguito e la stampa accreditata) e altrettanti voli “cargo” (anche per il trasporto delle auto papali, come del grande bagaglio necessario per tutta l’organizzazione personale e liturgica del viaggio), talora anche elicotteri. Il tutto da affittare a cifre stellari (sui costi e sul significato di certi viaggi vedi ancora News, 2.11.2022)
Al di là del modo goffo e così poco elegante e sacrale di muoversi, sedersi, gesticolare – ma in questo è forse anche la natura stessa responsabile – la desacralizzazione della figura del Sommo Pontefice e la sua riduzione a semplice leader religioso mondiale si manifesta anche nelle conferenze stampa [quelle sull’aereo (ahimè iniziativa che risale già a Giovanni Paolo II), di ritorno dai viaggi, sono tra i momenti più pericolosi del Pontificato; perché, anche se non si tratta certo del Magistero del Papa, le espressioni in esse usate hanno un’eco mondiale maggiore di un’Enciclica, talora assurgono a delineare il pontificato stesso (ricordiamo, fin dal primo volo del 2013, il celeberrimo “chi sono io per giudicare i gay?”), questioni indotte e utilizzate dai giornalisti con diabolica sagacia, dove è persino evidente che il viaggio appena concluso sia solo un pretesto per far sapere al mondo cosa pensa il Papa su tutti i temi scottanti possibili!], nelle innumerevoli “interviste”, persino nella partecipazione ai più noti programmi televisivi d’opinione (v. Fabio Fazio). Si giunge poi all’uso disinvolto del telefono, per chiamare chiunque (speriamo che chiami anche sua sorella a Buenos Aires, apparsa solo nei primi giorni di pontificato vedi, sua città e dove era arcivescovo, ma dove non ha voluto più tornare! dicono che non lo vogliono!), apparentemente carino ma anche questo improprio per la figura di un Papa e talora pure scioccante
(si ascolti questo terribile saluto finale "ci vedremo all'inferno!" ascolta, minuto 3',40)



L'inedito e improvviso plauso di tutto il potere mondano e mediatico

Tutto il potere mondano e mediatico internazionale, specie del capitalismo d’Occidente, che fino a Benedetto XVI si mostrò sempre ostile alla Chiesa e al Papa (in Italia basterebbe pensare al quotidiano La Repubblica e al suo direttore E. Scalfari!*) improvvisamente cominciò ad applaudire a Papa Francesco, a celebrare ogni sua attività e ad osannarlo quotidianamente su tutti i mezzi di comunicazione sociale. E ciò perdura tutt’oggi.

* Negli incredibili e numerosi dialoghi tra Francesco ed Eugenio Scalfari è venuto fuori di tutto: da "Gesù che ha smesso di essere Dio incarnandosi" alle "anime dannate che vanno a finire nel Nulla!", per poi lasciare alla Segreteria di Stato o alla Sala Stampa l'imbarazzante compito di rettificare, smentire, aggiustare. Comunque il super-laicista Direttore, ora defunto, non ha fatto un passo verso la fede e la sua conversione, ma si è convinto che Francesco, Papa “rivoluzionario”, si fosse convertito all’Illuminismo, alla modernità e ai suoi dogmi!
Comunque anche il famoso settimanale USA Newsweek, dopo aver appreso i primi messaggi  ufficiali di Francesco, il 18.09.2015, lo sbatteva in copertina col titolo, tra l’ammirato e il beffardo:  “Il papa è cattolico?” (vedi)
Anche i grandi della Terra e i centri di potere politico lo hanno subito accolto trionfalmente (colpì ad esempio la “standing ovation” di 15’ riservatagli dal Parlamento Europeo di Strasburgo già al suo ingresso in aula, il 25.11.2014; leggi)

Si osservi in proposito che Francesco si recò appunto a Strasburgo nel 2014 solo per parlare al Parlamento Europeo e alla vicina sede del Consiglio d’Europa. Non fu previsto alcun incontro pubblico o ecclesiale. In effetti le strade dall’aeroporto di Strasburgo alla città andarono deserte e il Papa vi passò velocemente, senza vedere neanche un'anima. Peccato però che proprio in quell’anno la celebre città e diocesi francese iniziava i solenni festeggiamenti per i 1000 anni della sua gloriosa cattedrale gotica (leggi)! Forse “l’odore delle pecore” in certe zone è troppo forte ed è meglio stare alla larga … preferendo invece i grandi centri di potere, a costo di dare un calcio alla stessa storia della Chiesa!


Improvvisa (e sospetta) idolatria papista
Abbiamo poco sopra osservato come, fino a Benedetto XVI (e specialmente contro di lui) tutti, anche nella Chiesa, potevano permettersi di criticare il Papa, dileggiare i suoi insegnamenti e disobbedire alle sue autorevoli indicazioni! E tutto ciò con la complicità e il plauso dei poteri forti e del potere mediatico internazionale!
Con Francesco improvvisamente tutte le parole e l’operato del Papa è divenuto “infallibile”, è “peccato” e forse perfino “reato” sollevare qualunque perplessità, porre persino domande e dubbi, anche solo per ricevere umilmente spiegazioni (neppure ai Cardinali si dà risposta, come sappiamo e come ancora vedremo!). E si ricevono aspri rimproveri e accuse di insubordinazione e di non voler seguire il Papa (anche solo perché si pongono dubbi e si chiedono spiegazioni, in rapporto alla dottrina e alla Chiesa di sempre) proprio da coloro che fino al 2013 hanno attaccato il Papa e l’autentica dottrina e tradizione della Chiesa, fino a minacciare lo scisma!
Occorre fare attenzione, perché quando si parla di 
obbedienza e devozione filiale al Papa, caratteristica della fede cattolica (cioè autenticamente cristiana), non si intende affatto un "culto della personalità", tipica delle "dittature" e dal sapore "idolatrico". Anche il Papa, se è canonicamente eletto ed è realmente il Papa, pur godendo di una "particolare e costante assistenza dello Spirito Santo" (a diversi gradi di importanza, ma non solo nella proclamazione dei dogmi), per cui è garante non solo dell'unità della Chiesa ma dell'autentica fede (e non come risultato di una democrazia), è ovviamente sottomesso a Dio, alla Sua Parola, in primis alla Sacra Scrittura ("norma normans non normata") ma anche all'intera Tradizione e Magistero della Chiesa (Chiesa che è di Cristo e non "sua"). Ha dunque un grande potere spirituale, più di qualsiasi Vescovo (anche se è Vescovo di Roma e non esiste un grado del Sacramento dell'Ordine superiore all'episcopato); ma non è certo un potere assoluto, tanto meno arbitrario! S. Pietro stesso, di fronte al Sinedrio (massima autorità religiosa ebraica) ricorda con forza che “bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29). Così la Chiesa ha sempre insegnato che l’obbligo morale dell’obbedienza (dal figlio nei confronti dei genitori ed educatori, del cittadino nei confronti dello Stato ...) decade se l’autorità insegna od esige qualcosa che è contrario alla Parola di Dio (in senso lato, come abbiamo ricordato, cioè anche alla Tradizione e Magistero perenne della Chiesa)]

In realtà, quello che vediamo improvvisamente apparso in settori anche non marginali dell'attuale Chiesa Cattolica, non si tratta di una devozione e obbedienza “al Papa” , ma di una sorta di idolatria o culto della personalità di “questo” Papa (quindi più che “Papa-latria”, che sarebbe comunque sbagliata, di “Francesco-latria”). Tanto più che assai spesso chi oggi la ostenta e la pretende, fino al 2013 non aveva remore a contestare subdolamente e talora persino apertamente il Magistero del Papa!
Ci sarebbe persino da aspettarsi da costoro, che se Francesco tornasse a parlare e insegnare come tutti i suoi predecessori, gli attacchi anche contro di lui riprenderebbero come e più di prima! Non a caso gran parte dell’Episcopato tedesco già si lamenta perché Francesco non è poi così “avanzato” come sembra o si aspettavano!


Come abbiamo già osservato, questa sorta di idolatria del Papa (anche se di fatto si tratta di Francesco e non del “Papa” in quanto tale!) è particolarmente paradossale in una Chiesa all’inseguimento costante delle mentalità “protestante” (persino nella liturgia) e che celebra con gioia il 5° Centenario della Riforma; è infatti noto che tra gli attacchi contro la Chiesa Cattolica svetta proprio quello contro la figura stessa del Papa (chiamato da Lutero “Anticristo”).

Oltre ad innumerevoli incontri e persino liturgie coi Protestanti, proprio in occasione dei 500 anni di Lutero [vedi News, 2.11.2022] c'è stato ad esempio il singolare viaggio di Francesco in Svezia, il 31.10.2016 (leggi), nella città di Lund, dove peraltro c’è la più importante chiesa svedese (una cattedrale del 1100, costruita ovviamente dai Cattolici ed usurpata nel XVI sec. dai Luterani). Si veda pure, tra gli innumerevoli incontri ecumenici, anche un altro sedicente "pellegrinaggio ecumenico”, compiuto a Ginevra il 21.06.2018.
Sui “meriti” di Lutero (vedi) e persino sulla possibilità della Comunione eucaristica anche ai Protestanti (che peraltro non la vogliono perché non la credono, almeno in modo cattolico!) torneremo in seguito …


Nella stessa Sacra Scrittura (N. T.), se è evidente che il Papa ha da Cristo il compito di garantire l’unità e soprattutto l’autentica fede dell’intero gregge di Cristo (Chiesa) (cfr. Mt 16,18 e Lc 22,31-32), abbiamo pure l’episodio di un aperto rimprovero di S. Paolo (che pur essendo l’Apostolo delle genti non aveva neppure conosciuto personalmente Gesù, ma solo per il Suo manifestarsi a Lui sulla via di Damasco) nei confronti di S. Pietro (Gal 2,11-14): “Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: "Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?”. Al che Pietro stesso cambiò atteggiamento nei confronti dei pagani convertitisi.

Pur avendo, se è l’autentico successore di S. Pietro, una particolare e costante “assistenza dello Spirito Santo”, per cui il suo Magistero supera quello degli altri Vescovi (e non ne è semplicemente la sintesi), però anche il Papa, ovviamente, è sottomesso a Dio, alla Sua Parola, alla Sua volontà, così come è espressa dalla Parola di Dio (Sacra Scrittura, Tradizione e Magistero perenne della Chiesa Cattolica)!
Quello del Papa è dunque un potere “spirituale” del tutto particolare nella vita della Chiesa Cattolica voluta da Cristo (che non è certo “democratica”); ma non è certo un potere assoluto! Sarebbe un sostituire il Papa a Cristo, a Dio stesso: una vera, peccaminosa e gravissima “idolatria”!

Paradossale davvero che una Chiesa che ama presentarsi come tutta e sempre “sinodale”, una Chiesa del dialogo e dei “ponti”, che in teoria accoglierebbe ogni critica e di fatto tollera ogni abuso (liturgico, dottrinale, pastorale), poi neghi ogni dialogo e confronto, persino ogni richiesta di chiarimenti (anche sulle questioni dottrinali più gravi), chiuda le porte anche a Cardinali (che pure hanno il compito dei essere i primi collaboratori del Papa nella guida della Chiesa e nella testimonianza di fede “fino all’effusione del sangue”, come indica la loro porpora!).
Tra l’altro, come si comprende ad ogni livello (filosofico, politico e religioso) il rifiuto del confronto, dell’ascoltare e portare ragioni, è sempre un segno di debolezza, se non addirittura di consapevolezza di essere nell’errore! Chi è nella verità sa anche spiegarla e non teme confronti!
Rispondere anche alle questioni più gravi, che possono compromettere totalmente la vita della Chiesa (come sulla legittimità o meno del Papato) e la salvezza stessa delle anime (come su gravissime questioni di fede e di morale), con silenzi, ambiguità, rifiuto di ascolto e di dialogo, e magari con improvvise e non documentate estromissioni, chiusure, soppressioni o commissariamento di ordini religiosi (anche i più fecondi di vocazioni e i più fedeli alla Tradizione) e perfino “scomuniche” e “riduzioni allo stato laicale” per i sacerdoti e religiosi o perdita improvvisa della porpora per i Cardinali (senza alcun Processo canonico, pur previsto e doveroso, con tanto di “presunzione di innocenza” e possibilità di difesa, di portare e chiedere le ragioni di un’accusa) è un inqualificabile abuso di potere, che non si è mai visto nella storia della Chiesa e sarebbe indegno e riprovevole persino nella società civile
[persino la più forte Inquisizione medievale è stata in ciò maestra nella storia del Diritto (cfr. dossierdocumentoNews)]. Tutto ciò è ancora più doloroso quando si vedono invece tollerati (e perfino incoraggiati) tanti abusi dottrinali, liturgici e perfino morali (magari perché si è ben protetti da qualcuno…).
Si tratta di un metodo che crea un clima di paura e terrore (tanto più per chi è minacciato e ricattato di poter perdere improvvisamente ogni ruolo e potere, persino sostegno economico), indegno della comunità cristiana!

S. E. mons. M. Lefebvre lo subì per primo già ai tempi di Paolo VI, che nel 1975, in modo improvviso e senza alcuna giustificazione formale, chiuse il suo Seminario di Ecône (già approvato da Vescovi svizzeri) e lo sospese “a divinis” nel 1976. Disse il devoto Arcivescovo a Giovanni Paolo II, toccando un tasto delicato per chi aveva subito da polacco questi sistemi: nemmeno il Soviet faceva questo; almeno imbastiva un processo-farsa ma lo faceva!

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Per concludere questa prima riflessione, torniamo all’inizio, alla citata visione di Leone XIII e alla profezia dell’inaudito e violento attacco di Satana alla Chiesa e alla stessa Sede di Pietro.

Non entriamo nel merito di chiare profezie di alcuni mistici (anche Beati e Santi) che vi fecero cenno. Basterebbe citare la Beata Katharina Emmerich (1774-1824); oltre ad alcune apparizioni mariane [ad esempio quelle de La Salette (1846) e il seguito (o segreto, inviato al Papa nel 1851); oltre ovviamente a quelle di Fatima (1917), specie nella parte ancora velata del 3° segreto e che doveva essere svelata nel 1960].
Potremmo citare ad esempio quanto profetizzò San Padre Pio da Pietrelcina al celebre esorcista italiano Padre Gabriele Amorth, suo figlio spirituale per molti anni, e da questi riferito al giornalista Josè Maria Zavala: “Satana si è introdotto nel seno della Chiesa e in poco tempo verrà a governare una falsa Chiesa”! (vedi)
Abbiamo già riferita la sconcertante ed afflitta considerazione che Paolo VI inserì, a proposito del post-Concilio, nell’omelia della solenne S. Messa dei SS. Pietro e Paolo il 29.06.1972 (vedi): “Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza. […] da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio”.
Benedetto XVI fece un chiaro riferimento all’attacco di Satana, non solo nel suo viaggio a Fatima del 2010 (vedi dossier), ma anche nella splendida omelia della S. Messa in piazza S. Pietro, concelebrata da migliaia di sacerdoti, l’11.0.2010 (vedi), proprio a conclusione dell’Anno sacerdotale (19.06.2009/11.06.2010), anno in cui, insieme a particolari grazie si riscontrò pure un diabolico incremento degli scandali degli abusi sessuali dei sacerdoti: “Era da aspettarsi che al «nemico» questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti,  soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario”.
Poco prima di abbandonare la Sede di Pietro, Benedetto XVI volle in proposito che all’inizio dei Giardini vaticani fosse eretta una grande statua di S. Michele Arcangelo proprio a difesa del Vaticano e della Chiesa dai crescenti e sconvolgenti attacchi di Satana. Fu peraltro significativo che l’inaugurazione di quella statua (il 5.04.2013) fosse il primo e uno pochi atti ufficiali compiuti da Benedetto XVI con Francesco (vedi e vedi).
Riflettendo sull’espressione usata da S. Pietro a proposito del diavolo (1Pt 5,8-9: “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede", potrebbero pure tornare alla mente le sconcertanti immagini (e i tenebrosi suoni!) proiettate sulla facciata di S. Pietro la sera dell’8.12.2015, cioè proprio nella festa dell’Immacolata Concezione, con cui iniziò l’“Anno Santo della misericordia” (vedi e ascolta).


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Un Vangelo diverso? Una Chiesa diversa?

Abbiamo già visto nella Parte precedente quanto sia falsa e fuorviante l’alternativa tra “Chiesa di sempre” e “Chiesa nuova”; a meno che non si intenda che sia nel cammino esistenziale e spirituale dei singoli cristiani come della Chiesa intera non si debba ovviamente provvedere ad una continua “conversione” a Cristo Signore, correndo con perseveranza verso la meta (cfr. Fil 3,13-14), verso la perfezione (cfr. Mt 5,48), verso Dio stesso 
(ascolta ancora la conferenza del card Ratzinger sulla “Chiesa (compagnia) semper reformanda”, Rimini 1.09.1990).
 

Dovrebbe dunque essere ovvio, se è ancora noto che la Chiesa non è un’invenzione umana ma opera di Dio per portare la salvezza di Cristo nel mondo e nella storia, che nessuno (nemmeno il Papa) può toccarla, mutarla, volerne una “diversa”, che muta secondo i tempi.
“Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre!” (Eb 13,8). Fu alquanto significativo che Giovanni Paolo II abbia voluto come motto del Grande Giubileo del 2000 (dei 2000 anni dall’Incarnazione di Dio e inizio del III millennio cristiano) questa espressione della Lettera agli Ebrei.
Ripensiamo ancora il severo monito di S. Paolo ai Galati (cfr. Gal 1,6-10) di respingere con decisione chiunque avesse osato portare “un Vangelo diverso”, fosse stato anche lui stesso o persino un angelo dal cielo!

Non possiamo dunque nasconderci quanto sia impressionante ascoltare queste espressioni, peraltro pronunciate in momenti di grande importanza per la vita della Chiesa:
“L’ho detto più di una volta e lo ripeto ancora oggi a voi: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti»” 
(Francesco, Convegno della Chiesa Italiana, Firenze, 10.11.2015 leggi).
"Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa! E questa è la sfida. Per una Chiesa diversa, aperta alla novità che Dio le vuole suggerire … per non diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire … l’immobilismo è un veleno nella vita della Chiesa”
 (Francesco, “Inizio del percorso sinodale”, Città del Vaticano, 9.10.2021 leggi).


Siamo entrati in un processo storico “hegeliano”, dove lo “Spirito Assoluto” si manifesta sempre di nuovo e meglio nella dialettica storica, persino contraddicendosi?
Siamo finalmente entrati, come auspicato da molti, nella “rivoluzione” nella Chiesa, sia pur con 200 anni di ritardo rispetto alla “modernità” (Rivoluzione francese, vedi)?
Questo "ritardo" della Chiesa sulla modernità era il dolore espresso verso la fine della sua vita dal card. Martini (vedi ultima intervista).
Ricordiamo pure il soddisfatto encomio di E. Scalfari, che pur rimaneva uno dei “maître à penser” del più acuto laicismo e anticlericalismo italiano, per Francesco come “Papa rivoluzionario” (vedi) (vedi); e il compiacimento dello stesso per tale lode (“è un onore essere chiamato così”) (vedi).

Dobbiamo inoltre osservare che questa “rivoluzione” non riguarda solo alcuni particolari secondari della fede cristiana cattolica - che tra l’altro, se fosse negata anche solo in un punto, crollerebbe comunque “in toto”, perché si negherebbe la sua origine divina (poiché Dio non può sbagliarsi in un punto o contraddirsi, come abbiamo ricordato) - ma i suoi stessi cardini fondamentali, fino a toccare “i due misteri principali della fede” (Unità e Trinità di Dio; Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione di N. S. Gesù Cristo) e persino i Comandamenti e i Sacramenti!



 

Alcuni argomenti e citazioni


Non sono citazioni estrapolate dal contesto per poter avvallare una tesi precostituita che vorrebbe dimostrare il loro sfondo eretico e persino apostata, ma sono invece ben inserite in un contesto globale di comprensione e annuncio della fede cristiana, come tasselli di un unico mosaico; anche se, secondo una logica tipica del “modernismo”, sono pure inserite in un dire e non dire (sì, ma, forse, ma anche …), per cui qualcuno potrebbe ancora riconoscere che però qualche volta è stato detto anche …; fino a rifugiarsi nell’errato concetto di Magistero, secondo cui non si tratterebbe di affermazioni solenni, di dogmi che impegnano l’infallibilità, dimenticando che, se è certo vero che ci sono gradi diversi di autorevolezza del magistero pontificio (certo un conto è un’enciclica e un conto è un conferenza stampa sull’aereo, che non è neppure magistero; anche se è comunque sempre la stessa persona che parla e ci vorrebbe somma prudenza, anche perché talora hanno più incidenza mediatica quelle frasi che non un documento ufficiale!), rimane però dottrina cattolica, come abbiamo sopra ricordato, che il Papa gode di una particolare e continua “assistenza dello Spirito Santo” in tutto il suo ministero petrino, sia pur a diversi gradi di importanza. 



Dottrina e prassi (pastorale)
Possiamo osservare una sorta di idiosincrasia per tutto ciò che è verità, natura, stabilità, dottrina, legge di Dio, teologia (anche se poi questa è proprio una teologia, e delle peggiori!), tipico delle filosofie del divenire (Hegel) e teologie della prassi.

Mettiamo i teologi su un’isola a discutere tra loro” (6.12.2021 vedi)
“la dottrina viene considerata come una coperta in naftalina” (11.10.2017 
vedi)

Non si capisce però in base a che cosa si muova la prassi pastorale o si giudichino e si possano aiutare le situazioni soggettive (“morale della situazione”, condannata sempre dalla Chiesa); si scade inesorabilmente in un giudizio “caso per caso”, per non dire in un “sì, no, forse, ma anche, non so ... chiedetelo a …”!
Sulla questione invalicabile dell’intrinsece malum, cioè delle situazioni di peccato tali da non potersi ammettere alcuna eccezione, la Costituzione Ap. Amoris Laetitia di Francesco (cfr. nn. 301-304) si separa e si oppone all'Enciclica di Giovanni Paolo II Veritatis splendor (cfr. nn. 79-83) e al costante insegnamento della Chiesa, che non ravvisa alcuna eccezione possibile che possa far accettare il male come un bene. Invece in AL, come vedremo più avanti, si concede che, dopo tutto il "discernimento" e "accompagnamento" possibili, un rapporto coniugale tra coloro che coniugi non sono agli occhi di Dio (come appunto i divorziati riaccompagnati), non sia un peccato ma addirittura un "bene"! Di fronte a tale deriva morale, 4 Cardinali (come vedremo meglio in seguito circa il Sacramento del Matrimonio) presentarono umilmente ma canonicamente (cioè nella forma di ufficiali Dubia vedi) al Papa l'importante questione, senza ricevere mai alcuna risposta ... che infatti non c'è, ma non si vuole ammetterlo, in nome della "pastoralità", come se la volontà di Dio espressa chiaramente da Gesù stesso, appunto sull'indissolubilità del Matrimonio (cfr. Mt 5,32), fosse una "rigidità" e un inaccettabile "immobilismo"!





