Crociate Islam e Cristianesimo - Le Crociate medievali sono state un attacco della Chiesa contro l’Islam o una difesa dei cristiani contro gli attacchi dei musulmani?

Crociate, Islam e Cristianesimo


Le Crociate medievali sono state un attacco della Chiesa contro l’Islam o una difesa dei cristiani contro gli attacchi dei musulmani?

Qual era lo spirito che portò decine di migliaia di persone alle Crociate? Perché ci andò anche S. Francesco d’Assisi?

Perché sono talora degenerate e ci sono stati anche inaccettabili atti di violenza?

Quali pregiudizi culturali e anticristiani si nascondono dietro le accuse che dall’Illuminismo in poi si levano contro la Chiesa anche a proposito delle Crociate, così da farne un segno della sua (presunta) intolleranza e incoerenza?

Cerchiamo di capire meglio come sono andate le cose.
 

Per un approfondimento, v. nel sito il Dossier Le Crociate.




Indice


Alcune premesse

L’Islam

1. Quando è sorta la religione musulmana e perché si oppone al cristianesimo?

Come abbiamo già osservato nel sito – punto 3.3 di Religioni – l’Islam è l’unica grande religione (oggi con 1,2 miliardi di aderenti, appena poco più della metà dei cristiani) che sorge dopo Cristo, nel VII secolo, in Arabia. Essa, come l’ebraismo e il cristianesimo, è assolutamente monoteista (un solo Dio, che in lingua araba si dice Allah), e si sente in continuità con l’ebraismo e il cristianesimo, rifacendosi in qualche modo all’Antico Testamento biblico.
Per l’Islam, la Rivelazione di Dio non si sarebbe però conclusa né con l’ebraismo (A.T.) né con Gesù di Nazareth (che sarebbe solo un profeta), ma avrebbe raggiunto il suo culmine insuperabile con il profeta Maometto.

Ricordiamo invece che Gesù, vero Dio e vero uomo (“unico caso” nella storia delle religioni a presentarsi così), morto e risorto, è la Rivelazione suprema e insuperabile di Dio all’umanità, per cui dopo di Lui non c’è da attendersi alcun’altra rivelazione divina (pubblica, cioè all’umanità intera, e necessaria per la salvezza) fino alla fine del mondo, quando Cristo “ritornerà nella gloria a giudicare i vivi e i morti; e il suo Regno non avrà fine” (cfr. ad es. Mt 5,17; 24,4-5.23-27; Mc 14,61-62; Lc 17,23; Gv 16,28; 17,3; Ap 1,17; 1 Tm 6,14; Tt 2,13).

Maometto dice di avere avuto la piena rivelazione di Dio, una sorta di dettatura per mezzo dell’arcangelo Gabriele (che sarà messa per iscritto nel Corano dopo la sua morte), e quindi anche su Gesù stesso è lui che dice il vero e non i Vangeli o il cristianesimo.
Per lui Gesù era solo un grande profeta; non è vero che è risorto (mentre proprio su questo poggia tutta la fede cristiana – v. punto 4.1 e 4.4 di Gesù Cristo) perché sulla Croce sarebbe morto un sosia. Anzi, Gesù stesso avrebbe parlato di lui, che sarebbe venuto per portare la pienezza della verità.

Maometto si riferisce a quando Gesù promette lo Spirito Santo (cfr. Gv 15,26; 16,13), equivocando appositamente sulla parola “Paraclito” [in greco parakletos (Consolatore, avvocato, riferito sempre allo Spirito Santo), ma sarebbero stati i cristiani a sostituirla a periclytos (“famoso”), che in arabo è Ahmad, sinonimo di Muhammad (in italiano: Maometto), che significa “degno di lode”].

I cristiani dicono dunque il falso su Gesù e quando affermano che è il “Figlio di Dio” bestemmiano (come del resto dissero gli Ebrei, infatti è proprio per questo che fu stato condannato alla Croce), perché non capiscono che Dio (Allah) è totalmente trascendente e inaccessibile e non può avere un figlio o farsi uomo (qui Maometto pensa addirittura che i cristiani credano in Gesù come figlio “fisico” di Dio!); ed essi sono usciti pure dall’assoluto monoteismo (qui Maometto crede addirittura che la Santissima Trinità – in realtà “un solo Dio in Tre Persone: Padre, Figlio, Spirito Santo”, rivelataci da Gesù stesso, che è il Figlio – sia formata dal Padre, dal Figlio e da Maria!).

I musulmani conservano però una particolare venerazione per Maria Santissima, essendo tra l’altro l’unica donna di cui parla il Corano (così che Maria risulta tutt’oggi venerata dalla maggioranza assoluta della popolazione mondiale! – così Ella stessa cantò nel Magnificat: “d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”, Lc 1,48)

L’Islam, pur conservando per gli Ebrei e i Cristiani una considerazione particolare (in quanto oggetto della prima e seconda Rivelazione di Dio), li considera ugualmente “infedeli” al pari di tutti gli altri uomini; e sente il dovere di fare “guerra agli infedeli” per condurre tutto il mondo alla vera e definitiva Rivelazione di Dio, data attraverso il suo profeta Maometto, ed alla “sottomissione” – questo è il significato della parola “islam” – al vero Dio (Allah).

2. Chi era Maometto? Cos’ha detto? Cos’ha fatto?

Maometto (in arabo Muhammad, che significa “il degno di lode”) era un uomo arabo nato a La Mecca (attuale Arabia Saudita) nel 569 d.C. (o 571). Pur essendo molto probabilmente analfabeta, conosceva qualcosa della Bibbia (aveva forse conosciuto delle comunità cristiane o i famosi monaci del deserto). Avendo sposato a 25 anni una ricca vedova, più anziana di lui di 15 anni e di cui era l’amministratore, poteva condurre una vita agiata. Dal 610 alla sua morte (nel 632), dice di avere avuto la Rivelazione dell’Arcangelo Gabriele, che gli parlò di Dio e della missione “profetica” che Dio gli affidava. 
Inizialmente creduto pazzo, si ritirò allora da La Mecca a Medina (sempre in Arabia), dove riunì i suoi primi seguaci arabi. 
Maometto era molto amante delle donne (dirà egli stesso che “dopo Dio, le cose che gli stavano più a cuore erano le donne e il profumo”) ed ebbe 12 mogli (o forse addirittura 15, assai di più di quante ne permetterà la sua stessa dottrina).

Secondo l’uso del tempo, alcune di queste erano poco più che bambine (una non aveva neppure 9 anni); altre erano figlie di suoi consiglieri; una forse era addirittura sua nuora.

Oltre a definirsi il Profeta di Dio, sentì che doveva conquistare il mondo intero per portarlo nella “sottomissione” (islam) ad Allah. Per questo assunse anche il potere politico e fu un vero e proprio capo militare. Con i suoi primi seguaci, che si consideravano infatti “guerrieri”, iniziò dapprima delle razzie e poi vere e proprie guerre di invasione dei territori vicini. Durante gli ultimi anni della sua vita (622-632) Maometto comandò personalmente 9 guerre e ne ordinò 26! Nel 630 attaccò e vinse La Mecca e, dopo aver conquistato e coinvolto nella sua dottrina le molteplici e nemiche tribù nomadi della penisola arabica, conquistò lo Yemen e molti altri paesi arabi, facendoli musulmani.
Non a caso le prime biografie di Maometto vengono infatti chiamate “maghazi”, cioè razzie!
Tornato infine a Medina, morì il 8.06.632, lasciando ben 9 mogli (ma non figli maschi).

Come si può constatare, con tutta onestà e obiettività, non solo la personalità ma la stessa vita morale di Maometto è imparagonabile con l’assoluta perfezione morale e l’infinito amore di Gesù di Nazareth (una perfezione unica e irripetibile, riconosciuta perfino dai non cristiani)!

3. Cos’è il Corano? Cosa dice?

Come abbiamo detto, Maometto era probabilmente analfabeta. Per cui le Rivelazioni che avrebbe avuto per 22 anni dall’arcangelo Gabriele erano orali e tali rimasero fino alla sua morte. 
Morto Maometto, si pose subito il problema di come conservare esattamente la sua predicazione (le cose che gli avrebbe detto l’Arcangelo) e molti tra i suoi seguaci posero mano a scrivere le sue sentenze; ne emersero diverse versioni, così che il 3° successore di Maometto (il califfo Othman) decise quale dovesse essere la trascrizione autentica e fece bruciare tutte le altre scritture esistenti.
Il testo, come si può notare ancor oggi, proprio a motivo della sua formazione, risulta infatti caotico, senza una linea logica, pur se suddiviso in 144 capitoli (sure), che risentono dei diversi periodi della vita di Maometto.
Considerato una “dettatura” divina, il Corano non è interpretabile ma da prendersi alla lettera (non ammette dialogo) e per i musulmani non è per questo neppure traducibile dall’arabo.
Il Corano non è solo libro religioso, ma regola tutta la vita, personale e sociale, politica compresa. Nell’Islam non c’è infatti distinzione tra potere religioso e potere politico, essendo il secondo riassorbito dal primo, spesso senza alcuna mediazione tra religione e diritto (shari’a).
Contiene perfino indicazioni sanitarie e alimentari (particolarmente adatte al caldo mondo arabo, basti pensare alla proibizione di alcolici e carne suina).

La dottrina musulmana è però molto semplice (forse anche per questo ha avuto molta presa su molte tribù e popoli arabi), con pochi precetti morali, e fondamentalmente maschilista (con notevoli concessioni sessuali, basti pensare alla permessa poligamia maschile, ed uno spirito guerriero).
Il cuore della fede musulmana è questo: Allah è uno e l’unico Dio, e Maometto è il suo Profeta.  
Nonostante le molte parole del Corano e i 99 titoli con cui il musulmano lo loda, Dio stesso rimane però fondamentalmente trascendente, quindi inconoscibile e irraggiungibile.

Nonostante ciò, rimangono nel Corano molti antropomorfismi, cioè semplicistiche visioni di Dio sul modello umano (mani, viso, occhi, trono), anche se per molti ciò non è da intendersi letteralmente.

Per l’Islam non possiamo dunque entrare in vera comunione con Dio, che rimane trascendente, ma solo “sottometterci” a Lui (islam significa appunto “sottomissione”), camminando sulla retta via (shari’a). Il musulmano (muslim) è dunque il “fedele” sottomesso ad Allah.

La stessa posizione che il corpo assume nella preghiera (inginocchiato con il capo a terra) indica la sottomissione a Dio.

Persino il paradiso promesso ai musulmani fedeli non è una comunione con Dio, impossibile da raggiungersi (mentre è proprio questo il “paradiso” che ci ha aperto Gesù: la piena ed eterna comunione con Dio), ma un luogo di godimento.

Anche in questo l’Islam è molto semplicista e maschilista (particolarmente attraente per il semplice uomo arabo): il paradiso è immaginato come un’oasi lussureggiante con tante donne sempre vergini e sessualmente disponibili.

Le regole morali sono fondamentalmente solo cinque:
1) la professione di fede: Allah è uno e l’unico Dio, e Maometto è il Suo Profeta;
2) le preghiera da farsi 5 volte al giorno (versetti coranici, ritmata dal muezzin dall’alto dei minareti e rivolti verso La Mecca; il venerdì a mezzogiorno viene fatta nella moschea, scalzi, ed è guidata da un imam, cioè capo-coro) [si noti che, essendo l’Islam fondamentalmente maschilista, la preghiera pubblica spetta ai soli uomini];
3) il digiuno nel mese (lunare) del Ramadan (rimanendo cioè senza mangiare, bere, fumare e atti sessuali, dall’alba al tramonto);
4) l’elemosina legale;
5) almeno una volta nella vita, se possibile, il pellegrinaggio a La Mecca.

