C’è davvero una vita dopo questa vita? Che differenza c’è tra immortalità dell’anima, reincarnazione e risurrezione? (Questione 7.1)

Un aiuto per capire la fede: l’Aldilà

Questione 7.1


C’è davvero una vita dopo questa vita? Che differenza c’è tra immortalità dell’anima, reincarnazione e risurrezione?

Che l’uomo abbia un’anima spirituale e immortale è non solo convinzione universale dell’umanità, presente in ogni civiltà, cultura e religione della storia, ma è anche conclusione razionale raggiunta dalla maggior parte delle filosofie (almeno fino al sec. XIX).

Come la ragione può scoprire che l’anima dell’uomo è spirituale e come tale è immortale? Perché le attività tipiche dell’uomo, cioè il pensiero (astratto) e la volontà (libera) sono facoltà superiori, che non si spiegano solo con la materia (cervello). I più grandi filosofi dell’antichità greca avevano infatti colto che, se ogni vivente richiede un principio di vita (anima), tale causa nell’uomo deve essere spirituale (spirito, “pneuma”) a motivo dei suoi effetti spirituali.

Noi infatti, pur non potendo vedere l’anima in quanto invisibile, ne abbiamo una sorta di intuizione: siamo infatti coscienti delle nostre azioni e perfino dei nostri stessi pensieri. Soprattutto possiamo compiere attività intellettuali (spirituali), come pensare in modo astratto, concettuale, ragionare (collegando concetti e affermazioni, così da raggiungere nuove conoscenze) e volere in modo libero (così che siamo padroni e responsabili dei nostri atti). E proprio questo ci caratterizza come esseri umani, rendendoci superiori ad ogni altro animale, così che appunto noi, pur fisicamente meno dotati di tanti animali, siamo diventati i signori del pianeta e continuamente progrediamo nelle nostre conoscenze. Gli animali infatti non hanno un’anima spirituale e non hanno di conseguenza né la coscienza di sé, né tanto meno la coscienza di Dio e neppure di una vita dopo questa vita.

Nello stato attuale di vita terrena, queste due facoltà (pensiero e libertà) richiedono certamente per esprimersi un cervello particolarmente evoluto, miliardi di neuroni, ma il cervello è lo strumento e non il soggetto dei nostri atti propriamente umani, quelli appunto di cui siamo moralmente responsabili: sono infatti ancora “io” che posso comandare ai miei impulsi e non loro a me; altrimenti non sarei moralmente responsabile dei miei atti, perché non sarebbero in fondo “miei”, non avrei scelto di farli e non avrei potuto non farli.

Questo “io”, che è il vero soggetto della nostra vita, si trova dunque in un corpo e comunica normalmente attraverso di esso, ma non coincide con esso e non ne segue il percorso biologico: tagliarsi i capelli o le unghie non è perdere un po’ del proprio “io”, nel mio “io” posso essere più giovane e bello a ottant’anni che a venti, un embrione o un adulto hanno ugualmente il proprio “io”, un handicap fisico e soprattutto mentale può creare enormi difficoltà di comunicazione (in quanto strumenti) ma ciò non indica lo stato dell’“io”. Potremmo dire che risiede proprio qui l’irriducibile e superiore dignità di ogni uomo, il fondamento dei suoi inalienabili diritti, in qualsiasi condizione fisica o mentale egli si trovi.

Ora, quando muore il nostro corpo, non muore il nostro “io”: l’anima spirituale (o spirito) continua a vivere senza il corpo.

Il tentativo moderno di ridurre l’anima al cervello (neuroni) o alla psiche (inconscio, subconscio) non ha alcuna prova e confonde il soggetto con lo strumento.

Confondere lo strumento con il soggetto è come confondere l’auto con l’autista. Così è sciocco, come alcune volte la storia del pensiero ha fatto, cercare un organo che costituisca l’anima: è come se cercassi l’autista sotto il cofano del motore o tra i pezzi meccanici dell’auto.

Così, come scrivo con la penna o il computer e se essi si danneggiano non scrivo più, ma essi non sono il soggetto che scrive, così se un osso o muscolo o collegamento nervoso o parte del cervello non funziona più bene non posso più muovermi o comunicare, ma essi non sono il soggetto del movimento o del comunicare. Per questo motivo solo l’uomo è consapevole e responsabile delle proprie azioni e perfino ad uno stesso stimolo fisico (puntura di spillo o iniezione) può reagire in modi opposti (mi muovo repentinamente o sto fermo, in base ad un giudizio – è per il mio male o per il mio bene? – che guida la volontà).