Sulla  fede


Dio (SS.ma Trinità)

In un’ottica hegeliana, magari inconsciamente assunta, la trascendenza di Dio sembra dissolversi nell’immanenza, nella storia, nel sociale. Non si sente quasi più parlare di Dio, della trascendenza, dell’Aldilà!

Se ne sono accorti con tristezza persino acuti intellettuali non credenti (cfr. D. Fusaro, La fine del cristianesimo, PIEMME 2023).
L’esistenza stessa di Dio, che si è pienamente rivelato in Gesù Cristo come Santissima Trinità (Padre, Figlio/Logos, Spirito Santo), sembra eclissarsi in una vaga esperienza religiosa che potrebbe accomunare il cristianesimo a qualsiasi espressione religiosa dell’umanità.
Il primo dovere dell’uomo, che è l’adorazione di Dio (“Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell'altra in paradiso”, recitava il celebre Catechismo di S. Pio X vedi), si dissolve in un impegno sociale, umanitario, a favore degli altri, specie dei poveri.


Se quasi mai si sente predicare e persino nominare la Santissima Trinità, unico vero Dio in tre Persone, talora è invece persino dileggiata, in una blasfema riduzione antropomorfica [“anche dentro la Santissima Trinità stanno tutti litigando a porte chiuse, mentre fuori l’immagine è di unità” (Francesco, Udienza privata, 17.03.2017)].

Che Dio è Santissima Trinità ci è stato rivelato pienamente da Gesù, che ne è la Seconda Persona (Figlio, Logos) fatto uomo (Incarnazione).
È l’unico vero Dio. Non si può pensare a ciò come ad una delle tante manifestazioni di Dio!

Il pluralismo e le diversità di religione sono un’espressione della sapiente volontà divina”
 (Documento di Abu Dhabi, 4.02.2019vedi):
“La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. 
Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”.
Si tratta di un esplicito sincretismo, che ben si adatta al New World Order, al panorama culturale e religioso “globale”, dove tutto (religioni comprese) potrebbe essere perfino accettato purché accetti di non essere “vero” (come vuole la Massoneria).


In realtà il 1° Comandamento, che è quello decisivo e fondante l’intero Decalogo (cfr. Es 20,1-17; v. spec. Es 20,3-5 e Dt 6, 14-15), vieta perentoriamente la fede e il culto a qualsiasi altra presunta divinità o idolo.

Abbiamo potuto vedere con sconcerto, in occasione del Sinodo per l’Amazzonia (7-26.10.2019), sotto il pretesto di una valorizzazione delle culture e divinità indigene latinoamericane (vedi nel sito il documento su "Colonizzazione e missione") e di un rinnovato culto della Natura e della Madre Terra (nuovo paganesimo dell'attuale deriva “ecologista”, vedi), dei veri e propri riti pagani, esoterici, persino satanici (con tanto di stregoni venuti per l’occasione, a spese vaticane), ad esempio alla terribile divinità o idolo di Pachamama - inquietante figura femminile (la Madre Terra o scimmia della Madonna), incinta (dell'Anticristo?), cui si sacrificavano decine di migliaia di vite umane, specie di bambini, cui veniva strappato il cuore ancora battente per offrirlo a lei sui grandi altari piramidali andini - venerata nei Giardini vaticani (4.10.2019, vedi
 vedi vedi), portata in processione col Papa dalla Basilica di S. Pietro all’Aula del Sinodo (in occasione dell'apertura del Sinodo, il 7.10.2019; vedi vedi), per lasciarla poi ancora alla pubblica venerazione nell'adiacente basilica di S. Maria in Traspontina (via della Conciliazione, vedi).

Siamo così passati dalla certezza del vero Dio (SS.ma Trinità) e assoluta verità di Cristo, unico Salvatore dell’uomo (di ogni tempo, compreso il fantomatico "uomo d'oggi" inseguito già dal Concilio Vat. II) - e si è dovuto riaffermarlo, tra i silenzi e le contestazioni ecclesiali, in occasione del Giubileo del 2000 (cfr. Dominus Jesus) - a cercare una collocazione (e magari una leadership oggi nascosta sotto una falsa umiltà sincretista) tra le grandi religioni, soprattutto quelle cosiddette "abramitiche" (cfr. documento di Abu Dhabi, 4.02.2019), per dissolversi appunto nel grande panorama culturale e religioso “globale”, dove tutto potrebbe essere perfino accettato purché appunto accetti di non essere “vero”! 
Così il “mandato” dato perennemente da Cristo alla Sua Chiesa (cfr. 
Mt 28,18-20) s’è trasformato in questi decenni in un fantomatico quanto vuoto “dialogo” (come abbiamo ricordato).


Insomma … Mentre chiunque non è d’accordo con gli Ebrei (persino su questioni politiche) è bollato come “antisemita”; e chiunque non è d’accordo con i Musulmani è un “infedele” da combattere; solo la Chiesa Cattolica, fondata da Cristo (Dio) e perennemente assistita dallo Spirito Santo (Dio), dovrebbe rinunciare a se stessa, inchinarsi alle altre religioni, chiedere perdono della propria storia ed eclissarsi in una sincretista inter-religione massonica, cioè evaporare nell'unica “Religione dell’umanità”?


Impressionante in proposito riascoltare le profezie persino letterarie sull'arrivo venturo dell'Anticristo, come ad esempio quella de "Il racconto dell'Anticristo" di V. Solovëv, magistralmente e sagacemente presentato dall'indimenticabile Card. Giacomo Biffi (ascoltaqui il punto centrale).




N. S. Gesù Cristo

Quanto è significativo che nelle prime ore della storia della Chiesa, vediamo proprio Pietro prendere la parola e, con un'inaudita audacia (parresia) annunciare a tutti che "Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!". (All'udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?"). E Pietro disse: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro".  Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: "Salvatevi da questa generazione perversa". (Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone") (At 2,36-41). Poco dopo, davanti al Sinedrio che l'aveva arrestato, disse: "Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti (...) In nessun altro c'è salvezza: non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At 4, 9.12).

Gesù di Nazaret è dunque Dio-fatto-uomo. Il suo stesso “Nome” va dunque nominato col massimo rispetto, venerazione e adorazione (cfr. 2° Comandamento: “Non nominare il nome di Dio invano”). Oltre ad essere una diffusa tradizione cattolica (si pensi al celebre e diffusissimo JHS) la venerazione per il Santo Nome di Gesù è stata recuperata anche come memoria liturgica (il 3 gennaio).

Anche per questo, e tanto più sulle labbra di colui che dovrebbe essere il Successore di S. Pietro, risultano inquietanti queste sue espressioni
“Gesù ha fatto un po’ lo scemo”
 (alla Chiesa di Roma, S. Giovanni in Laterano, 16.06.2016 ascolta), “Gesù s’è fatto serpente” (omelia in Santa Marta, 4.04.2017; con evidente richiamo al demonio e ai culti mediorientali alle divinità del male; S. Paolo, dicendo che Gesù “si è fatto peccato” intende invece sottolineare che ha preso su di Sé i peccati degli uomini, per espiarli col Sacrificio della Sua Croce).
In riferimento al "mistero pasquale", centro di tutta la fede e causa della nostra Redenzione, talora s'è data l'impressione (ed è un'eresia diffusa in molta teologia contemporanea) che Gesù non sapesse di andare incontro alla Croce ed essa fu quasi un incidente inatteso e subìto (quando invece l'annuncia più volte e si offre liberamente alla Sua Passione per la nostra salvezza; ma la teologia "modernista", che pur afferma di attenersi luteranamente alla "sola Scrittura", poi la censura quando contraddice le proprie tesi preconcette, relegandole nell'orizzonte della postuma fede della comunità cristiana primitiva; peraltro, anche se così fosse, il Vangelo sarebbe comunque ispirato da Dio e quindi Parola di Dio!). Anche sulla Risurrezione, punto cardine di tutta la fede cristiana e senza la quale, come evento e non come atto interiore (l'evento delle apparizioni del Risorto è la causa e non l'effetto della fede! vedi catechesi 4), tutta la fede cristiana cadrebbe in blocco (come abbiamo ricordato all'inizio di questo documento, citando S. Paolo: “Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” 1Cor 15,14), Francesco ha detto, nientemeno che nella catechesi dell'Udienza generale del 19.04.2017 (vedi) (19.04.2017), che La risurrezione di Gesù non è un fatto storico ma un atto di fede”!
Se poi andiamo ai farneticanti dialoghi con Eugenio Scalfari (riportati dallo stesso su Repubblica, anche se in qualche modo con imbarazzo rettificati dal Vaticano, ma non smentiti dallo stesso Bergoglio che ha sempre continuato a riceverlo e farsi intervistare, sapendo cosa andava in pasto all'opinione pubblica il giorno dopo!), in proposito al mistero stesso dell'Incarnazione (stiamo dunque parlando dei "misteri principali della fede"!) avrebbe detto che 
Gesù, incarnandosi, ha smesso di essere Dio” (vedi)! Appunto: la fine del cristianesimo!




La Madonna

Quando poi si va a parlare di Maria Santissima, nonostante l'apparente devozione (il bacetto alla statua, le improvvise visite, fin dal secondo giorno di pontificato come in ritorno dai primi viaggi, alla Salus Populi Romani in S. Maria Maggiore, o un'ambigua devozione alla cosiddetta "Madonna che scioglie i nodi" 
leggi), trapela abbastanza chiaramente una visione tendenzialmente "protestante" - semplicemente "la Maria dei Vangeli", "la mamma di Gesù" - e una sorta di astio verso le devozioni, le litanie, le stesse apparizioni mariane (anche quelle solenni e riconosciute dalla Chiesa).
Rasentando forse il peccato 
contro il 2° Comandamento (perché secondo la dottrina della Chiesa il "Non nominare il nome di Dio invano" riguarda anche il nome della Madonna, dei Santi e le cose sacre - vedi lo schema dell'esame di coscienza), oltre a risottolineare che Maria Santissima è solo "donna e madre", ha aggiunto anche "meticcia" (vedi Omelia in S. Pietro, 12.12.2019; non lo ha detto solo nel senso del colore della pelle della Madonna di Guadalupe, ma proprio nel senso che "ha meticciato Dio"). Nella stessa omelia, su cui torniamo sotto, definisce "tonterias" molti titoli e possibili nuovi dogmi titoli mariani. Circa i continui messaggi di certe apparizioni mariane (Medjugorje, v. sotto), ha detto di non credere a questa "Madonna postina"!
Potremmo osservare che talora s'è rasentata la negazione (eretica) dei 4 "dogmi mariani" infallibilmente riconosciuti dalla Chiesa [Madre di Dio (Concilio di Efeso, 431), Perpetua 
Verginità (Concilio di Costantinopoli, 553), Immacolata Concezione (Pio IX, 1854), Assunzione al Cielo (Pio XII, 1950); per poi manifestare una netta opposizione all'atteso 5° dogma (Corredentrice, chiesto da Maria SS.ma stessa nelle apparizioni di Amsterdam, v. sotto).
Gli sarà infatti sfuggito, ma dire che Maria Santissima “
non è nata santa” (21.12.2018, leggi
), magari per sottolineare che la Sua grandezza sta nella fede e anche Lei ha dovuto fare un "meritorio" cammino di fede (cfr. Lc 11,27-28), di fatto è una negazione del dogma dell'Immacolata!
A proposito dell’Immacolata, abbiamo già sottolineato le conturbanti proiezioni sulla facciata di S. Pietro, proprio la sera dell’Immacolata 2015 (8.12.2015), inizio dell’Anno Santo straordinario della Misericordia (vedi e ascolta) (cfr. 1Pt 5,8-9).
Anche per Maria SS.ma, come persino per Gesù (abbiamo visto), la Croce assume il tono di un "incidente imprevisto" - s'è spinto a dire che sotto la Croce Maria Santissima ha forse pensato di "essere stata ingannata da Dio" (21.12.2013, 
ascolta). In realtà, come ci dice la bimillenaria fede della Chiesa cattolica, Ella conosceva fin dall’inizio, aveva accettato e si offriva insieme al sacrificio della Croce del Figlio (cfr. Lc 2,34-35) per la Redenzione dell'umanità (da cui la base teologica per l'atteso 5° dogma della "Corredentrice"; che sarebbe ovviamente tanto inviso ai Protestanti ma è appunto malvisto anche da Bergoglio).
A proposito delle apparizioni ad Amsterdam (1945/1959), in cui la Madonna si presenta come "Signora di tutti i popoli” e chiede Ella stessa la proclamazione del dogma che porterebbe a venerarla come "Corredentrice", c'è stato recentemente da parte della S. Sede un intervento molto strano. Il Vescovo diocesano, cui spetta il primo e fondamentale giudizio (abbiamo ricordato all'inizio di questo documento le 3 possibilità circa il riconoscimento o meno della soprannaturalità di tali "Rivelazioni private"), le ha riconosciute autentiche nel 2002; ma ora dal Vaticano è giunta una contraddittoria negazione; anzi Francesco, con un chiaro riferimento anche a questi titoli mariani, ha usato un termine assai dispregiativo (in spagnolo, trattandosi dell'omelia della S. Messa  nella basilica di S. Pietro, in occasione della festa di N. S. de Guadalupe, il 12.12.2019, con fedeli soprattutto latino-americani, vedi): "tonterias" (che nel modo più elegante possibile si può tradurre in italiano con il termine "sciocchezze")!
Qualcosa di analogo è stato detto anche per il moltiplicarsi delle 
Litanie! Però ne ha poi aggiunte 3: Mater misericordiaeMater spei e soprattutto Solacium migrantium (questo era lo scopo principale), cioè Madre della misericordia, Madre della speranza, (Conforto) 
Aiuto dei migranti vedi).

Inutile sottolineare l’ossessione unilaterale per i migranti, senza alcuna attenzione ai problemi che sono alla radice di tale questione, senza pensare all’impoverimento dei loro Paesi d’origine (come dicono i Vescovi africani), al commercio turpe di esseri umani (quando potrebbero essere regolarmente accolti in caso di vera necessità e con mezzi regolari), all’uso del loro lavoro da schiavi a basso costo (o prostituzione), al progetto globalista e nichilista dell’Occidente (omologazione di tutti i popoli cancellando ogni identità), alla gestione ipocrita da parte della UE (che scarica il problema sull’Italia). Ne abbiamo parlato in numerose News (ad es. 29.12.2020 vedi).
Com'è noto, persino in piazza S. Pietro campeggia ora il monumento 
al barcone dei migranti (vedi vedi)!


Ancora una nota su due grandi e importanti apparizioni mariane
: una (Fatima), riconosciuta dalla Chiesa, che ha avuto nel secolo scorso e più che mai ha ora un'importanza enorme non solo per la vita del mondo ma soprattutto per la Chiesa intera (ma sul cosiddetto 3° segreto non sono ancora terminate le problematiche e l'urgenza di comprendere!); l'altra (il "caso" Medjugorje), apparizioni in corso da quasi 42 anni, che hanno un'incidenza enorme nella Chiesa e nel mondo, ma non ancora riconosciute dalla Chiesa.
Francesco si è recato ovviamente a Fatima in occasione del centenario delle apparizioni (13.05.2017); ma si è mostrato nello stesso tempo assai critico su “questa Madonna”
 che preannuncia castighi e trattiene il braccio del Figlio ("più misericordiosa di Lui?"), dicendo poi apertamente che preferisce "la Maria dei Vangeli” (vedi).
Su Medjugorje (interrogato sempre sul volo di rientro da Fatima, vedi) mostra tutte le sue perplessità, dice di essere più “cattivo” della Commissione Ruini (che pur mostra qualche apertura solo sulle prime apparizioni, non sul resto delle apparizioni), di non credere a questa Madonna “postina” (ufficialmente: “capo ufficio telegrafico”), che annuncia Messaggi a ore (espressione alquanto goffa parlando comunque della Madonna!) che non crede sia “la mamma di Gesù” (un modo assai riduttivo di parlare della Madonna). Poi però, magari per il crollo di consenso ricevuto da parte dei milioni e milioni di devoti di Medjugorje), cambia atteggiamento: il 22.07.2018 manda a Medjugorje un Arcivescovo (il polacco Henryk Hoser) come Visitatore apostolico (che muore il 13.08.2021); dal maggio 2019 viene tolto il divieto di organizzare pellegrinaggi ufficiali; quindi manda Messaggi ufficiali al Festival dei giovani (Mladifest)  che ogni anno si tiene a Medjugorje dal 1° al 6 agosto (vedi 2022; vedi 2021: vedi 2020).




La Chiesa Cattolica


La preoccupazione ecumenica (o relativista-sincretista?), specie nei confronti dei Protestanti* (le sedicenti "Chiese della Riforma"), sempre elogiati, fino alla partecipazione personale di Francesco alle celebrazioni del 5° Centenario (2017), oscura molto le differenze teologiche, anche gravissime, e addirittura quelle liturgiche (persino tra la S. Messa cattolica, in effetti con la Riforma post-conciliare e il Novus Ordo già molto avvicinata ai riti luterani, talora persino superandoli con gli attuali abusi liturgici, già menzionati nel presente documento).

* Assai minore, quando invece sarebbe più facile e doverosa, se non altro perché "non eretica" e possedendo la "successione apostolica", è la preoccupazione ecumenica nei confronti della Chiesa ortodossa. Se infatti sono più regolari i rapporti col Patriarcato di Costantinopoli (Istambul-Bisanzio), sono assai più ardui (ora addirittura precipitati) quelli col Patriarcato di Mosca. Infatti, nonostante lo storico incontro avuto col Patriarca Kirill il 12.02.2016 in zona neutra, cioè a Cuba (il Patriarca di Mosca si trovava a La Habana e Francesco vi ha fatto allora appositamente scalo nel suo volo per il Messico vedi) ed una Dichiarazione congiunta (vedi) [anche se qualche momento dopo, parlando in volo coi giornalisti (vedi), Francesco ha detto che si è trattato di un incontro fraterno tra due Vescovi (!) e come al solito ha sottolineato la maggiore importanza del livello "pastorale" (o dei problemi come la "pace") su quello "teologico"], negli ultimi mesi, con la guerra in corso in Ucraina e con la presa di posizione sostanzialmente "unilaterale" (filo-Atlantica?) di Bergoglio (cosa mai successa da parte della diplomazia vaticana in caso di conflitti!), i rapporti anche ecumenici con Mosca si sono notevolmente raffreddati se non bloccati! 

Desta certamente impressione, se non sconcerto, il continuo elogio di Lutero da parte di Bergoglio o il "pressapochismo" nel parlare delle differenze teologiche e liturgiche coi Protestanti, a scapito ovviamente della fede cattolica di sempre...
Oltre a quanto appena sopra ricordato circa gli innumerevoli incontri e persino le liturgie coi Protestanti (a Roma o all'estero), oltre all'apposito viaggio a Lund (Svezia, 31.10.2016, leggi) in occasione dei 500 anni della Riforma luterana, o il "pellegrinaggio ecumenico” compiuto a Ginevra il 21.06.2018 (veda), torniamo un poco su quanto Francesco ha detto nel suo volo di rientro dall'Armenia (26.06.2016)(vedi):

(domanda del giornalista): “Visto che Lei andrà a Lund per commemorare il 500° anniversario della Riforma, io penso che forse questo è il momento giusto … per riconoscere i doni della Riforma, e forse anche – e questa è una domanda eretica – per annullare o ritirare la scomunica di Martin Lutero o di una qualsiasi riabilitazione.
(Francesco): “Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore. Forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo … vediamo che la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione nella Chiesa, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato 
[n.d.r.: classici luoghi comuni sulla Riforma, continuamente divulgati dalla cultura dominante, ma falsi vedi]. Poi era intelligente, e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliatoLui ha fatto una “medicina” per la Chiesa, poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una disciplina, in un modo di credere, in un modo di fare, in modo liturgico. Ma non era lui solo: c’era Zwingli, c’era Calvino… E dietro di loro chi c’era? I principi, “cuius regio eius religio”. Dobbiamo metterci nella storia di quel tempo. … Anche nella stessa Chiesa luterana non c’è unità … La diversità è quello che forse ha fatto tanto male a tutti noi e oggi cerchiamo di riprendere la strada per incontrarci dopo 500 anni. Io credo che dobbiamo pregare insieme … Secondo: lavorare per i poveri, per i perseguitati, per tanta gente che soffre, per i profughi”...


Sulla differenza minimizzata tra “Cena” luterana e “S. Messa cattolica” (e persino sul sacramento della Confessione) (vedi
 sotto, sull’Eucaristia).




L’Aldilà

Abbiamo già sottolineato come in gran parte della Chiesa Cattolica oggi non si predichi più l'escatologia, i "Novissimi", l'Aldilà. E quando se ne parla (magari in occasione di morti e funerali, specie se famosi), lo si fa generalmente a sproposito: sono tutti salvi, non esiste più l'Inferno (roba da tradizionalisti conservatori) e la possibilità di dannarsi (perché Dio ha la "debolezza di essere misericordioso, è tenerezza, accoglie tutti, perdona tutti!"); anche il Purgatorio è relegato tra le credenze medievali; e infine pure il Paradiso è un generico posto dove si sta bene e ci ritroveremo tutti (una sorta di "happy-end")!
Questo è un Dio, un Gesù, un Vangelo "carino" ... ma "inventato"!

Gesù (quello vero, quello del Vangelo reale) parla invece continuamente dell’inferno: cfr. ad es. Lc 16,19-31; Mt 8,11-12; Mt 13,41-42. 49-50; Mt 22,2-14; Mt 24Mt 25Lc 13,23-30 ...

Potremmo riportare innumerevoli citazioni ... 
Facciamo invece due esempi "stravaganti", anche se non certo parte del Magistero pontificio.


In uno dei soliti farneticanti dialoghi con E. Scalfari (almeno come sono stati riportati su Repubblica dallo stesso ex-Direttore), Francesco avrebbe detto che le anime dei dannati (ammesso che ci siano) non vanno all’inferno (che non esiste) ma si “annientano” (29.03.2018 leggileggi).
Magari ora che il grande maestro del laicismo italiano ha raggiunto l'Aldilà, potrebbe mandare un messaggio sul telefono del Papa e chiedere di pubblicarlo il giorno dopo su Repubblica. In fondo era quello che chiedeva un certo ricco a Dio, dall'Aldilà non proprio felice, per i suoi fratelli (v. Lc 16,20-31).