La monogamia è solo preferita; in realtà il Corano permette (ovviamente solo all’uomo) la poligamia, fino ad avere 9 mogli, se si possono mantenere (ma lo stesso Maometto superò appunto questo numero). Il diritto matrimoniale musulmano è quindi radicalmente diverso da quello cristiano. La donna non ha la stessa dignità dell’uomo (anzi, può valere meno dell’asino), è sua proprietà e deve essere velata. Se infedele o adultera deve essere lapidata.

3.1. Quali sono i gruppi musulmani?

La religione musulmana (Islam), nonostante i successori di Maometto (Califfi), non ha un capo unico, né sacerdoti (l’imam è fondamentalmente un capo-coro per la preghiera, anche se predica). Nonostante l’apparenza (e così appare al mondo occidentale, tanto più nel Medioevo) non è mai stato un insieme molto omogeneo, ma si è sempre distinto e diviso in molti gruppi, talora in aspre lotte tra loro (a tal punto che proprio al tempo delle Crociate alcuni gruppi musulmani chiesero aiuto militare ai cristiani per combattere altri gruppi musulmani o parteciparono persino alla Crociata!).

Una fondamentale distinzione storica è data dai Sunniti (90% dei musulmani) e dagli Sciiti (9%).

Ci sono gruppi ed etnie diverse (OmmayadiAbbassidiSelgiuchidi), sette, come quella degli Assassini (particolarmente violenta, uccideva sistematicamente gli avversari anche politici – non a caso il loro nome, che deriva dal loro abituale uso di hashish, è rimasto nella lingua italiana per indicare appunto gli omicidi) e quella dei Drusi (considerata eretica dalla maggior parte dell’Islam, fu artefice di violentissime persecuzioni anticristiane), diverse scuole teologiche o di diritto islamico (shari’a). Al tempo delle Crociate, oltre ai Selgiucidi, abbiamo i Fatimidi  (sciiti considerati eretici), peraltro in lotta tra loro, e gli Almoravidi. Abbiamo califfati arabi, siriani, turchi, egiziani; in Spagna il califfato autonomo di Cordoba. Anche nelle tattiche di governo e di guerra andiamo dai più feroci Drusi, Assassini e Almoravidi ai più miti Abbassidi e Fatimidi. 

4. E’ vero che l’Islam vuole invadere il mondo?

I musulmani non solo sono ovviamente convinti della verità della propria religione (questo è ovvio per qualsiasi fede religiosa, che altrimenti non sarebbe tale) – una verità che però in questo caso non ammette possibilità di dialogo, e quindi mediazioni razionali, in quanto considerata “dettata” da Dio stesso – ma del dovere di conquistare all’Islam il mondo intero, rendendolo appunto “sottomesso” ad Allah.

Anche questo potrebbe essere ovvio. Anche il cristianesimo, secondo il mandato stesso di Gesù (cfr. Mt 28,19-20; Lc 24,47) si propone di convertire a Lui il mondo intero, per la salvezza di tutti gli uomini. Questa è in fondo la “missione” che Gesù affida alla Chiesa. Il problema è semmai “come” l’Islam si prefigge questo scopo: convertire il mondo con la predicazione (lasciando però al destinatario la libertà di decidere) oppure imponendo la fede islamica con la violenza, anche mediante la guerra ed il potere politico? L’Islam assume anche questo secondo metodo!

Vedremo poi la differenza tra l’imposizione della fede (non solo esclusa dal cristianesimo, ma mai attuata dalla Chiesa) e la difesa della fede (che può e deve essere attuata talora anche con forza).

Certo la concezione del mondo che caratterizza l’Islam è fondamentalmente questa: esistono i paesi musulmani e quelli che devono essere invasi per renderli tali!
Si tratta di un vero e proprio obbligo morale, che cesserà solo quando tutti i popoli della terra saranno diventati musulmani.
È la famosa questione, ancora attuale, della “jihad”, cioè della <guerra santa> contro gli “infedeli” (cioè i non-musulmani), per portare l’Islam nel mondo intero.
Questa idea dei musulmani di dover esportare progressivamente l’Islam al mondo intero anche con la guerra non è un’incoerenza alla loro dottrina (come lo sarebbe invece nel cristianesimo), ma è proprio parte di essa e la caratterizza, sia pur con sfumature diverse. 

4.1. Il Corano predica la “guerra santa” e la conversione forzata all’Islam?

Per il Corano il mondo si divide dunque in due parti: quella già sottomessa a Dio (muslim, cioè i musulmani),  cioè il “territorio della sottomissione” (dar al-Islam), e quella degli “infedeli” (kafir) e della “guerra” (dar al-harb). Esistono quindi i Paesi musulmani e quelli che lo devono diventare!

Questo non significa che il Corano insegni la “conversione forzata” all’Islam, anzi per sé la esclude (sura II,256); ma certamente insegna la “guerra santa” (jihad), cioè il combattimento contro gli infedeli (II,190-193.244), la loro umiliazione, il sottometterli al tributo (IX,29;VIII,39), persino uccidendo gli idolatri e i non credenti.

Come mettere insieme l’obbligo di estendere l’Islam al mondo intero anche con la guerra, senza obbligare esplicitamente i sudditi a convertirsi alla religione musulmana?

Si tratta di invadere il mondo intero instaurando ovunque un potere islamico.

I singoli uomini, se non vogliono convertirsi all’Islam, potrebbero essere uccisi o indotti ad espatriare, altrimenti sottomettersi al potere islamico pagando tasse onerose e rinunciando a loro diritti civili.

Viene poi fatta una distinzione tra gli “infedeli”: quelli pagani (verso i quali essere più intransigenti) e quelli seguaci “del Libro”, cioè della Bibbia (ebrei e cristiani), verso i quali avere una certa qual tolleranza.

Così il Corano:

“Uccidete gli idolatri ovunque li troviate. Prendeteli, assediateli e tendete loro ogni sorta di insidie. Se invece si convertono, fanno la preghiera e pagano la decima, lasciateli in pace, perché Dio è indulgente e misericordioso (sura IX,5). “Combattete quelli che non credono in Dio … combatteteli (coloro cui fu dato il Libro, cioè ebrei e cristiani) finché non paghino umilmente il tributo, a uno a uno” (IX,29). “O voi che credete! Perché mai quando vi si dice: <lanciatevi all’attacco per la causa di Dio!> stramazzate a terra? Preferite forse la vita terrena a quella futura? … Se non vi lanciate all’attacco, Dio v’infliggerà un castigo doloroso … Lanciatevi dunque all’attacco con armi leggere e con armi pesanti e lottate con i vostri beni e le vostre persone per la causa di Dio!” (IX,38-39.41). “Combatteteli (quelli che non credono) finché non ci sia più sedizione, e il culto sia reso tutto e solo a Dio (Allah)” (VIII,39). “Quando dunque incontrate in battaglia quelli che non credono, colpiteli al collo e dopo averli massacrati di colpi, stringete bene i ceppi” (XLVII,4). “Combattano dunque per la causa di Dio quelli che sono pronti a vendere questa vita terrena per comprare l’altra vita, perché colui che combatte per la causa di Dio e sarà ucciso o vincerà daremo una mercede immensa” (IV,74).

Dunque non solo per la vita di Maometto, ma anche per la stessa dottrina del Corano, non si possono certo fare paragoni con l’altezza della dottrina evangelica! come si può constatare con tutta onestà e obiettività. È inutile che il relativismo si ostini a confondere la tolleranza con l’equivalenza!

5. Com’è stato possibile che in poco tempo l’Islam abbia conquistato gran parte del mondo antico e sia penetrato perfino in Europa?

Se Maometto aveva già conquistato militarmente all’Islam gran parte dell’Arabia e dei territori limitrofi, la “guerra santa” proseguì con ancora più forza dopo la morte del Profeta-condottiero. Il primo successore di Maometto (il califfo Abu Bakr, che regna dal 632 al 634) orienta le conquiste militari dell’Islam verso l’Iraq e la Palestina (quindi già in territori allora bizantini). Il califfo Omar (634-644) organizza meglio l’esercito e va alla conquista di popoli persiani, nel 638 occupa la stessa Gerusalemme (v. la moschea a lui dedicata e tuttora esistente, proprio sulla spianata del tempio) e nel 640 l’Egitto. Il califfo Othman (644-656), assai ricco, dopo aver meglio organizzato militarmente la Siria (strategicamente fondamentale per l’avanzata verso altri territori orientali) estende le conquiste islamiche sia ad oriente che ad occidente. Nel 656, a soli 24 anni dalla morte di Maometto, sono diventati territori musulmani la Persia, le propaggini dell’India, la Mesopotamia, l’Armenia, l’Anatolia, la Siria, l’Egitto, l’attuale Libia e Tunisia! Nel 674 i musulmani giungono già ad assediare Costantinopoli e nel 700 hanno già conquistato tutta l’Africa settentrionale (da 6 secoli abitata da importanti comunità cristiane, che furono completamente distrutte e che mai più rinacquero), pronti a passare lo stretto di Gibilterra e ad occupare la Spagna (che sotto il califfato indipendente di Cordoba sarà occupata dai musulmani per ben 7 secoli!). Il tentativo di oltrepassare i Pirenei (nel 714), con l’intento di occupare anche la Francia, verrà poi respinto nel 732/733 a Poitiers da Carlo Martello.
Come è stato possibile che in un secolo gli eserciti musulmani siano stati in grado di occupare una parte così notevole del mondo antico e a portarla alla “sottomissione “ ad Allah? 
L’Islam fece certamente subito molta presa sulle popolazioni arabe, in genere retrograde e misere, quasi fosse una religione particolarmente adatta a loro e capace di unificare le diverse tribù sotto questa fede semplice e forte allo stesso tempo.
Da un punto di vista geopolitico, potremmo osservare come l’impero bizantino ed anche quello persiano dessero già chiari segni di crisi. Così, già dal crollo dell’Impero Romano d’Occidente l’Egitto (passato sotto Bisanzio, ma già resosi autonomo) risultava particolarmente vulnerabile; mentre la situazione dell’Algeria e del Marocco era politicamente debole già sotto il dominio romano.
L’incredibile e repentina espansione musulmana mediante la guerra è dovuta però certo ad una loro indubbia capacità militare, sostenuta da una forte motivazione religiosa (la “guerra agli infedeli”, voluta da Allah per portare il mondo intero alla la Sua sottomissione, in una sorta di semplicistica visione di definitiva lotta mondiale tra il bene e il male!), così da aumentare progressivamente nei popoli l’impressione di un’invincibile armata destinata a dominare in poco tempo il mondo intero.

Così veniva ormai progressivamente compresa la minaccia islamica da parte degli europei, che si sentivano sempre più presi “a tenaglia” (da occidente in Spagna e da oriente in Turchia, in seguito negli stessi Balcani, per non parlare degli attacchi via mare), quasi davvero si fosse di fronte ad un apocalittico attacco dell’Anticristo al cristianesimo intero (e quindi alla salvezza eterna dell’uomo), con il conseguente obbligo morale di difendere non solo il proprio territorio e le proprie identità culturali, ma soprattutto la propria fede cristiana.

Dobbiamo certo tener conto di tutto questo, anche per comprendere lo “spirito” delle Crociate.

Alla conquista militare dei territori, i musulmani attuavano per i sudditi – secondo le indicazioni stesse del Corano sopra ricordate – una tale politica di pressione psicologica ma anche fiscale (chi non si convertiva all’Islam correva il pericolo di vita, era gravato di esorbitanti tasse, veniva privato di diritti sociali fondamentali, spesso veniva spinto all’esilio), che la maggior parte di essi si faceva musulmano.

