dalla

Lettera Enciclica di Papa Giovanni Paolo II

Ecclesia de Eucharistia

Sull’Eucaristia nel suo rapporto con la Chiesa
(17.04.2003, giovedì santo)
 

Introduzione

1. La Chiesa vive dell’Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un’esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa. Con gioia essa sperimenta in molteplici forme il continuo avverarsi della promessa: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20); ma nella sacra Eucaristia, per la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore, essa gioisce di questa presenza con un’intensità unica. Da quando, con la Pentecoste, la Chiesa, Popolo della Nuova Alleanza, ha cominciato il suo cammino pellegrinante verso la patria celeste, il Divin Sacramento ha continuato a scandire le sue giornate, riempiendole di fiduciosa speranza. Giustamente il Concilio Vaticano II ha proclamato che il Sacrificio eucaristico è «fonte e apice di tutta la vita cristiana».1 «Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini».2 Perciò lo sguardo della Chiesa è continuamente rivolto al suo Signore, presente nel Sacramento dell’Altare, nel quale essa scopre la piena manifestazione del suo immenso amore. 

3. Dal mistero pasquale nasce la Chiesa. Proprio per questo l’Eucaristia, che del mistero pasquale è il sacramento per eccellenza, si pone al centro della vita ecclesiale …

5. «Mysterium fidei! – Mistero della fede!». Quando il sacerdote pronuncia o canta queste parole, i presenti acclamano: «Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta». … Questo pensiero ci porta a sentimenti di grande e grato stupore. C’è, nell’evento pasquale e nell’Eucaristia che lo attualizza nei secoli, una «capienza» davvero enorme, nella quale l’intera storia è contenuta, come destinataria della grazia della redenzione. Questo stupore deve invadere sempre la Chiesa raccolta nella Celebrazione eucaristica. Ma in modo speciale deve accompagnare il ministro dell’Eucaristia. Infatti è lui, grazie alla facoltà datagli nel sacramento dell’Ordinazione sacerdotale, a compiere la consacrazione. è lui a pronunciare, con la potestà che gli viene dal Cristo del Cenacolo: «Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi… Questo è il calice del mio sangue, versato per voi …». Il sacerdote pronuncia queste parole o piuttosto mette la sua bocca e la sua voce a disposizione di Colui che le pronunciò nel Cenacolo, e volle che venissero ripetute di generazione in generazione da tutti coloro che nella Chiesa partecipano ministerialmente al suo sacerdozio. 

8. Quando penso all’Eucaristia, guardando alla mia vita di sacerdote, di Vescovo, di Successore di Pietro, mi viene spontaneo ricordare i tanti momenti e i tanti luoghi in cui mi è stato concesso di celebrarla. … Questo scenario così variegato delle mie Celebrazioni eucaristiche me ne fa sperimentare fortemente il carattere universale e, per così dire, cosmico. Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per restituire tutto il creato, in un supremo atto di lode, a Colui che lo ha fatto dal nulla. E così Lui, il sommo ed eterno Sacerdote, entrando mediante il sangue della sua Croce nel santuario eterno, restituisce al Creatore e Padre tutta la creazione redenta. Lo fa mediante il ministero sacerdotale della Chiesa, a gloria della Trinità Santissima. Davvero è questo il mysterium fidei che si realizza nell’Eucaristia: il mondo uscito dalle mani di Dio creatore torna a Lui redento da Cristo. 

9. L’Eucaristia, presenza salvifica di Gesù nella comunità dei fedeli e suo nutrimento spirituale, è quanto di più prezioso la Chiesa possa avere nel suo cammino nella storia. 

…10. Non c’è dubbio che la riforma liturgica del Concilio abbia portato grandi vantaggi per una più consapevole, attiva e fruttuosa partecipazione dei fedeli al santo Sacrificio dell’altare … 
Purtroppo, accanto a queste luci, non mancano delle ombre. Infatti vi sono luoghi dove si registra un pressoché completo abbandono del culto di adorazione eucaristica. Si aggiungono, nell’uno o nell’altro contesto ecclesiale, abusi che contribuiscono ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolica su questo mirabile Sacramento. Emerge talvolta una comprensione assai riduttiva del Mistero eucaristico. Spogliato del suo valore sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il valore di un incontro conviviale fraterno. Inoltre, la necessità del sacerdozio ministeriale, che poggia sulla successione apostolica, rimane talvolta oscurata e la sacramentalità dell’Eucaristia viene ridotta alla sola efficacia dell’annuncio. Di qui anche, qua e là, iniziative ecumeniche che, pur generose nelle intenzioni, indulgono a prassi eucaristiche contrarie alla disciplina nella quale la Chiesa esprime la sua fede. Come non manifestare, per tutto questo, profondo dolore? L’Eucaristia è un dono troppo grande, per sopportare ambiguità e diminuzioni. 
Confido che questa mia Lettera enciclica possa contribuire efficacemente a che vengano dissipate le ombre di dottrine e pratiche non accettabili, affinché l’Eucaristia continui a risplendere in tutto il fulgore del suo mistero.

1 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.

2 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5.
 