Del resto, potremmo riascoltare in proposito l'agghiacciante saluto finale di Francesco nella caritatevole telefonata fatta il 5.05.2020 ad un ragazzo “diversamente abile” che gli aveva scritto e alla sua famiglia: “ci vedremo all’inferno!” (ascolta, minuto 3’,40).





Sulla  morale


I Comandamenti


[Cfr. nel sito la sezione "Fede e morale" (vedi), "Introduzione alla questione morale" (vedi), "Morale sessuale" (vedi), "Dottrina sociale della Chiesa" (vedi), come pure, nella sezione "Un aiuto per", “per fare bene l’<esame di coscienza>” (vedi)]

Come sappiamo, se molte leggi particolari presenti nella Torah (“la Legge”) dell’Antico Testamento sono superate e abolite da Gesù (Nuovo Testamento), il cuore della Legge, cioè il Decalogo, i “10 Comandamenti” non sono affatto aboliti da Gesù, ma portati ad una pienezza, perfezione, interiorizzazione immensamente più profonde (cfr. Mt 5,17).
Se tutta le legge si compendia nel comandamento dell’amore (cfr. Mt 7,12) - il comandamento nuovo perché è un raggio della Carità che è Dio stesso (è infatti “virtù teologale”); S. Agostino si spingerà a dire “Ama e poi fa quel che vuoi”; ma oggi anche la parola “amore è diventata fortemente ambigua (cfr. Benedetto XVI, Enciclica Deus caritas est, nn. 2-6) – esso però va declinato appunto nella perfezione dell’amore manifestatosi in Cristo (cfr. Mt 5,48) e reso possibile dalla “grazia”.
Proprio il genio teologico di S. Paolo, ispirato da Dio nelle sue 13 Lettere presenti nel N. T., da ebreo (fariseo) convertito a Cristo, mette in luce il passaggio dalla Legge (A. T.) alla fede e grazia che salva; con ciò senza nulla togliere al dovere della conversione e delle buone opere, cioè all’impegno di vita nella via della santità.
Se la vita nuova in Cristo non è solo una capacità nostra e naturale (questa pretesa era l'eresia di Pelagio), anche se “corrispondente” alla dinamica stessa della nostra “natura” creata (siamo fatti per il Vero/Bene/Essere infinito che è Dio, è altrettanto vero che non è però sufficiente solo la fede (questa è l'eresia di Lutero). Lo stesso S. Giacomo apostolo, nella sua Lettera presente nel N.T., sottolinea fortemente che “la fede senza le opere è morta” (Gc 2,26).

Abbiamo invece da poco ascoltato che “i Comandamenti non sono assoluti” (Udienza generale 18.08.2021, vedi). Da quello che potrebbe sembrare una sottolineatura “paolina”, emerge invece un giudizio “luterano” (la famosa “sola grazia”!) che vanifica l’impegno della conversione, la lotta contro il peccato, il cammino di perfezione, certamente con la “grazia”, indicato da Gesù stesso e così ben declinato da S. Paolo.

Una conseguenza di tale errore è anche il "misericordismo" oggi tanto predicato (alla fine va tutto bene, non occorre lo sforzo di conversione, perché Dio è buono e misericordioso e alla fine accoglie tutti e giustifica tutto! Tra l'altro proprio questa errata concezione - che porta all'inferno più dei peccati stessi (dice il grande "padre" della teologia morale S. Alfonso Maria de' Liguori!) - toglie ogni spinta alla conversione, allo sforzo per tendere alla perfezione (come chiede Gesù, cfr. Mt 5,48) ed anche quel sano timor di Dio che tiene lontani dal peccato e ultimamente dall'inferno. 



           

A proposito dei 10 Comandamenti, abbiamo in questa sezione già fatto un accenno al  Comandamento ("Non avrai altro Dio all'infuori di me"), ad esempio nel modo di considerare le religioni e i vecchi e nuovi idoli, e al  Comandamento ("Non nominare il nome di Dio invano"), ad esempio circa il modo improprio con cui si parlare di Gesù e Maria. Torneremo ancora un poco a parlare della Liturgia e quindi anche in riferimento al  Comandamento (“Ricordati di santificare le feste”) e del Sacramento del Matrimonio e quindi ancora del  Comandamento ("Non commettere adulterio") e del  (“Non desiderare la donna d’altri”). Facciamo però una rapida analisi su quanto si sente dire oggi sul  Comandamento ("Non uccidere") e infine ancora sul più vasto  Comandamento ("Non commettere atti impuri").
Qui facciamo solo qualche breve sottolineatura su certi equivoci o errori oggi diffusi e persino predicati. Per un discorso più ampio e comprensivo di vedano appunto le diverse sezioni del sito, che vanno dall'Esame di coscienza (vedi), al rimando alla Terza parte del Catechismo della Chiesa Cattolica (vedi nella sezione "Sulle orme del Magistero), da ciò che i Comandamenti implicano per la vita sociale e politica (vedi) e infine ancora, sul 6° Comandamento, il documento sulla Morale sessuale (vedi).





Sul 5° Comandamento

Come si può appunto osservare anche nel sito (vedi “Fede e Morale”, vedi “La dottrina sociale della Chiesa” nn. 29-36 e anche i peccati contro il 5° Comandamento nello Schema per fare bene un “esame di coscienza” vedi) tale Comandamento riguarda anche la difesa della vita, dal concepimento alla morte naturale, che costituisce uno dei “valori non negoziabili".
L'espressione "valori non negoziabili" fu coniata da Benedetto XVI (e oggi volutamente silenziata, anche nei fatti) per indicare quei 4 punti irrinunciabili che in Cattolico (insieme a tutti gli uomini di "buona volontà", perché si tratta di valori universalmente riconoscibili anche con la sola ragione) non può esimersi dal promuovere, anche a livello politico, senza poter scendere a compromessi (semmai, laddove non è possibile altrimenti, promuovendo il meglio possibile e limitando il più possibile il male). Si tratta della promozione della vita (dal concepimento alla morte naturale), della famiglia naturale e stabile (tra uomo e donna), della libertà di educazione (in cui la priorità educativa va riconosciuta alla famiglia e non allo Stato) e della libertà religiosa (intesa non solo come "libertà di culto" ma di poter esprimere anche tutta la valenza sociale della fede, nel rispetto ovviamente dei giusti diritti, non quelli inventati o immorali, di tutti).
Nella promozione di questi valori, contrariamente a quanto si predica oggi, non bisogna temere anche di opporsi e persino democraticamente scontarsi con altre posizioni contrarie, quasi che il Cattolico debba promuovere solo un'indistinta unità o si pieghi ad essere semplicemente un "funzionario" delle Istituzioni!
Tale scontro (oggi tanto deprecato), ovviamente in senso rispettoso e democratico (ma occorre chiedere e ottenere rispetto anche per la propria posizione, non solo per gli altri), può diventare anche particolarmente duro, visto che specie nelle "democrazie occidentali" (vedi) è in atto un duro attacco, dallo spessore persino "anticristico", ad opera delle ideologie anticristiane e disumane, che vorrebbero imporsi a suon di "diritti" puramente inventati (la cosiddetta "dittatura del relativismo"!) fino ad emarginare e persino eliminare definitivamente dalla società la fede e la morale cristiana e persino gli elementari valori umani! Già Giovanni Paolo II, ad esempio nell'enciclica Evangelium vitae (25.03.1995), denunciava una montante, specie in Occidente, "cultura della morte" (cfr. nn. 21.24.26.28.50.87.95. 100), di stampo certamente satanico, cui si doveva urgentemente opporre una “cultura della vita”!

L’attuale preoccupazione di non creare mai scontri, di non essere mai “contro”, può portare invece ad essere “contro la vita”, come il non parlare mai di verità ed errore per non creare “steccati” può portare proprio al trionfo dell’errore, cioè all’“impero delle tenebre” (cfr. Lc 22,53).

Proprio riguardo a ciò che proibisce il 5° Comandamento ("Non uccidere") si deve appunto tener presente che la trionfante e satanica "cultura di morte" vuole imporre come "diritti", persino garantiti politicamente e sostenuti economicamente dalla collettività, anche i più gravi "peccati", fortemente distruttivi della persona e della società. Il caso più eclatante in tal senso è dato dall'aborto e sempre più pure dell'eutanasia (ma è sempre più emergente anche la questione della liberalizzazione delle droghe).
[Sulla valenza morale, sociale e politica del 5° Comandamento si veda l'art. 5 del Catechismo della Chiesa Cattolica. Sul rapporto tra 5° Comandamento e la Dottrina sociale della Chiesa si veda il documento ai nn. 29/36]




Aborto: no … però …
Sulla questione dell'aborto (volontario e garantito dallo Stato) sentiamo talora dalla Santa Sede parole “chiare”, mentre altre volte ascoltiamo posizioni accomodanti e compromessi, per non essere "contro" nessuno (come si predica oggi) o forse persino per non contrastare certi poteri-forti (che vorrebbero imporlo universalmente persino come "diritto inalienabile", anche da parte dell'ONU), che lasciano nello sconcerto.
Ascoltiamo allora ampi stralci di un intervento di Francesco, paradigmatico in questo senso. Si tratta purtroppo ancora di una conferenza-stampa tenuta durante un volo, in questo caso il 
15.09.2021 (di ritorno dal viaggio a Budapest e Slovacchia, 12-15.09.2021) (vedi), in cui unisce appunto una semplice ma chiara opposizione all'aborto all'accomodamento più bieco quando si tratta della politica (il giornalista ha sagacemente tirato in ballo le posizioni del Presidente USA Biden, feroce abortista, fino al 9° mese di gravidanza!, e il suo essere Cattolico e fare la Comunione, questione gravissima che ha addirittura spaccato in due non solo i Cattolici americani ma gli stessi Vescovi USA). Ascoltiamo ampi stralci della risposta del Pontefice, perché in fondo c'è tutto lo stile di Bergoglio: tra il dire e il non dire, tra la chiarezza di un giudizio e la smentita nelle scelte, tra la dottrina e la pastorale; il tutto persino condito di pregiudizi e luoghi comuni sulla storia della Chiesa, che sarebbero impropri persino sulle labbra di comune e anticlericale professorino di storia (nelle scuole di Stato, anche italiane): 

(Francesco): “L’aborto è più di un problema, l’aborto è un omicidio. Senza mezze parole: chi fa un aborto, uccide. Prendete voi qualsiasi libro di embriologia, di quelli che studiano gli studenti nelle facoltà di medicina. La terza settimana dal concepimento, alla terza settimana, tante volte prima che la mamma se ne accorga, tutti gli organi stanno già lì, tutti, anche il DNA. Non è una persona? È una vita umana, punto. E questa vita umana va rispettata. Questo principio è così chiaro, e a chi non può capirlo io farei due domande: è giusto uccidere una vita umana per risolvere un problema? Scientificamente è una vita umana. Seconda domanda: è giusto affittare un sicario per risolvere un problema? … Non andare con questioni strane. Scientificamente è una vita umana. I libri ci insegnano. Io domando: è giusto farla fuori, per risolvere un problema? Per questo la Chiesa è così dura su questo argomento, perché, se accetta questo, è come se accettasse l’omicidio quotidiano”!
[Quando poi deve passare alla parte più insidiosa della domanda del giornalista, che verte sulla questione Biden, cioè il suo essere super-abortista, ma anche Cattolico e se possa Confessarsi e fare la Comunione, come fa, allora tutta le fermezza del principio crolla di colpo e spudoratamente, con la solita differenza tra "dottrina" e "pastorale"!]
(domanda, assai insidiosa, del giornalista): “Santo Padre, Lei spesso ha detto che siamo tutti peccatori e che l’Eucaristia non è un premio per i perfetti ma una medicina e un alimento per i deboli [ndr: e questo, come diremo tra poco sulle condizioni per Confessarsi e ricevere la Comunione, è errato e contrario al perenne e solenne insegnamento della Chiesa: perché per ricevere l'Eucaristia bisogna essere "in grazia di Dio"; ma per essere in grazia di Dio, se si sono commessi peccati mortali, è necessario Confessarsi; ma per essere "assolti" bisogna avere il pentimento e il proposito di non commettere più tali gravi peccati]. Come Lei sa, negli Stati Uniti, specialmente dopo le ultime elezioni, ma anche dal 2004 in poi, c’è stata fra i Vescovi una discussione sul dare la Comunione a politici che hanno sostenuto leggi a favore dell’aborto e del diritto della donna a scegliere. E come Lei sa, ci sono Vescovi che vogliono negare la comunione al Presidente e ad altre alte cariche; ci sono altri Vescovi che sono contrari, ci sono alcuni Vescovi che dicono: “Non bisogna usare l’Eucaristia come arma”. La mia domanda, Padre: Lei cosa pensa di tutta questa realtà, e cosa consiglia ai Vescovi? [ndr: che tristezza essere arrivati al punto che un Papa debba dire "come la pensa" e "dare consigli ai Vescovi" attraverso un giornalista che fa domande al Papa su un volo aereo e il Papa, le cui risposte faranno comunque subito il giro del mondo, anche se non si tratta di Magistero, deve rispondere "a braccio"  su questioni così gravi e incandescenti!] Poi, una seconda domanda [ndr: e qua l'insidia del giornalista è ancora più velenosa, a meno che non sia stata addirittura provocata dall'interessato!]: Lei, come Vescovo, in tutti questi anni, ha pubblicamente rifiutato l’Eucaristia a qualcuno di questi?”
(Francesco): “Andiamo a quella persona che non è nella comunità, non può fare la Comunione [ndr.: non è vero che non poter ricevere la Comunione sia esser esclusi dalla Chiesa (comunità) - e qua c'è già l'equivoco teologico che fare la Comunione sia semplicemente un partecipare alla comunità (dov'è andato il riferimento a Dio e alla vita spirituale?), equivoco ripetuto poi dopo per giustificare invece l'accoglienza in comunità! - altrimenti sarebbe fuori della Comunità chiunque non è "in grazia di Dio" ma in stato di "peccato mortale", cioè chiunque partecipa alla S. Messa ma non può ricevere la S. Comunione perché al momento non è “in grazia di Dio”. Però è vero che l'aborto (e chi lo promuove, addirittura con leggi apposite e tanto gravi come in questo caso!) oltre che in stato di "peccato mortale" (da cui si può essere assolti in Confessione solo se c'è il pentimento e il proposito di conversione) incorre anche nella "scomunica"; però proprio Francesco ha esteso il potere di revocare tale scomunica, per sé potere riservato al Vescovo, ad ogni sacerdote] (continua Bergoglio, cadendo in pieno nell'insidia e addirittura estendendola in senso generale!): “No, io mai ho rifiutato l’Eucaristia a nessuno, a nessuno! (quindi prosegue) Andiamo a quella persona che non è nella comunità, non può fare la Comunione, perché sta fuori dalla comunità, e questa non è una pena. No, tu stai fuori. La Comunione è unirsi alla comunità. Ma il problema non è teologico, che è questo semplice, il problema è pastorale, come noi vescovi gestiamo pastoralmente questo principio [ndr: dopo aver ridotto il Sacramento alla questione di "essere in comunità" (tipico di certa teologia latinoamericana), senza alcun riferimento trascendente e spirituale, allora il problema passa dall'essere dottrinale (cioè un principio considerato astratto, non la "volontà di Dio"!) all'essere pastorale, nel senso di semplice accoglienza della persona (tra l'altro qua non stiamo parlando di un poveraccio ma del Presidente USA!). Dopodiché scattano i "pregiudizi storici" e "luoghi comuni" sulla Chiesa, degni della peggiore propaganda anticlericale; lo abbiamo visto in modo clamoroso e storicamente falso anche nel recente viaggio in Canada, (vedi News, 2.11.2022); clamorosi errori storici sono stati presentati anche nell'Enciclica Fratelli tutti, come già ricordato! Su alcuni dei fatti storici e relativi pregiudizi anticlericali sotto menzionati, vedi il dossier sull'Inquisizione (compreso il caso di Giordano Bruno, di S. Giovanna d'Arco e della "caccia alle streghe] (continua Bergoglio): E se noi vediamo la storia della Chiesa, vedremo che ogni volta che i vescovi hanno gestito non come pastori un problema si sono schierati sulla vita politica, sul problema politico. Per non gestire bene un problema si sono schierati sul versante politico. Pensiamo alla notte di San Bartolomeo: “Eretici! Sì, l’eresia è gravissima, sgozziamoli tutti!” No, è un fatto politico. Pensiamo a Jeanne d’Arc, a questa visione, pensiamo alla caccia alle streghe… sempre. Pensiamo a Campo de’ Fiori, a Savonarola, a tutta questa gente:  quando la Chiesa per difendere un principio lo fa non pastoralmente, si schiera su un piano politico. E questo è sempre stato così, basta guardare la storia. E cosa deve fare il pastore? Essere pastore. Essere pastore e non andare condannando, non condannando: essere pastore. Ma anche il pastore degli scomunicati? Sì, è pastore e dev’essere pastore con lui, essere pastore con lo stile di Dio. E lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Tutta la Bibbia lo dice … Un pastore che non sa gestire con lo stile di Dio, scivola e si mette in tante cose che non sono da pastore.
Per me… Non vorrei particolarizzare, perché Lei ha parlato degli Stati Uniti, perché non conosco bene bene i dettagli, do il principio. Lei mi può dire: se Lei è vicino, è tenero, è compassionevole con una persona, Le darebbe la Comunione? Questa è un’ipotesi. Sii pastore, il pastore sa cosa deve fare in ogni momento, ma come pastore. Ma se esce da questa pastoralità della Chiesa, immediatamente diventa un politico. Questo lo vedrete in tutte le denunce, in tutte le condanne non pastorali che fa la Chiesa. Con questo principio credo che un pastore può muoversi bene. I principi sono della teologia. La pastorale è la teologia e lo Spirito Santo che ti va conducendo a farlo con lo stile di Dio. Io oserei dire fino a qua. Se Lei mi dice: ma si può dare o non si può dare? È casistica, quello, che lo dicano i teologi. Si ricorda Lei la tempesta che si è armata con Amoris laetitia, quando è uscito quel capitolo di accompagnamento agli sposi separati, divorziati: “Eresia, eresia!”. Grazie a Dio che c’era il cardinale Schönborn lì che è un grande teologo e ha chiarito le cose. Ma sempre questa condanna, condanna… Basta con la scomunica, per favore non mettiamo più scomunica. Povera gente, sono figli di Dio, stanno fuori temporaneamente, ma sono figli di Dio e vogliono e hanno bisogno della nostra vicinanza pastorale. Poi il pastore risolve le cose come lo Spirito lo dice”.


Ecco dunque una piccola Summa del pensiero bergogliano, dove risuona tutta la risoluzione immanentistica (cioè "pastorale"!) dei problemi dottrinali (considerati astratti, roba da teologi, questioni divisive e non inclusive), dove il Vescovo (parola che vuol dire "sentinella, sorvegliante") da garante della fede autentica e dell'unità nella verità della Chiesa a lui affidata da Dio e dal Papa, diventa il capo del "servizio accoglienza" indiscriminata di tutti e di tutto; dove alla fine, barcamenandosi tra un "sì, no, però, ma anche ...", per non parlare di "casistica" (ma, come vedremo sulla grave casistica di Amoris Laetitia, nascosta in una nota tra centinaia di pagine, alla fine dichiara apertamente ai Vescovi argentini cosa voleva dire!) scarica la questione scottante ("Grazie a Dio che c’era il cardinale Schönborn lì che è un grande teologo e ha chiarito le cose")!

Non possiamo poi non ricordare che proprio riguardo alle elezioni Presidenziali USA, Bergoglio è invece entrato "in politica" a gamba tesa, condannando esplicitamente D. Trump come "non cristiano" (perché secondo lui non accogliente dei profughi messicani)! [Si tenga peraltro presente che, pur non essendo cattolico, D. Trump è stato l'unico Presidente USA a non fare una guerra, ad appoggiare direttamente tutti i corposi movimenti pro-life americani, a ridurre i finanziamenti alle potenti cliniche e lobbies abortiste americane (insomma proprio il contrario di quello che ha fatto e sta facendo il sedicente "Cattolico" J. Biden)].

Il 17.02.2016, ancora in una delle solite terribili conferenze-stampa "aeree" (vediin questo caso sul volo di ritorno dal Messico, in risposta ad un giornalista che afferma che Trump lo avrebbe accusato di essere "un politico", Bergoglio risponde): “Grazie a Dio ha detto che io sono politico, perché Aristotele definisce la persona umana come “animal politicum”: almeno sono persona umana! E che sono una pedina… mah, forse, non so… lo lascio al giudizio vostro, della gente… E poi, una persona che pensa soltanto a fare muri, sia dove sia, e non a fare ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Poi, quello che mi diceva, cosa consiglierei, votare o non votare: non mi immischio. Soltanto dico: se dice queste cose, quest’uomo non è cristiano. Bisogna vedere se lui ha detto queste cose. E per questo do il beneficio del dubbio”.


[Nelle News del sito, su alcune scelte politiche di grande spessore morale degli ultimi Presidenti USA: su D. Trump vedi ad es. 5.02.2021, 18.01.2019, 20.05.2018, 19.01.2018, 9/10.2017, 16.02.2017, 27.01.2017; su J. Biden vedi ad es. 28.11.2022, 11.04.2022, 20.03.2022, 4.12.2021, 22.08.2021, 23.04.2021, 17.12.2020]
 

Anche nell'attuale delicato e pericolosissimo frangente bellico europeo, cioè sulla situazione in Ucraina, Bergoglio è entrato in campo in modo non solo pastorale ma "politico" [cosa peraltro del tutto impropria rispetto alle usuali posizioni diplomatiche della S. Sede in tali pericolosi frangenti], così da prendere inizialmente una chiara posizione filo-Atlantica (USA/NATO/UE) contro la Russia, a tal punto da far saltare persino, come abbiamo già sottolineato, il cammino ecumenico con gli Ortodossi del Patriarcato di Mosca. Poi però, forse consigliato di essere più prudente in tale delicato e incandescente frangente non solo europeo ma internazionale, ha sottolineato che anche la NATO ha sbagliato ad "andare ad abbaiare fino alle porte della Russia"!

 


Tornando alla questione dell'aborto e alle lotte di casa nostra, Bergoglio non ha mai dato alcun appoggio (neanche un cenno) alle manifestazioni o Marce per la vita (come per la famiglia) italiane; meglio non disturbare il conducente di turno e mantenere la sua nomea di Papa "rivoluzionario" che piace tanto ai più incalliti laicisti nostrani.
In compenso non ha risparmiato pubblici elogi (e incontri, telefonate) per Emma Bonino, come gli encomi per Marco Pannella, cioè per i più agguerriti e storici propugnatori di tutte le campagne per l'aborto, l'eutanasia, la liberalizzazione delle droghe, ecc.
 