6. Qual era la situazione dei cristiani nei territori conquistati dai musulmani?

Quando l’Islam appare sul quadrante della storia ed invade improvvisamente una parte notevole del mondo antico, il cristianesimo è non solo presente da 6 secoli, ma in quelle stesse terre invase dai musulmani vivevano fiorenti comunità cristiane (a cominciare dalla terra stessa di Gesù, la “Terra Santa”, o dalla Turchia evangelizzata da S. Paolo, e l’India raggiunta dall’apostolo S. Tommaso), che avevano avuto talora straordinari maestri e vescovi (basti pensare a S. Agostino di Ippona) e importantissime scuole teologiche e culturali (come il Patriarcato di Alessandria d’Egitto), oltre che le significative esperienze dei primi monaci anacoreti (i famosi “monaci del deserto”). 
Al tempo dell’invasione musulmana, solo in Medio Oriente esistevano ben 600 diocesi.

Già questo dovrebbe far capire che invasione musulmana e Crociate non possono essere messe sullo stesso piano, sia sul piano storico che su quello morale, in quanto la prima è appunto l’invasione militare islamica di territorio cristiani e la seconda è semmai la (legittima) difesa di tali comunità cristiane o la riconquista militare di tali territori occupati.

In base alla “guerra santa” musulmana contro gli “infedeli” e a quel tipo di organizzazione politica e fiscale dei territori occupati sopra ricordato, ci chiediamo allora come venissero trattati i cristiani.
Se per i pagani (seguaci delle religioni non bibliche) la dominazione islamica mostra una forte intransigenza, così da costringerli praticamente a convertirsi all’Islam o ad espatriare, nei confronti degli ebrei e dei cristiani (destinatari secondo l’Islam delle prime rivelazioni divine) si limitava a forti discriminazioni sociali. 
Ecco le regole imposte ai cristiani residenti nei territori via via occupati dall’Islam:
·  non possono fare proseliti (in pratica nessuno può convertirsi al cristianesimo), non possono costruire chiese né aggiustare quelle vecchie (quindi costringendoli nel tempo a non avere più propri luoghi di culto) e non possono accedere a cariche pubbliche;
·  secondo il diritto matrimoniale musulmano, cui tutti devono sottostare, una donna musulmana non può sposare un uomo cristiano, mentre un uomo musulmano può sposare anche una donna cristiana, però con l’obbligo tassativo di educare i figli alla fede musulmana;
·  sono gravati da un’esorbitante pressione fiscale (da cui sono esenti se si fanno musulmani);
· se si convertono all’Islam possono invece godere degli stessi diritti e privilegi dei musulmani.

A onor del vero, si deve però sottolineare che queste norme non erano applicate con il medesimo rigore in tutti i territori occupati o da tutti i califfati.

Evidentemente, anche se non si tratta di una conversione all’Islam “fisicamente” forzata, tutto ciò esercitò una tale pressione sociale, economica e psicologica, da provocare di fatto spostamenti di intere popolazioni dalla fede cristiana a quella islamica.

Nel panorama mediorientale ed africano del tempo, dobbiamo compiere poi una significativa distinzione, i cui effetti sono tuttora visibili, dopo 14 secoli. L’invasione musulmana del Medio Oriente (Palestina, Libano, Siria, Mesopotamia e Caucaso) e dello stesso Egitto, pur con quelle forti discriminazioni sopra accennate per chi non si fosse convertito all’Islam, lasciò però in vita molte e importanti comunità cristiane, che sono sopravvissute fino ad oggi.

Invece nell’Africa settentrionale, ad oriente dell’Egitto e fino all’Atlantico, la distruzione musulmana del cristianesimo fu così radicale che mai più vi è rinato!


Nel Medioevo

7. Perché un attacco contro la fede cristiana nel Medioevo era sentito come un attentato alla stessa vita sociale e ad un’intera civiltà?

Nell’Europa medievale, la fede cristiana aveva talmente pervaso non solo la vita dei singoli ma l’intera società e cultura – certo coi limiti delle cose umane e pure nella compresenza del male e del peccato (che sarà definitivamente debellato solo in paradiso) – da essere intesa come il fondamento stesso della vita sociale e dell’intera civiltà occidentale.

Si veda in proposito un recente e autorevole studio americano: T. E. Woods Jr. in How the catholic Church built western civilization, Washington D.C., 2001 (trad. it., Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà occidentale, Cantagalli SI 2007)].

Che la fede in Cristo fosse non solo la via necessaria per la salvezza eterna di ogni uomo ma anche il fondamento sicuro della stessa società, era talmente ovvio che ogni attacco contro la fede non poteva che essere avvertito che come un attentato anche ai fondamenti della stessa vita sociale.

Dobbiamo tener presente questo dato culturale e storico, per comprendere come, pur nel rispetto delle coscienze e della libertà religiosa, gli attacchi contro la fede cristiana fossero allora ritenuti pure una minaccia se non addirittura un crimine contro lo stesso bene comune sociale.

Per questo, le deformazioni dell’autentica fede (come nel caso delle eresie che potevano sorgere all’interno stesso della cristianità) o gli attacchi contro di essa ad opera di avversari esterni (come appunto nel caso della minaccia islamica alla stessa Europa) venivano intesi non solo dal potere costituito ma dall’intera opinione pubblica una minaccia ed un pericolo della stessa vita sociale, da cui difendersi e possibilmente da debellare.
Ecco perché nel tempo che precede le Crociate viene progressivamente affermandosi in Europa la percezione di quale tipo di minaccia, non solo spirituale ma anche sociale, rappresentasse la presenza e l’impetuosa avanzata dei musulmani.

Il relativismo oggi dominante (che ha smarrito la fiducia nella possibilità della ragione di conoscere il vero e sta progressivamente perdendo il concetto stesso di verità) impedisce di cogliere questo aspetto della vita medievale, relegando talmente tutto nel campo della sola opinione soggettiva, da ritenere questa visione un segno dell’intolleranza cattolica.

In realtà lo stesso relativismo vuol porsi contraddittoriamente come unica verità e si mostra esso stesso sempre più intollerante nei confronti di chi non vi si adegua; allo stesso tempo si evidenzia sempre più come una società che non si regga su valori stabili condivisi (ma solo su maggioranze provvisorie se non su soli criteri economici) sia destinata a sfaldarsi e perire.
 

7.1. Esistevano rapporti tra Cristianesimo e Islam?

Con tutto ciò, il Medioevo (contrariamente ai luoghi comuni inventati dall’Illuminismo e purtroppo ancor oggi assai diffusi) fu tutt’altro che oscurantista, chiuso e intollerante. Anzi, una precisa identità cristiana dell’Europa non impediva ma agevolava il dialogo culturale e gli scambi tra civiltà, forse talora in modo persino maggiore di quanto si faccia oggi, nonostante la globalizzazione in corso.

È ad esempio significativo che proprio nel Medioevo si sia sviluppato un fecondo confronto filosofico tra il pensiero cristiano, quello classico greco e persino arabo. Basti pensare ad esempio che nel XIII sec. quel grande genio teologico e filosofico che fu S. Tommaso d’Aquino seppe coniugare il pensiero cristiano con quello aristotelico e persino con i commentatori arabi di Aristotele Avicenna e Averroè.

Nonostante le tensioni sopra descritte, durante il Medioevo l’Occidente cristiano, ricco della propria fede e del proprio impareggiabile patrimonio culturale, seppe apprezzare pure i pregi della cultura, dell’arte, della matematica e perfino della filosofia (poi da loro stessi rifiutata) musulmane, mostrando senza dubbio una maggiore capacità di confronto e di dialogo culturale rispetto a quanto non avvenisse invece da parte dell’Islam.

Non mancarono talora perfino alleanze ed accordi economici tra Occidente ed Islam. In alcuni casi tra il Papato e certi regni musulmani esistevano pure dei rapporti diplomatici, oltre che culturali.

In certi casi fu addirittura chiesto l’aiuto militare occidentale da parte di un gruppo musulmano in opposizione ad un altro gruppo musulmano.

Con ciò viene a dimostrarsi, anche storicamente, che una precisa identità culturale e religiosa non impedisce affatto un autentico “dialogo” – come oggi il laicismo relativista vorrebbe far credere – e che proprio la fede cristiana (pienezza della Verità, che è Cristo Signore) non censura nulla ma purifica e valorizza tutto ciò che di buono, di bello e di vero esiste in ogni altra identità, cultura e religione. 

8. Che significato avevano i “pellegrinaggi” medievali?

Per il coagularsi medievale della civiltà cristiana europea, insieme all’incredibile proliferare dei monasteri (non a caso S. Benedetto, patriarca del monachesimo occidentale, è patrono d’Europa), fu  importante anche il fenomeno dei “pellegrinaggi”, che, oltre a produrre frutti spirituali, erano anche incontri di popoli, scambi culturali, e creò o migliorò le vie di comunicazione e sistemi di trasporti, edificando addirittura numerosissimi centri ospedalieri ed alberghieri. Questi percorsi erano infatti ritmati e costellati da luoghi di culto, spesso anche artisticamente pregevoli (e talora ancor oggi ammirabili) e da opere di ospitalità (da cui l’idea stessa di “ospedale” e di ospizio).
Il pellegrinaggio trasforma la “strada” da semplice mezzo di comunicazione e commerciale a valore spirituale, metafora della vita, faticoso pellegrinaggio terreno verso la meta del “paradiso”.
I grandi pellegrinaggi medievali hanno soprattutto tre mete quanto mai significative: Roma (centro della cristianità), Santiago de Compostella (tomba dell’apostolo S. Giacomo e ‘finis terræ’ europeo) e soprattutto la “Terra Santa”, cioè la terra stessa dov’è vissuto, morto e risorto Gesù.

Oggi questi celebri cammini medievali sono stati rivalutati e vengono spesso ripercorsi da migliaia di giovani, specialmente il “Camino” di Santiago (dai Pirenei all’Atlantico), ma sempre più anche la “via francigena” (da Canterbury a Roma).

I pellegrini portavano sul proprio abito anche dei segni distintivi, come ad esempio quello delle “chiavi” (S. Pietro) per chi era diretto a Roma, la “conchiglia” per quelli diretti a Santiago e appunto la “Croce” per i pellegrini diretti in Terra Santa!

Quello del “pellegrinaggio” era un aspetto non secondario della spiritualità cristiana medievale, nonostante gli immensi sacrifici ed i lunghissimi tempi che esso comportava. Era normalmente una pratica non solo devozionale ma penitenziale, segno di conversione, di amore a Cristo ed alla Chiesa, spesso anche con valore di espiazione per i propri peccati. 
Il pellegrinaggio poteva ovviamente durare mesi e mesi e poteva prevedere anche gravi pericoli, persino della propria vita (per questo si partiva confessati e comunicati; inoltre la fatica stessa del pellegrinaggio permetteva di ottenere anche l’indulgenza plenaria delle proprie colpe).  

Dopo il 1000 troviamo spesso tra i pellegrini anche nobili, cortigiani e nobili che compivano tale pellegrinaggio per espiare le proprie colpe, talora anche per riconciliarsi con la Chiesa (addirittura annullando così perfino l’eventuale “scomunica” che si fossero precedentemente procurati).

Chi partiva per il pellegrinaggio spesso lo faceva non solo a titolo personale, ma anche a nome di intere comunità: andava cioè a pregare e fare penitenza per tutti. Per questo, e per il lungo tempo che richiedeva, il pellegrino o partiva con l’intera propria famiglia o, più spesso, l’intera comunità (e lo stesso vescovo locale) si impegnava a custodire e mantenere la famiglia del pellegrino.

8.1. Come avvenivano i pellegrinaggi in “Terra Santa”?

Il percorso verso la Terra Santa, da Roma a Brindisi ricalcava sostanzialmente la consolare Via Appia, dopodiché ci si imbarcava verso l’Oriente, quasi mai direttamente per la Palestina, ma approdando in Grecia, quindi per Costantinopoli, la Turchia e la Siria.