CAPITOLO PRIMO – MISTERO DELLA FEDE

11. «Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito» (1 Cor 11,23), istituì il Sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue. Le parole dell’apostolo Paolo ci riportano alla circostanza drammatica in cui nacque l’Eucaristia. Essa porta indelebilmente inscritto l’evento della passione e della morte del Signore. Non ne è solo l’evocazione, ma la ri-presentazione sacramentale. E’ il sacrificio della Croce che si perpetua nei secoli.9 Bene esprimono questa verità le parole con cui il popolo, nel rito latino, risponde alla proclamazione del «mistero della fede» fatta dal sacerdote: «Annunziamo la tua morte, Signore!». La Chiesa ha ricevuto l’Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma comeil dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza. Questa non rimane confinata nel passato, giacché «tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell’eternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi».10 Quando la Chiesa celebra l’Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del suo Signore, questo evento centrale di salvezza è reso realmente presente e «si effettua l’opera della nostra redenzione».11 Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l’ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti. Ogni fedele può così prendervi parte e attingerne i frutti inesauribilmente. Questa è la fede, di cui le generazioni cristiane hanno vissuto lungo i secoli. Questa fede il Magistero della Chiesa ha continuamente ribadito con gioiosa gratitudine per l’inestimabile dono.12  

12. … La Chiesa vive continuamente del sacrificio redentore, e ad esso accede non soltanto per mezzo di un ricordo pieno di fede, ma anche in un contatto attuale, poiché questo sacrificio ritorna presente, perpetuandosi sacramentalmente, in ogni comunità che lo offre per mano del ministro consacrato. In questo modo l’Eucaristia applica agli uomini d’oggi la riconciliazione ottenuta una volta per tutte da Cristo per l’umanità di ogni tempo. In effetti, « il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’Eucaristia sono un unico sacrificio ».14 

15. La ripresentazione sacramentale nella Santa Messa del sacrificio di Cristo coronato dalla sua risurrezione implica una specialissima presenza che – per riprendere le parole di Paolo VI – « si dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre non siano “reali’’, ma per antonomasia perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente ».22 E’ riproposta così la sempre valida dottrina del Concilio di Trento: « Con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo di Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione ».23 Davvero l’Eucaristia è mysterium fidei, mistero che sovrasta i nostri pensieri, e può essere accolto solo nella fede, come spesso ricordano le catechesi patristiche su questo divin Sacramento. « Non vedere – esorta san Cirillo di Gerusalemme – nel pane e nel vino dei semplici e naturali elementi, perché il Signore ha detto espressamente che sono il suo corpo e il suo sangue: la fede te lo assicura, benché i sensi ti suggeriscano altro ».24 «Adoro te devote, latens Deitas», continueremo a cantare con il Dottore Angelico. Di fronte a questo mistero di amore, la ragione umana sperimenta tutta la sua finitezza. Si comprende come, lungo i secoli, questa verità abbia stimolato la teologia ad ardui sforzi di comprensione. Sono sforzi lodevoli, tanto più utili e penetranti quanto più capaci di coniugare l’esercizio critico del pensiero col «vissuto di fede» della Chiesa, colto specialmente nel «carisma certo di verità» del Magistero e «nell’intima intelligenza delle cose spirituali» 25 che raggiungono soprattutto i Santi. Resta il confine additato da Paolo VI: «Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il corpo e il sangue adorabili del Signore Gesù ad essere realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino».26 

16. L’efficacia salvifica del sacrificio si realizza in pienezza quando ci si comunica ricevendo il corpo e il sangue del Signore. Il Sacrificio eucaristico è di per sé orientato all’unione intima di noi fedeli con Cristo attraverso la comunione: riceviamo Lui stesso che si è offerto per noi, il suo corpo che Egli ha consegnato per noi sulla Croce, il suo sangue che ha «versato per molti, in remissione dei peccati» (Mt 26, 28). Ricordiamo le sue parole: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me» (Gv 6,57). è Gesù stesso a rassicurarci che una tale unione, da Lui asserita in analogia a quella della vita trinitaria, si realizza veramente.L’Eucaristia è vero banchetto, in cui Cristo si offre come nutrimento. Quando, per la prima volta, Gesù annuncia questo cibo, gli ascoltatori rimangono stupiti e disorientati, costringendo il Maestro a sottolineare la verità oggettiva delle sue parole: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53). Non si tratta di un alimento metaforico: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda» (Gv 6,55). 

18. L’acclamazione che il popolo pronuncia dopo la consacrazione opportunamente si conclude manifestando la proiezione escatologica che contrassegna la Celebrazione eucaristica (cfr 1 Cor 11, 26): «nell’attesa della tua venuta». L’Eucaristia è tensione verso la meta, pregustazione della gioia piena promessa da Cristo (cfr Gv 15, 11); in certo senso, essa è anticipazione del Paradiso, «pegno della gloria futura».30 … Nell’Eucaristia riceviamo infatti anche la garanzia della risurrezione corporea alla fine del mondo: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). …

19. L’Eucaristia esprime e rinsalda la comunione con la Chiesa celeste. … ci uniamo alla liturgia celeste … L’Eucaristia è davvero uno squarcio di cielo che si apre sulla terra. è un raggio di gloria della Gerusalemme celeste, che penetra le nubi della nostra storia e getta luce sul nostro cammino. 

20. … ciò non indebolisce, ma piuttosto stimola il nostro senso di responsabilità verso la terra presente.33 … Annunziare la morte del Signore « finché egli venga » (1 Cor 11, 26) comporta, per quanti partecipano all’Eucaristia l’impegno di trasformare la vita, perché essa diventi, in certo modo, tutta «eucaristica».

9 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 47: « Salvator noster […] Sacrificium Eucharisticum Corporis et Sanguinis sui instituit, quo Sacrificium Crucis in saecula, donec veniret, perpetuaret ». 

10 Catechismo della Chiesa Cattolica, 1085. 

11 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 3. 

