Un aiuto per capire la fede: Gesù Cristo

Questione 4.12


Domanda:

Se solo in Gesù Cristo c’è salvezza, se solo conoscendoLo, seguendoLo e partecipando alla Sua vita si è salvi, che ne è di quelli che non ci credono, che sono atei o che credono in altri déi o religioni?

Risposta:

Nella cultura dominante prevale il relativismo, secondo cui non esistono verità ma solo opinioni.

In questo contesto – come abbiamo osservato nella Questione 1 – anche la parola “tolleranza”, che positivamente indica il rispetto di ogni idea, viene a coincidere con quello di “equivalenza” di ogni ideale; per cui paradossalmente si viene a rispettare ogni opinione purché rimanga opinione e non si elevi a livello di verità, oggettiva ed universale, cioè valida per tutti (non nel senso che dipenda da un consenso universale, ma nel senso che è il senso vero della nostra natura umana, uguale per tutti) ed il significato completo della vita di ogni uomo

Per questo oggi può risultare perfino irritante ascoltare l’annuncio che questo senso pieno della vita si è rivelato, ci è stato donato, ed è solo Cristo Signore! Eppure è questo l’annuncio cristiano e la missione della Chiesa. Questo è il mandato di Cristo risorto per raggiungere e salvare gli uomini di tutti i tempi e luoghi; e questa è la missione che la Chiesa ha sempre adempiuto lungo i secoli, a cominciare dai primi giorni e per sempre.

Così si esprime infatti S. Pietro nella prima predica pubblica della Chiesa, il giorno stesso di Pentecoste: “Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso […] Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo” (At 2,36.38) E poco dopo rispose ai sommi sacerdoti che l’avevano arrestato e gli intimavano di non parlare più di Gesù: “in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12).

Così infatti aveva comandato agli Apostoli Gesù risorto: “Mi è stato dato ogni potere in cielo ed in terra. Andate dunque ed ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,18-20 – termine del Vangelo). “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,15-16).

Gesù, essendo Dio stesso fatto uomo, è un “caso” unico, anche nella storia delle religioni. Egli è per questo l’unico salvatore, l’unico mediatore tra Dio e gli uomini (nella Sua stessa persona, essendo vero Dio e vero uomo) [“Uno solo è Dio e uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1 Tm 2,5)]. 
Ridurre Cristo a uno fra i tanti, anche semplicemente ad uno dei tanti fondatori di religione, sarebbe la più grande bestemmia, perché sarebbe vanificare l’opera suprema che Dio ha compiuto per la salvezza dell’uomo, mediante l’incarnazione, la morte e la risurrezione di Suo Figlio ed il dono dello Spirito Santo.
Riconoscere che Gesù è Dio e sapere che questa è la necessaria, suprema, unica e definitiva rivelazione di Dio all’umanità, dunque la suprema Verità, non significa però che altrove ci sia solo errore. Come possiamo capire, tra l’errore totale e la Verità totale, c’è la possibilità di infinite verità parziali. Certo nessuna di queste verità potrà mai essere in antitesi con ciò che Dio ha rivelato in Cristo, non potendo ovviamente sussistere verità tra loro contraddittorie, e non potendo Dio stesso sbagliarsi (né tanto meno esserci più déi).
Questo significa che le Verità che Dio ha rivelate – che non sono tutte ma quelle necessarie per la nostra salvezza – non possono essere contraddette da altre presunte verità, ma che possono esserci verità parziali, presenti in tante culture e religioni e in ogni uomo che onestamente pensa e ragiona. Queste parziali verità trovano, nell’incontro con Cristo, l’opportunità di essere meglio capite, purificate da errore ed innalzate a livelli superiori. Possono in certi casi essere perfino di stimolo per comprendere meglio ciò che Dio ha rivelato.

Questo trova conferma storica non solo nell’autentico dialogo interreligioso, ma anche in quel fecondo rapporto tra fede e ragione (ad esempio tra teologia e filosofia) che ha permesso per molti secoli, ma in fondo in ogni tempo, di conoscere sempre meglio le verità scopribili dalla ragione ma anche quelle rivelate da Dio stesso.

Tutto ciò che di bene, bello, vero, giusto è presente in ogni religione ed in ogni espressione culturale ed autenticamente umana, non viene censurato, ma assunto, purificato ed innalzato dall’incontro con Cristo (cfr. ad es. Fil 4,8).