Il pellegrinaggio in “Terra Santa” era certamente il più lungo, faticoso e pericoloso. Nel lungo viaggio si incontravano innumerevoli pericoli, naturali e specialmente umani (briganti, gruppi etnici incomprensibili, talora ostili e violenti). La permanenza dei musulmani costituiva poi un forte deterrente.

Specialmente in territorio turco, ci si imbatteva in diverse fazioni islamiche, spesso persino in lotta tra loro (i turcomanni, i rozzi Selgiuchidi e gli Abbassiti), ed anche in Siria, Libano e talora nella stessa Palestina l’incontro con feroci gruppi musulmani poteva risultare particolarmente pericoloso (una volta massacrarono addirittura 5000 pellegrini! anche se non si trattava in genere di attacchi per motivi religiosi).

Per questo, dopo un primo periodo, l’entusiasmo per questo incredibile pellegrinaggio calò. Quando Carlo Magno (sec. IX) allacciò rapporti diplomatici con il califfo di Bagdad, ci fu una ripresa del flusso di pellegrini. Dal 1020, per merito del nuovo ordine monastico dei Cluniacensi, ci fu un rinnovato entusiasmo per il pellegrinaggio in Terra Santa e già nel 1050 si organizzarono pellegrinaggi con addirittura 7000 partecipanti. Nel 1065 l’arcivescovo Gunther organizzò un pellegrinaggio composto addirittura da 12.000 uomini!

Con questi imponenti numeri di pellegrini (contraddistinti dalla Croce) si capisce perché i Crociati fossero identificati come pellegrini (e in effetti la maggior parte li erano). 

9. Perché la “Terra Santa” è tanto importante per il cristianesimo?

Se in ogni religione riveste una particolare importanza il luogo dove essa ha avuto origine, così che spesso è meta di pellegrinaggi e di devozione (basti pensare appunto a La Mecca per i musulmani), per il cristianesimo il significato e l’importanza della “Terra Santa”, cioè della Palestina (Israele), sono assai più pregnanti.
Poiché il cristianesimo non è una religione che ha un fondatore “umano” (come in tutte le religioni), ma è la venuta di Dio stesso sulla terra, cioè l’Incarnazione di Dio (cfr. Gv 1,14), lo spazio-tempo in cui è accaduto questo “avvenimento” acquista quindi un valore del tutto eccezionale. 
Come per il tempo l’anno della nascita di Cristo è universalmente considerato l’anno <0> (contando cioè gli anni prima o dopo Cristo), così lo spazio geografico dove ciò è avvenuto – cioè la regione (Palestina) dove Gesù ha vissuto per 33 anni e la città dov’è morto e risorto (Gerusalemme) rivestono un’enorme importanza.

Il cristianesimo infatti non nasce da un libro e non è semplicemente una dottrina religiosa e morale, ma è un “avvenimento” (storico, spazio-temporale), in quanto è la persona stessa di Gesù Cristo.

Per questo quei territori sono stati definiti “Terra Santa” fin dalla cristianità primitiva.

A Gerusalemme (50 giorni dopo la risurrezione di Cristo e per la particolare effusione dello Spirito Santo) è nata anche la Chiesa, e da lì, sia pur subito perseguitata, si è espansa nel mondo intero.

9.1. Com’era la situazione della Terra Santa al tempo delle Crociate?

Distrutta completamente dai Romani nel 70 d. C. (attuandosi la profezia di Gesù, v. Lc 21,20-24) ed iniziata così la diaspora degli Ebrei (terminata solo dopo la Seconda Guerra Mondiale), rimasero comunque in Terra Santa delle comunità cristiane.

Molte delle reliquie cristiane (soprattutto della Passione) furono poi (IV secolo) raccolte dall’imperatore Costantino e da sua madre S. Elena e trasportate a Costantinopoli e a Roma (molte sono visibili ancor oggi nella Basilica di S. Croce in Gerusalemme o la Scala Santa).

Conquistata nel 638 dal califfo Omar, Gerusalemme acquista una particolare importanza anche per l’Islam, che la considera sua terza città santa dopo La Mecca e Medina.

Secondo una tradizione musulmana, che non ha però alcuna base storica, lì Maometto sarebbe salito al cielo (ma per il Corano stesso Maometto non è mai uscito dall’Arabia).

Dal 970 la Palestina fu sotto il dominio musulmano degli sciiti (del gruppo fatimide egiziano), ma fu sempre contesa anche dal califfato sunnita di Bagdad. Nel 1055 subentrarono i turchi (che massacrano le città ribelli). Il tentativo di conquista della Palestina da parte di Bisanzio nel 1071 si risolve in una catastrofe: l’esercito bizantino viene distrutto e l’imperatore catturato. Nel 1086 i dominatori di Gerusalemme sono i Selgiuchidi.

Come abbiamo visto, sia pur discriminati, super tassati e privati di fondamentali diritti, i cristiani poterono continuare a vivere in Terra Santa anche sotto il dominio musulmano, pur in modo precario e non potendo vivere pubblicamente la loro fede né diffonderla.

Anche gli innumerevoli pellegrini che raggiungevano la Terra Santa in genere non trovavano particolari ostacoli da parte musulmana (anche perché portavano comunque risorse economiche).

Non mancarono però avvenimenti particolarmente dolorosi. Nel 938 la processione della domenica delle Palme di Gerusalemme fu violentemente repressa dai musulmani e lo stesso Santo Sepolcro venne bruciato. Nel 966 un analogo assalto porta all’uccisione dello stesso Patriarca di Gerusalemme e di nuovo al saccheggio del Sepolcro. Nel 1009 il neo Califfo fatimide al-Hakim, fondatore dell’eresia musulmana dei Drusi, si rese subito responsabile di atti violenti nei confronti di cristiani (ed ebrei) e il 28 settembre dello stesso anno fece distruggere di nuovo il Sepolcro; fino al 1014 scatenò una forte persecuzione anticristiana, che raggiunse perfino l’Egitto.

L’Europa cominciò a prendere sempre più coscienza di queste violenze, anche se non erano continue, e sentì sempre più il dovere di difendere la Terra Santa e le stesse comunità cristiane che là risiedevano.

10. Qual era la situazione europea?

L’identità cristiana dell’Europa non le risparmiava certo aspre lotte al suo stesso interno, soprattutto per la pretesa dei diversi regnanti di comandare pure all’interno stesso della Chiesa Cattolica. Infatti molti sovrani, spesso in lotta tra loro, avanzavano perfino la pretesa di nominare i Vescovi delle proprie diocesi (si tratta della logorante questione della “lotta per le investiture”; come quella ad esempio di Enrico IV, il quale, scomunicato per questa illecita pretesa, voleva addirittura deporre il Papa; e ne seguirono in Germania tre anni di guerra civile). 
Nello stesso tempo i Normanni invadevano sempre nuove terre (tra cui la stessa Italia), rendendo la situazione politica sempre precaria e talora incandescente.

11. Che incidenza ha avuto sulle Crociate lo “Scisma d’Oriente” del 1054?

Senza entrare nel merito delle questioni teologiche e neppure del forte influsso politico esercitato su questa dolorosa vicenda della cristianità, ricordiamo come nel 1054 si consumò purtroppo il cosiddetto “Scisma d’Oriente”, che portò una porzione enorme di cristianità (dell’Europa Orientale: Bisanzio) a separarsi dalla Chiesa Cattolica, dando origine alla Chiesa Ortodossa.

Tale scisma, che risentì certamente del condizionamento politico (che opponeva l’impero bizantino a Roma), mantenne però la “successione apostolica” – per cui rimangono validi l’episcopato e il sacerdozio, come pure i sacramenti – e non deformò neppure l’autentica dottrina (tranne la questione cosiddetta del Filioque), ma non riconobbe più l’autentico “primato petrino”, cioè la responsabilità di guida universale del gregge di Cristo da parte del vescovo di Roma, successore di S. Pietro, secondo le parole stesse di Gesù (cfr. Mt 16,18-19; Lc 22,31-32; Gv 21,15-17).

Bisanzio era considerata la “seconda Roma”, poi chiamata dai Romani Costantinopoli e quindi dai musulmani Istanbul (che significa “la Città”).

Dobbiamo tener presente questa ferita nel cuore stesso della Chiesa Cattolica e del Papa; da cui gli innumerevoli tentativi da parte del Papa per ricondurre il “gregge di Cristo” alla piena unità.
Per questo, una richiesta d’aiuto (anche se non è ben chiaro in quale modalità) giunta al Papa nel 1095 da parte di Alessio I di Bisanzio, per far fronte all’avanzata musulmana dalla Turchia, poteva assumere anche il tono di una speciale e irrinunciabile opportunità non solo quindi per far fronte al comune nemico musulmano ma anche per rinsaldare i legami di comunione, da poco infranti, con la Chiesa di Bisanzio.
In realtà, invece, furono proprio le Crociate ad acuire invece di risolvere il distacco di Bisanzio da Roma!

Infatti, specialmente la IV Crociata (1203), orientata subito su Costantinopoli (per richiesta stessa di Alessio il Giovane di Bisanzio) invece che su Gerusalemme – e contro il parere stesso del Papa (Innocenzo III) – si capovolse, per convenienza politica del doge di Venezia che aveva fornito la flotta, in una lotta proprio contro Costantinopoli, che venne addirittura saccheggiata anche con terribili violenze (anche se non come ne parla la vulgata anticattolica).


Le Crociate 

12. Come si giunse all’’idea di indire la Crociata?

Come abbiamo osservato, l’Islam ha nel suo codice genetico l’idea della “guerra santa” al fine di conquistare il mondo intero e portarlo alla “sottomissione” ad Allah, anche se questo non significa sempre pretendere la conversione forzata dei sudditi alla fede musulmana.
Di fatto nel solo suo primo secolo di vita, a cominciare dalla penisola arabica, l’Islam invase tutto il Medio Oriente, tutto il nord Africa ed anche la Spagna, così come la Persia e la Turchia. Non era quindi una velleitaria impressione che si apprestasse ad invadere anche tutta l’Europa.
Nei territori occupati i cristiani potevano continuare a vivere, sia pur con forti discriminazioni sociali ed economiche e senza poter manifestare ed annunciare la fede in Cristo. Talora subirono anche violenza. Nel caso dell’Africa settentrionale (escluso i copti d’Egitto) l’invasione musulmana cancellò totalmente e definitivamente il cristianesimo.
Abbiamo visto inoltre che i numerosissimi “pellegrini” diretti in Terra Santa non venivano respinti od osteggiati (semmai più nei territori turchi che in Palestina), anche perché comunque portavano degli introiti. Si giunse anche all’idea di scortare armati questi pellegrini (già contrassegnati dalla Croce e per questo già chiamati anche “Cruce Signati”, da cui il termine Crociato); così che anche la prima Crociata poté essere intesa anche come una sorta di “pellegrinaggio armato” (e in effetti i soldati armati erano solo il 10% del totale dei pellegrini).
La preoccupazione di fermare l’avanzata musulmana in Europa (e possibilmente di riconquistare anche la Spagna già capitolata sotto di loro) si accrebbe, quando giunse in Occidente la richiesta di aiuto da parte di Bisanzio (e quindi della neonata Chiesa Ortodossa) per far fronte alla pressione musulmana che veniva dalla confinante Turchia, già occupata da secoli dall’Islam e che costituiva un serio pericolo di vita anche per i pellegrini diretti in Terra Santa.

La setta musulmana dei Selgiuchidi, installatasi in Anatolia (Turchia), costituiva infatti il braccio armato del già potente Sultanato Abbasside di Bagdad.

In seguito crebbe l’idea non solo di difendere i pellegrini diretti in Terra Santa, ma le stesse comunità cristiane là residenti (proprio dove Gesù era vissuto ed il cristianesimo era nato); anzi si affacciò l’idea di “liberare” Gerusalemme e la Terra Santa dal dominio dell’invasore musulmano.
Dobbiamo notare che mai le Crociate hanno avuto lo scopo di fare “guerra ai musulmani” o di convertirli al cristianesimo, a differenza invece della “guerra santa” musulmana, che si prefigge proprio lo scopo di conquistare militarmente il mondo per portarlo alla “sottomissione” ad Allah.