12 Cfr Paolo VI, Solenne professione di fede, 30 giugno 1968, 24: AAS 60 (1968), 442; Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), 12: AAS 72 (1980), 142. 

14 Ibid., 1367. 

22 Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), 764. 

23 Sess. XIII, Decr. de ss. Eucharistia, cap. 4: DS 1642. 

24 Catechesi mistagogiche, IV, 6: SCh 126, 138. 

25 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 8. 

26 Solenne professione di fede, 30 giugno 1968, 25: AAS 60 (1968), 442-443. 

30 Solennità del Ss.mo Corpo e Sangue di Cristo, antifona al Magnificat dei II Vespri. 

33 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes39. 




CAPITOLO SECONDO – L’EUCARISTIA EDIFICA LA CHIESA

22. L’incorporazione a Cristo, realizzata attraverso il Battesimo, si rinnova e si consolida continuamente con la partecipazione al Sacrificio eucaristico, soprattutto con la piena partecipazione ad esso che si ha nella comunione sacramentale. Possiamo dire che non soltanto ciascuno di noi riceve Cristo, ma che anche Cristo riceve ciascuno di noi. Egli stringe la sua amicizia con noi: « Voi siete miei amici » (Gv 15, 14). Noi, anzi, viviamo grazie a Lui: « Colui che mangia di me vivrà per me » (Gv 6,57). Nella comunione eucaristica si realizza in modo sublime il « dimorare » l’uno nell’altro di Cristo e del discepolo: « Rimanete in me e io in voi » (Gv 15, 4) …

Perciò dalla perpetuazione nell’Eucaristia del sacrificio della Croce e dalla comunione col corpo e con il sangue di Cristo la Chiesa trae la necessaria forza spirituale per compiere la sua missione. Così l’Eucaristia si pone come fonte e insieme come culmine di tutta l’evangelizzazione, poiché il suo fine è la comunione degli uomini con Cristo e in Lui col Padre e con lo Spirito Santo.41 

24. Ai germi di disgregazione tra gli uomini, che l’esperienza quotidiana mostra tanto radicati nell’umanità a causa del peccato, si contrappone la forza generatrice di unità del corpo di Cristo. L’Eucaristia, costruendo la Chiesa, proprio per questo crea comunità fra gli uomini. 

25. Il culto reso all’Eucaristia fuori della Messa è di un valore inestimabile nella vita della Chiesa. Tale culto è strettamente congiunto con la celebrazione del Sacrificio eucaristico. La presenza di Cristo sotto le sacre specie che si conservano dopo la Messa – presenza che perdura fintanto che sussistono le specie del pane e del vino45 – deriva dalla celebrazione del Sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e spirituale.46 Spetta ai Pastori incoraggiare, anche con la testimonianza personale, il culto eucaristico, particolarmente le esposizioni del Santissimo Sacramento, nonché la sosta adorante davanti a Cristo presente sotto le specie eucaristiche.47 

E’ bello intrattenersi con Lui e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto (cfr Gv 13, 25), essere toccati dall’amore infinito del suo cuore. Se il cristianesimo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l’«arte della preghiera»,48 come non sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento? Quante volte, miei cari fratelli e sorelle, ho fatto questa esperienza, e ne ho tratto forza, consolazione, sostegno! …

L’Eucaristia è un tesoro inestimabile: non solo il celebrarla, ma anche il sostare davanti ad essa fuori della Messa consente di attingere alla sorgente stessa della grazia. Una comunità cristiana che voglia essere più capace di contemplare il volto di Cristo … non può non sviluppare anche questo aspetto del culto eucaristico, nel quale si prolungano e si moltiplicano i frutti della comunione al corpo e al sangue del Signore.

41 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5. Lo stesso Decreto, al n. 6 dice: « Non è possibile che sia costruita una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della santissima Eucaristia ». 

45 Cfr Conc. Ecum. Tridentino, Sess. XIII, Decretum de ss. Eucharistia, can. 4: DS 1654. 

46 Cfr Rituale Romanum: De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam, 36 (n. 80).  

47 Cfr ibid., 38-39 (nn. 86-90). 

48 Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 32: AAS 93 (2001), 288. 



CAPITOLO TERZO – L’APOSTOLICITA’ DELL’EUCARISTIA E DELLA CHIESA

26. Se l’Eucaristia edifica la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia, ne consegue che la connessione tra l’una e l’altra è strettissima. Ciò è così vero da consentirci di applicare al Mistero eucaristico quanto diciamo della Chiesa quando, nel Simbolo niceno-costantinopolitano, la confessiamo « una, santa, cattolica e apostolica ». Una e cattolica è anche l’Eucaristia. Essa è pure santa, anzi è il Santissimo Sacramento. Ma è soprattutto alla sua apostolicità che vogliamo ora rivolgere la nostra attenzione.

28. Per questo nel Messale Romano è prescritto che sia unicamente il sacerdote a recitare la preghiera eucaristica, mentre il popolo vi si associa con fede e in silenzio.57 

29. L’espressione, ripetutamente usata dal Concilio Vaticano II, secondo cui «il sacerdote ministeriale compie il Sacrificio eucaristico in persona di Cristo»,58 era già ben radicata nell’insegnamento pontificio.59 Come ho avuto modo di chiarire in altra occasione, in persona Christi «vuol dire di più che “a nome”, oppure “nelle veci” di Cristo. In persona: cioè nella specifica, sacramentale identificazione col sommo ed eterno Sacerdote, che è l’autore e il principale soggetto di questo suo proprio sacrificio, nel quale in verità non può essere sostituito da nessuno».60 Il ministero dei sacerdoti che hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine, nell’economia di salvezza scelta da Cristo, manifesta che l’Eucaristia, da loro celebrata, è un dono che supera radicalmente il potere dell’assemblea ed è comunque insostituibile per collegare validamente la consacrazione eucaristica al sacrificio della Croce e all’Ultima Cena. 