Sono poi significative le promozioni riservate al Vescovo mons. Vincenzo Paglia e le sue nomine proprio ai vertici di quelle istituzioni vaticane che più devono trattare problematiche etiche così sensibili.
È infatti Presidente della Pontificia Accademia per la Vita (
vedi) e Gran cancelliere del nuovo (rivoluzionato!) Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II" per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia (vedi).

Tale Istituto (per il matrimonio e la famiglia) fu inventato da Giovanni Paolo II, da sempre particolarmente attento alla famiglia e alla morale coniugale. Legato alla Pontificia Università Lateranense (cioè all'Università del Papa) e con Centri in tutto il mondo, fu pensato per promuovere a livello accademico lo studio delle problematiche inerenti alla famiglia e alla vita coniugale. A presiederlo Giovanni Paolo II mise il futuro cardinale Carlo Cafarra (poi arcivescovo di Bologna e uno dei 4 Cardinali che hanno stilato i famosi "Dubia" su Amoris Laetitia). Poco prima di morire, mons. Cafarra confidò in una conferenza (vedi) che all'inizio di questo suo incarico (per la fondazione e direzione di tale Istituto per la Famiglia), tanto contrastato anche dentro la Chiesa, scrisse a Suor Lucia di Fatima (la veggente delle apparizioni del 1917 e allora ancora in vita, suora in un monastero a Coimbra) per chiederle preghiere per questo; la veggente rispose non solo assicurando tali preghiere ma sottolineando come la Madonna le avesse confidato che Satana negli ultimi tempi avrebbe cercato di sferrare un durissimo attacco proprio contro la famiglia, al fine di distruggere il mondo!
Negli ultimi anni tale Istituto è stato imperiosamente mutato, a cominciare dai suoi vertici e dalla sua impostazione teologica e morale. 

Mons. Vincenzo Paglia (vedi) proviene dalle fila della Comunità di S. Egidio, che ha frequentato fin dagli anni '70 e di cui resta la guida spirituale. Dal 1981 al 2000 fu anche Parroco di S. Maria in Trastevere, la storica basilica usata dalla Comunità, che ha nelle vicinanze il suo centro mondiale. La Comunità di S. Egidio, fondata e guidata da Andrea Riccardi (il professore che conosce così bene le leve del potere, che, nell'improvvisato "Governo Monti" del 16.11.2011, fu nominato Ministro per la Cooperazione internazionale e l'integrazione), ha assunto nel tempo un rilievo (e potere) sempre più forte sia nella Chiesa (organizza ad esempio in tutto il mondo gli incontri interreligiosi, sulla scia del sedicente "spirito di Assisi") che nel panorama politico internazionale (a tal punto che persino nelle visite ufficiali dei Presidenti USA a Roma, normalmente oltre alla visita al Quirinale e in vaticano, si prevede anche un incontro in Trastevere coi responsabili della Comunità).
Mons. Paglia è stato anche, dal 2000 al 2012, Vescovo di Terni-Narni-Amelia; durante il suo ministero episcopale in quella diocesi sono scoppiati però scandali di tipo economico (fu inquisito per la vendita del castello di Narni 
vedi) e persino artistico (per un enorme affresco fatto dipingere nella cattedrale di Terni, dove dominano nudi del mondo Lgbt e persino vicini all’oscenità riguardo a Cristo stesso vedi). Richiamato a Roma, dal 2012 al 2016 è stato Presidente del Pont. Consiglio per la famiglia (soppresso nel 2016 e accorpato al Dicastero per i laici, la famiglia e la vita). Dal 15.08.2016 è Presidente della Pontificia Accademia della vita e Gran cancelliere del nuovo Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II" per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia.

Nel 2016 mons. Vincenzo Paglia manifestò pubblicamente la sua stima per Marco Pannella e il Partito radicale.
Nel giugno 2017, papa Francesco, su indicazione di monsignor Vincenzo Paglia, ha nominato tra i membri dell'Accademia per la vita il professor Nigel Biggar, teologo moralista anglicano, accademico all'Università di Oxford, dichiaratamente abortista.

Recentemente (26.08.2022) ha difeso pubblicamente su RAITRE la legge 194 (la famigerata legge italiana per l’aborto*), come “pilastro della società”, affermando che “essa non è assolutamente in discussione” (vedi).
In alcune occasioni ha pure difeso chi ha scelto il suicidio assistito (eutanasia).


* Ricordiamo che la legge 194 in 40 anni ha permesso in Italia l’uccisione legale di 6 milioni di bambini ed è pure costata allo Stato (cioè ai cittadini italiani) ben 5 miliardi di €! (cfr. News: 8.02.202220.03.2022, 28.08.2020, 22.05.2020, 20.08.2019, 12.07.2019, 21.06.2019, 21.12.2018, 20.11.2018, 10.10.2018, 21.05.2018, 30.04.2018, 27.04.2018, …)




Una nota sulla pena di morte

Un cambiamento radicale della perenne morale cattolica!

Non c'è forse persona che oggi non inorridisca di fronte alla "pena di morte"; anche se di fronte all'esplodere di certi mali sociali non sono pochi coloro che la invocano. Del resto, anche quelle che vengono considerate le più progredite democrazie dell'Occidente (come molti stati degli USA) ancora la prevedono. C'è poi una gravissima incongruenza nella mentalità diffusa in queste moderne società: non si vuol più sentir parlare di "pena di morte", neppure per i colpevoli dei più gravi e ripetuti delitti, e si invoca invece l'aborto (l’uccisione del più “innocente” e indifeso degli esseri umani) come un "diritto"!
Comunque, in linea di principio e a ben determinate e rare condizioni, la morale cristiana - e quindi la Chiesa Cattolica - non ha mai considerato la “pena di morte” come un male oggettivo, un reato o un peccato.


Evidentemente non entriamo qui nel merito della questione, tanto delicata e complessa. Nel sito se ne parla, nella sezione Fede e morale (vedi), a proposito della Dottrina sociale della Chiesa (vedi), nei punti 34 (spec. 34.1) e 35.

Il 5° Comandamento (Es 20,13: “Non uccidere”) viene oggi interpretato da molti in senso letterale, unilaterale e totale, quando invece riguarda il divieto di uccidere l’innocente! Basterebbe pensare riguardo alla “pena di morte”, che già solo qualche riga dopo la Parola di Dio condanna a morte molti tipi di peccatori (Es 21, 12-17), cosa che permane in tutto l’Antico Testamento (Gesù stesso e il Protodiacono S. Stefano sono condannati a morte dal Sinedrio come “bestemmiatori”).
Nell’A. T. Dio non proibisce affatto la legittima difesa, anche con le armi, né la guerra; si fa anzi promotore della vittoria sui nemici di Israele.
Con Gesù, il rinnovamento totale del cuore dell’uomo da parte della Sua grazia fa sì che anche il 5° comandamento (come il 6°) sia elevato ad una radicalità e soprattutto interiorizzazione tale che non solo l'uccisine o una violenza fisica viene condannata da Dio, ma persino l’ira o un brutto titolo detto al prossimo (cfr. Mt 5,21-22).
Con tutto ciò, se a livello personale viene bandita ogni reazione al male col male ma promosso l’amore anche per i nemici (cfr. Lc 6,27-38), mai la morale cristiana ha considerato illecita la “legittima difesa”, anzi in certi casi essa è persino moralmente doverosa, obbligatoria (per chi ne ha l’autorità e ha responsabilità del bene altrui). Il ricorso alla violenza e persino alle armi per difendere e ripristinare un diritto violato deve ovviamente avere delle condizioni e limiti oggettivi (estremo rimedio, possibilità di riuscita, non causare mali peggiori di quelli a cui si vuol porre rimedio). Insomma, si tratta del dovere di garantire dei beni importanti (la vita, l’indipendenza, il benessere sociale) e di limitare il più possibile il male (il “pacifismo” unilaterale è in questo senso assai poco “pacifista”, perché, non opponendosi al male, lo incrementa).
Rientra in questo campo, e a queste condizioni, anche la possibilità dell’uso delle armi (anche per le “Forze dell’ordine”), degli armamenti e persino della guerra.
Rientra nel campo della legittima difesa sociale anche la “pena di morte”. Dovendosi verificare, in tutti i questi casi, se esistano tutte le condizioni e i limiti di intervento, le mutate condizioni storiche e sociali possono anche determinare dei cambiamenti nella modalità di intervento, non certo nella dottrina morale (e relativo giudizio morale sulla quaestio in sé).
La pena di morte, che ha certamente anche un potere deterrente (come castigo) nei confronti di gravi mali, è una problematica particolarmente delicata, trattandosi di porre fine ad una vita terrena considerata assai pericolosa per la società. [Quando era ovvio, nei secoli passati, che ci fosse anche la vita dopo la morte, e il castigo eterno dell’inferno, si pensava pure che tale condanna non fosse poi per l’imputato un male estremo ma potesse persino avere per lui un valore “espiativo” del male commesso, tanto più che si provvedeva in tutti i modi a garantirgli una “morte santa”, cioè in grazia di Dio, con la preghiera, il pentimento e l’azione dei Sacramenti da ricevere prima di morire]


Nessuno, nella tradizione cristiana e anche nel Magistero perenne della Chiesa, ha mai pensato di dire che era “antievangelica” la pena di morte; come invece ha fatto l'attuale Pontefice, accusando in questo modo tutto il Magistero della Chiesa (fino a lui!) di aver insegnato qualcosa di “antievangelico”! E non si tratta di questioni solo contingenti (lo sono semmai le modalità e le condizioni), ma di un principio morale! Insomma: la Chiesa, su questo punto e come questione di principio morale, avrebbe insegnato qualcosa contro la volontà di Dio? Ma ciò, trattandosi appunto di morale cristiana, è sufficiente per far crollare l’intero edificio dell’insegnamento morale della Chiesa, che non sarebbe più garantita (e, a ben vedere, non lo sarebbe non solo per il presente ma pure per il futuro). Ciò, oltre a non essere una vera fede cattolica,  inclina pure ad una eretica “morale della situazione” (i principi cambiano in base alle situazioni storiche o soggettive), che abbiamo visto applicare da Francesco anche per il 6° Comandamento (v. Amoris Laetitia).

Diversa invece la questione, non del principio morale ma del modo concreto di attuarlo nella situazione odierna
: se ad esempio sia possibile oggi difendere la società da gravi mali e pericoli in altro modo (rispetto alla condanna a morte), lasciando meglio al reo (colpevole), pur nel dovere di subire una pena corrispondente e di porre possibilmente rimedio al male inflitto, di redimersi, di cambiar vita e magari pure di fare del bene agli altri che hanno tanto danneggiato.

Si ricordi ancora che molti Stati moderni applicano tuttora la “pena di morte”: e non si tratta solo di Paesi incivili e retrogradi, ma anche certi ricchissimi Paesi Arabi [dove in moti casi sono puniti con la pena di morte anche i peccati, compreso quelli sessuali (adulterio delle donne, omosessualità praticata) e l’apostasia dall’Islam], ma anche in molti Stati degli USA. [Anche in Italia, in caso di guerra, cioè secondo il Codice Penale Militare, la pena di morte è stata prevista addirittura fino al 1994].

Proprio in riferimento alle mutate e sempre mutevoli condizioni storiche, cioè nell’applicazione contingente del principio morale (che è giusto e non può mutare!), solo negli ultimi decenni abbiamo visto inserire, a livello di Magistero ufficiale, dei mutamenti. 
Già il Catechismo della Chiesa Cattolica, nell’edizione del 1992 (vedi; Parte III, Sezione II, art. 5), specie ai numeri 2263-2267, si presentavano dei limiti attuali nell’applicazione della pena di morte.
Il n. 2267 così recitava: “Se i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere le vite umane dall’aggressore e per proteggere l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana”.
 

Nell’Enciclica di Giovanni Paolo II Evangelium vitae (1995), n. 27 e 40 e soprattutto al n. 56 si chiarisce ulteriormente che oggi le mutate situazioni rendono praticamente superabile la pena di morte.
Nella Aeditio tipica del Catechismo della Chiesa Cattolica (pubblicata nel 1997), s’è operata in proposito un altro cambiamento (dei nn. 2263-2267) piccola precisazione
Nel Compendio del CCC (2005), al n. 469, così si precisa: “Quale pena si può infliggere? La pena inflitta deve essere proporzionata alla gravità del delitto. Oggi, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere il crimine rendendo inoffensivo il colpevole, i casi di assoluta necessità di pena di morte «sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti» (Evangelium vitae). Quando i mezzi incruenti sono sufficienti, l'autorità si limiterà a questi mezzi, perché questi corrispondono meglio alle condizioni concrete del bene comune, sono più conformi alla dignità della persona e non tolgono definitivamente al colpevole la possibilità di redimersi”.


Il 2.08.2018 Francesco, in proposito, ha invece mutato radicalmente il testo del Catechismo della Chiesa Cattolica (!), che pur si era mosso con prudenza sull'effettiva attuabilità concreta del principio e sempre rimarcando le dovute e irrinunciabili condizioni, che rendono davvero estremo e oggi persino praticamente impraticabile tale intervento; ma anche in questo caso (come fu in Amoris laetitia su una questione peraltro dirompente, come vedremo ancora) il grande cambiamento (addirittura sulla dottrina!) viene espresso di fatto in una nota (che rimanda peraltro a se stesso); così che il perenne insegnamento morale della Chiesa su questo punto viene in toto accusato nientemeno di essere “antievangelico”!

Ecco il nuovo n. 2267 del CCC: “Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune.
Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi.
Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che «la pena di morte è inammissibile perché attenta all'inviolabilità e dignità della persona» (nota 167*) e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo.

* La nota 167 fa riferimento al Discorso di Francesco ai partecipanti all'incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (11.10. 2017), in cui tra l’altro si trova quanto segue:
“In questo orizzonte di pensiero mi piace fare riferimento a un tema che dovrebbe trovare nel Catechismo della Chiesa Cattolica uno spazio più adeguato e coerente con queste finalità espresse. Penso, infatti, alla pena di morte. Questa problematica non può essere ridotta a un mero ricordo di insegnamento storico senza far emergere non solo il progresso nella dottrina ad opera degli ultimi Pontefici, ma anche la mutata consapevolezza del popolo cristiano, che rifiuta un atteggiamento consenziente nei confronti di una pena che lede pesantemente la dignità umana. Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. È in sé stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero giudice e garante. Mai nessun uomo, «neppure l’omicida perde la sua dignità personale» (Lettera al Presidente della Commissione Internazionale contro la pena di morte, 20 marzo 2015), perché Dio è un Padre che sempre attende il ritorno del figlio il quale, sapendo di avere sbagliato, chiede perdono e inizia una nuova vita. A nessuno, quindi, può essere tolta non solo la vita, ma la stessa possibilità di un riscatto morale ed esistenziale che torni a favore della comunità.
Nei secoli passati, quando si era dinnanzi a una povertà degli strumenti di difesa e la maturità sociale ancora non aveva conosciuto un suo positivo sviluppo, il ricorso alla pena di morte appariva come la conseguenza logica dell’applicazione della giustizia a cui doversi attenere. Purtroppo, anche nello Stato Pontificio si è fatto ricorso a questo estremo e disumano rimedio, trascurando il primato della misericordia sulla giustizia. Assumiamo le responsabilità del passato, e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana. La preoccupazione di conservare integri i poteri e le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge, impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo. Tuttavia, rimanere oggi neutrali dinanzi alle nuove esigenze per la riaffermazione della dignità personale, ci renderebbe più colpevoli.
Qui non siamo in presenza di contraddizione alcuna con l’insegnamento del passato, perché la difesa della dignità della vita umana dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale ha sempre trovato nell’insegnamento della Chiesa la sua voce coerente e autorevole. Lo sviluppo armonico della dottrina, tuttavia, richiede di tralasciare prese di posizione in difesa di argomenti che appaiono ormai decisamente contrari alla nuova comprensione della verità cristiana. D’altronde, come già ricordava san Vincenzo di Lérins: «Forse qualcuno dice: dunque nella Chiesa di Cristo non vi sarà mai nessun progresso della religione? Ci sarà certamente, ed enorme. Infatti, chi sarà quell’uomo così maldisposto, così avverso a Dio da tentare di impedirlo?» (Commonitorium, 23.1: PL 50). È necessario ribadire pertanto che, per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona.
«La Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, e tutto ciò che essa crede» (Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8). I Padri al Concilio non potevano trovare espressione sintetica più fortunata per esprimere la natura e missione della Chiesa. Non solo nella “dottrina”, ma anche nella “vita” e nel “culto” viene offerta ai credenti la capacità di essere Popolo di Dio. Con una consequenzialità di verbi, la Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione esprime la dinamica diveniente del processo: «Questa Tradizione progredisce […] cresce […] tende incessantemente alla verità finché non giungano a compimento le parole di Dio (ibid.).
La Tradizione è una realtà viva e solo una visione parziale può pensare al “deposito della fede” come qualcosa di statico. La Parola di Dio non può essere conservata in naftalina come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti! No. La Parola di Dio è una realtà dinamica, sempre viva, che progredisce e cresce perché è tesa verso un compimento che gli uomini non possono fermare. Questa legge del progresso secondo la felice formula di san Vincenzo da Lérins: «annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate» (Commonitorium, 23.9: PL 50), appartiene alla peculiare condizione della verità rivelata nel suo essere trasmessa dalla Chiesa, e non significa affatto un cambiamento di dottrina.
Non si può conservare la dottrina senza farla progredire né la si può legare a una lettura rigida e immutabile, senza umiliare l’azione dello Spirito Santo. «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri» (Eb 1,1), «non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio» (Dei Verbum, 8). Questa voce siamo chiamati a fare nostra con un atteggiamento di «religioso ascolto» (ibid., 1), per permettere alla nostra esistenza ecclesiale di progredire con lo stesso entusiasmo degli inizi, verso i nuovi orizzonti che il Signore intende farci raggiungere”.


Dunque si profila una linea di pensiero che va ben oltre la questione della “pena di morte", considerata improvvisamente “antievangelica”, quando nessuno l’ha mai detto; sembra assurgere ad un ulteriore “pretesto” per evidenziare la possibilità di uno sviluppo/cambiamento della dottrina, sempre vista che qualcosa di contraria alla dignità dell’uomo se non muta con esso e coi tempi (scambiati per voce dello Spirito Santo)! Siamo davvero di fronte all’avvio di un “processo”, come si sente dire, dal sapore davvero hegeliano, una sorta di “Fenomenologia dello Spirito”. Intanto basta toccare un punto, della fede o della morale, anche se costantemente affermato dalla Tradizione e dal Magistero e principio (non modalità) persino recentemente riaffermato dal Catechismo, facendo capire che ormai si può toccare anche quello, per aver ormai in mano la leva per poter far crollare l’intero edificio; magari facendo credere che si ricostruirà sempre di nuovo e sempre diverso!



Ecco cos’è iniziato nel 2013. Ecco cosa si pensava di innescare già nel 2016 con Amoris Laetitia, preparata nientemeno che da due Sinodi e un Motu proprio (vedi), per nascondere in una nota la dinamite per far crollare nientemeno che due Comandamenti (VI e IX) e 3 Sacramenti (Matrimonio, Confessione e Comunione).



Sul 6° (e 9°) Comandamento

Trattandosi della sessualità si tocca un punto molto delicato, che ha enorme incidenza sulla vita della persona (e conseguentemente della famiglia e della società intera); non a caso è proprio sui temi che in un modo o nell’altro ineriscono a questo orizzonte che si scatena tutto il potere delle tenebre in atto nel mondo, specie occidentale!
Come abbiamo già ricordato, Gesù non abolisce affatto il 6° Comandamento, ma lo porta a compimento, lo perfeziona, lo interiorizza e lo eleva ad un livello sublime (cfr. Mt 5,27-32).
S. Paolo (e ricordiamo che le sue 13 Lettere sono ispirate da Dio, per questo inserite nel N. T. e sono quindi vera Parola di Dio!) , nonostante sia il grande “maestro” del passaggio dalla pura Legge (A. T.) alla “grazia” (la vita nuova, la forza soprannaturale, data in Cristo per la presenza in noi dello Spirito Santo) che ci “giustifica” (ci rende cioè “giusti”, mediante la “fede” che opera attraverso la “carità”, cioè l’amore di Dio), non è affatto minimalista nei confronti dei Comandamenti e neppure sul 6° Comandamento, fino ad arrivare ad un elenco preciso dei peccati gravi (mortali) che vi si contrappongono (da cui la menzione della Chiesa, riguardo al 6° Comandamento: “Non commettere atti impuri”, invece che semplicemente il “Non commettere adulterio” dell’A. T.).

[S. Paolo: Rm 1,24-32; Rm 8,5-10; 1 Cor 6,9-20; Gal 5, 16-26; Ef 4,17-19; Ef 5,3-5; Col 3,18; 1Ts 4,3-7; 1Tm 1,8-11]
[vedi alcune citazioni bibliche sulla sessualità; documento presente in Archivio vedi]


Si sentono spesso obiezioni in tal senso. Qualche hanno fa, data l’ignoranza religiosa degli Italiani (e anche del popolo cattolico) Roberto Benigni (sempre più “giullare di Corte”; anche lui lodato più volte da Francesco, tanto da riceverlo in udienza privata e fargli presentare un libro in Vaticano!), nelle sue seguite trasmissioni televisive (dicembre 2014 RAIUNO) sui 10 Comandamenti, tuonò contro la Chiesa (a quale titolo? con quale competenza teologica?), ovviamente soprattutto sul 6° Comandamento… e mise appunto nel sacco 6 milioni di Italiani (e Cattolici) che pendevano dalle sue labbra e non avrebbero saputo come rispondere, per comprendere e far capire l’ignoranza del comico attore. Si trattava della solita accusa di “sessuofobia” della Chiesa, che avrebbe trasformato il “Non commettere adulterio” in “Non commettere atti impuri” (e si lanciò pure nell’accusa di aver rovinato intere generazioni di ragazzi e nella testimonianza della sua pubertà/adolescenza, ridicolizzando la Chiesa e la morale cristiana, per non dire appunto la Parola stessa di Dio! con i soldi degli Italiani, Cattolici compresi, che pagano il canone RAI anche per farsi sbeffeggiare!). Nessuno che abbia osato far osservare a Benigni, anche dalla alte sfere ecclesiastiche, che citava l’A.T. e non teneva conto della novità di Gesù e dell’intero N. T.?


[vedi la sezione Fede e morale, con l’Introduzione (vedi), il documento (con domande e risposte)  sulla “Morale sessuale” (vedi) e il lungo documento sulla “Dottrina sociale della Chiesa” (vedi), che comprende anche la parte sul rapporto tra Comandamenti e leggi dello Stato (nn. 21/41)]
[vedi anche uno “schema per fare bene l’esame di coscienza” anche in vista della S. Confessione]


Persino la psicanalisi, che pur assolutizza inizialmente e spesso ancor oggi in modo unilaterale la questione della “libido”, conferma che la sessualità, nel bene e nel male, ha un’enorme incidenza su tutta la vita e la personalità di un individuo e non è affatto riducibile ad una questione fisica o psicologica.

