Sono proprio quei Paesi che per decenni hanno dovuto subire il terribile dominio della Russia comunista e che, specie per merito della cattolicissima Polonia, nel 1989, col crollo dell’Unione sovietica e del comunismo in Europa, hanno improvvisamente potuto recuperare la libertà e la loro vera identità, segnata dalla fede cristiana, che, dopo una breve sbornia occidentale (di consumismo-capitalismo, che ha arricchito molti e impoverito ulteriormente altri) e il loro ingresso nell’Europa Unita, ebbene sono proprio alcuni di questi Paesi a risollevare la testa per riaffermare la loro vera identità e sovranità, reagendo anche ai dik-tat di questa Europa di burocrati e delle banche, (sottomessa alle nuove ideologie occidentali, sostenute da enormi e occulti poteri economici e culturali).
Dopo il caso della Polonia, ora anche l’Ungheria ha dato un segno forte di questo riappropriarsi della propria identità e cultura. E a nulla sono servite le accuse e persino le minacce (persino di sanzioni) di Bruxelles, cioè di questo tipo di Europa che i popoli non sentono più come propria, e che per questo vengono semplicisticamente da essa definiti “populisti”.
Del resto anche l’Italia ha già dato forti segnali in questa direzione, divenuta forse più cosciente dell’espropriazione culturale ed economica (e persino della propria sovranità) operata da questa Europa (il mantra de “ce lo chiede l’Europa”! e persino i drammatici sacrifici chiesti dalla UE e che hanno ridotto sul lastrico persone, famiglie e aziende, magari per aumentare il potere  economico della Germania), che è assai diversa da quella che i popoli stessi sognavano e avevano voluto, un’Europa che ci vuole invece sudditi di decisioni e ideologie in realtà voluti da altri e da pochi.
Così oggi gli ungheresi sono andati a votare in modo massiccio (affluenza del 69%) e oltre il 50% di loro hanno votato per il Fidesz (Unione Civica Ungherese), cioè un cosiddetto partito populista di destra, assicurando per la terza volta e in modo ancor più massiccio il mandato di Primo Ministro a
Viktor Orban (i nazionalisti di Jobbik sono invece arrivati secondi col solo 20% dei voti e i socialisti sono arrivati terzi con il 12%).
In questo modo l’Ungheria ha voluto “difendersi” (così veniva annunciato anche nella propaganda elettorale di Orban) sia da questo tipo di imposizioni economiche e ideologiche europee, sia da un’immigrazione selvaggia, voluta ancora dalla UE specialmente a carico di alcuni Paesi, che sotto il velo di un presunta “accoglienza” nasconde spesso nuove forme di schiavismo (lavoro a basso prezzo) e persino un’assurda volontà destabilizzante (a livello civile, culturale e religioso) della stessa civiltà e identità europea. 
Alla fine anche la UE ha dovuto prendere atto e giungere a più miti giudizi. Infatti il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha scritto subito a Orban per congratularsi e per dire che dobbiamo affrontare ora insieme “le sfide comuni”, con tanto di nuovo accento alle “democrazie che non possono che essere fondate su valori comuni”, perché anche la UE “è una unione di democrazia e valori” e “la Commissione Europea ritiene che difendere questi valori sia un dovere comune di tutti gli stati membri, senza eccezioni”.
L’ironia della storia vuole però che uno dei più grandi “magnati” del potere economico, finanziario e culturale mondiale, che tanto influenza e finanzia queste pressioni culturali per assoggettare il mondo intero al “pensiero unico dominante “ e al “nuovo ordine mondiale”, sia lo statunitense George Soros, uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo, ma che è di origine ungherese.