13. L’impero bizantino era minacciato dai musulmani? Fu chiesto aiuto a Roma?

L’Impero d’Oriente (bizantino) era stato più volte minacciato ed anche vinto dall’avanzata musulmana, sia in Medio Oriente che in Turchia. Bisanzio sentiva quindi con ragione la minaccia dell’invasione musulmana alle porte (al suo immediato confine orientale). 
Nel 1054 avvenne poi lo “scisma d’Oriente”, come abbiamo sopra ricordato, cioè la dolorosa separazione dell’Impero di Bisanzio (Chiesa Ortodossa) dalla Chiesa Cattolica. 
Avvenne che solo 41 anni dopo (nel 1095), ad un Concilio indetto a Piacenza dal Papa Urbano II – un Papa d’origine francese eletto 7 anni prima (1088) e che faceva di tutto per ricucire questo primo doloroso grande scisma all’interno della cristianità, giungendo persino a togliere la “scomunica” (ricevuta in quanto essi stessi si tolsero dalla “comunione” ecclesiale) all’imperatore di Bisanzio Alessio I – parteciparono, sia pur in modo non ufficiale, alcuni legati di Alessio I, i quali, come segno della volontà di riconciliazione della Chiesa Latina (Cattolica), chiesero un aiuto militare per difendersi dagli attacchi musulmani e riappropriarsi dell’Anatolia.

Probabilmente per convincere della necessità di questo aiuto militare occidentale, ingigantirono il pericolo e le persecuzioni subite da questi gruppi musulmani (forse Alessio I non chiedeva altro che servigi militari sotto vassallaggio).

14. Perché il Papa promosse la Crociata?

Dentro questo frangente e questo desiderio ecumenico, una tale domanda da parte dell’Oriente non poteva in fondo essere rifiutata dal Papa. 
All’inizio si parlò di una spedizione militare europea in soccorso di Bisanzio; poi si cominciò a sentire il dovere di aiutare i cristiani pellegrini o addirittura residenti in Terra Santa; infine sorse l’idea di “liberare” finalmente Gerusalemme (e l’intera Terra Santa) dall’invasione musulmana.
Oltre ad essere un segno di solidarietà, e quindi con valore ecumenico, nei confronti della Chiesa Ortodossa, una tale impresa poteva contribuire a sopire le lotte intestine europee, sopra ricordate, e convogliare le forze politiche e militari europee verso un obiettivo comune.
Quando solo pochi mesi dopo (il 27.11.1095) il Papa convocò in Francia (a Clermont) un nuovo Concilio, l’idea di organizzare concretamente una spedizione di aiuto a Bisanzio e perfino di “liberazione” della Terra Santa si ripresentò e infiammò gli animi al di là di ogni aspettativa.

14.1. Su queste decisioni del Papa c’entra l’infallibilità garantitagli da Gesù?

Come abbiamo già altrove osservato [v.punto 5.3 de La Chiesa Cattolica e il punto 15 del caso Galileo] l’infallibilità del Papa – dono dello Spirito Santo garantito da Gesù a Pietro ed ai suoi successori fino alla fine del mondo – riguarda il suo insegnamento ufficiale su questioni relative alla fede o alla morale cristiana, cioè su ciò che dobbiamo credere e fare per essere salvi. L’amore infinito di Dio per noi, che ci vuole tutti salvi in Cristo, non permette infatti che lungo la storia l’autentica “dottrina” evangelica si deformi o venga mal interpretata, con danno eterno delle anime, ma la garantisce oggettivamente attraverso l’insegnamento di Pietro e dei suoi successori (Papi) (così ha voluto Gesù, come sopra già ricordato, cfr. Mt 16,18-19; Lc 22,31-32; Gv 21,15-17). Quando invece il Papa prende decisioni di tipo storico – tanto più quando si trattava di governare anche dal punto di vista “temporale” – non ha certo la garanzia dell’infallibilità, anche se rimane comunque il più autorevole punto di riferimento della cristianità (Magistero).

15. Perché l’idea della Crociata si ingigantì al di là di ogni attesa?

Un grande entusiasmo s’accese non solo nei sovrani, principi e cavalieri, ma ne nacque un vero movimento di popolo, sospinto dalla forza della propria fede cristiana e dal desiderio non solo di venire in aiuto ai fratelli nella fede di Bisanzio (sia pur da poco separatisi dalla Chiesa Cattolica) e della stessa Palestina, ma anche dalla volontà di recarsi pellegrini in Terra Santa e ridonare la terra stessa di Gesù all’autentica fede in Lui. Si gridava con entusiasmo “Deus vult” (Dio lo vuole)! Molti uomini, pur di partecipare all’impresa, lasciavano beni e famiglia. Persino novizi di interi monasteri chiedevano di partire. Si giunse così nientemeno che a fissare la data della partenza della spedizione (il 15.08.1096, festa dell’Assunzione di Maria, da Le Puy, sotto la guida del Vescovo).
Il Papa quasi sicuramente non pensava che il “sassolino” lanciato a Clermont sarebbe diventato una “valanga” di tali proporzioni! 

16. Chi partiva per la Crociate? Perché lo faceva?

Abbiamo già segnalato che la stragrande maggioranza (90%) di coloro che partirono per la (prima) Crociata erano di fatto semplici pellegrini diretti in Terra Santa. Solo il 10% era armato (cavalieri).
Oltre a sovrani, principi, nobili e cavalieri, si trattava appunto di un vero movimento di popolo (uomini di famiglia, contadini, artigiani, persino giovani incamminati verso la vita consacrata).

Ad un uomo sposato l’autorizzazione a partire veniva concessa dal sacerdote solo col consenso della moglie; la sua famiglia veniva allora affidata alla comunità cristiana e spesso sotto il patrocinio dello stesso vescovo; i suoi beni erano messi sotto fiduciato pontificio ed erano così assicurati fino al ritorno. L’autorizzazione a partire veniva negata ad anziani e malati, sennò alcuni di loro sarebbero partiti ugualmente! Chi ne aveva la possibilità doveva pensare alla spesa del viaggio; ma chi non poteva procurarsi l’occorrente lo poteva ricevere dai nobili presenti all’impresa o dalla stessa comunità di partenza.

Il simbolo della Croce veniva ufficialmente ricevuto dal Vescovo (mai invece veniva consegnata un’arma), in seguito ad un voto solenne, volontario e vincolante, che assegnava diritti e doveri.

Per questo questi pellegrini (e anche pellegrini soldati) venivano spesso chiamati “Cruce Signati” (invece in senso proprio il termine Crociata verrà invece usato solo dal XIV secolo).
 

Ai Crociati la Chiesa concedeva il dono dell’indulgenza plenaria e persino della completa remissione dei peccati in caso di morte improvvisa durante la missione, oltre alla sospensione delle condanne penali o di moratorie per i debiti contratti. Per questo, tra l’immensa folla dei partenti, c’erano anche pubblici peccatori penitenti, nobili o popolani che fossero. La partenza per la Crociata era dunque anche un segno pubblico di conversione, di ritorno a Cristo e nella Sua Chiesa.

Per chi fosse stato disonesto, fruendo dei diritti ma venendo meno ai propri doveri, era prevista la pena della scomunica.
L’impresa, che improvvisamente arruolò un numero impressionante di persone (minimo 100.000 persone ma secondo certe fonti persino 600.000, anche se ciò sembra improbabile), acquistò quindi un’aurea epica, così che generava la forte impressione (ed attrattiva) di partecipare ad un evento storico straordinario, forse persino all’apocalittica lotta contro l’Anticristo (ancora sulla scia del recente “millenarismo”).
Certo, nonostante fossero dati dei criteri oggettivi di arruolamento, partivano anche persone in cerca di riscatto sociale, aristocratici in crisi, principi semifalliti o avidi di potere, anche cavalieri incolti in cerca di gloria, persino fanatici straccioni, briganti e lungo la strada anche discepoli di dottrine ereticali.
Non è possibile però ridurre il fenomeno della Crociate – come ha cercato di fare la polemica anticristiana – ad un coacervo di interessi economici e politici, uniti ad una sorta di “imperialismo religioso”.
Partire per la Crociata era infatti molto dispendioso (la spesa prevista era di 5 volte lo stipendio medio annuo) e pericoloso (non si era certo sicuri di ritornare vivi e neppure incolumi), nella migliore delle ipotesi doveva prevedere lunghi periodi di assenza da casa con tutto ciò che comportava per le famiglie. Anche chi si illudesse di conquistare terre e possedimenti (a meno che non fosse un grande sovrano europeo) sapeva che quelle terre lontane ed abitate da popoli sconosciuti ma notoriamente pericolosi non sarebbero state facilmente abbordabili e ancor più difficilmente vi si poteva risiedere; così neppure si poteva pensare di portare a casa (dato l’immenso viaggio) qualche presunto bottino. Infatti nessuno tornò (se tornò!) più ricco di com’era partito. 
E, ribadiamolo, nessuno partiva per convertire con la forza a Cristo i musulmani!

17. Cos’erano gli “Ordini cavallereschi”?

Un altro elemento storico che dobbiamo tenere presente, in ordine ad un giudizio sulle Crociate, è offerto dall’istituzione degli Ordini Cavallereschi, tipico dello spirito medievale.
Se è moralmente lecito e perfino doveroso – all’interno stesso della logica dell’amore – far fronte al male (ad esempio a chi attenta ai fondamentali diritti, personali e sociali), persino in modo armato qualora risultasse necessario, allo stesso tempo occorre vigilare affinché ciò non degeneri a sua volta in spirito di vendetta, se non addirittura in malvagità e odio (scendendo cioè sullo sesso piano di chi compie il male). Per questo motivo è necessario porre dei limiti, o meglio un “codice di comportamento” anche per le azioni militari, che, pur permettendo in certi casi anche la forza armata, obbedisca a regole ben precise, una sorta di etica cristiana dell’intervento armato. 
Da questo spirito e con questa preoccupazione nascono nel Medioevo anche gli Ordini religiosi cavallereschi. E ciò è importante per capire la Crociata, anche proprio riguardo a quella componente armata che, sia pur minoritaria, la costituì.
Specialmente dopo la prima Crociata, cui partecipò una folla immensa in cui si insinuarono poi anche rozze componenti (anche barbare, come i Normanni da poco convertiti!) e soldati magari abili con la spada ma non addestrati ad una disciplina morale – il che portò talora anche a dolorose degenerazioni, specialmente quando la fame fisica (ad esempio nelle zone desertiche) e quella di potere poteva indurre a violenze e saccheggi (tanto più che nella prima Crociata mancava purtroppo un autentico e unico capo militare cui riferirsi e al quale obbedire), che certo poco hanno a che fare con la morale cristiana ed anche con l’autentico spirito delle Crociate – si avvertì ancor più la necessità di codici di comportamento ben precisi. 
Chi quindi aderiva ai nascenti ordini religiosi Cavallereschi [i famosi Templari (soppressi all’inizio del XIV sec.), Ospedalieri (oggi: Sovrano Ordine di Malta), Cavalieri di S. Lazzaro (così chiamati perché inizialmente si occuparono dei lebbrosi) o di S. Tommaso (Becket) e Teutonici (di origine tedesca)] veniva educato duramente per anni prima di poter arrivare a combattere, e questo proprio allo scopo di mantenere, anche nell’uso delle armi, un’autodisciplina ed un codice (i “codici cavallereschi”) di comportamento morale. Anche il vero Crociato doveva attenersi a tali principi.