Ora invece viene detto: “I peccati della carne (contro il 6° comandamento) non sono i più gravi” (6.12.2021 vedi). Era una "fissazione clericale" quella di concentrarsi sul 6° comandamento (vedi).

Il "clericalismo” viene indicato spesso da Francesco come panacea dei mali della Chiesa e dei preti. Lo ha fatto anche per il dramma della pedofilia tra il clero! Ma quando ha convocato in Vaticano i Presidenti delle Conferenze episcopali nazionali, per parlare degli abusi sessuali del clero, e si voleva ritirare fuori questa accusa di "clericalismo", è intervenuto addirittura Benedetto XVI (mediante i cosiddetti Appunti, inviati a tutti e resi noti persino attraverso la stampa) per denunciare che la vera causa è in un'errata Teologia morale insegnata anche nei Seminari, come di una erronea formazione negli stessi, oltre che in una riduttiva visione del sacerdozio!
Francesco talora associa il clericalismo e certe "fissazioni" tradizionaliste, anche nella liturgia, persino a disturbi di tipo psicologico!

 

Se talora in passato può esserci forse stata un’accentuazione eccessiva del 6° Comandamento, specie nella formazione dei ragazzi e dei giovani, rimane pur vero, ed è esperienza indubitabile oltre che insegnamento costante della Chiesa, che in effetti sono proprio i peccati contro il 6° Comandamento (contro la purezza e la castità) ad allontanare dalla fede, a far perdere la sensibilità spirituale e il gusto per le cose di Dio! Così come molte esperienze mistiche e visioni dell'Aldilà hanno potuto confermare, è enorme il numero delle anime dannate a causa dei peccati contro il 6° Comandamento (oggi trionfanti e considerati normali e persino "diritti")!
A
nche Giacinta, la piccola veggente di Fatima, dopo che la Madonna aveva fatto veder loro l'Inferno nell'apparizione del 13.07.1917 (e questa è la prima parte del "segreto", vedi) non mancava di dire quante anime vi erano cadute a causa dei peccati contro il 6° comandamento; e faceva continue penitenze e preghiere perché i "peccatori" li evitassero!

Il grande educatore della gioventù San Giovanni Bosco era perfettamente consapevole di questo e attento alla formazione dei suoi ragazzi anche in questo campo, invitandoli a sfuggire i peccati impuri e a confessarli subito e bene qualora vi fossero caduti. Una volta fece addirittura il miracolo di riportare per alcuni istanti in vita un suo ragazzo improvvisamente deceduto, per avere l'opportunità di confessare un peccato così, per poi ritornare nell'Aldilà e salvarsi! Non si trattava dunque di una fissazione clericale o della presunta sessuofobia della Chiesa, come oggi si dice! 
Giovanni Paolo II
, che ha avuto fin da giovane sacerdote e vescovo a Cracovia un particolare carisma anche nell'accompagnamento spirituale dei giovani e delle giovani coppie, a motivo anche dei suoi studi specialistici oltre che della sua esperienza pastorale, ci ha lasciato in merito stupende e importanti opere teologiche (si pensi ai suoi studi raccolti in Amore e responsabilità, Marietti 2007) e persino opere teatrali (vedi La bottega dell’orefice, da cui è stato fatto anche un film). All'inizio del suo Pontificato, Giovanni Paolo II ha dedicato per 5 anni (5.09.1979 / 28.11.1984) le proprie catechesi durante le Udienze generali del mercoledì a queste tematiche (una sorta di teologia del corpo, della sessualità, dell'affettività e dell'amore umano), raccolte nel volume Uomo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano, Città Nuova/L.E. Vaticana).

Si potrebbe osservare come l'imperante pansessualismo e idolatria del sesso, che oggi raggiunge persino livelli patologici*, che trova le proprie radici specie nella rivoluzione sessuale del '68 (vedi), sia una causa certo non secondaria del tracollo della fede nelle nuove generazioni!

* Oggi la bomba silenziosa ma devastante della pornografia on-line sta procurando danni enormi ai ragazzi, ai giovani, agli adulti, alle anime, ma anche alla stessa sessualità ed affettività, all'amore, alle famiglie. Si pensi a questi due dati statistici: solo in Italia ci siano 8 milioni di utenti internet ormai "schiavi" della pornografia; i contatti annui solo del raccordo di siti pornografici Pornhube, di origine canadese, raggiunge l'incredibile cifra di 42 miliardi di contatti annui! (cfr. News, 15.04.2020).


[Sull’indissolubilità del Matrimonio e sulla castità matrimoniale v. poi sul Sacramento del Matrimonio]






Sulla  Liturgia


In questo documento ci siamo soffermati già a lungo sulla Liturgia ed anche sulla questione del “Vetus Ordo” / “Novus Ordo”.
Ricordiamo in merito solo le questioni relative al presente Pontificato.


Abbiamo ricordato che la nuova S. Messa (Novus Ordo), promulgata da Paolo VI nel 1969, ben oltre le stesse indicazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II (Sacrosanctum Concilium) e che si impose al popolo di Dio, non poteva dichiarare illecita la Liturgia proveniente dalla plurisecolare Tradizione della Chiesa Cattolica (almeno per il “Rito latino romano”), tanto più che essa veniva per così dire vincolata anche per il futuro dal Papa San Pio V 
(Cost. Ap. Quo Primum del 14.07.1570 e il relativo Messale – su tale questione vedi un intervento della S. Sede).

Un primo intervento di recupero graduale del Vetus Ordo (il Messale di S. Pio V, nell’ultima edizione del 1962) avvenne con Giovanni Paolo II nel 1988 col Motu proprio Ecclesia Dei.
Decisivo fu poi l’intervento di Benedetto XVI col Motu proprio del 7.07.2007 
Summorum Pontificumche liberalizzava, senza più il bisogno dell’autorizzazione del Vescovo diocesano, il Vetus Ordo, sia pure come forma “straordinaria” dell’unica liturgia della Chiesa.

[Del resto, pur dentro l’unica liturgia latina della Chiesa Cattolica coesistono altri Riti, persino in Italia (come nel caso del Rito ambrosiano per l’arcidiocesi di Milano)]
Ebbene, Francesco, in modo più unico che raro nella storia della Chiesa, ha contraddetto e abolito un documento e una decisione così importante addirittura del suo immediato Predecessore (peraltro ancora in vita, dandogli “un colpo al cuore”, come rivela ora il suo segretario S. E. mons. G. Gänswein, cfr. Nient’altro che la verità, PIEMME 2023, vedi).
Infatti il 16.07.2021, col Motu proprio Traditionis Custodes , confermato il 29.06.2023 con la Lettera Apostolica Desiderio desideravi, tali possibilità (di celebrare col Vetus Ordo) vengono ridotte al minimo. Addirittura ora anche i Vescovi, per permettere già in via eccezionale tale possibilità, devono a loro volta chiederne il permesso al Papa stesso (cfr. Rescriptum
 ex Audientia SS.mi “circa l’implementazione del Motu Proprio Traditionis custodes del 20.02.2023).





Sui Sacramenti


Soffermiamo quindi la nostra attenzione sulla questione, evidentemente di fondamentale importanza per la vita della Chiesa e per la salvezza eterna delle anime, dei Sacramenti (in particolare quelli della Penitenza, dell’Eucaristia e del Matrimonio), con alcune citazioni ed accentuazioni talora sconvolgenti del presente Pontificato.

Se il “modernismo” (vedi all’inizio del presente documento), che ha fatto progressivamente penetrare le ideologie della “modernità” (vedi) all’interno stesso non solo della teologia ma della stessa pastorale della Chiesa Cattolica, ha progressivamente fatto smarrire la dimensione soprannaturale della vita cristiana e della Chiesa stessa, ciò si manifesta e in modo crescente addirittura riguardo ai Sacramenti.
Appunto sulla scia delle "rivendicazioni" della cultura moderna e della società contemporanea, dove qualsiasi scelta, persino capricci e pulsioni, diventano "diritti" (senza peraltro alcun "dovere"), anche i Sacramenti, che pur sono "opera di Dio", sembrano richiesti come “
diritti” per tutti, senza alcuna condizione e “dovere” di conversione. Anzi, sembrano essere diventati qualcosa di analogo all’ingresso e partecipazione ad una società, un ente qualsiasi, con il conseguente dovere della comunità e del ministro di Dio dell’accoglienza indiscriminata per tutti (abbiamo già riportato in merito alcune significative espressioni di Bergoglio, quando ad es. nel volo aereo del 15.09.2021 è stato interpellato dai giornalisti sulla questione della Comunione al Presidente USA J. Biden). Un’accoglienza che sembra tanto cristiana quanto invece ne è agli antipodi.
Basterebbe pensare alle seguenti citazioni dello stesso Nuovo Testamento (la tanto declamata, quando fa comodo, “comunità cristiana primitiva”), per capire che l'attuale imperativo dell'accoglienza indiscriminata di chiunque e a qualsiasi condizione e l’inclusione di tutto e di tutti, oggi assurte a livello di comandamento fondamentale,  ha poco a che vedere col Vangelo, l’intera Parola di Dio e la bimillenaria Tradizione e storia della Chiesa, cioè con la fede cristiana cattolica!

(vedi le citazioni nel sito) Ricordiamo intanto le parole stesse di Gesù: Mt 10,28.32-41; Mc 9,42-29; Mt 3,13-20; Mt 5,29-30; Mt 7,15); Mt 18,15-18; Lc 17,1-3. Ascoltiamo poi S. Paolo: Gal 1,6-12, 1Cor 4,6-13, Ef 5,6-11, Col 2,6-9, 1Tm 1,3-4.18-20, 1Tm 4,1-6, 1Tm 6,3-5, 2Tm 4,1-5, Tt 1,10-11; 2,1. La Lettera agli Ebrei poi ricorda: Eb 10,26-31. Lo stesso S. Pietro ammonisce: 2Pt 2,1-3; 18-21. E lo stesso Giovanni, che pur è l’apostolo ed evangelista dell’amore, ricorda: 1Gv 2,18-19.21-22.24-26; 1Gv 4,1-6; 2Gv 7-11. Così ancora l’apostolo Giuda Taddeo: Gd 3-8.12-13.17-23. E infine l’Apocalisse: Ap 2,2-6; Ap 2,14-16; Ap 2,19-26; Ap 14,9-12.

Che poi certe rivendicazioni di stampo modernista, alla guisa appunto di “diritti” ai Sacramenti senza alcuna condizione, abbiamo uno stampo “ideologico”, promosse da ristrette oligarchie (anche se fanno tanto rumore, pure nei Sinodi, come in Germania) ma assai lontane dalla realtà effettiva, potrebbe essere testimoniato anche da questa semplice e persino ironica considerazione. 

Strano infatti che si senta rivendicare il diritto di Confessarsi e fare la Comunione, anche quando ne mancano le condizioni, quando la stragrande maggioranza della gente (persino cattolica) vive tranquillamente quasi tutta la vita lontana dai Sacramenti; che rivendichino il Matrimonio cristiano gli omosessuali, quando la maggior parte delle coppie oggi sceglie di convivere o di sposarsi solo civilmente; che alcune donne rivendichino per loro il Sacramento dell’Ordine (diaconato, sacerdozio, episcopato) quando le vocazioni sacerdotali sono andate in questi decenni in picchiata e in certe diocesi completamente sparite! Evidentemente si tratta appunto di derive e rivendicazioni di tipo sociale (non certo per fare la volontà di Dio!) e di stampo illuminista (“uguaglianza”  come fare le stesse cose).


Si parla quindi di una sorta di diritto alla Confessione (anche senza pentimento e proposito di non più peccare) e alla Comunione (anche senza essere in grazia di Dio)!

Ecco perché sentiamo dire addirittura da Francesco che è “da delinquenti non assolvere tutti!” e che l’Eucaristia non è il sacramento dei “perfetti”!


Soffermiamo allora ancora la nostra attenzione su questi tre Sacramenti: Penitenza, Eucaristia e Matrimonio.


Per il Battesimo siamo passati da una semplice tradizione o usanza (un'occasione per una festa di famiglia) o anche qua al diritto di averlo senza alcuna condizione (ad esempio la fede dei genitori o dei padrini; magari chiedendo il Battesimo e rifiutando il Matrimonio, in una sorta di supermercato dei Sacramenti dove prendi o lasci quello che vuoi!), al banale e satanico “deciderà lui/lei” da grande, quasi che il Battesimo sia una sorta di tessera di partito o di un club, oltre ovviamente ad essere sparita la consapevolezza del “peccato originale” (infatti non se ne parla più, neppure dai preti, neanche in tale circostanza).
La Prima Comunione viene particolarmente festeggiata, ma dovrebbe essere appunto semplicemente la “Prima” di una serie di Comunioni che accompagna tutta la vita, fino all’ultima (il Viatico); invece è in genere divenuta una festa pagana dell'infanzia, un pretesto per fantasmagoriche feste e regali e per essere spudoratamente smentita già la domenica seguente!
Invece la Cresima, non essendo riuscita ad ottenere un grande impatto commerciale (feste e regali), è infatti già quasi dimenticata.
Il Sacramento dell’Ordine (che ha tre gradi: diaconato, presbiterato ed episcopato), da qualche decennio è totalmente in picchiata come domanda; e magari ciò ha contribuito ad abbassare il livello dell’offerta, per usare un’impropria analogia commerciale, per cui nei Seminari, quasi totalmente deserti o già chiusi da tempo, c’è il rischio che entri di tutto, per poi dopo qualche anno piangere sugli scandali, gli abusi, gli abbandoni, per non dire della riduzione del Sacramento ad una sorta di tessera, guadagnata con qualche esame su teologie spesso eretiche, per poi praticare “servizi sociali” o tuttalpiù “pastorali”. Se il Concilio, che ha ridotto il sacerdozio ad un ministero simile al “pastore” protestante (e la S. Messa da “Sacrificio” di Cristo a qualcosa di simile alla “Cena” luterana o nei continui abusi liturgici persin peggio), ha cercato di ridare ossigeno al Diaconato riammettendo anche gli sposati, come “diaconi permanenti” (in una sorta di “clericalizzazione” dei laici parallela alla “laicizzazione” dei preti), ora, mentre si è cercato di far accedere gli uomini sposati anche al presbiterato (cfr. Sinodo per l’Amazzonia), sono fortissime le pressioni per ammettere anche le donne al diaconato 
(equivocando su certe cosiddette “diaconesse” delle comunità cristiane primitive, che invece non erano assolutamente “ordinate” tali, ma compivano in genere servizi specie per le catecumene e neofite donne, visto che il Battesimo degli adulti si riceveva in genere per immersione e nudi e non era proprio decente che a tale svestizione provvedessero dei ministri maschi); e tutto ciò nell’ottica laica e modernista delle “rivendicazione di pari diritti” e magari per “innescare processi” (come dice spesso Bergoglio), cioè per giungere, imitando i protestanti e gli anglicani, magari al livello del presbiterato e persino dell’episcopato [lo stesso Bergoglio ha fatto però notare, con un po’ d’amarezza, che Giovanni Paolo II ha posto un vincolo di divieto anche per il futuro (vedi), come è stato sempre nella Chiesa, pure ortodossa; comunque, visto che la dottrina non è roba da tenere in “naftalina”, ci si potrebbe anche aspettare di tutto]!
Il Sacramento dell’Unzione degli Infermi è invece quasi totalmente sparito (si è passati dalla paura non cristiana di spaventare il moribondo a non pensarci neanche lontanamente) o in alcune Parrocchie banalmente generalizzato in strane celebrazioni comunitarie alla stregua di un rito tra i tanti (e forse l'Olio degli infermi è considerato meno importante della “palma” della domenica delle Palme o delle “rose” per S. Rita)!

Ma soffermiamo dunque ancora la nostra attenzione, sia pur brevemente e solo per raccogliere qualche “parola” da colui che dovrebbe “confermare i fratelli nella fede” (cfr. Lc 22,32) sui Sacramenti della Penitenza (Confessione), dell’Eucaristia (specie riguardo alla S. Comunione) e del Matrimonio (che il Signore Gesù ha voluto espressamente come “unico e indissolubile”, cfr. Mc 10,2-12).




Il Sacramento della Penitenza (o Confessione)

Il Sacramento della Penitenza o Confessione, necessario per ricevere il perdono dei “peccati mortali” (vedi quali sono, nello Schema per fare bene un esame di coscienza, dedotti dal Catechismo della CC) commessi dopo il Battesimo (utile e raccomandato anche per i “peccati veniali” e per il proprio continuo cammino di conversione), è appunto il Sacramento della nostra conversione: per il rientro nella vita di Dio dopo un lungo periodo di allontanamento, o per ricevere comunque il perdono dei peccati mortali commessi ed anche come enorme aiuto spirituale per il proprio continuo cammino di conversione. 
Non si tratta di un semplice colloquio spirituale (tanto meno per affrontare problemi psicologici o vaste questioni esistenziali; per sé neppure per fare la “direzione spirituale”; per questo ci possono essere momenti appositi e con più tempo). Si tratta appunto di un Sacramento (vedi), cioè di un'opera di Dio, che agisce nella nostra anima e la trasforma!
Non è dunque un diritto, ma un dovere morale; e richiede determinate condizioni. Esse sono 5:

1) occorre fare bene l’esame di coscienza (vedi), per riconoscere bene i peccati commessi, specie quelli mortali (che non corrispondono al sentire comune né ad un giudizio personale, ma secondo la Parola di Dio e l’insegnamento ufficiale e perenne della Chiesa); si tenga presente tutto il periodo dall’ultima Confessione o se avessimo memoria di peccati non confessati in precedenza;
2) occorre un serio pentimento dei peccati commessi;

3) occorre il serio e fermo proposito di non commetterli più, con l’aiuto di Dio (grazia, preghiera, ecc.) e lo sforzo fermo della propria volontà, respingendo anche tutte quelle occasioni che possono spingerci al peccato;

4) occorre accusare esplicitamente davanti al sacerdote (ministro di Cristo e della Chiesa) tutti i peccati commessi (e possibilmente anche quante volte sono stati commessi); si possono brevemente descrivere anche certe circostanze, che possono avere aumentato o diminuito la gravità del peccato; se non siamo conosciuti dal Confessore si deve anche brevemente descrivere il proprio stato di vita (perché esistono anche i doveri propri di ciascuno stato di vita, età, vocazione, professione, scelte fondamentali, carismi e compiti ricevuti da Dio; 
[si eviti in proposito l'espressione "compagno/a", che è purtroppo sta diventano usuale ma che non dice nulla della situazione morale: fidanzato? convivente? sposo? sposo civile? nuova unione dopo la fine di un matrimonio?];
A questo punto il Confessore può anche dare qualche consiglio spirituale (anche chiedere chiarimenti, se la situazione morale non risulta chiara o non pare ci sia pentimento e proposito sincero). L’essenziale è che dia (a nome di Gesù, “in persona Christi”) l’assoluzione, cioè il perdono dei peccati confessati. Se mancano le suddette condizioni l’assoluzione rimane invalida. Se si sono nascosti volontariamente peccati mortali commessi la Confessione è anche “sacrilega”;
5) rimane infine l’obbligo della “soddisfazione” (o “penitenza”), cioè qualche azione o preghiera che dia segno della nostra gratitudine a Dio per il Suo perdono e della nostra conversione dal peccato alla vita nuova in Cristo.


Si tenga appunto presente che se si mentisse davanti al sacerdote, ad esempio nascondendo dei propri peccati mortali o simulando il pentimento e il proposito fermo di non più commetterli, tale Confessione sarebbe non solo “nulla” (come non ci fosse stata, quindi senza ricevere il perdono di Dio) ma essa stessa “peccaminosa” e “sacrilega” (ricordiamo che di fronte a Dio nessuno può mentire, perché egli ci conosce perfettamente, più di noi stessi, fin nei nostri pensieri e nel più profondo della nostra coscienza)! Allo stesso modo, qualora nel penitente non ci fossero le condizioni richieste per essere assolto e ciò fosse chiaro anche al sacerdote (che in Confessione, oltre che “ministro della misericordia” è anche “giudice”), egli (il sacerdote), anche se assolvesse (come si invita diabolicamente a fare oggi!), la sua assoluzione sarebbe “nulla”; sarebbe magari considerato un prete tanto bravo e misericordioso, ma invece ci avrebbe ingannato e danneggiato e proprio nelle realtà più profonde e decisive della nostra anima (questo sì "è da delinquenti"!).


Che il “mandato” e il potere spirituale di “rimettere i peccati” dato da Gesù agli Apostoli
 (e ovviamente ai loro legittimi successori, i vescovi e in modo ad essi subordinato ai sacerdoti, mediante l’ininterrotta “successione apostolica” e il sacramento dell’Ordine, altrimenti dopo la morte degli Apostoli Gesù avrebbe dovuto tornare di nuovo sulla Terra per donare il suo perdono alle nuove generazioni!) preveda anche la possibilità, se ne mancano appunto le condizioni, di non perdonare (non assolvere), è chiaro appunto nelle stesse parole di Gesù (Gv 20,23).
Gesù parla di non possibilità di perdono ad es. anche in Mt 12,32 e Mc 4,12), ammonisce i peccatori perdonati di non peccare più (cfr. ad es. Gv 5,14 e Gv 8,11) e parla persino di un peccato che non può essere perdonato (la “bestemmia contro lo Spirito Santo”, cioè il non credere all’opera di Dio e il suo rifiuto; cfr. Lc 12,19). Vi accenna anche S. Paolo, nelle sue indicazioni “pastorali” a Tito (cfr. Tt 3,11).

Così sarà rimarcato in tutta la storia della Chiesa, nella costante Tradizione e nel perenne Magistero, persino attraverso le perentorie formule emerse dai Concili (si veda ad esempio nel Concilio di Trento), dal Codice di Diritto Canonico, dal Catechismo (vedi CCC, nn. 1450-1460), dalle stesse Rubriche liturgiche del Sacramento della Penitenza!




Gravi equivoci sulla misericordia

È quindi paradossale, sconcertante, contro la stessa volontà di Dio e il costante insegnamento della Chiesa, aver sentito dichiarare da Bergoglio (e in questo caso non in una conferenza stampa a braccio su un aereo ma nientemeno che in un’Udienza ufficiale di Rettori e formatori di Seminari dell’America latina!) che sono “delinquenti i preti che non assolvono”! (10.11.2022, vedi).
Abbiamo già altrove sottolineato 
i continui equivoci (in realtà eresie conclamate) sulla “misericordia” di Dio (“Dio perdona sempre e comunque!”, leggi), anche senza pentimento e desiderio di conversione!