L’assemblea che si riunisce per la celebrazione dell’Eucaristia necessita assolutamente di un sacerdote ordinato che la presieda per poter essere veramente assemblea eucaristica. D’altra parte, la comunità non è in grado di darsi da sola il ministro ordinato. Questi è un dono che essa riceve attraverso la successione episcopale risalente agli Apostoli. è il Vescovo che, mediante il sacramento dell’Ordine, costituisce un nuovo presbitero conferendogli il potere di consacrare l’Eucaristia. Pertanto «il Mistero eucaristico non può essere celebrato in nessuna comunità se non da un sacerdote ordinato come ha espressamente insegnato il Concilio Lateranense IV».61 

30. Il fatto poi che il potere di consacrare l’Eucaristia sia stato affidato solo ai Vescovi e ai presbiteri non costituisce alcuna diminuzione per il resto del Popolo di Dio, giacché nella comunione dell’unico corpo di Cristo che è la Chiesa questo dono ridonda a vantaggio di tutti …

31. Se l’Eucaristia è centro e vertice della vita della Chiesa, parimenti lo è del ministero sacerdotale. Per questo, con animo grato a Gesù Cristo Signore nostro, ribadisco che l’Eucaristia «è la principale e centrale ragion d’essere del Sacramento del sacerdozio, nato effettivamente nel momento dell’istituzione dell’Eucaristia e insieme con essa».63 

Le attività pastorali del presbitero sono molteplici. Se si pensa poi alle condizioni sociali e culturali del mondo attuale, è facile capire quanto sia incombente sui presbiteri il pericolo della dispersione in un gran numero di compiti diversi. … Si capisce, dunque, quanto sia importante per la vita spirituale del sacerdote, oltre che per il bene della Chiesa e del mondo, che egli attui la raccomandazione conciliare di celebrare quotidianamente l’Eucaristia, « la quale è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli ».65 In questo modo il sacerdote è in grado di vincere ogni tensione dispersiva nelle sue giornate, trovando nel Sacrificio eucaristico, vero centro della sua vita e del suo ministero, l’energia spirituale necessaria per affrontare i diversi compiti pastorali. Le sue giornate diventeranno così veramente eucaristiche. 

32. Tutto questo mostra quanto sia dolorosa e al di fuori del normale la situazione di una comunità cristiana che, pur proponendosi per numero e varietà di fedeli quale parrocchia, manca tuttavia di un sacerdote che la guidi. La parrocchia infatti è una comunità di battezzati che esprimono e affermano la loro identità soprattutto attraverso la celebrazione del Sacrificio eucaristico. Ma questo richiede la presenza di un presbitero, al quale soltanto compete di offrire l’Eucaristia in persona Christi. Quando la comunità è priva del sacerdote, giustamente si cerca di rimediare in qualche modo affinché continuino le celebrazioni domenicali, e i religiosi e i laici che guidano i loro fratelli e le loro sorelle nella preghiera esercitano in modo lodevole il sacerdozio comune di tutti i fedeli, basato sulla grazia del Battesimo. Ma tali soluzioni devono essere ritenute solo provvisorie, mentre la comunità è in attesa di un sacerdote. L’incompletezza sacramentale di queste celebrazioni deve innanzitutto spingere l’intera comunità a pregare con maggior fervore, affinché il Signore mandi operai nella sua messe (cfr Mt 9,38); e deve poi stimolarla a porre in atto tutti gli altri elementi costitutivi di un’adeguata pastorale vocazionale, senza indulgere alla tentazione di cercare soluzioni attraverso l’affievolimento delle qualità morali e formative richieste ai candidati al sacerdozio. 

33. (Occorre) mantenere viva nella comunità una vera “fame” dell’Eucaristia, che conduca a non perdere nessuna occasione di avere la celebrazione della Messa, anche approfittando della presenza occasionale di un sacerdote non impedito a celebrarla dal diritto della Chiesa …

57 Cfr Institutio generalis: Editio typica tertia, n. 147. 

58 Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 10 e 28; Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 2. 

59 « Il ministro dell’altare agisce in persona di Cristo in quanto capo, che offre a nome di tutte le membra »: Pio XII, Lett. enc. Mediator Dei (20 novembre 1947): AAS 39 (1947), 556; cfr Pio X, Esort. ap. Haerent animo (4 agosto 1908): Pii X Acta, IV, 16; Pio XI, Lett. enc. Ad catholici sacerdotii (20 dicembre 1935): AAS 28 (1936), 20.  

60 Lett. ap. Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), 8: AAS 72 (1980), 128-129. 

61 Congregazione per la Dottrina della Fede, Lett. Sacerdotium ministeriale (6 agosto 1983), III.4: AAS 75 (1983), 1006; cfr Conc. Ecum. Lateranense IV, cap. 1, Cost. sulla fede cattolica Firmiter credimusDS 802. 