Chi aderiva a tali Ordini cavallereschi cristiani doveva avere una fede forte ed essere un uomo di fervida e costante preghiera. Se si trattava di nobili, dovevano imparare ad esercitare l’umiltà, svolgendo anche umili servizi nei confronti dei più poveri. Mai dovevano essere mossi da spirito di possesso e dovevano sottostare solo ai comandi militari che fossero motivati dalla giustizia e dalla pietà. Dovevano sottostare ad una disciplina non solo militare ma morale, così che all’abilità della spada (se fosse stato necessario) si unisse anche quella della carità. In caso di lotta armata, mai si doveva scordare il fine per cui si svolgeva (mai doveva essere compiuta per altri interessi egoistici o fine a se stessa), mai ci si doveva abbandonare alla foga del combattimento o farsi accecare dall’ira o dall’odio, mai doveva coinvolgere civili, donne, bambini, anziani, poveri o ammalati (che anzi, si dovevano soccorrere, anche se nemici, anche a costo di lasciare la battaglia). Oltre al divieto di uccidere i civili, vigeva pure il divieto assoluto di torturare o anche solo umiliare il nemico. In caso di duello, si doveva combattere sempre con correttezza, senza ricorrere a trucchi, senza mai colpire alle spalle, accettando sempre la richiesta di grazia da parte del nemico, e smettendo di combattere con coloro che non avevano più armi indosso.

Non a caso forse ancor oggi diciamo “essere cavaliere” per significare gentilezza e rispetto, oltre che capacità di aiutare e difendere il prossimo.

17.1. C’e contraddizione tra Vangelo e servizio “armato”?

Lo spirito cristiano, pur fondato sulla legge dell’amore, non è così ingenuo da non capire che oltre certi limiti il male nella società va arrestato e combattuto, se è il caso anche con la forza, così come i deboli vanno difesi, anche con la forza, dai violenti che vorrebbero offenderli o ucciderli.

Gesù, con le sue espressioni forti e talora persino paradossali (cfr. Lc 6,27-38), ci insegna l’amore vero, che è libero da ogni rancore e spirito di vendetta e arriva ad amare anche i nemici.

Se dunque nei confronti dei diritti della propria persona, pur essendo moralmente lecita la “legittima difesa”, si può giungere anche all’eroismo di non rispondere a chi ci offende o ci vuole privare dei nostri beni, addirittura della vita, è fatto invece obbligo morale di difendere e salvaguardare i diritti fondamentali del prossimo (dalla famiglia alle piccole società di cui siamo responsabili, fino all’intera Patria); se è necessario, anche con le armi.

Altrimenti potrebbe diventare una sorta di  “omissione di soccorso”, che è invece male in sé.

Ecco perché secondo la dottrina cristiana, pur promuovendo in ogni modo (ma non ad ogni costo) la pace, è lecito avere anche adeguati strumenti di difesa (forze dell’ordine, forze militari, armamenti) e in certi casi estremi ricorrere persino alla guerra.

Questi casi estremi, che giustificano come ultima possibilità anche l’uso delle armi e perfino della guerra, devono avere contemporaneamente queste condizioni: “certezza di un durevole e grave danno subito; inefficacia di ogni alternativa pacifica; fondate possibilità di successo; assenza di mali peggiori, considerata l’odierna potenza dei mezzi di distruzione” (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 483).

Anche il “pacifismo” è un derivato del relativismo e come esso è contraddittorio: come infatti il relativismo dice di non credere alla verità ma afferma se stesso come assoluta verità, così paradossalmente anche il pacifismo, volendo la pace “ad ogni costo”, provoca la guerra, non solo perché potrebbe non essere più in grado di garantire certi diritti violati, ma perché non dovrebbe neppure respingere chi fa la guerra, quindi favorendola.

La prospettiva deve essere certo quella della pace tra i popoli, dove potrebbe risultare persino teoricamente inutile il possesso stesso delle armi; ma non è cristiano immaginare l’uomo senza peccato (né quello “originale” – che fa sentire comunque i suoi effetti e le sue concupiscenze anche quando è tolto dal Battesimo – né quelli personali), naturalmente buono ed una società “anarchica” dove ciascuno fa sempre spontaneamente il proprio dovere (l’Illuminismo ha negato pure il “peccato originale”, oltre alla necessità di Cristo, ma quando le ideologie che ne sono seguite – dalla rivoluzione francese a quella comunista, ma sarà così anche per l’ateismo contemporaneo – hanno voluto costruire “il paradiso in terra”, hanno invece sempre provocato terribili “inferni”!). E se il cristiano sa che solo la “grazia” di Cristo può provocare la conversione del cuore, liberare l’uomo dal male e far germogliare pure un’umanità nuova, sa anche che fino alla fine del mondo (quando Cristo verrà nella gloria a giudicare tutti gli uomini, sconfiggendo definitivamente il male e chiudendo il potere di Satana nell’inferno) si dovrà porre un limite al male anche mediante leggi giuste e pene per chi non le rispetta (al fine proprio di contenere le forze distruttive del male).

18. Che differenza c’è tra le Crociate cristiane e la “guerra santa” islamica?

Con quanto sopra affermato circa la liceità e perfino l’obbligo morale e sociale di far fronte ad un torto subìto, si capisce che in certi casi estremi (e alle condizioni sopra ricordate) si può combattere una “guerra di difesa”. Questo era quanto si prefiggevano gli Ordini (militari) cavallereschi cristiani e questo era ciò che mosse anche lo spirito delle Crociate.
Quello che invece sospinse i musulmani ad invadere con la “guerra santa” una parte cospicua del mondo allora conosciuto, con l’intento di portare progressivamente il mondo intero alla “sottomissione” (islam) ad Allah, era una vera e propria “guerra di conquista”.

Moralmente parlando non possiamo appunto mettere sullo stesso piano chi compie il male e chi ha il diritto, subendolo, di difendersi.

C’è inoltre una sostanziale differenza tra l’annuncio della fede – tanto più quanto può, come nel cristianesimo, può portare pure le ragioni di sé, e ricordando che qua c’è in gioco la salvezza eterna di ogni uomo! – la “difesa della fede” e l’“imposizione della fede”.
Ricordiamo che le Crociate non si sono mai prefisse di conquistare alla fede cristiana popoli non cristiani (tanto meno i musulmani) – semmai di difendere i cristiani della Terra Santa e di liberare quella Terra di Gesù dall’invasione musulmana – mentre l’invasione armata dei musulmani si prefigge proprio la conquista del mondo all’Islam (sia pur non obbligando sempre fisicamente i singoli a convertirsi)!

18.1. Perché certe degenerazioni violente dei Crociati cristiani sono un’incoerenza al Vangelo, mentre la “guerra santa” islamica è perfettamente coerente con il Corano?

Secondo gli attuali dogmi del “relativismo” dominante, non potendo più porsi la questione della verità o meno di una dottrina (filosofica, religiosa, morale), sembra che ciò che conti sia solo la coerenza o incoerenza del comportamento di una persona rispetto a ciò in cui dice di credere.

In realtà la “coerenza”, pur essendo un segno della forza interiore di una persona (e la rende attraente e psicologicamente coinvolgente, da cui il valore della “testimonianza”), non è un assoluto. Infatti, se una persona credesse ad una dottrina sbagliata o a principi morali erronei (ad esempio: è bene essere violenti o fare la guerra per conquistare il mondo), dovremmo augurarci che tale persona sia il meno coerente possibile, perché più è coerente con la sua dottrina e peggio fa!

Sotto questo aspetto, chi accusasse ad esempio i cristiani di incoerenza al Vangelo, in realtà sta ammettendo che il Vangelo è bene, altrimenti dovrebbe essere contento di questa incoerenza.

Se ad esempio durante le Crociate ci sono state delle degenerazioni violente (addirittura lotte tra gli stessi cristiani, latini vs bizantini) tali azioni sono certamente deplorevoli e costituiscono una contro-testimonianza evangelica, ma non compromettono appunto la verità della fede cristiana e dello stesso   Vangelo (Gesù). Se invece la “guerra santa” islamica (jihad) ha portato (e porta!) i musulmani a voler invadere il mondo e a far la “guerra agli infedeli” per “sottomettere” tutti i popoli ad Allah, questo è perfettamente coerente con l’insegnamento (e la vita) di Maometto e la dottrina del Corano.

Come si può capire (e il relativismo non può farlo) non si tratta tanto di coerenza o incoerenza, ma di verità (e bontà) o meno di una dottrina. E questo, pur nel rispetto di tutti, va giudicato.

19. Perché S. Francesco d’Assisi è andato alla Crociata?

Nell’attuale immaginario collettivo, persino di moltissimi cattolici, S. Francesco d’Assisi era una sorta di “giullare di Dio”, romanticamente povero, ecologista, animalista e pacifista. In realtà ciò ha poco a che vedere con l’autentico S. Francesco e la reale sua eccezionale santità. [v. S. Francesco d’Assisi].
Dentro questa falsa immagine del grande Santo patrono d’Italia, viene quasi sempre censurato che partecipò alla V Crociata (tanto da trovarlo in Egitto, al campo del 1219-1220, addirittura in dialogo col Sultano!) e se proprio non si riesce a tacerlo, lo si presenta come in antitesi alla Crociata stessa.
Certamente non è più il Francesco pre-conversione che sarebbe forse partito come “cavaliere”, visto che questo era il suo sogno giovanile, ma il conquistato da Gesù Cristo, al quale ha dato tutto se stesso (fino a rinunciare ad ogni cosa per essere più libero di seguire solo Lui – questo il significato della povertà francescana), e proprio per far conoscere Lui attraversa non solo tutte le contrade dell’Italia centrale, ma decide appunto di andare anche alla Crociata!

S. Francesco non va in giro (e neppure in Terra Santa) per predicare “la pace”, ma per predicare Cristo Gesù nostro Signore, sapendo che Egli è l’unica via di salvezza per ogni uomo!

Abbiamo più volte sottolineato che la Crociata non è stata pensata per convertire i musulmani, ma semmai per aiutare o liberare i cristiani delle terre invase dai musulmani o anche per arginarne l’impetuosa avanzata. Non mancava però certo il desiderio di annunciare Gesù a tutti i popoli, secondo il comando stesso del Signore (cfr. Lc 28,19-20): e questo era proprio il movente principale della partecipazione di S. Francesco alla Crociata!

S. Francesco non esita a imbarcarsi per la Crociata, proprio per difendere la fede cristiana e per annunciare Gesù agli stessi musulmani, arrivando per questo a parlare addirittura al Sultano, mettendo così a repentaglio la propria vita.
Ecco un dialogo tra S. Francesco e lo stesso Sultano del Cairo (il famoso Saladino!), che dimostra quanto egli fosse tutt’altro che un irenico pacifista, né un relativista che pensa che tutte le religione siano uguali:

Il Saladino dice a Francesco: “Il vostro Vangelo insegna che non dovete rispondere al male col male e che a chi ti toglie il mantello dovete dare anche la tunica”.

Risponde S. Francesco: “Ma se aveste davvero letto il Vangelo sapreste che subito dopo Gesù dice di <cavare l’occhio che ti scandalizza e gettarlo via>. Ecco perché è giusto che i cristiani invadano le terre che abitate: perché bestemmiate il nome di Gesù Cristo e allontanate dalla sua adorazione tutti coloro che vi riesce; ma se foste disposti a confessarvi, a riconoscere e adorare il Creatore e Redentore, i cristiani vi amerebbero più che se stessi”.

Il Sultano fu certamente colpito dalla radicale testimonianza evangelica di S. Francesco – che, come si vede, non andava troppo per il sottile quando si trattava di annunciare la vera fede cristiana, condizione per la salvezza eterna di ogni uomo –  tanto che col suo benestare venne poi concesso ai Francescani la Custodia dei “luoghi santi” (della Palestina), cosa che perdura addirittura ancor oggi!