S’è persino inventato un Anno Santo straordinario della Misericordia (2015/2016), che ha creato confusione e persino l’impressione di abusi e inflazione di queste iniziative eccezionali (con tanto di aperture e chiusure delle “Porte Sante” delle 4 Basiliche papali romane, che ne riportano, almeno fino al prossimo e ormai imminente Giubileo del 2025, il ricordo nelle lapidi che le sormontano), un’iniziativa che è stata peraltro un vero e proprio flop (oltre ad essere incredibilmente iniziato la sera dell’8.12.2015 con quelle terribili immagini proiettate sulla facciata di S. Pietro, di cui abbiamo già parlato, con sconcerto e persino con una sensazione satanica (vedi e ascolta) (ed era la sera dell'Immacolata)!
Strano poi che in questo insistere continuamente e in modo abnorme sulla “misericordia” (all’inizio forse qualcuno poteva ancora interpretarla come un invito dolce alla conversione e a tornare con fiducia a Dio!) non si citi mai l’Apostola della Misericordia, secondo le apparizioni stesse di Gesù:
Santa Faustina Kowalska.
Si ricordi poi quanto diceva in proposito S. Alfonso M. de Liguori, uno dei Padri della teologia morale e dei Confessori: “Porta all’inferno più questa eresia sulla misericordia che i peccati stessi”.
Quanto volte poi S. Padre Pio da Pietrelcina negava l’assoluzione e perfino cacciava con severità quei penitenti che avvertiva (anche con una grazia speciale di visione delle anime e di discernimento) senza il pentimento, il proposito di non più peccare o perfino nascondendo dei peccati! Era anche lui un “delinquente”?!


Sulle situazioni stabili di peccato

L’impossibilità di assolvere i peccati non è data dunque tanto dalla gravità del peccato, né dalle possibili nuove ricadute anche nello stesso peccato (in questo la “misericordia” divina è davvero infinita!), ma dall’assenza della volontà di conversione (questo è appunto il Sacramento della penitenza o conversione), cioè dal non voler abbandonare il peccato per seguire Cristo nella vita nuova della “grazia”. In tal caso verrebbero infatti a mancare due condizioni necessarie per essere assolti (pentimento e proposito di non più peccare). Si comprende del resto abbastanza facilmente che una richiesta di perdono senza quelle due condizioni sarebbe ultimamente falsa: visto che il peccato è comunque un “veleno dell’anima” (a meno che non ci si ostini a considerarlo un "bene", sostituendosi “diabolicamente” al giudizio di Dio, indicato dalla Parola di Dio e trasmesso fedelmente dal costante insegnamento della Chiesa), nessuno intelligentemente prevederebbe ad esempio di bere di nuovo un micidiale veleno dopo aver fatto una sorta di “lavanda gastrica” per averlo bevuto ed essere stati salvati “in extremis” al Pronto Soccorso!


La questione delle unioni sessuali stabili
al di fuori del Sacramento del Matrimonio

Rientra in questo quadro morale (situazioni stabili di peccato), e quindi nell’impossibilità di essere assolti, chiunque (ovviamente battezzato) vive stabilmente in modo coniugale (cioè con rapporti sessuali) al di fuori del Matrimonio sacramento (unico e indissolubile) voluto e donato da Gesù (cfr. Mc 10,9; con le grazie relative e necessarie, che durano per tutta la vita): cioè i conviventi (sia come stabile scelta di vita ma anche come scelta provvisoria, magari in attesa del Matrimonio), gli sposi solo civili, i divorziati riaccompagnati.
Nonostante che in questi ultimi anni, specie in Occidente ma ormai anche in Italia (centro della Cattolicità), tali situazioni stiano sempre più diventando la “normalità” (tanto da non fare neppure più scandalo, se non nei piccoli che crescono e potrebbero pensare che ciò sia normale), esse conservano tutta la loro gravità agli occhi di Dio, un chiaro rifiuto del Suo disegno d’amore, della Sua grazia e della Sua volontà. Per di più, a differenza degli altri peccati per così dire “occasionali”, tali situazioni di peccato sono appunto stabili (per un certo tempo o definitivamente) e pubbliche!

Particolarmente difficile e gravosa è la questione dei divorziati (da matrimonio cristiano) e riaccompagnati (si dice in genere “risposati”, ma non lo sono agli occhi di Dio, infatti al massimo sono sposi civili, se non semplici conviventi o coppia di fatto), situazioni appunto drammaticamente sempre più diffuse se non addirittura generalizzate (pur essendo in aperta opposizione alla volontà di Dio, ribadita con fermezza da Gesù stesso, cfr. Mt 5,27-32).
Normalmente si sente parlare della tanto dibattuta possibilità o meno di “fare la Comunione” in queste condizioni. In realtà, visto che la Comunione si deve ricevere “in grazia di Dio”, cioè senza peccati mortali nell’anima, la questione riguarda invece la Confessione. L’assoluzione dei peccati, come abbiamo appena ricordato, richiede infatti il pentimento e il proposito di non più peccare; che in questi casi rimane di fatto impossibile (appunto per la stabilità della situazione di peccato).
[Torneremo tra poco su questo, in riferimento al Sacramento del Matrimonio]

Ricordiamo qui solo certe espressioni, sconcertanti anche se sembrano tanto belle, accoglienti e caritatevoli dell’Esortazione Apostolica post-sinodale (2016) Amoris Laetitia, specie quelle riportate subdolamente nelle 
Note del controverso Capitolo 8°, tanto decisive quanto dirompenti nell’introdurre radicali ed eretici cambiamenti, non solo “pastorali” (anche se così sono mascherati) ma persino “dottrinali” e “morali” (in particolare la nota 351)dopo aver detto che “il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave” (nota 336), nella nota 351 si giunge appunto ad affermare che “in certi casi (di divorziati riaccompagnati!) ci potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti” e si ricorda ai sacerdoti confessori che “il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore” e “che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli»” (due citazioni di se stesso). Si conclude quindi con un rimprovero ai Confessori che “esigono dai penitenti un proposito di pentimento senza ombra alcuna, per cui la misericordia sfuma sotto la ricerca di una giustizia ipoteticamente pura [...] mentre la prevedibilità di una nuova caduta «non pregiudica l’autenticità del proposito»”.
Insomma: sotto il pretesto che non si sa se soggettivamente ci sia colpa grave (è vero: questo lo sa solo Dio! ma allora non sia mai se c’è peccato o no?), che la Confessione non deve essere una tortura (si deve dare per scontato che c’è il pentimento e il proposito, anche se smentiti dai fatti?), che la Comunione non per i perfetti (ma è moralmente obbligatorio riceverla solo se si è “in grazia di Dio”, altrimenti si potrebbe mangiare persino la propria condanna, cfr. 1Cor 11,29) e che non si sa se il pentimento e il proposito di non più peccare sia perfetto (ma se si vive in una situazione stabile di peccato il proposito non c’è proprio, a meno che non si faccia il proposito di vivere in castità perfetta e se non c’è alcuna possibilità di tornare al proprio originario e vero Matrimonio cristiano), di fatto si afferma che anche in questa situazione (oggettivamente moralmente grave) ci si può Confessare e fare la Comunione.
Praticamente si ammette, in modo contrario al costante e  bimillenario insegnamento della Chiesa, che un grave peccato ("intrinsece malum") in certe condizioni può diventare un "bene"! 

Questo era lo scopo subdolo di due Sinodi sulla famiglia; per questo non si è nemmeno risposto o aperto la porta a Cardinali che sollevarono in merito gravi dubbi dottrinali e morali (i famosi Dubia), come anche ad altre richieste di chiarimento. Nonostante la confusione generale e le opposte laceranti interpretazioni di tale nota (nascosta astutamente tra centinaia di pagine), che questo fosse l’intendimento di Francesco è stato poi chiaramente espresso a dei Vescovi argentini e, per evitare dubbi, tale risposta è stata fatta inserire solennemente tra i Documenti ufficiali della Santa Sede 
(cfr. Acta Apostolicae Sedis, volume 2016/10, pp. 1071/1074 - vedi).




Il sacramento dell’Eucaristia

Nella deformazione “modernista” della fede, della dottrina, della Chiesa e quindi anche della Liturgia, tutto il “soprannaturale” viene in qualche modo reciso e appiattito sull’immanenza.
Così, perfino il sacramento dell’Eucaristia, cioè il modo più alto ma anche “concreto” della presenza di Gesù Cristo risorto tra noi, con il Suo corpo, sangue, anima e divinità, viene a ridursi e coincidere solamente col “noi” della Chiesa, della comunità, persino della singola assemblea eucaristica.
Per questo, anche la consapevolezza del rinnovarsi sull’altare (in modo incruento) dell’unico Sacrificio di Cristo (aspetto detestato da Lutero e ormai anche da gran parte della Chiesa Cattolica!), cioè della Croce, si riduce appunto all’aspetto della Cena del Signore: da cui l’idea dell’altare e del sacerdote voltati “coram populo”, dell’altare più come tavola della Cena (mensa) piuttosto appunto che altare per il Sacrificio, del sacerdote come ministro della comunità (e presidente dell’assemblea liturgica) più che come sacerdote che offre al Padre l’unico e perfetto Sacrificio del Figlio.
Insomma 
la direzione e la centralità si è spostata dal “Tu” di Dio al “noi” della comunità.
Si è giunti persino a dire che senza la comunità il sacerdote non poteva neppure celebrare; con ciò dimenticando tra l’altro che durante la S. Messa, nel mistero ma realmente, oltre alla Presenza della SS.ma Trinità, di Maria SS.ma, al coro degli Angeli e dei Santi, è presente anche tutta la Chiesa “militante” (ancora pellegrina sulla Terra), “purgante” (in Purgatorio) e ovviamente “trionfante” (il Paradiso).
Anche la decentralizzazione del “tabernacolo” è segno eloquente di questo spostamento di orizzonte: solo per la “riserva” eucaristica e non Presenza costante di Cristo da adorare (spariti anche gli inginocchiatoi e la dimensione del silenzio in chiesa). Quando infatti la S. Messa finisce (finita cioè la liturgia-spettacolo!) l’assemblea si comporta come al cinema o teatro quando la termina la rappresentazione. Quasi impossibile, anche se uno volesse, prolungare il ringraziamento e l'adorazione eucaristica.


L’Eucaristia (il fare la Comunione) viene sempre più inteso non come ricevere Cristo stesso (condizione per poter partecipare alla vita stessa della SS.ma Trinità, cioè alla vita eterna del Paradiso; cfr. Gv 6,35.41.48-58), ma come semplice partecipazione completa al Rito, persino come partecipazione alla Comunità (da cui non si deve escludere nessuno)!

Abbiamo già sopra ascoltato Bergoglio (il 15.09.2021), a proposito della Comunione da dare o non dare (al Presidente USA come ad altri cattolici pubblicamente noti per scelte non cattoliche), far erroneamente coincidere il poter o non poter ricevere la Comunione con l’essere o non essere “in comunità”: “Io mai ho rifiutato l’Eucaristia, a nessuno, a nessuno! … Andiamo a quella persona che non è nella comunità, non può fare la Comunione, perché sta fuori dalla comunità, e questa non è una pena. No, tu stai fuori. La Comunione è unirsi alla comunità. Ma il problema non è teologico, il problema è pastorale … Cosa deve fare il pastore? Essere pastore. Essere pastore e non andare condannando, non condannando: essere pastore… con lo stile di Dio. E lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza … Un pastore che non sa gestire con lo stile di Dio, se esce da questa pastoralità della Chiesa, immediatamente diventa un politico … Ma si può dare o non si può dare? È casistica … come la tempesta che si è armata con Amoris laetitia … sempre questa condanna, condanna… Basta con la scomunica, per favore non mettiamo più scomunica. Povera gente, sono figli di Dio”.

Insomma, si fa erroneamente coincidere il (poter) fare o non fare la Comunione con l’essere o non essere nella comunità; e poiché la comunità non deve escludere nessuno (deve essere inclusiva!), nessuno deve essere escluso dalla Comunione!
Francesco sottolinea quindi spesso che l’Eucaristia “non è il sacramento dei perfetti”, “non è un premio per i buoni, ma è la forza per i peccatori”!
Questa è una caricatura, una falsità: “essere in grazia di Dio” non significa affatto essere “buoni” o “perfetti”; ma essere in quel momento, in cui si riceve Cristo nel Sacramento, senza peccati mortali nell’anima (o perché non si sono commessi o perché confessati e assolti prima di riceverLo)
; e non è l’Eucaristia che toglie i peccati mortali (si dice che è un sacramento “dei vivi” e non “dei morti” spiritualmente) ma la Confessione.  

Se già S. Paolo ricorda con fermezza che chi riceve “indegnamente” il Corpo di Cristo “mangia la propria condanna” (quindi non solo non fa bene ma fa male alla propria anima!) (cfr. 1Cor 11,29), è dottrina sicura e sempre confermata dalla Chiesa che la Comunione si riceve “in grazia di Dio” [cfr. Concilio di Trento (Sessione XIII, cap 7), Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1415); Codice di Diritto Canonico (can. 915-917)]


Nonostante che la Riforma protestante abbia una concezione totalmente differente (ed eretica) dell’Eucaristia (Lutero, non credendo alla persistenza della presenza di Cristo nelle particole dopo la Cena, in modo provocatorio giunse a darle in pasto agli animali!) e persino tra le stesse diverse sedicenti Chiese della Riforma ci siano lotte e grandi diversità nell’intenderla (vedi) – in altro modo ancora, in certi casi più vicino all’autentica concezione cattolica, si concepisce l’Eucaristia da parte della Chiesa anglicana (vedi) - l’imperante spirito “ecumenico” (a dire il vero specialmente da parte cattolica!) conduce sempre più a parlare erroneamente persino di “ospitalità eucaristica” (!) ed a "sognare" (ma in certi casi si fa già!) l’inter-comunione.
Con ciò emerge appunto che non si coglie più la centralità della questione della fede (della verità) ma dell’unità!


Passiamo dunque dai Cattolici che “pretendono” (un diritto? senza doveri?) di ricevere l’Eucaristia pur perseverando in una situazione stabile di peccato, all’inter-Comunione con altre Confessioni cristiane (“ospitalità eucaristica”).
[Si tenga presente che semmai, in via eccezionale, ciò può valere non per le Chiese protestanti (oltre che “scismatiche” anche gravemente “eretiche”, anche riguardo all’Eucaristia) ma per le Chiese ortodosse, che, pur scismatiche, mantengono la successione apostolica e la giusta dottrina, anche riguardo all’Eucaristia (anzi, le loro liturgie hanno mantenuto una solennità e sacralità quasi sempre invece scomparse dalle liturgie cattoliche!)]



A proposito dell’inter-Comunione (eucaristica) coi Protestanti
, si ascolti questo sintomatico intervento di Francesco, nel più puro stile “bergogliano” (dire e non dire, “sì … però, ma anche …”):

Durante la visita alla Christuskirche, chiesa dei luterani di Roma, una signora protestante chiede a Francesco se può fare la Comunione col marito cattolico. Questa (vedil’esilarante risposta di Francesco, subito osannata dei media e scrittori cattolici e protestanti, come “apertura” appunto alla ”inter-comunione”:
"Alla domanda sul condividere la Cena del Signore non è facile per me risponderle, soprattutto davanti a un teologo come il cardinale Kasper! Ho paura! … Il Signore ci ha detto 'Fate questo in memoria di me'. E quando condividiamo la Cena del Signore, ricordiamo e imitiamo, facciamo la stessa cosa che ha fatto il Signore Gesù. La Cena del Signore ci sarà, il banchetto finale nella Nuova Gerusalemme ci sarà, ma questa sarà l’ultima. Invece nel cammino, mi domando – e non so come rispondere, ma la sua domanda la faccio mia - io mi domando: condividere la Cena del Signore è il fine di un cammino o è il viatico per camminare insieme? Lascio la domanda ai teologi, a quelli che capiscono. È vero che in un certo senso condividere è dire che non ci sono differenze fra noi, che abbiamo la stessa dottrina – sottolineo la parola, parola difficile da capire – ma io mi domando: ma non abbiamo lo stesso Battesimo? E se abbiamo lo stesso Battesimo dobbiamo camminare insieme … Quando Lei si sente peccatrice – anche io mi sento tanto peccatore – quando suo marito si sente peccatore, Lei va davanti al Signore e chiede perdono; Suo marito fa lo stesso e va dal sacerdote e chiede l’assoluzione. Sono rimedi per mantenere vivo il Battesimo [ndr: sono la stessa cosa?]. Quando voi pregate insieme, quel Battesimo cresce, diventa forte; quando voi insegnate ai vostri figli chi è Gesù, perché è venuto Gesù, cosa ci ha fatto Gesù, fate lo stesso, sia in lingua luterana che in lingua cattolica, ma è lo stesso. La domanda: e la Cena? Ci sono domande alle quali soltanto se uno è sincero con sé stesso e con le poche luci teologiche che io ho, si deve rispondere lo stesso, vedete voi. … Alla sua domanda le rispondo soltanto con una domanda: come posso fare con mio marito, perché la Cena del Signore mi accompagni nella mia strada? È un problema a cui ognuno deve rispondere. Ma mi diceva un pastore amico: 'Noi crediamo che il Signore è presente lì. È presente. Voi credete che il Signore è presente. E qual è la differenza?' – 'Eh, sono le spiegazioni, le interpretazioni…'. [ndr: Non c’è alcuna differenza tra la cena luterana e la S. Messa Cattolica? solo interpretazioni … ma la vita è più grande] La vita è più grande delle spiegazioni e interpretazioni. Sempre fate riferimento al Battesimo: 'Una fede, un battesimo, un Signore', così ci dice Paolo, e di là prendete le conseguenze. Io non oserò mai dare permesso di fare questo perché non è mia competenza. Un Battesimo, un Signore, una fede. Parlate col Signore e andate avanti. Non oso dire di più".


Arriviamo alla Comunione agli Ebrei?
In questo caso si tratta evidentemente di un caso isolato, quasi una barzelletta (anche se non si scherza sulle realtà più sacre e sante che ci siano); comunque si tratta di un fatto, accaduto a Bergoglio e sintomatico di cosa si intenda per Eucaristia e fare la Comunione!
Si tratta anche in questo caso di una conferenza stampa aerea [15.09.2021: nel volo di ritorno dal viaggio a Budapest e Slovacchia (12-15.09.2021) (vedi), di cui abbiamo già parlato in riferimento al 5° Comandamento]:

“No, io mai ho rifiutato l’Eucaristia a nessuno, a nessuno… E questo già da prete… Semplicemente, l’unica volta che ho avuto un po’… una cosa simpatica, è stato quando sono andato a celebrare Messa a una casa di riposo ed eravamo nel salotto e ho detto: “Chi vuole fare la Comunione, alzi la mano”: tutti, i vecchietti, le vecchiette, tutti volevano la Comunione, e quando ho dato la Comunione a una signora mi ha preso la mano e mi ha detto: “Grazie, Padre, grazie. Sono ebrea…”. Io ho detto: “No… Anche quello che ti ho dato è ebreo… Avanti”!

Arriveremo alla Comunione “turistica”?

Ovviamente è una battuta. Ma di fatto a Lourdes s’è dato anche questo prudente avviso ai sacerdoti che distribuivano la Comunione: “occorre prestare attenzione a certi turisti, specie giapponesi, che visitano con viaggi organizzati anche il Santuario di Lourdes, non per fede (non essendo cristiani cattolici) ma appunto per turismo; perché talora, trovandosi a partecipare anche alle belle celebrazioni eucaristiche, pensano che sia segno di rispetto andare anche loro a fare la Comunione come gli altri (anche se non sanno neppure cos’è).
Chissà se, in base ai criteri sopra descritti, non si arrivi un giorno anche alla Comunione per “ospitalità turistica”?!





Due osservazioni ...
sul 
Giovedì Santo (istituzione dell’Eucaristia)
e la solennità del 
Corpus Domini


Come dovrebbe esser noto, la S. Messa del Giovedì Santo sera, con cui inizia il Triduo Pasquale, non è tanto la celebrazione della “lavanda dei piedi” (come oggi banalmente si dice nei media e forse anche in qualche chiesa), peraltro facoltativa nel Rito, ma è proprio la S. Messa “nella Cena del Signore” (in Coena Domini), che ci fa rivivere nel mistero l’Ultima Cena e quindi listituzione dell’Eucaristia e in fondo del sacerdozio stesso! Che sia la sera dell’istituzione dell’Eucaristia è espresso anche dal fatto che tale S. Messa solenne (che esprime all’Offertorio anche un gesto di carità cristiana) non si conclude con la Benedizione ma prosegue nella notte con l’Adorazione dell’Eucaristia, in un particolare tabernacolo predisposto in un altare o luogo particolare della chiesa o ad essa attiguo e dove i fedeli sostano in preghiera silenziosa (è pure tradizione, specie nelle città,  fare la visita eucaristica anche in più chiese).
A Roma, era tradizione che il Papa, dopo aver celebrato la mattina la “S. Messa del crisma” nella basilica di S. Pietro in Vaticano, celebrasse alla sera la S. Messa “in Coena Domini” nella sua cattedrale (di Roma), cioè in 
S. Giovanni in Laterano.
Ebbene, Francesco, fin dal primo anno (2013, pochi giorni dopo la sua elezione), non ha mai celebrato tale importantissima S. Messa in S. Giovanni in Laterano, ma l’ha sempre celebrata privatamente in qualche istituto per persone emarginate (o carceri), mettendo soprattutto l’accento non sull’Eucaristia ma appunto sulla “lavanda dei piedi” di 12 poveretti. Anche in questo si rivela tutta l’accentuazione della sedicente “Chiesa di Francesco”!
Inoltre, contrariamente alla memoria del gesto di umiltà e carità che N. S. Gesù Cristo ha compiuto sui 12 Apostoli, Francesco ha anche disposto (per tutta la Chiesa) che tra le 12 persone scelte per questo ci possano essere anche donne; nelle sue scelte, oltre alle donne, ha anche volto ci fossero anche non cristiani (vedivedivedi). In tale rito, come incredibilmente persino a personalità politiche (vedi il bacio dei piedi di capi politici del Sud Sudan, con grande loro imbarazzo) non ha mai mostrato particolari difficoltà fisiche (ora probabilmente sì, viste le condizioni) ad inginocchiarsi, cosa che invece non ha mai voluto fare davanti all’Eucaristia! (vedi)


Nella solennità del Corpus Domini - che Giovanni Paolo II volle rimettere anche a Roma al giovedì (della seconda settimana dopo Pentecoste), come era in tutta Italia fino al 1977 (vedi), riattivando anche la Processione eucaristica (pur essendo un giorno feriale) in via Merulana (da S. Giovanni in Laterano, dopo la Celebrazione della S. Messa sulla piazza, a S. Maria Maggiore), con grande concorso di popolo, cui partecipò, con immenso sacrificio fisico (vedi), fino alla fine (2004).
Questa solenne processione pubblica col SS.mo Sacramento (Gesù stesso!) era l’unica cosa permessa anche nella Polonia sotto il comunismo; e fino al 1978 vi risuonavano con forza le omelie del card. Wojtyla di Cracovia!