63 Lett. ap. Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), 2: AAS 72 (1980), 115. 

65 Ibid., 13; cfr Codice di Diritto Canonico, can. 904; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 378. 


CAPITOLO QUARTO  – L’EUCARISTIA E LA COMUNIONE ECCLESIALE

34. L’Eucaristia appare dunque come culmine di tutti i Sacramenti nel portare a perfezione la comunione con Dio Padre mediante l’identificazione col Figlio Unigenito per opera dello Spirito Santo. … Proprio per questo è opportuno coltivare nell’animo il costante desiderio del Sacramento eucaristico. è nata di qui la pratica della «comunione spirituale», felicemente invalsa da secoli nella Chiesa e raccomandata da Santi maestri di vita spirituale. …

36. Non basta la fede, ma occorre perseverare nella grazia santificante e nella carità … A questo dovere lo richiama lo stesso Apostolo con l’ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11, 28). San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi».73 

In questa linea giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica stabilisce: « Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione ».74 Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale».75 

37. L’Eucaristia e la Penitenza sono due sacramenti strettamente legati. … Il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente, spetta soltanto all’interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza. Nei casi però di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale del buon ordine comunitario e per il rispetto del Sacramento, non può non sentirsi chiamata in causa. A questa situazione di manifesta indisposizione morale fa riferimento la norma del Codice di Diritto Canonico sulla non ammissione alla comunione eucaristica di quanti «ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto».76 

38. La comunione ecclesiale è anche visibile … Non è possibile dare la comunione alla persona che non sia battezzata o che rifiuti l’integra verità di fede sul Mistero eucaristico. Cristo è la verità e rende testimonianza alla verità (cfr Gv 14, 6; 18, 37); il Sacramento del suo corpo e del suo sangue non consente finzioni. 

39. Inoltre, per il carattere stesso della comunione ecclesiale e del rapporto che con essa ha il sacramento dell’Eucaristia, va ricordato che «il Sacrificio eucaristico, pur celebrandosi sempre in una particolare comunità, non è mai celebrazione di quella sola comunità» … La comunione ecclesiale dell’assemblea eucaristica è comunione col proprio Vescovo e col Romano Pontefice. … Di qui la grande verità espressa in vari modi dalla Liturgia: «Ogni celebrazione dell’Eucaristia è fatta in unione non solo con il proprio Vescovo ma anche con il Papa, con l’Ordine episcopale, con tutto il clero e con l’intero popolo. Ogni valida celebrazione dell’Eucaristia esprime questa universale comunione con Pietro e con l’intera Chiesa, oppure oggettivamente la richiama, come nel caso delle Chiese cristiane separate da Roma».83 

41. Questa peculiare efficacia nel promuovere la comunione, che è propria dell’Eucaristia, è uno dei motivi dell’importanza della Messa domenicale. Su di essa e sulle altre ragioni che la rendono fondamentale per la vita della Chiesa e dei singoli fedeli mi sono soffermato nella Lettera apostolica circa la santificazione della domenicaDies Domini,86 ricordando, tra l’altro, che per i fedeli partecipare alla Messa è un obbligo, a meno che non abbiano un impedimento grave, sicché ai Pastori s’impone il corrispettivo dovere di offrire a tutti l’effettiva possibilità di soddisfare al precetto.87 Più recentemente, nella Lettera apostolicaNovo millennio ineunte, nel tracciare il cammino pastorale della Chiesa all’inizio del terzo millennio, ho voluto dare particolare rilievo all’Eucaristia domenicale, sottolineandone l’efficacia creativa di comunione: «Essa – scrivevo – è il luogo privilegiato dove la comunione è costantemente annunciata e coltivata. Proprio attraverso la partecipazione eucaristica, il giorno del Signore diventa anche il giorno della Chiesa, che può svolgere così in modo efficace il suo ruolo di sacramento di unità».88 

42. La custodia e la promozione della comunione ecclesiale è un compito di ogni fedele, che trova nell’Eucaristia, quale sacramento dell’unità della Chiesa, un campo di speciale sollecitudine. Più in concreto, questo compito ricade con particolare responsabilità sui Pastori della Chiesa, ognuno nel proprio grado e secondo il proprio ufficio ecclesiastico. Perciò la Chiesa ha dato delle norme che mirano insieme a favorire l’accesso frequente e fruttuoso dei fedeli alla Mensa eucaristica e a determinare le condizioni oggettive in cui ci si deve astenere dall’amministrare la comunione. La cura nel favorirne la fedele osservanza diventa espressione effettiva di amore verso l’Eucaristia e verso la Chiesa.

73 Omelie su Isaia 6, 3: PG 56, 139. 

74 N. 1385; cfr Codice di Diritto Canonico, can. 916; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 711. 

75 Discorso ai membri della Sacra Penitenzieria Apostolica e ai Penitenzieri delle Basiliche Patriarcali di Roma (30 gennaio 1981): AAS 73 (1981), 203. Cfr Conc. Ecum. Tridentino, Sess. XIII, Decretum de ss. Eucharistia, cap. 7 et can. 11: DS 1647, 1661. 

76 Can. 915; cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 712. 

83 Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa come comunione Communionis notio (28 maggio 1992), 14: AAS 85 (1993), 847. 