Sulla differenza tra l’<io> e il cervello scrisse acutamente il premio Nobel 1963 per la Medicina J.C. Eccles, uno dei più autorevoli neurologi contemporanei (v. punto 4.1 del Dossier Darwin e l’evoluzionismo)

Se l’esistenza in noi di un’anima spirituale e immortale è convinzione universale, sia religiosa che assai spesso anche filosofica, non è invece chiaro – e qui nascono le differenze tra le religioni e tra le filosofie – come l’anima sia unita al corpo, come possa sopravvivere senza il corpo e cosa sia la vita dopo questa vita (come abbiamo già osservato nella Questione 3.3).

Solo nel cristianesimo c’è una spiegazione totale e razionalmente valida, che tiene conto di ogni nostro fattore costitutivo e dell’unità della nostra persona.

L’anima dell’uomo è spirituale, per questo è creata da Dio non solo nella creazione del primo uomo (diversificandolo così dagli animali e rendendolo addirittura capace di entrare in relazione con Dio) ma ad ogni concepimento di un essere umano, poiché essa, non essendo materiale, non può derivare dalla materia, cioè dal patrimonio cromosomico dei genitori e neppure dal loro <io> che è spirituale e non trasmissibile.

Si dice infatti correttamente che i genitori “pro-creano”, dando cioè origine con la loro unione sessuale al corpo del figlio, mentre Dio crea l’<io> di quel figlio (si pensi quanto è banale che oggi si dica “fare un figlio”).

Ma l’anima dell’uomo è fatta per essere unita ad un corpo, non è uno spirito come quello degli angeli. Per questo anche il corpo umano ha una dignità enorme, riflette la presenza e spesso anche lo stato dell’anima (pensiamo alle infinite capacità espressive del volto, specie degli occhi – lo dice Gesù stesso, cfr. Lc 11,34 – come pure alla presenza del centro deputato alla parola nel nostro cervello).

Anche per questo motivo, oltre ad essere senza alcun fondamento razionale, l’idea della metempsicosi o delle reincarnazione – assai diffusa in Oriente ma ormai purtroppo anche in Occidente – cioè la convinzione erronea che un’anima, alla morte del corpo, possa andare in altri corpi, addirittura non umani (e ciò nelle religioni orientali è considerato una punizione dovuta alle colpe della vita o delle vite precedenti, come una doverosa purificazione fino alla liberazione totale dalla materia), non tiene conto dell’unità profonda tra corpo e spirito; in fondo è un disprezzo della materia e del corpo, quasi che il corpo sia un abito da poter indossare e cambiare, così da poterne avere più di uno nel nostro divenire, e pone seri problemi sulla libertà delle nostre scelte, condizionate dalla o dalle vite precedenti.

Anche nelle filosofie platoniche, spiritualiste, idealistiche, gnostiche, la materia crea problema: è la sede del male? come può venire da Dio? come può persistere? come quindi liberarsene? e quindi viene censurata.

Solo nella Bibbia (Genesi) anche la materia è opera di Dio, è buona; e il corpo umano, abitato dallo spirito e pur dovendo essere guidato dallo spirito, è opera buona di Dio ed è costitutivo ineliminabile dell’unità della nostra persona.

Con Gesù infine vediamo che Dio stesso, per salvarci, prende un corpo ed un’anima umani, quindi risorge ed entra nella gloria del Padre anche con il proprio corpo risorto. Egli ha poi voluto che pure Sua madre, Maria Santissima, fosse subito in paradiso anche con il suo corpo (Assunzione). Per la potenza di Dio tutti gli esseri umani alla fine del mondo risorgeranno anche coi loro corpi e parteciperanno anche con il loro corpo trasformato alla vita eterna (beata o dannata) (come diciamo nel Credo: “credo la risurrezione della carne, la vita eterna” oppure “aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”).

Nella risurrezione l’anima (spirito) per la potenza di Dio rientra nel corpo e lo trasforma in una nuova dimensione, non più soggetta allo spazio-tempo e alla morte; così che viene ricomposta l’unità dell’essere umano, della nostra persona, e tutto di noi partecipi della vita eterna.

In Gesù è avvenuto, per Sua potenza divina, due giorni dopo la Sua morte in croce. Maria SS.ma è già stata subito accolta in paradiso anche col suo corpo. Invece tutti gli uomini risorgeranno alla fine del mondo, quando Cristo ritornerà nella gloria come Giudice universale.

La concezione di molte religioni orientali dell’eternità come nirvana è invece di fatto un annientamento dell’io nel tutto (che poi è niente) e quindi risulta una sorta di dissolvimento della propria persona e individualità.