Francesco all’inizio non partecipò a tale Processione (vedi) (riapparendo alla fine per la Benedizione), poi è andato a celebrare anche la S. Messa in luoghi periferici. Tutto ciò decretando praticamente la fine di questa gloriosa tradizione, riaccesa con tanta fatica ed insistenza da Giovanni Paolo II.







Il sacramento del Matrimonio

Se è in atto un apocalittico e diabolico attacco mondiale contro la “famiglia”, cardine della società e della stessa vita ecclesiale, non solo a livello culturale ma persino politico ed economico – ricordiamo le sopra menzionate parole della Madonna riferite qualche decennio fa da Lucia di Fatima al card. Cafarra – possiamo riconoscere che proprio il sacramento del Matrimonio rischia di essere disintegrato, sia nel non sceglierlo (a favore di matrimoni solo civili o semplici convivenze e unioni di fatto; mentre i Battezzati hanno da Gesù stesso il gravissimo obbligo morale di sceglierlo, come unica forma di unione, ovviamente tra maschio e femmina, e unico ambito dove sono leciti i rapporti sessuali!), sia nel distruggerlo (quando invece agli occhi di Dio permane fino alla morte)!

Di fronte anche a questo attacco, la Chiesa attuale (è triste dire “attuale”, perché essa dovrebbe essere sempre la stessa, tanto più su contenuti che provengono da Dio stesso!), mentre sembra non accorgersi che la grande causa di tutta questa crisi generale sta nella “perdita della fede” autentica, più che offrire la “medicina” che proviene dalla grazia di Dio (che risana, rinnova e sostiene), ancora una volta pare porsi all’inseguimento del mondo e delle nuove ideologie, pensando perfino di benedirle!



Ricordiamo anzitutto alcuni punti dell’autentica fede (dottrina) in merito
.

Gesù Cristo
, anche sul tema dell’amore uomo-donna, del matrimonio e della stessa sessualità umana, porta non solo a compimento e perfeziona l’Antico Testamento, ma fonda sul Suo stesso amore, sulla “nuova Alleanza” nel Suo Sangue, anche il matrimonio, rendendolo così “unico e indissolubile” (anche per il maschio, a differenza dell’A. T.*) e addirittura “sacramento”, cioè con la “grazia” di un Suo intervento soprannaturale e perenne.
Al contempo Gesù fonda, sia per i maschi che per le femmine, anche 
un’altra chiamata (vocazione), quella di una totale dedizione a Dio che si esprime nella castità perfetta per il Regno di Dio, come Gesù stesso ha vissuto e testimoniato!
Si tratta di novità radicali, che lasciano inizialmente sconcertati anche gli stessi Apostoli.

* Nell’Antico Testamento, oltre ad una minor considerazione della donna rispetto all’uomo, rimane abbastanza ovvio che l’uomo possa avere anche più mogli e persino concubine, mentre ciò sarebbe peccato/reato, persino perseguibile con la pena di morte, per la donna. In fondo è quanto è rimasto nell’Islam fino ad oggi. Però nella mentalità dominante, anche nei tempi moderni e pure nei Paesi sedicenti cristiani, persiste comunque l’idea di una doppia morale sessuale (anche se non a livello giuridico), per cui se una femmina si comporta in un certo modo viene considerata “poco seria”, mentre per il maschio viene considerato segno di lodata virilità. E se oggi, sulla scia del femminismo e della rivoluzione sessuale del ’68 (vedi), s’è realizzata una maggiore uguaglianza, essa non si è declinata nel portare anche il maschio a livello di virtù (purezza, castità) in genere più naturali nella femmina, ma al contrario ha portato la femmina a livello di vizi (di sregolatezza sessuale) in genere più diffusi nel maschio! 
Quindi, che la morale sessuale cristiana (vedi) riguardi allo stesso modo l’uomo e la donna (prima e dopo il matrimonio) è tuttora uno “scandalo” per la mentalità dominante e crea in genere sconcerto e opposizione.

Ecco la novità cristiana, che non è però un'opinione o una credenza tra le tante ma la verità stessa (essendo manifestata da Dio) del matrimonio e dell'amore uomo-donna, come della stessa sessualità. Gesù fonda sul Suo amore, addirittura su un Suo sacramento, il matrimonio come uno (cioè con una sola persona, di sesso opposto), tanto per l’uomo come per la donna, e lo rende perenne (indissolubile) per entrambi; così che chiama “adulterio” qualsiasi altra unione, persino anche solo desiderata (Mt 5,27-32). Questa è una novità che lascia appunto inizialmente sconcertati e con qualche obiezione persino gli stessi Apostoli.
È poi assai significativo, e rimane un caso più unico che raro sulle labbra di Gesù, che Egli, pur rinnovando anche questo fondamentale aspetto della vita umana, 
radichi tale norma morale addirittura nella “creazione (citando espressamente Genesi) e quindi potremmo dire nella “natura” stessa dell’uomo, sia maschio che femmina, come Dio l'ha creata. E se, come pare obiettino gli Apostoli, nell’A. T. (Mosè, la Legge) veniva fatta qualche concessione (al maschio), Gesù afferma che ciò era dovuto alla “durezza del loro cuore” (sclero-cardia), cioè in fondo alla conseguenze del “peccato originale”, che Egli è venuto a Redimere con la Sua Croce e nei singoli cristiani nel Battesimo.
Quindi 
la classica espressione, spesso diffusa specialmente tra i maschi, che la “morale sessuale” cristiana sarebbe troppo severa e persino impossibile da vivere (la classica espressione “ma io sono un uomo!”, giocata per giustificare in qualche modo i peccati sessuali), è infondata, non solo perché tale legge morale è data come autentico “bene” dell’uomo (gli animali, che non potrebbero fare questo, sono ben regolati dalla natura secondo gli istinti), ma appunto perché Gesù stesso rivela che tale legge è inscritta invece proprio nella “natura” umana, cioè appunto nella creazione (potremmo rispondere alla classica obiezione: proprio perché siamo uomini, e non animali, dobbiamo seguire questa legge morale; se poi abbiamo, come doveroso, la “grazia di Dio”, ricevuta coi Sacramenti, alimentata dall’amore di Dio, dalla preghiera e dalla volontà ferma di non più peccare, allora tutto ciò si realizza in pienezza e con più facilità).

Si tenga presente che proprio l'idea di una presunta impossibilità di vivere una legge morale così alta (circa la sessualità e lo stesso matrimonio come unico e per sempre) si affaccia persino nella stessa Esortazione ap. Amoris Laetitia (cfr. nn. 298, 301, 302, 303), fino a ritenere non solo che in certi casi un gravissimo peccato (unione sessuale con un'altra persona dopo il matrimonio, che Gesù chiama "adulterio" come quello compiuto durante il matrimonio, che infatti agli occhi suoi persiste) sarebbe perfino lecito e addirittura un “bene” di fronte a Dio! (cfr. Mc 10,11-12)
 (v. dopo).

Basterebbe questo richiamo di Gesù alla Creazione, cioè alla natura stessa dell’uomo, per smentire quella contestazione un po’ adolescenziale, ma che corriamo il rischio di portarci dietro quasi tutta la vita, alla morale sessuale cristiana e alla Chiesa,, che sarebbe “sessuofobia” o che impedirebbe di godere delle gioie del sesso se non della vita stessa. Obiezione che, inutile nasconderselo, tiene oggi più che mai la gioventù lontana dalla fede, derubata di ogni sensibilità religiosa e talora persino di una seria capacità di impegno nei compiti stessi della vita. Infatti, oltre al tracollo di impegni d'amore stabili e perenni, anche la tragica denatalità che si riscontra nell’Europa occidentale e soprattutto in Italia, risente pure di questo disimpegno nei confronti di una vera e integrale sessualità (senza volersi impegnare nella certo gravosa ma stupenda missione della generazione ed educazione di figli). 
Si potrebbe osservare che, se tale contestazione è più o meno presente nella nostra stessa “carne” - una natura che proprio in questo, come pure nell’aggressività specie maschile, fa sentire particolarmente le ferite del “peccato originale – essa è esplosa particolarmente nella modernità (vedi), nell’ateismo contemporaneo, fino alla “rivoluzione sessuale” del ’68 (vedi) e alle incredibili degenerazioni attuali (ideologie gender e Lgbtq+ comprese).
È quanto mai significativo che Benedetto XVI (di venerata memoria!), proprio come prima nota della sua prima enciclica Deus caritas est, 3, dedicata alla virtù teologale della “carità” e dove fin dall’inizio sottolinea gli equivoci sulla parola "’amore" oggi più che mai imperanti, abbia voluto riferirsi ad uno dei più drastici e rigorosi “padri” dell’ateismo contemporaneo: F. Nietzsche. Peraltro Nietzsche, contrariamente a quello che potrebbe apparire ad una lettura superficiale e specialmente giovanile, non fu affatto incline ad un libertinismo sessuale, da cui invece mette in guardia come nuova forma di schiavitù e di alienazione. Accusa però il cristianesimo (ed è questo a cui si riferisce la prima nota dell'Enciclica) anche di aver rovinato la sessualità, ritenendola “impura”. In realtà, se avesse compreso appieno il vero significato della morale sessuale cattolica (egli, in quanto figlio di un pastore protestante, ne ebbe invece una visione pessimistica luterana), come ad esempio emerge negli insegnamenti di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, avrebbe compreso che invece 
la fede cristiana ha promosso la vera dignità della sessualità umana, purificandola e difendendola da quelle degenerazioni che già il mondo greco e latino avevano conosciuto (persino in certi culti pagani)!
In merito ricordiamo i profondissimi insegnamenti di K. Wojtyla/Giovanni Paolo II: una vera teologia del matrimonio, dell’amore umano, dell’affettività, persino del corpo e della sessualità (cfr. Karol Wojtyla, Amore e responsabilità e Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano (alle Udienze generali 1979/1984).




L’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto

È bene a questo punto citare per intero le parole stesse di Gesù (così come sono riportate dal Vangelo di Marco e di Matteo):

Mc 10,2-12:
“Avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: "È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?".
Ma egli rispose loro: "Che cosa vi ha ordinato Mosè?".
Dissero: "Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla".
Gesù disse loro: "Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne.  L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto".
Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento.
Ed egli disse: "Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio".

Mt 19,3-12:
“Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: "È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?".
Ed egli rispose: "Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi".
Gli obiettarono: "Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla via?".
Rispose loro Gesù: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così.
Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato*, e ne sposa un'altra commette adulterio".
Gli dissero i discepoli: "Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi".
Egli rispose loro: "Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso.
Vi sono infatti eunuchi** che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca".

* L’espressione “concubinato” (porneia), pur discussa dai teologi, non sta ad indicare un’eccezione all’indissolubilità del matrimonio, ma si riferisce ad una situazione non di matrimonio ma di “convivenza”, che può essere certamente sciolta (perché appunto non è un matrimonio) o farla accedere, se possibile, al matrimonio.
** A questo punto Gesù inserisce (secondo S. Matteo), con espressioni molto forti (“eunuco” è il maschio privato della capacità generativa), la novità evangelica della vocazione alla verginità consacrata (castità perfetta) per il Regno di Dio.


Dalle parole stesse di Gesù risulta dunque evidente che non solo l’unione carnale (sessuale, divenire “una sola carne”) può avvenire solo tra un maschio e una femmina e all’interno del Matrimonio fondato sul  Sacramento (è “Dio che congiunge”), ma che tale Matrimonio è esclusivo (monogamia assoluta, tanto per la donna come per l’uomo) e impedisce altre unioni carnali (che sarebbero “adulterio”) ed è "per sempre" (indissolubile). 
Tale unione è dunque opera di Dio; e nessuno può scioglierla!




Le due “vocazioni”

Nell’unica chiamata (vocazione) alla santità
 - cioè alla partecipazione alla vita stessa di Dio (SS.ma Trinità), fin d’ora (mediante la fede vissuta, il Battesimo e l’Eucaristia) e per l’eternità (Paradiso) - Gesù indica per così dire due strade (ancora ignote nell’Antico Testameneto): c’è la via della totale consacrazione a Dio (cioè nella castità perfetta per il Regno di Dio, sulle orme di Cristo stesso e della perpetua verginità di Maria SS.ma) e quella del matrimonio (mediante un sacramento apposito, che Cristo opera unendo un uomo e una donna e che nulla e nessuno può sciogliere, tranne la morte).
Nella vocazione alla totale consacrazione bisogna poi individuare la forma (sono innumerevoli, basti pensare agli ordini religiosi, monastici, persino laicali); così come nella vocazione al matrimonio occorre ovviamente riconoscere la persona con cui percorre questa via di santità.


Sul celibato sacerdotale

Nella Chiesa Cattolica di rito latino, il Sacramento dell’Ordine (già nel grado del presbiterato o sacerdozio) è conferito (per la successione apostolica) solo a chi ha la vocazione ad una totale consacrazione. In termini teologicamente esatti non sono dunque i preti che “non si possono sposare”, ma è il sacerdozio che viene trasmesso solo ad un uomo che ha già la vocazione alla totale consacrazione (anche se quella del sacerdote è una “promessa di celibato” e non un “voto di castità”).
Non ci sarebbe quindi un’incompatibilità di principio (teologico) tra sacerdozio e matrimonio; anche se la Chiesa Cattolica di rito latino ha fatto assai presto e lungo tutta la sua storia la scelta di “ordinare” presbiteri (sacerdoti) solo chi ha una vocazione di totale consacrazione
già in alcune Chiese cattoliche di rito orientale (parliamo di Cattolici, non solo gli Ortodossi) viene donato il sacerdozio sia a uomini di totale consacrazione sia a uomini sposati.
Nonostante questa consolidata scelta della Chiesa cattolica latina, in linea di principio non è da escludersi che in futuro si possa conferire il sacerdozio anche agli uomini sposati. Non si tratterebbe dunque (come si sente erroneamente dire) che “i preti potrebbero sposarsi”, ma che degli “uomini sposati potrebbero fare i preti” (come del resto già accade per il diaconato). Al momento dell’ordinazione diaconale (3° grado del sacramento dell’Ordine) un giovane (maschio) rimane definitivamente nello stato in un cui è (se è celibe lo rimane).
In tutta la Chiesa Cattolica, anche d’Oriente, come del resto anche tra gli Ortodossi, il 1° grado del sacramento dell’Ordine (episcopato) è conferito solo a chi ha la vocazione di totale consacrazione.

È invece esclusa la possibilità (anche per il futuro) che possa essere conferito il sacramento dell’Ordine (in tutti i gradi) ad una donna, perché ciò è una “scelta di Dio”, espressa chiaramente da Gesù stesso (basti pensare all’Ultima Cena, istituzione dell’Eucarestia del Sacerdozio, dove le discepole e Maria SS.ma stessa sono significativamente assenti).

Giovanni Paolo II ribadì questa impossibilità di principio delle donne-sacerdote, vincolando tale impossibilità anche per il futuro della Chiesa (vedi). Bergoglio ne ha fatto qualche volta riferimento, non nascondendo un certo disagio per questa "porta chiusa" anche per il futuro!

Ovviamente le sedicenti Chiese protestanti, che oltre ad essere “scismatiche” sono anche a diverso titolo “eretiche”, non hanno il sacramento dell'Ordine e non si attengono a nessuna di queste indicazioni [però anche tra gli Anglicani (vedi) abbiamo ormai, oltre che preti e vescovi sposati, persino vescovi-donna (come quello stesso di Londra, già ricordato nel presente documento foto)].


Nel presente documento abbiamo già osservato in merito quanto Benedetto XVI ci ha lasciato nel suo ultimo libro (postumo) Che cos'è il cristianesimo (Mondadori, 2023), riproponendo in forma nuova un testo scritto col card. Sarah, dove alle pp. 96/122 (spec. p. 109 e seguenti) torna proprio sul significato del celibato sacerdotale. Alle pp. 143-160 riporta invece integralmente i cosiddetti "Appunti" (vedi) inviati a tutti i presidenti delle Conferenze episcopali in occasione dell’incontro tenuto con Francesco in Vaticano nel 2019 sulla questione degli abusi sessuali da parte del clero, e compie un’analisi che va alla radice teologica e spirituale del problema (e non banalmente ricondotta al “clericalismo”, come invece indicato da Bergoglio).



Indissolubilità del matrimonio e adulterio

Come abbiamo ascoltato, secondo le inequivocabili parole di Gesù, il gravissimo peccato di adulterio, condannato già dal 6° Comandamento (cfr. Es 20,14) e perfezionato/interiorizzato nella novità del Vangelo (cfr. Mt 5,27-32), viene considerato non solo nel senso del “tradimento” (un altro rapporto, anche carnale, mentre è in corso il matrimonio), ma anche quando si instaura un nuovo rapporto coniugale dopo che sia andato in frantumi il matrimonio cristiano precedente (che agli occhi di Dio dura invece fino alla morte di uno dei coniugi); e in tale situazione di peccato grave e per di più stabile cade anche chi non fosse stato sposato ma si unisce ad una persona che era invece già stata sposata con matrimonio cristiano. È poi significativo, e anche questa è una novità cristiana, che la gravità di tale peccato riguardi tanto l’uomo come la donna.

Si tenga presente che anche nella Chiesa dei primi secoli il peccato di “adulterio” veniva considerato 
tra i 3 peccati più gravi (apostasia dalla fede, aborto volontario e appunto l’adulterio, nel senso indicato da Gesù). Tale gravità veniva sottolineata a tal punto che, anche qualora (come auspicabile) tale peccatore se ne fosse seriamente pentito e avesse voluto cambiare vita e tornare nella via di Dio e della “grazia” (nel caso dell’apostasia rientrando nella vera fede cattolica e nel caso del divorzio ristabilendo  se possibile l’unione matrimoniale cristiana infranta), prima di ottenere il perdono di Dio e rientrare pienamente nella vita della comunità cristiana, venivano richieste anche “pubbliche penitenze”, che potevano durare anche anni. Non si trattava, come potrebbe sembrare, di una linea troppo dura nei confronti di tali peccatori, ma, oltre ad evidenziarne anche di fronte a tutta la comunità cristiana la gravità del peccato commesso, era chiedere e dare prova di sincero pentimento, di emendamento e di chiara volontà di tornare a seguire la vita nuova di Cristo, cioè la via della salvezza eterna.

Chi invece avesse subìto la rottura
 effettiva di tale unione sponsale, se non ne è cioè colpevole, potrebbe vivere “in grazia di Dio” e ricevere anche i sacramenti. Non è però ugualmente libero di vivere una nuova unione (infatti non potrebbe celebrarla come sacramento), altrimenti commetterebbe ugualmente “adulterio”.



Intrinsece malum

Ora, in nessun caso e in nessuna circostanza (che pure può aumentare o diminuire la gravità della colpa), un “male” così evidenziato può essere considerato un “bene”.
È appunto la cosiddetta questione morale dell’intrinsece malum.

Tale grave questione morale, e l’inammissibilità di esso, pur predicato da certa erronea Teologia morale contemporanea, fu ribadita e condannata non solo dal costante insegnamento della Chiesa, ma riaffermata con forza (e persino sulla base della stessa “ragione”) anche nella grande enciclica sulla morale di Giovanni Paolo II del 1993 Veritatis splendor (nn. 79-83).
Ora, proprio l’Esortazione apostolica post-sinodale di Francesco Amoris laetitia (19.03.2016) (cap. 8°) va a contraddire anche questo fondamento della morale.
A fronte delle doverose e rispettose richieste di chiarimento (Dubia) su tale grave incongruenza, da parte addirittura di 4 autorevoli cardinali, è stato opposto un incomprensibile ed illecito silenzio! (v. dopo)


Coppie cristianamente irregolari (stabilmente coabitanti in forma coniugale)
Situazioni moralmente irregolari e stabili di chi vive “coniugalmente” (sessualmente parlando), senza essere sposati col Sacramento del Matrimonio (ovviamente si parla di Battezzati): conviventi, sposi solo civili, separati o divorziati riaccompagnati o risposati civilmente.
Questa non è la "via" (verità) indicata da Cristo e pecca gravemente chi la segue!


Laddove non fosse più possibile ritornare al proprio primo matrimonio cristiano, laddove non si fosse avuto il riconoscimento canonico della sua effettiva nullità (oggi concessa con fin troppa facilità), laddove non sarebbe giusto interrompere la nuova unione (di fatto o matrimonio civile), per rispetto della persona amata e tanto più se sono nati figli da questa unione, allora i casi sono due: o ci si astiene dal ricevere il Sacramento della Penitenza e dell’Eucaristia, pur partecipando ugualmente alla vita della Chiesa e soprattutto facendo un cammino spirituale, di preghiera, conversione (e facendo alla S. Messa la cosiddetta “Comunione spirituale”); oppure si vive, con l’aiuto della preghiera e della grazia di Dio, in piena castità, cioè non avendo rapporti sessuali coniugali. Laddove questo proposito è accolto ed attuato (i singoli peccati, se non voluti come condizione stabile, possono essere assolti, come tutti i peccati di cui c’è pentimento e proposito di non più commetterli), cioè se tale coppia vive castamente, possono allora ricevere il Sacramento della Confessione (perché ce ne sono le condizioni) e Comunione (perché tornati in “grazia di Dio”); per la Comunione, si invita tale coppia che è nelle condizioni spirituale per farlo, a ricevere la Comunione laddove non sono conosciuti, perché invece dive sono noti come coppia irregolare (sopra menzionate) il loro ricevere l’Eucaristia (poiché la piena castità non è ovviamente nota agli altri) creerebbe il peccato di scandalo (contro-testimonianza cristiana)... pure se il relativismo dominante, anche nella Chiesa, fa sembrare ormai "normale" anche i peccati più gravi!

Laddove non è più possibile ricucire il matrimonio cristiano (infranto contro il volere stesso di Cristo), si vive senza più riaccompagnarsi (situazione che può divenire ardua ma con la grazia di Dio possibile e doverosa). Una nuova unione pseudo-coniugale (anche come intimità sessuale) non può essere tale agli occhi di Dio e crea una situazione stabile di peccato mortale, di adulterio, che impedisce appunto di poter essere assolti in Confessione e di conseguenza di poter accedere all’Eucaristia.
Checché se ne dica o si faccio oggi ormai nella prassi pastorale, questa è la dottrina della Chiesa, perché questa è la volontà di Dio, secondo appunto le parole stesse di Gesù.
Chi accusa ciò di essere una “rigidità” disumana accusa di ciò Cristo stesso, che ha dato questo comando per il nostro stesso bene e per la nostra salvezza eterna, quindi bestemmia! Diverso invece il discorso, che vale sempre, di accompagnare le singole anime in un cammino di conversione, che può avere anche i suoi tempi.