86 Cfr nn. 31-51: AAS 90 (1998), 731-746. 

87 Cfr ibid., nn. 48-49: AAS 90 (1998), 744. 

88 N. 36: AAS 93 (2001), 291-292. 


CAPITOLO QUINTO  – IL DECORO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

47. Chi legge nei Vangeli sinottici il racconto dell’istituzione eucaristica, resta colpito dalla semplicità e insieme dalla «gravità», con cui Gesù, la sera dell’Ultima Cena, istituisce il grande Sacramento. C’è un episodio che, in certo senso, fa da preludio: è l’unzione di Betania. Una donna, identificata da Giovanni con Maria sorella di Lazzaro, versa sul capo di Gesù un vasetto di profumo prezioso, provocando nei discepoli – in particolare in Giuda (cfr Mt 26, 8; Mc 14, 4; Gv 12, 4) – una reazione di protesta, come se tale gesto, in considerazione delle esigenze dei poveri, costituisse uno «spreco» intollerabile. Ma la valutazione di Gesù è ben diversa. Senza nulla togliere al dovere della carità verso gli indigenti, ai quali i discepoli si dovranno sempre dedicare – «i poveri li avete sempre con voi» (Mt 26, 11; Mc 14, 7; cfr Gv 12, 8) – Egli guarda all’evento imminente della sua morte e della sua sepoltura, e apprezza l’unzione che gli è stata praticata quale anticipazione di quell’onore di cui il suo corpo continuerà ad essere degno anche dopo la morte, indissolubilmente legato com’è al mistero della sua persona. 
Il racconto continua, nei Vangeli sinottici, con l’incarico dato da Gesù ai discepoli per l’accurata preparazione della «grande sala» necessaria per consumare la cena pasquale (cfr Mc 14, 15; Lc 22, 12), e con la narrazione dell’istituzione dell’Eucaristia. Lasciando almeno in parte intravedere il quadro dei riti ebraici della cena pasquale fino al canto dell’Hallel (cfr Mt 26, 30; Mc 14, 26), il racconto offre in maniera concisa quanto solenne, pur nelle varianti delle diverse tradizioni, le parole dette da Cristo sul pane e sul vino, da Lui assunti quali concrete espressioni del suo corpo donato e del suo sangue versato. Tutti questi particolari sono ricordati dagli Evangelisti alla luce di una prassi di «frazione del pane» ormai consolidata nella Chiesa primitiva. Ma certo, fin dalla storia vissuta di Gesù, l’evento del Giovedì Santo porta visibilmente i tratti di una «sensibilità» liturgica, modulata sulla tradizione antico-testamentaria e pronta a rimodularsi nella celebrazione cristiana in sintonia col nuovo contenuto della Pasqua. 

48. Come la donna dell’unzione di Betania, la Chiesa non ha temuto di «sprecare», investendo il meglio delle sue risorse per esprimere il suo stupore adorante di fronte al dono incommensurabile dell’Eucaristia. Non meno dei primi discepoli incaricati di predisporre la «grande sala», essa si è sentita spinta lungo i secoli e nell’avvicendarsi delle culture a celebrare l’Eucaristia in un contesto degno di così grande Mistero. Sull’onda delle parole e dei gesti di Gesù, sviluppando l’eredità rituale del giudaismo, è natala liturgia cristiana. E in effetti, che cosa mai potrebbe bastare, per esprimere in modo adeguato l’accoglienza del dono che lo Sposo divino continuamente fa di sé alla Chiesa-Sposa, mettendo alla portata delle singole generazioni di credenti il Sacrificio offerto una volta per tutte sulla Croce, e facendosi nutrimento di tutti i fedeli? Se la logica del «convito» ispira familiarità, la Chiesa non ha mai ceduto alla tentazione di banalizzare questa «dimestichezza» col suo Sposo dimenticando che Egli è anche il suo Signore e che il «convito» resta pur sempre un convito sacrificale, segnato dal sangue versato sul Golgota. Il Convito eucaristico è davvero convito «sacro», in cui la semplicità dei segni nasconde l’abisso della santità di Dio: «O Sacrum convivium, in quo Christus sumitur!». Il pane che è spezzato sui nostri altari, offerto alla nostra condizione di viandanti in cammino sulle strade del mondo, è «panis angelorum», pane degli angeli, al quale non ci si può accostare che con l’umiltà del centurione del Vangelo: «Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto» (Mt 8,8; Lc 7,6). 

49. Sull’onda di questo elevato senso del mistero, si comprende come la fede della Chiesa nel Mistero eucaristico si sia espressa nella storia non solo attraverso l’istanza di un interiore atteggiamento di devozione, ma anche attraverso una serie di espressioni esterne, volte ad evocare e sottolineare la grandezza dell’evento celebrato. Nasce da questo il percorso che ha condotto, progressivamente, a delineare uno speciale statuto di regolamentazione della liturgia eucaristica, nel rispetto delle varie tradizioni ecclesiali legittimamente costituite. Su questa base si è sviluppato anche un ricco patrimonio di arte. L’architettura, la scultura, la pittura, la musica, lasciandosi orientare dal mistero cristiano, hanno trovato nell’Eucaristia, direttamente o indirettamente, un motivo di grande ispirazione.

E’ stato così, ad esempio, per l’architettura, che ha visto il passaggio, non appena il contesto storico lo ha consentito, dalle iniziali sedi eucaristiche poste nelle «domus» delle famiglie cristiane alle solenni basiliche dei primi secoli, alle imponenti cattedrali del Medioevo, fino alle chiese grandi o piccole, che hanno via via costellato le terre raggiunte dal cristianesimo. Le forme degli altari e dei tabernacoli si sono sviluppate dentro gli spazi delle aule liturgiche seguendo di volta in volta non solo i motivi dell’estro, ma anche i dettami di una precisa comprensione del Mistero. Altrettanto si può dire dellamusica sacra, se solo si pensa alle ispirate melodie gregoriane, ai tanti e spesso grandi autori che si sono cimentati con i testi liturgici della Santa Messa. E non si rileva forse un’enorme quantità di produzioni artistiche, dalle realizzazioni di un buon artigianato alle vere opere d’arte, nell’ambito degli oggetti e dei paramenti utilizzati per la Celebrazione eucaristica? 
Si può dire così che l’Eucaristia, mentre ha plasmato la Chiesa e la spiritualità, ha inciso fortemente sulla «cultura», specialmente in ambito estetico. 