Non per nulla la civiltà cristiana ha promosso in modo incomparabile lo sviluppo della cultura, dell’arte e della scienza, come la storia – specie della civiltà occidentale – dimostra. Allo stesso modo, la missione della Chiesa non ha mai censurato nulla di ciò che di grande esisteva nelle civiltà precristiane o non-cristiane, ma l’ha purificato e condotto a compimento.

Certo, nessuno deve accontentarsi del “di meno” di fronte ad un “di più”. A richiederlo è già la dinamica stessa del nostro spirito, che si muove infatti inesorabilmente verso una Verità-Bene-Bellezza infinite.
Ora, avendo Dio fatto all’uomo l’immenso “dono” di rivelarsi pienamente e di chiamarlo in Cristo a partecipare addirittura alla Sua stessa vita, fin d’ora e per l’eternità, tale dono e tale chiamata non possono certamente essere considerati facoltativi. E’ anzi ciò per il quale siamo stati creati (cfr. Ef 1,3-10). E’ perciò grave colpa rifiutarlo o limitarsi a ciò che si credeva quando ancora non era avvenuto questo. Può esserci perfino un’ignoranza colpevole, se uno ha le possibilità di sapere e conoscere Cristo e rimane nell’indifferenza, nella superficialità, nell’apatia. Anche in questo caso non c’è salvezza. Cristo infatti è l’unica salvezza dell’uomo di ogni tempo e luogo. E’ Lui la “via ordinaria della salvezza”.

Chi non per colpa propria (e in senso specifico solo Dio lo sa) non ha avuto la possibilità di conoscerLo e di convertirsi a Lui, o perché nato prima di Cristo, o perché cresciuto in luoghi dove l’annuncio cristiano non è ancora arrivato o viene soffocato dalla mentalità dominante, potrebbe “in via straordinaria” essere salvato, sempre comunque per i meriti di Cristo, se avrà almeno sinceramente seguito quelle parziali verità proprie della propria cultura o religione, o almeno quella “voce della coscienza” che è già una prima voce di Dio che risuona nel cuore dell’uomo.

In proposito ricordiamo come la “coscienza”, che è la parte più intima dell’uomo (dove nascono i pensieri e le decisioni), ha il fondamentale diritto della “libertà” (appunto il diritto alla libertà di coscienza e di tutte le sue espressioni), ma ha anche l’altrettanto fondamentale dovere – oggi spesso trascurato – di cercare e conoscere la “verità”.

Secondo il comando stesso del Signore, rimane però il dovere, per chi già conosce Cristo, di annunciarLo a chiunque, ed il corrispondente diritto di chiunque di conoscerLo.

Essendo la verità sostanzialmente un giudizio (giudico bene se colgo le cose per quello che sono, cioè con verità), la sorgente e la pienezza della verità è Dio stesso, Creatore e Signore di tutte le cose, fatto uomo in Cristo. Il giudizio autentico e completo spetta dunque a Lui solo. Suo sarà infatti l’inappellabile giudizio finale, che chiamiamo infatti “giudizio universale”, e sarà appunto il rendersi universalmente evidente della Verità e anche della nostra conformità o difformità ad essa. Ma Dio, mediante la Sua Rivelazione ed il nostro assenso mediante la fede, ci fa partecipi del Suo giudizio, proprio perché ci fa conoscere il Suo pensiero, la Verità (“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi … e se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero!”, Gv 8,32.36; cfr. 1Cor 2,16). La fede stessa, come risposta e assenso a ciò che Dio ci rivela, è il nuovo “giudizio” su tutte le cose, la scoperta della verità della vita e di tutte le cose. Quando dunque Gesù ci dice che non dobbiamo giudicare, significa che non possiamo giudicare adeguatamente le persone (cfr. Lc 6,37). Questo giudizio spetta infatti a Lui solo, perché solo Lui può sapere il grado di colpevolezza o di merito di una persona, perché solo Lui può conoscere il segreto dell’uomo ed il rapporto reale tra le grazie donate e l’impegno di quella persona nel farle fruttificare (“talenti” dati e trafficati, cfr. Mt 25,14-30). Invece, per un giudizio sulla verità, sul bene e sul male, possiamo dire che proprio l’incontro con Cristo, con la Sua parola, la Sua vita, la Sua presenza, ci permette il giudizio nuovo e più profondo su tutte le cose (la “fede” è questo giudizio; cfr. 1Cor 2,15), cioè di scoprire molto meglio (ma mai contrariamente) di come potremmo farlo con la solo ragione, di cosa è vero, bene, bello, cioè del senso vero della vita.