La separazione
La separazione degli sposi, tanto più se legati, come doveroso, dal Sacramento del Matrimonio, è sempre un male che si oppone alla volontà di Dio. Lo è già tutto ciò che porta progressivamente a questo stato, che si oppone alla legge suprema dell'amore e che crea danni talora irreversibili anche nella vita dei figli.
La chiara e perentoria espressione di Gesù (“L’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto”), mentre sottolinea che è Dio a “congiungere”- e quindi è peccaminosa ogni unione carnale (sessuale) prima e al di fuori del matrimonio-sacramento (è Dio che fa delle due persone “una carne sola”) - fa anche divieto di “separarsi”.
Chiunque è causa di tale degenerazione dell'amore coniugale e di tale separazione (ammesso che la causa sia davvero, ed è possibile, da parte di uno solo!) è in una situazione grave di peccato, che lo allontana da Dio e che lo obbliga a porvi rimedio, a convertirsi e a rifondare sull'amore di Dio e la grazia del sacramento del Matrimonio quell'amore che ha rovinato!

Si tenga presente che proprio il tempo del "fidanzamento" deve operare un profondo discernimento, perché certi fattori disgreganti che poi magari emergono con forza nel matrimonio, in genere, se ben osservati, potrebbero essere già individuati prima e far decidere di non legarsi a tale persona, che non offre garanzie sicure per una vera vita matrimoniale!

Nonostante ciò, anche la morale cristiana prevede l'estrema possibilità di una "separazione", possibilmente provvisoria e in vista di una possibile riunificazione (non è infatti un divorzio, sempre moralmente vietato), riunificazione per la quale bisogna impegnarsi, con la conversione e la preghiera.
Tale estrema possibilità si può eccezionalmente verificare quando, nonostante tutti gli sforzi per tornare nella via di Dio e nella pratica di un amore vero e cristiano, la situazione della famiglia (specie anche per il bene stesso dei figli) diventa talmente insopportabile da far ritenere che una (possibilmente provvisoria) separazione produca un male minore rispetto a ciò che rappresenta ormai di fatto una vita familiare resasi impossibile.
La predicazione e l'aiuto della Chiesa dovrebbe anche ricordare che il ricorso ad una preghiera intensa (ma si pregava insieme in quella famiglia che è arrivata a quei punti di non amore?!) può ottenere anche grazie apparentemente impossibili e che il fondo di tutti i problemi è sempre dato da una poca fede!

Il coniuge che avesse davvero solo subìto incolpevolmente tale situazione e persino separazione non è ovviamente in una situazione di peccato, anzi, si potrebbe dire che partecipa in modo particolare della Croce di Cristo (che è sempre salvifica e fonte di santificazione)! Può quindi continuare a ricevere il sacramento della Confessione e l'Eucaristia.
Con ciò, oltre a dover compiere ogni sforzo spirituale (con la preghiera) e concreto (dando comunque segni di amore verso il coniuge anche colpevole) per tornare a vivere quel loro matrimonio che è fondato per sempre sull'amore e la grazia di Dio (sacramento), anche il coniuge che non ne è colpevole non si trova in uno stato di matrimonio sciolto (perché appunto il matrimonio cristiano è indissolubile) e quindi non è "libero" di accedere ad una nuova unione (che sarebbe comunque di adulterio, perché sarebbe al di fuori del matrimonio-sacramento e non fondabile su un nuovo matrimonio-sacramento). 




Il riconoscimento di “nullità”
Nessuno, né gli interessati (sposi) né altri, né la Chiesa né il Papa … può sciogliere un matrimonio cristiano, perché è un “sacramento” fondato da Cristo e azione divina, non solo umana!
Non ci sono eccezioni che possano sciogliere questo “vincolo”, secondo appunto le parole stesse di Gesù.

Ma allora cosa sono quei Processi canonici che possono permettere ai Tribunali ecclesiastici di raggiungere anche un “giudizio” di “nullità” di un matrimonio-sacramento?
È errato parlare di “Sacra Rota”, come si dice popolarmente, perché essa è solo il Tribunale supremo di Roma, cui solo in casi estremi si può far ricorso (cioè una sorta di Cassazione); normalmente tali Processi canonici (con tanto di avvocati e giudici, spesso laici) avvengono nei Tribunali ecclesiastici diocesani, cioè della Chiesa locale. È anche erronea la diceria che tali Processi siano molto costosi (o addirittura che si possa per così dire “comprare” una Sentenza, per chi può permetterselo), perché, pur essendo impiegati anche dei laici (che vanno cioè pagati per il loro lavoro di avvocati o giudici) i costi sono in genere molto limitati ed è pure contemplata la possibilità che siano gratuiti per chi avesse difficoltà economiche per sostenerli.
Occorre fare molta attenzione alla stessa dicitura: non si tratta infatti di “annullamenti” (che, trattandosi di un Sacramento e quindi di un’opera di Dio, secondo la parola stessa di Gesù, nessuno, neppure il Papa, potrebbe annullare), ma di “riconoscimento di nullità”. In altri termini, visto che il sacramento del Matrimonio, come del resto anche gli altri Sacramenti, prevede delle condizioni perché sia “valido” quando viene celebrato [che sia un atto libero, che si voglia come sacramento voluto da Cristo, unico e indissolubile, aperto alla procreazione (diversa la condizione di sterilità, che non è una scelta) e con l’impegno dell’educazione cattolica dei figli],
 si può indagare, anche dopo anni e appunto con un regolare Processo, se al momento della sua celebrazione mancassero o fossero contraffatte tali condizioni. In tal caso, se il processo giunge a dimostrarlo, il giudice, a nome della Chiesa, dichiara ”nullo” quel matrimonio, cioè in realtà non è mai stato validamente celebrato e dunque agli occhi di Dio è inesistente (e come tale permette un altro matrimonio canonico, che risulterebbe quindi il primo matrimonio valido a tutti gli effetti, agli occhi stessi di Dio).


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Situazioni sanabili
- se non ci sono precedenti matrimoni-sacramento (in entrambi), si passi dalla convivenza o matrimonio solo civile al matrimonio-sacramento;
- si tenda a rompere la nuova unione (a meno che non ne siano nati dei figli o ci sia necessità di aiuto materiale) e si ritorni alla prima unione (matrimonio cristiano);
- si verifichi (mediante Processo canonico) la possibilità di "riconoscimento di nullità" del precedente matrimonio-sacramento. Se ottenuto tale riconoscimento, si celebri il matrimonio cristiano con il nuovo coniuge (se ovviamente anche il nuovo coniuge è libero e non ha mai celebrato un matrimonio-sacramento o a sua volta è stato riconosciuto come "nullo"): questo non sarebbe un nuovo matrimonio cristiano, che sarebbe impossibile se non in caso di vedovanza, ma il primo matrimonio cristiano, perché quello riconosciuto "nullo" di fatto è inesistente anche di fronte a Dio.

Situazione insanabili (anche per la presenza di figli nati da una nuova unione)
unica soluzione possibile

Se non è possibile ritornare a vivere la famiglia nata dal matrimonio-sacramento e non se ne ottiene il riconoscimento di nullità, e nello stesso tempo non è possibile sciogliere la nuova unione (o perché vi sono nati dei figli o si ritiene impossibile vivere da soli, sia pur sostenuti dalla grazia di Dio e con una particolare missione da vivere nella Chiesa e nel mondo) allora è necessario vivere la nuova unione nella fede e nell’amore, ma anche in castità (almeno come proposito fermo, sostenuto dalla preghiera) [singole cadute nel peccato possono essere “assolte” in Confessione. Non è invece assolvibile una situazione voluta e stabile di peccato]. In tale situazione, non essendoci rapporti sessuali, non si vive un rapporto di adulterio (come Gesù dice) ed è allora possibile riprendere pienamente la vita di grazia, anche potendo ricevere l’assoluzione dei peccati in Confessione e il Santissimo Corpo di N. S Gesù Cristo nella S. Comunione [tali Comunioni, lecite agli occhi di Dio, richiedono però di essere ricevute, per non creare scandalo o contribuire alla confusione attuale, in luoghi dove non è nota la situazione moralmente irregolare di tale unione (perché ovviamente non è richiesto obbligatoriamente di manifestare a tutti la propria vita di castità trattandosi appunto di questioni intime)].

Sul perché in tali situazioni insanabili (come in tutti i casi di volontà di permanenza nei peccati mortali, di ogni tipo), se non si vogliono seguire tali indicazioni morali, non ci si possa confessare (l’assoluzione sarebbe comunque nulla e la Confessione stessa oltre che peccaminosa sarebbe anche “sacrilega”) e quindi non si possa accedere alla S. Comunione sacramentale, avevamo già visto circa il Sacramento della Penitenza.

Nei casi di cui tanto si parla, cioè il presunto o reale desiderio dei divorziati riaccompagnati di accedere alla Comunione - una richiesta che sorprende (visto quanti pochi adulti cristiani nelle nostre moderne società occidentali desiderano così ardentemente Confessarsi e fare la Comunione) e che talora, nelle discussioni pubbliche e persino ecclesiali, ha il sapore di una rivendicazione sindacale, come "diritto" e per accedere pienamente alla Comunità, più che di un ardente desiderio dell'anima (quanto c'è davvero di sacro, di trascendente, di "fame di Dio" in tali richieste?) - si tenga presente che, trattandosi nientemeno che di 2 Comandamenti (VI e IX) e di 3 Sacramenti (Matrimonio, Confessione, Eucaristia), e quindi dei fondamenti stessi della fede cristiana (cattolica, cioè autentica, di origine divina!), nessuno, neppure il Papa, ha il potere di operare cambiamenti alla Parola di Dio e pure al costante bimillenario insegnamento della Chiesa!


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Il “metodo Bergoglio”

Come ormai sappiamo, normalmente il metodo usato (potremmo dire hegeliano) per far passare i grandi cambiamenti (rivoluzione? o addirittura apostasia?) si esplica in questi termini: far passare qualche annuncio choc (magari in un’intervista, che non è Magistero, talora persino in qualche modo smentita dal Vaticano), permettere qualche presa di posizione eretica di qualcuno (teologo ma anche qualche Vescovo o intere Conferenze Episcopali, solo apparentemente silenziate), aprire infinite discussioni (“sinodali”, così pare che certe scelte, già fatte a tavolino, vangano “dal basso”), produrre molti documenti e quelli decisivi esplicati in una scoraggiante prolissità, dove da qualche parte (magari in una nota a margine) si nasconde la “bomba” capace di distruggere l’intero edificio. Tale “mina vagante” è però un poco mimetizzata, così che non sia immediatamente evidente, anzi siano possibili numerose interpretazioni, anche in contraddizione netta tra loro, così da creare una confusione generalizzata e laceranti divisioni (anche tra episcopati). A chi, anche ai più alti livelli (persino qualche Cardinale che ancora “osa”), si permette di porre anche solo domande e richieste di chiarimenti per evidenziare o meno una posizione che potrebbe essere inaccettabile in quanto contraria al bimillenario insegnamento della Chiesa e persino alle parole stesse di Gesù, non si risponde neppure. Talora, per togliersi dall’evidente imbarazzo (per non passare esplicitamente per conclamati eretici o apostati), si passa la palla cioè la “responsabilità” a qualche vescovo o cardinale teologo (si dice di chiederlo a loro). Infine arriva da qualche parte la conferma su quale fosse ed è il vero “intento” (e per evitare dubbi la si mette anche tra i Documenti ufficiali della Santa Sede, così non fa rumore ma ufficialmente c’è). Nel frattempo, magari in piena estate (quando tutti sono un po’ addormentati o distratti), esce un documento che taglia come un machete la dottrina (o la liturgia) di sempre!

Nello specifico del Sacramento del Matrimonio (di origine divina, come tutti i Sacramenti, e da Dio stesso ogni volta operato; quindi con possibili marginali cambiamenti ma nella sua essenza indisponibile a chicchessia, Papa compreso) ricordiamo (su questo metodo) quanto segue...

Abbiamo avuto addirittura di seguito due Sinodi sulla Famiglia, uno propedeutico all’altro;
5-19.10.2014: Assemblea generale straordinaria;
4-25.10.2015: Assemblea generale ordinaria.
Ciò è stato preceduto da una sorta di inchiesta/questionario, inviata e poi raccolta da tutte le comunità ecclesiali (parrocchie, diocesi, ordini religiosi, movimenti, associazioni, …)
[C
ome se la “dottrina” (cioè la volontà di Dio) dipendesse dal consenso popolare (una simil-democrazia, dove, come vediamo ampiamente anche nella vita delle moderne democrazie occidentali, Italia compresa, la grandi decisioni sono comunque subdolamente e prepotentemente prese “altrove”!]

Poco prima del secondo decisivo Sinodo sulla famiglia, e appunto nel cuore dell’estate (15.08.2015; così che di fatto quasi nessuno ne ha parlato e tuttora ne parla!), è uscito un “Motu proprio” che è una vera e propria “bomba” silenziosa (solo per pochi giorni anche qualche giornale laico mondiale ha parlato in proposito e non a caso di “divorzio cattolico”): Mitis Iudex Dominus Iesus (sempre le belle e dolci parole … per nascondere il veleno). 
[Lo stesso giorno (15.08.2015) è uscito pure un analogo Motu proprio per le Chiese orientali: Mitis et misericors Iesus]

Si tratta di un documento-riforma decisivo, anche se passato appunto sotto silenzio, in quanto va a mutare certi criteri per svolgere i Processi di riconoscimento di nullità dei Matrimoni (vedi sopra).
La “bomba” , distruttiva del matrimonio proprio quando sembra andare caritatevolmente incontro all’uomo di oggi e alle “situazioni irregolari” attualmente esplose di numero, è data da un'enorme possibilità di “casi” in cui tali Processi (e giudici) possono concludere con un “riconoscimento di nullità”. Non a caso infatti, anche se con la solita malizia dei giornalisti, s’è parlato in merito (solo per poco appunto, perché dopo neppure due mesi si apriva il Sinodo e dopo 7 mesi c’era già la bomba dell’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia) di “divorzio cattolico”, cioè di una tale ampliata possibilità di ottenere il “riconoscimento di nullità” di un matrimonio cattolico precedente (infatti oggi concesso praticamente quasi a tutti!) per cui si potrebbe persino dire che la questione della Confessione-Comunione concessa in certi casi (da Amoris laetitia) ai divorziati (da un precedente matrimonio-sacramento) potrebbe persino non sussistere più, perché quel matrimonio-sacramento è facilmente riconoscibile come “nullo” cioè inesistente!
Una riprova di questa enorme (o abnorme) possibilità di riconoscimento di nullità è data ad esempio e soprattutto dall’Art 14 §1 di tale Motu proprio, in cui, al termine di un elenco di possibili casi che permetterebbero tale riconoscimento di nullità, compare incredibilmente un “eccetera”, cosa che fa ridere o rabbrividire qualsiasi giurista o canonista, perché in un vago “eccetera” si può astutamente inserire tutto quello che si vuole!

“Art. 14 § 1. Tra le circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve secondo i can. 1683-1687, si annoverano per esempio: quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici, ecc.


Il Sinodo 2015 sulla famiglia, trattandosi di Vescovi di tutto il mondo in consesso col Papa, avrebbe dovuto semmai affrontare la questione delle cause soprattutto “spirituali” (la perdita della fede) del tracollo della famiglia e dei matrimoni, specie in Occidente, o semmai affrontare la questione morale e canonica se nei Paesi di ormai perduta tradizione cattolica, dove il Sacramento del Matrimonio (sia pur in tragica diminuzione) viene chiesto più per tradizione e persino per folklore (un’occasione per fantasmagoriche feste dal sapore più pagano che cristiano) che per fede in Cristo e nel Sacramento stesso, possa essere ancora considerato “valido”.
In realtà i riflettori mediatici, dell’opinione pubblica e persino della Chiesa, erano tutti puntati sulla questione della “Comunione ai divorziati risposati”, perché ormai fa notizia solo ciò che è nell’agenda dei poteri forti globali e la Chiesa è approvata o rifiutata se si adegua o no a tale agenda!
Ovviamente, nonostante le pressioni e invasioni del circo mediatico, attraverso le comunicazioni ufficiali (addirittura quotidiane… ma è proprio indispensabile per la Santa Chiesa di Cristo, che deve pregare, meditare e aiutarsi per comprendere la “volontà di Dio”,  andare avanti sotto la pressione delle continue conferenze-stampa e interviste?) poteva apparire qualche incontro-scontro tra i Vescovi (oggi peraltro quasi tutti allineati al nuovo corso … pena essere catalogati ed emarginati come retrogradi tradizionalisti!), ma non si capiva cosa avrebbe poi partorito il grande cammino sinodale, anche perché è tradizione consolidata che i Sinodi non producano essi stessi documenti ufficiali ma consegnino il prodotto delle loro riflessioni nelle mani del Papa, perché se crede, come del resto finora è stato sempre fatto, ne tragga una documento magisteriale (in genere un’Esortazione apostolica post-sinodale), che raccoglie non semplicemente in modo democratico le diverse posizioni emerse ma le unifichi, confermi oppure smentisca autorevolmente (secondo il compito che Pietro ha ricevuto da Cristo stesso!) certe posizioni e offra alla Chiesa intera le proprie autorevoli indicazioni.
Evidentemente allora tutti gli occhi (soprattutto mediatici e conseguentemente popolari, perché ormai la gente e persino il popolo cattolico sa della Chiesa solo quello che dicono i telegiornali!) erano puntati su cosa avrebbe detto Francesco, il Papa “rivoluzionario”, nel suo atteso documento, soprattutto sulla magna quaestio dei divorziati risposati!


Amoris laetitia
L’atteso documento uscì il 19.03.2016; e per certi versi ha rappresentato uno spartiacque, così che molti Cattolici, anche di altro livello e dello stesso mondo della comunicazione (caso emblematico, perché addirittura notissimo “vaticanista” RAI, fu Aldo Maria Valli, come egli stesso dice), ma intere realtà cattoliche e anche non pochi pastori hanno da allora compreso dove stavamo precipitando (è ancora la Chiesa di Cristo?)!
L’astuzia è stata nascondere la “bomba” (peraltro tanto attesa, con speranza o timore), in un documento con tratti anche belli sull’amore umano e la bellezza del Vangelo (anche i titoli sono sempre accattivanti: “la letizia dell’amore”) ma di proporzioni enormi (circa 400 pagine), in una nota (351) del controverso capitolo 8° (che verte sul sedicente accompagnamento “pastorale” di tali situazioni cosiddette “irregolari”, quindi la questione non sembra più dottrinale ma pastorale, secondo la nota svalutazione “moderna” della verità, ormai smarrita, a favore della prassi).
Abbiamo già parlato di tale Esortazione apostolica riguardo al 
Sacramento della Penitenza, perché, come abbiamo sottolineato, la questione non è la possibilità di “fare la Comunione” (come oggi comunemente si dice al riguardo), che si può ricevere solo “in grazia di Dio”, cioè assolti dai peccati mortali (non è il “sacramento dei perfetti” ma che non si possa ricevere in stato di peccato mortale, pena fare sacrilegio, è dottrina sicura e perenne della Chiesa e quindi volontà di Dio!), ma appunto della possibilità di essere “assolti” in Confessione, perché laddove non ci sia il pentimento sincero e il fermo proposito di non più peccare (e di fuggirne anche le occasioni) qualsiasi peccato non può essere assolto [e non è da “delinquenti” non assolvere, ma, secondo la stessa volontà di Cristo e il perenne insegnamento della Chiesa (e lo Spirito Santo non è stato assente per due millenni!) è da “delinquenti” assolvere, perché si va contro la volontà di Dio, si mantengono le anime nel peccato, si conducono verso la possibile dannazione eterna e tra l’altro l’assoluzione stessa sarebbe un inganno perché in sé invalida)!
Abbiamo già ricordato, a proposito del sacramento della Penitenza, la sintesi della questione:

Dopo aver detto che “il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave” (nota 336), nella nota 351 si giunge appunto ad affermare che “in certi casi (di divorziati riaccompagnati!) ci potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti” e si ricorda ai sacerdoti confessori che “il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore” e “che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli»” (due citazioni che Francesco fa di se stesso). Si conclude quindi con un rimprovero ai Confessori che “esigono dai penitenti un proposito di pentimento senza ombra alcuna, per cui la misericordia sfuma sotto la ricerca di una giustizia ipoteticamente pura [...] mentre la prevedibilità di una nuova caduta «non pregiudica l’autenticità del proposito»”.
Insomma: sotto il pretesto che non si sa se soggettivamente ci sia colpa grave (è vero: questo lo sa solo Dio! ma allora non sia mai se c’è peccato o no?), che la Confessione non deve essere una tortura (si deve dare per scontato che c’è il pentimento e il proposito, anche se smentiti dai fatti?), che la Comunione non per i perfetti (ma è moralmente obbligatorio riceverla solo se si è “in grazia di Dio”, altrimenti si potrebbe mangiare persino la propria condanna, cfr. 1Cor 11,29) e che non si sa se il pentimento e il proposito di non più peccare sia perfetto (ma se si vive in una situazione stabile di peccato il proposito non c’è proprio, a meno che non si faccia il proposito di vivere in castità perfetta e se non c’è alcuna possibilità di tornare al proprio originario e vero Matrimonio cristiano), di fatto la conclusione è che anche in questa situazione (oggettivamente moralmente grave) ci si può Confessare e fare la Comunione. Anzi, che tali atti sessuali all'interno di quella coppia, potrebbero essere un bene!
Praticamente si ammette, in modo contrario al costante e  bimillenario insegnamento della Chiesa, che un grave peccato ("intrinsece malum") in certe condizioni possa diventare un "bene"! 

I
n altre Note, sempre del problematico e sconcertante Capitolo 8°, nonostante si smentisca la costante e sicura dottrina della Chiesa (sul Matrimonio, sulla Confessione, sulla Comunione, sull’imputabilità o meno di un peccato, sull’intrinsece malum e sull’adulterio, specie laddove è una situazione stabile di vita), si getta fumo negli occhi, andando addirittura a citare, oltre ovviamente se stesso, S. Tommaso d’Aquino (Sententia libri Ethicorum)Giovanni Paolo II (Familiaris consortio e Reconciliatio et paenitentia), la Congregazione per la Dottrina della Fede (Dich. Iura et bona, che però verteva sull’eutanasia), il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi (Dichiarazione sull’ammissibilità alla Comunione dei divorziati risposati del 24.06.2000) e il Concilio (Gaudium et spes, 51). In realtà Amoris laetitia smentisce clamorosamente l’insegnamento perenne della Chiesa, il Catechismo della Chiesa Cattolica, il Codice di Dirit