50. In questo sforzo di adorazione del Mistero colto in prospettiva rituale ed estetica, hanno, in certo senso, «gareggiato» i cristiani dell’Occidente e dell’Oriente. Come non rendere grazie al Signore, in particolare, per il contributo dato all’arte cristiana dalle grandi opere architettoniche e pittoriche della tradizione greco-bizantina e di tutta l’area geografica e culturale slava? In Oriente l’arte sacra ha conservato un senso singolarmente forte del mistero, spingendo gli artisti a concepire il loro impegno nella produzione del bello non soltanto come espressione del loro genio, ma anche come autentico servizio alla fede. Essi, andando ben oltre la semplice perizia tecnica, hanno saputo aprirsi con docilità al soffio dello Spirito di Dio. 
Gli splendori delle architetture e dei mosaici nell’Oriente e nell’Occidente cristiano sono un patrimonio universale dei credenti, e portano in se stessi un auspicio, e direi un pegno, della desiderata pienezza di comunione nella fede e nella celebrazione. Ciò suppone ed esige, come nel celebre dipinto della Trinità di Rublëv, una Chiesa profondamente «eucaristica», in cui la condivisione del mistero di Cristo nel pane spezzato è come immersa nell’ineffabile unità delle tre Persone divine, facendo della Chiesa stessa un’«icona» della Trinità. 
In questa prospettiva di un’arte tesa ad esprimere, in tutti i suoi elementi, il senso dell’Eucaristia secondo l’insegnamento della Chiesa, occorre prestare ogni attenzione alle norme che regolano la costruzione e l’arredo degli edifici sacri. Ampio è lo spazio creativo che la Chiesa ha sempre lasciato agli artisti, come la storia dimostra e come io stesso ho sottolineato nella Lettera agli artisti.100 Ma l’arte sacra deve contraddistinguersi per la sua capacità di esprimere adeguatamente il Mistero colto nella pienezza di fede della Chiesa e secondo le indicazioni pastorali convenientemente offerte dall’Autorità competente. è questo un discorso che vale per le arti figurative come per la musica sacra. 

51. Ciò che è avvenuto nelle terre di antica cristianizzazione in tema di arte sacra e di disciplina liturgica, si va sviluppando anche nei continenti in cui il cristianesimo è più giovane. è, questo, l’orientamento fatto proprio dal Concilio Vaticano II a proposito dell’esigenza di una sana quanto doverosa «inculturazione». Nei miei numerosi viaggi pastorali ho avuto modo di osservare, in tutte le parti del mondo, di quanta vitalità sia capace la Celebrazione eucaristica a contatto con le forme, gli stili e le sensibilità delle diverse culture. Adattandosi alle cangianti condizioni di tempo e di spazio, l’Eucaristia offre nutrimento non solo ai singoli, ma agli stessi popoli, e plasma culture cristianamente ispirate. 

E’ necessario tuttavia che questo importante lavoro di adattamento sia compiuto nella costante consapevolezza dell’ineffabile Mistero con cui ogni generazione è chiamata a misurarsi. Il «tesoro» è troppo grande e prezioso per rischiare di impoverirlo o di pregiudicarlo mediante sperimentazioni o pratiche introdotte senza un’attenta verifica da parte delle competenti Autorità ecclesiastiche. La centralità del Mistero eucaristico, peraltro, è tale da esigere che la verifica avvenga in stretto rapporto con la Santa Sede. Come scrivevo nell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Asia, «una simile collaborazione è essenziale perché la Sacra Liturgia esprime e celebra l’unica fede professata da tutti ed essendo eredità di tutta la Chiesa non può essere determinata dalle Chiese locali isolate dalla Chiesa universale».101 

52. Si comprende, da quanto detto, la grande responsabilità che hanno, nella Celebrazione eucaristica, soprattutto i sacerdoti, ai quali compete di presiederla in persona Christi, assicurando una testimonianza e un servizio di comunione non solo alla comunità che direttamente partecipa alla celebrazione, ma anche alla Chiesa universale, che è sempre chiamata in causa dall’Eucaristia. Occorre purtroppo lamentare che, soprattutto a partire dagli anni della riforma liturgica post-conciliare, per un malinteso senso di creatività e di adattamento, non sono mancati abusi, che sono stati motivo di sofferenza per molti. Una certa reazione al «formalismo» ha portato qualcuno, specie in alcune regioni, a ritenere non obbliganti le «forme» scelte dalla grande tradizione liturgica della Chiesa e dal suo Magistero e a introdurre innovazioni non autorizzate e spesso del tutto sconvenienti. 

Sento perciò il dovere di fare un caldo appello perché, nella Celebrazione eucaristica, le norme liturgiche siano osservate con grande fedeltà. Esse sono un’espressione concreta dell’autentica ecclesialità dell’Eucaristia; questo è il loro senso più profondo. La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i Misteri. L’apostolo Paolo dovette rivolgere parole brucianti nei confronti della comunità di Corinto per le gravi mancanze nella loro Celebrazione eucaristica, che avevano condotto a divisioni (skísmata) e alla formazione di fazioni (‘airéseis) (cfr 1 Cor 11, 17-34). Anche nei nostri tempi, l’obbedienza alle norme liturgiche dovrebbe essere riscoperta e valorizzata come riflesso e testimonianza della Chiesa una e universale, resa presente in ogni celebrazione dell’Eucaristia. Il sacerdote che celebra fedelmente la Messa secondo le norme liturgiche e la comunità che a queste si conforma dimostrano, in un modo silenzioso ma eloquente, il loro amore per la Chiesa. Proprio per rafforzare questo senso profondo delle norme liturgiche, ho chiesto ai Dicasteri competenti della Curia Romana di preparare un documento più specifico, con richiami anche di carattere giuridico, su questo tema di grande importanza. A nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale.