Anche molti dei primi seguaci di S. Francesco non esitarono ad attraversare la Spagna e il  Portogallo per recarsi nientemeno che in Marocco, proprio per convertire i musulmani, andando incontro quasi sempre al martirio! Fu proprio il passaggio in Portogallo di alcuni di loro, ed il loro martirio, che calamitò lo spirito religioso di un giovane monaco agostiniano portoghese, tanto da farsi anch’egli francescano e decidere pure di andare a morire per Cristo in Marocco. La Provvidenza, attraverso una malattia ed un naufragio, portò invece quel giovane frate in Italia: è S. Antonio da Padova!

20. Cos’è stata la Prima Crociata?

È difficile capire quanti effettivamente partirono quel 15 agosto 1096 per la (prima) Crociata, ma fu certamente una folla immensa, un vero movimento di popolo (almeno 100.000 persone)!

Alcuni parlano addirittura di 600.000, ma il numero sembra esagerato e poco attendibile.

Ufficialmente partiti per Bisanzio minacciata dai musulmani già presenti in Turchia, tutti portavano però in cuore il desiderio di raggiungere la Terra Santa e possibilmente liberarla dalla dominazione musulmana.
Quando giunsero a Bisanzio (Costantinopoli), l’imperatore Alessio I ne fu ben lieto, anche se non tutti i Crociati gli giurarono “vassallaggio”, come forse egli aveva chiesto e si attendeva.

Si unirono alla spedizione nientemeno che i temuti Normanni, truppe militari professioniste guidate da Boemondo (il quale, mancando nella Crociata un vero e proprio comandante, assunse purtroppo un ruolo non secondario nell’impresa e contribuì non poco a delle sue degenerazioni in terra d’oriente). Pur essendo i Normanni tradizionali nemici dei Bizantini, Boemondo, con grande abilità diplomatica, giurò invece vassallaggio ad Alessio I, ottenendo però in cambio di essere nominato a capo della spedizione in Terra Santa!

Si entrò così in Turchia, occupata dalla feroce etnia musulmana dei Selgiuchidi.

Il numero dei Crociati era però già sceso a 45.000 unità. Ma a combattere i Selgiuchidi si unirono nientemeno che le truppe musulmane (!) del califfato fatimide d’Egitto, a loro ostili.

All’inizio non ci furono particolari problemi, ma ben presto le battaglie divennero cruenti, lasciando sul campo 4000 Crociati e 3000 Turchi, nonostante la vittoria crociata.

Nonostante tutto, permaneva nella Crociata un tale spirito di pellegrinaggio, da doversi concedere, giunti nelle terre della primitiva predicazione di S. Paolo, una pausa alle battaglie, per visitare con devozione quei luoghi santi.

Contro ogni previsione, i Crociati riuscirono poi ad entrare tranquillamente in Armenia (peraltro sede di una delle più antiche comunità cristiane del mondo).

Si narra che i Crociati, per sostenersi nell’attraversamento delle zone desertiche, cantassero i Salmi, pensando all’esperienza biblica dell’Esodo.

Il 21.10.1097 i Crociati (25.000) giunsero ad Antiochia (ricca città siriana dove la comunità cristiana fu presente fin dal tempo degli Apostoli e dove i cristiani erano ancora la maggioranza, nonostante il dominio musulmano), ma qui la resistenza musulmana durò mesi.

Molti Crociati, per sopravvivere (essendo zone desertiche), si abbandonarono anche a saccheggi nei borghi limitrofi. I musulmani, per spaventare i Crociati, giunsero a esporre il patriarca (vescovo) di Antiochia in una gabbia sopra le mura, e se catturavano dei Crociati, li condannavano al terribile supplizio dell’impalamento.

A questo punto i Bizantini si ritirarono dalla Crociata. La cosa fu vista come un tradimento dai Crociati, che si sentirono allora svincolati (anche Boemondo) da qualsiasi patto con Alessio I (che informò allora i regni musulmani della sua presa di distanza dal seguito della Crociata).

Dopo 226 giorni di assedio, il 3.06.1098 Antiochia cedette (forse con la collaborazione di un funzionario corrotto da Boemondo) e ne seguì una battaglia che costò la vita a decine di migliaia di persone (musulmani, ebrei e cristiani). Anche molti Crociati si abbandonarono alla violenza. Dopo otto giorni fu riconquistata dal potente esercito turco, ma la definitiva vittoria degli esausti Crociati (il 28.06.1098) fu considerata miracolosa (con tanto di visione di santi).

Contemporaneamente, anche a causa della morte del vescovo di Le Puy che ufficialmente guidava l’impresa, assistiamo ad una degenerazione della Crociata e ad uno sfaldamento delle stesse truppe. Il franco Baldovino riuscì a ritagliarsi un regno tutto suo, la Contea di Edessa, che Alessio non aveva chiesto di conquistare poiché era uno stato vassallo dei Bizantini. Molti aristocratici, attratti dalla spartizione (tra franchi e normanni) dei territori conquistati, temporeggiano sull’avanzata verso Gerusalemme, tentando di appropriarsi di qualcosa. Antiochia risulterà infine un regno Normanno in Oriente (Principato di Antiochia).

Il 13.12.1098 si ripartì per raggiungere finalmente Gerusalemme, raggiunta il 7.06.1099.

A Gerusalemme dovrebbero essere giunti circa solo 10.000 Crociati.

Entrati finalmente in Terra Santa, la Crociata manifestò però pienamente anche la sua dimensione di pellegrinaggio: nei luoghi santi della Palestina, raggiunti senza troppi problemi, i Crociati celebrarono con molto fervore giganteschi e commoventi momenti di preghiera.

La città in quel periodo era aspramente contesa tra diverse fazioni musulmane. I cristiani latini residenti furono costretti ad abbandonare la città. I pochi pozzi d’acqua esterni erano stati avvelenati. La situazione era critica; ma giunsero proprio allora dal Mediterraneo i rinforzi di Genova. L’8 luglio i Crociati fecero una processione attorno alle mura, scalzi, con croci e reliquie in mano, mentre i musulmani li dileggiavano distruggendone altre sulle mura.

Il 14.07.1099, sotto la guida dell’eroico Goffredo di Buglione, i Crociati riuscirono ad entrare e conquistare Gerusalemme, a prezzo certo di migliaia di morti.

Si costituiva un provvisorio Stato Crociato, che si distinse per tolleranza e divenne un importante centro di scambio culturale con l’Islam.

Nonostante l’incredibile numero di partecipanti, assai eterogeneo e difficilmente governabile (tanto più che non vi fu un vero e proprio unico comandante) e quindi fosse la meno organizzata dal punto di vista militare, la Prima Crociata fu di fatto l’unica che riuscì nell’intento, cioè la liberazione dal dominio musulmano non solo della Turchia, ma della Siria e soprattutto della Terra Santa.

20.1. Ci furono delle Crociate abusive?

L’entusiasmo popolare europeo per la grande impresa delle Crociate fu tale che in alcuni casi si organizzarono e partirono persino delle Crociate non autorizzate, quindi abusive, anche se talora dette “popolari”. Tra queste, divenne celebre quella organizzata da Pietro detto l’Eremita.

Questo monaco, con la sua predicazione, formò in poco tempo una schiera di circa 200.000 Crociati (e questo rende l’idea dell’entusiasmo popolare per quell’impresa)!

In questa moltitudine c’erano certamente numerosissimi e sinceri pellegrini, persino dei chierici, ma anche semplici contadini o cavalieri erranti e addirittura dei briganti; ad essi mancava però una vera disciplina. Si diressero senza alcuna autorizzazione verso Costantinopoli, percorrendo la nuova via dell’Ungheria (e già nel suo attraversamento, mancando di viveri, si abbandonarono al saccheggio). Quando Alessio I si trovò di fronte non i “crociati del Papa”, che attendeva per iniziare l’impresa in Turchia e che non erano invece ancora giunti a Costantinopoli, ma quella moltitudine disordinata e scalpitante per la battaglia, ma anche facile ai saccheggi, decise controvoglia di lasciarli partire per l’Anatolia, concedendo loro piena libertà d’azione. Là questa Crociata abusiva andò incontro alla catastrofe: furono non solo immediatamente vinti dai Turchi, ma vennero uccisi tutti coloro che non si convertirono all’Islam. Se ne salvarono solo 3.000, che continuarono però l’impresa, riunendosi poi ai veri Crociati.

Decisamente aberrante fu invece la Crociata abusiva organizzata da Emich di Leiningen.

Questo nobile tedesco, invasato ma già famoso per illecite attività, si inventò addirittura la propria investitura divina (una croce gli si sarebbe impressa sul corpo), ma tale sedicente Crociata ebbe come scopo principale nientemeno che la cacciata degli Ebrei dall’Europa. Riteneva infatti che prima di liberare Gerusalemme dai musulmani, si dovesse liberare l’Europa dagli ebrei (che da secoli l’infettavano). Molti antisemiti risposero alla sua chiamata, ma i vescovi (e le autorità locali) non  solo si opposero apertamente a tale opera, ma posero le comunità ebraiche sotto la loro stessa protezione episcopale!