100 Cfr AAS 91 (1999), 1155-1172. 

101 N. 22: AAS 92 (2000), 485.


CAPITOLO SESTO – ALLA SCUOLA DI MARIA, DONNA «EUCARISTICA»

54. … Con la premura materna testimoniata alle nozze di Cana, Maria sembra dirci: « Non abbiate tentennamenti, fidatevi della parola di mio Figlio. Egli, che fu capace di cambiare l’acqua in vino, è ugualmente capace di fare del pane e del vino il suo corpo e il suo sangue, consegnando in questo mistero ai credenti la memoria viva della sua Pasqua, per farsi in tal modo “pane di vita” ». 

55. … C’è pertanto un’analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell’Angelo, e l’amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore. … 

56. Maria fece sua, con tutta la vita accanto a Cristo, e non soltanto sul Calvario, la dimensione sacrificale dell’Eucaristia. …

57. « Fate questo in memoria di me » (Lc 22, 19). Nel « memoriale » del Calvario è presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua passione e nella sua morte. Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore. A lei infatti consegna il discepolo prediletto e, in lui, consegna ciascuno di noi: « Ecco tuo figlio! ». Ugualmente dice anche a ciascuno di noi: « Ecco tua madre! » (cfr Gv 19, 26-27). … Anche per questo il ricordo di Maria nella Celebrazione eucaristica è unanime, sin dall’antichità, nelle Chiese dell’Oriente e dell’Occidente.


CONCLUSIONE

59. «Ave, verum corpus natum de Maria Virgine, / vere passum, immolatum, in cruce pro homine!». Qui c’è il tesoro della Chiesa, il cuore del mondo, il pegno del traguardo a cui ciascun uomo, anche inconsapevolmente, anela. Mistero grande, che ci supera, certo, e mette a dura prova la capacità della nostra mente di andare oltre le apparenze. Qui i nostri sensi falliscono – «visus, tactus, gustus in te fallitur», è detto nell’inno Adoro te devote –, ma la sola fede, radicata nella parola di Cristo a noi consegnata dagli Apostoli, ci basta. …

60. All’alba di questo terzo millennio, noi tutti figli della Chiesa siamo sollecitati a camminare con un rinnovato slancio nella vita cristiana. Come ho scritto nella Lettera apostolicaNovo millennio ineunte, «non si tratta di inventare un “nuovo programma”. Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in Lui la vita trinitaria, e trasformare con Lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste».103 L’attuazione di questo programma di un rinnovato slancio nella vita cristiana passa attraverso l’Eucaristia. …

61. Il Mistero eucaristico – sacrificio, presenza, banchetto – non consente riduzioni né strumentalizzazioni; va vissuto nella sua integrità, sia nell’evento celebrativo, sia nell’intimo colloquio con Gesù appena ricevuto nella comunione, sia nel momento orante dell’adorazione eucaristica fuori della Messa … Non c’è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero, perché «in questo Sacramento si riassume tutto il mistero della nostra salvezza».104 

62. Mettiamoci, miei carissimi fratelli e sorelle,alla scuola dei Santi, grandi interpreti della vera pietà eucaristica. In loro la teologia dell’Eucaristia acquista tutto lo splendore del vissuto, ci «contagia» e, per così dire, ci «riscalda». Mettiamoci soprattuttoin ascolto di Maria Santissima, nella quale il Mistero eucaristico appare, più che in ogni altro, come mistero di luce. Guardando a lei conosciamo la forza trasformante che l’Eucaristia possiede. In lei vediamo il mondo rinnovato nell’amore. Contemplandola assunta in Cielo in anima e corpo, vediamo uno squarcio dei «cieli nuovi» e della «terra nuova» che si apriranno ai nostri occhi con la seconda venuta di Cristo. Di essi l’Eucaristia costituisce qui in terra il pegno e, in qualche modo, l’anticipazione: «Veni, Domine Iesu!» (Ap 22,20). 

Nell’umile segno del pane e del vino, transustanziati nel suo corpo e nel suo sangue, Cristo cammina con noi, quale nostra forza e nostro viatico, e ci rende per tutti testimoni di speranza. Se di fronte a questo Mistero la ragione sperimenta i suoi limiti, il cuore illuminato dalla grazia dello Spirito Santo intuisce bene come atteggiarsi, inabissandosi nell’adorazione e in un amore senza limiti. 

Facciamo nostri i sentimenti di san Tommaso d’Aquino, sommo teologo e insieme appassionato cantore di Cristo eucaristico, e lasciamo che anche il nostro animo si apra nella speranza alla contemplazione della meta, verso la quale il cuore aspira, assetato com’è di gioia e di pace: 
« Bone pastor, panis vere, Iesu, nostri miserere… ». 
Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,portaci ai beni eterni nella terra dei viventi.
 
Tu che tutto sai e puoi,che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielonella gioia dei tuoi santi
”.

103 N. 29: AAS 93 (2001), 285. 

104 San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, III, q. 83, a. 4 c.