21. Cosa sono state le altre Crociate?

La prima Crociata, nonostante la confusione dovuta all’immensa folla dei partecipanti e l’assenza di un vero comandante (per cui certamente si era anche infiltrati altri interessi), fu l’unica che terminò vincente a Gerusalemme nel 1099.
Nel 1144 i turchi musulmani riconquistarono Edessa e uccisero la maggior parte dei cristiani. Sorse allora l’idea di andare a liberare di nuovo Edessa. L’appello per questa seconda Crociata venne dal Papa Eugenio III, ma fu caldamente predicata da S. Bernardo di Clairvaux, il grande riformatore dell’ordine benedettino, il quale però fece di tutto perché essa non fosse intesa come una guerra ai musulmani, come qualche focoso diceva. La Crociata partì nel 1147 e questa volta fu guidata nientemeno che dal re di Francia Luigi VII e da quello tedesco Corrado III; ma, con tutto ciò, si infranse già nel 1148 alle porte di Damasco.
Nel 1176 l’esercito musulmano, guidato dal famoso Saladino (il sultano Salah ed-Din, condottiero curdo al servizio del califfo di Bagdad), riconquistò la Palestina e nel 1187 la stessa Gerusalemme. Cristiani ed ebrei che non si convertivano all’Islam o non pagavano un cospicuo riscatto vennero resi schiavi (compreso i bambini; le donne venivano quasi sempre violentate). Si presentò dunque il dovere di liberare di nuovo Gerusalemme dal giogo musulmano. Il Papa (Clemente III) indisse la terza Crociata, che partì nel 1188 sotto la guida del re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, l’imperatore tedesco Federico I (il Barbarossa, che dovette però parteciparvi come un semplice soldato perché scomunicato) e il re di Francia Filippo II, e riconquistò Gerusalemme nel 1192 (che però, per un inspiegabile trattato di pace, tornò poi sotto il dominio del Saladino). Quindi anche questa Crociata, nonostante le sue epiche eroicità, si concluse senza aver raggiunto effettivamente il suo scopo.
La progressiva perdita di entusiasmo per le Crociate è testimoniata anche dal fatto che nel 1198 un nuovo appello del Papa Innocenzo III per liberare Gerusalemme non ebbe alcuna risposta.
La quarta Crociata fu molto contraddittoria e più che mai si evidenziarono interessi commerciali, non da parte della Chiesa, ma delle Repubbliche Marinare, con Venezia in testa. Quando nel 1203 venne una nuova richiesta d’aiuto da parte dell’imperatore di Bisanzio, il Papa era questa volta contrario ad un intervento ma vi si adattò pensando ancora ad una possibile soluzione dello “scisma”. Il Doge di Venezia fornì la flotta per muoversi interamente via mare, ma si evidenziò ben presto che il suo scopo era tutt’altro che religioso e che non si prefiggeva per nulla di liberare Gerusalemme ma di imporre l’egemonia di Venezia sul Mediterraneo orientale. Per questo la Crociata si diresse proprio contro Bisanzio e conobbe anche atti di inaudita violenza (anche se minori rispetto a quelli normalmente citati), fino alla caduta della città. Si instaurò così un provvisorio (durerà fino al 1261) Impero Latino d’Oriente, guarda caso proprio sotto il potere delle Repubbliche Marinare di Venezia (e poi anche di Genova). Bisanzio non dimenticherà mai questo attacco ed il solco con la Chiesa cristiana latina invece di risolversi si allargò indelebilmente.
La quinta Crociata, quella cui partecipò anche S. Francesco d’Assisi, fu indetta nel 1215 dal Papa Innocenzo III e dal successore Onorio III, e fu condotta da alcuni sovrani europei. Questa volta si pensò di raggiungere la Terra Santa attraverso l’Egitto (del cui sultanato la Palestina faceva allora parte), ma dopo alcune battaglie in terra egiziana (epica fu quella di Damietta), anche questa finì con un nulla di fatto nel 1221. 
Una sia pur provvisoria ripresa di Gerusalemme (senza combattere ma per un accordo siglato col Sultano El-Kamil, discendente di Saladino) si ottenne con la sesta Crociata, partita nel 1227 sotto la guida di Federico II (nipote del Barbarossa) e conclusasi nel 1229. Ma nel 1239 la Terra Santa fu di nuovo riconquistata dai musulmani.
Nel 1248 si mise alla guida della settima Crociata il santo re di Francia Luigi IX, il quale, pur avendo conseguito significative vittorie in Egitto, non riuscì a liberare la Palestina, ma anzi nel 1250 fu fatto egli stesso prigioniero (e venne liberato solo 4 anni dopo, dietro pagamento di un ingente riscatto). Ripartita di nuovo nel 1265, la Crociata si concluse nel 1270 senza successo (e Luigi IX morì questa volta a Tunisi contraendo un’epidemia). 
Dopo che nel 1289 gli eserciti musulmani assalirono e distrussero Tripoli ed Antiochia, uccidendo tutti i cristiani (!), il Papa Nicola IV si decise di indire l’ottava Crociata, che sarà l’ultima. Scemato inesorabilmente l’entusiasmo religioso per queste imprese, visti i fallimenti precedenti oltre che l’immane perdita di vite umane, questa volta risposero all’appello solo la Lombardia e la Toscana, che peraltro non riuscirono ad arruolare che un’accozzaglia di contadini e di falliti, interessati assai più a fare fortuna, anche col saccheggio, che ai nobili motivi della Crociata. Ripresa S. Giovanni d’Acri, in cui vivevano ancora molti cristiani, i Crociati risposero alle violenze dei musulmani con altrettante violenze. Grazie anche a nuove tecniche di guerra, l’esercito musulmano riprese definitivamente la Terra Santa, uccidendo un numero enorme di cristiani e decretando la fine dei Regni latini d’Oriente. 
Un’altra Crociata, voluta e perfino finanziata dal Papa nel 1310, non riuscì neppure a partire.

21.1. Ci sono state altre battaglia tra Europa e Islam?

Ricordiamo che l’invasione militare musulmana continuerà nei secoli e tenterà di conquistare l’Europa, minacciandola “a tenaglia” da occidente e da oriente. Ad occidente, la Spagna rimarrà occupata dai musulmani fino a tutto il XV secolo. Ad oriente gli attacchi musulmani furono più minacciosi e penetranti: nel 1453 conquistarono Costantinopoli e si spinsero fin oltre i Balcani, ma la sconfitta subita nella battaglia navale di Lepanto (7.10.1571) – dove si sperimentò un particolare aiuto della Madonna, Regina del S. Rosario, così che tuttora si celebra questa memoria mariana in questa data – impedì l’occupazione militare musulmana dell’Europa, così come la battaglia di Vienna del 1683. La Turchia, tuttora musulmana, è rimasta califfato fino al 3.03.1924 quando il presidente Ataturk creò ufficialmente uno Stato laico.


Alcune conclusioni

22. Come giudicare il Medioevo?

Una seria analisi storica deve sempre evitare di giudicare il passato con le categorie dell’oggi, perché ciò impedisce di cogliere il senso e le dinamiche profonde che hanno determinato gli avvenimenti storici. Bisogna entrare il più possibile nello spirito e nella cultura del tempo per cogliere più correttamente e in profondità il perché di ciò che è accaduto.
Anche per capire le Crociate, come tanti altri fenomeni storici medievali, dobbiamo immedesimarci in un quel tempo, in cui, grazie all’immensa opera di evangelizzazione dei primi secoli, era diventato praticamente ovvio – per convinzione, non per imposizione – che il cristianesimo è vero, cioè che Gesù è davvero Dio, l’unico salvatore dell’uomo, e che la Chiesa ci dona la vita vera ed eterna che viene da Lui, ci offre cioè la vita stessa di Dio e ci salva dalla dannazione eterna.
Per questo, come abbiamo già ricordato, nel Medioevo ogni attacco contro la fede cristiana veniva giustamente inteso come un danno enorme non solo per il singolo uomo e per la sua salvezza eterna, ma anche per la stessa vita sociale e per l’intera civiltà europea, che trova nei valori cristiani il proprio fondamento. 

23. Perché il relativismo oggi dominante non può capire le Crociate?

La cultura illuminista e post-illuminista, oltre a distaccarsi progressivamente dalla fede cristiana fino ad opporvisi violentemente, viene progressivamente a negare che esista la verità o che si possa comunque conoscere (e per questo ha una deriva essenzialmente nichilista).
Ciò apparentemente sembra possa generare un più profondo rispetto (tolleranza) tra i diversi popoli o identità culturali e religiose; in realtà tale relativismo, oggi imperante, rende impossibile non solo affermare alcun valore come oggettivo e universale, ma anche un vero dialogo tra le diverse identità (quale dialogo è mai possibile se a priori si nega la possibilità di conoscere il vero?).

In questo modo, come possiamo ormai anche storicamente constatare, non si giunge ad un vero dialogo tra identità, culture e religioni, ma ad una perdita di qualsiasi identità – come appunto l’Europa contemporanea dimostra – cioè ad uno spaventoso vuoto di ideali, ad un pericolosissimo impoverimento dello spirito e delle coscienze, dove pare non possa regnare altro che un esasperato permissivismo (“tutto è permesso”) e individualismo (“ciascuno è libero di fare quel che vuole”), che rende impossibile la costruzione stessa di una società, che non si edifica infatti certo solo sulle leggi dell’economia, e neppure su una politica fine a se stessa, ma solo su valori condivisi.

Questo dogma relativista, nato nell’Illuminismo ed oggi particolarmente imperante, pur predicando continuamente la tolleranza e manifestando ufficialmente anche un rispetto per le religioni, non può tollerare che ci sia una religione “rivelata” (come già quella ebraica), tanto meno un Dio incarnato (Gesù Cristo), con la pretesa quindi di essere la Verità e l’unico salvatore dell’uomo (cfr. Gv 14,6).
In altri termini, secondo tale pregiudizio, mentre non può dunque essere vero che Gesù Cristo sia Dio (l’unico e vero Dio), tutte le religioni sono considerate uguali e perfino equivalenti.

Non ci sarebbe ad esempio differenza tra chi predica l’amore e chi predica l’odio?

Anzi si giunge ad affermare che proprio le religioni, con le loro pretese assolutiste, sono state e sono causa di violenze e di guerre.

Storicamente saranno invece proprio gli “assolutismi statali” nati dall’Illuminismo a provocare le più inaudite ed immani violenze e guerre, basti pensare a quelle del XX secolo.

In tal senso vengono invece promosse religioni e sette, come la New Age, che vorrebbero appunto accomunare tutte le religioni sotto un unico denominatore comune (e proprio questa potrebbe essere la moderna forma dell’Anticristo, come bene profetizzano Solovjev o Benson).

Anche la Massoneria abbraccia e promuove questa visione religiosa, pur non negando Dio.

Dobbiamo tener presente questo dogma relativista per comprendere i pregiudizi che si celano anche dietro il dominante giudizio storico sulla civiltà medievale cristiana (che proprio l’Illuminismo ha chiamato polemicamente “secoli bui”), come pure sulle stesse Crociate.

Secondo questa visione post-illuminista, abbracciata anche dalla critica marxista, le Crociate sono il tipico frutto dell’ignoranza e del fanatismo religioso medievale e la riprova di come appunto siano le religioni a provocare le guerre. E così vengono presentate, anche nei libri di scuola e nei media. Anche il film di R. Scott “Le Crociate” (2005) è dentro questo pregiudizio e assomiglia in questo senso più ad una invenzione che a possedere un serio riferimento storico.

Alla luce di questi pregiudizi, è difficile che si colga come la civiltà cristiana medievale sentisse non solo il dovere di difendere se stessa da un attacco (addirittura armato) contro la propria identità, cultura e religione, ma di andare a difendere quei fratelli nella fede che erano già stati invasi dall’Islam. Ancor più difficile che si comprenda l’importanza di quella “Terra Santa”, dove Dio stesso si era fatto uomo ed era vissuto.

24. Perché le ideologie contemporanee non sono autorizzate a criticare le Crociate medievali? 

È poi paradossale e sconcertante che il tanto sbandierato orrore e scandalo per le Crociate medievali giunga (e si imponga come pensiero dominante, assunto acriticamente perfino da molti cattolici) da parte di quella cultura anticristiana contemporanea che ha prodotto, dalla rivoluzione francese in poi, tanto “terrore” ideologico, tante distruzioni e morti, ideologie che solo nel secolo scorso (e non nel Medioevo!) hanno causato inaudite sofferenze a miliardi di persone, sistemi totalitari che hanno prodotto più di 150 milioni di morti, due “Guerre Mondiali” e lo “sterminio” di interi popoli!

Allo stesso modo, chi si scandalizza tanto delle Crociate cristiane di 1000 anni fa – fatte soprattutto per difendere l’incommensurabile patrimonio spirituale e culturale che ci viene dalla fede in Cristo e che ha plasmato non solo la civiltà europea, ma l’intera civiltà occidentale (e che ha promosso il progresso del mondo intero) – così che il termine stesso “crociata” è assunto comunemente come dispregiativo e riutilizzato tuttora per denunciare persino qualsiasi azione della Chiesa teso anche solo promuovere dei fondamentali valori umani, cose dovrebbe allora dire per quelle attuali forme di crociata (così infatti le chiamano i musulmani integralisti) attuate per “esportare la democrazia” occidentale (ed anche i vizi dell’Occidente!), ma che nascondono immensi interessi economici e commerciali (per il petrolio, come in Iraq o in Libia, o per la droga, visto che ad esempio in Afghanistan la produzione di oppio si è addirittura decuplicata dopo l’attacco americano) e per gli stessi interessi si tace su incredibili violazioni di diritti umani e persecuzioni religiose (come in Cina e in India)? E che dire di quelle criptiche attuali crociate fatte in tempo reale ed in maniche di camicia (da un potere globalizzato e senza padroni identificabili, per cui ancor più inafferrabile e ingovernabile), che sui computer delle Borse spostano in un giorno miliardi di € o di $, lasciando sul lastrico non solo intere famiglie, ma interi popoli?

Ebbene, tutti costoro abbiano almeno il pudore di non fare gli “scandalizzati” quando si parla delle Crociate medievali.

25. In conclusione, cosa sono state le Crociate medievali?

Come abbiamo potuto brevemente osservare, le Crociate medievali (XI-XIII secolo) furono un fenomeno storico complesso: da un lato non si può misconoscere che furono un vero movimento di popolo e mosse da un autentico spirito di fede (specie la prima, quella paradigmatica, la più sentita, partecipata, e tra l’altro l’unica che riuscì incredibilmente nell’intento); dall’altro non ci si può nascondere che, come tutte le cose umane, conobbero l’infiltrazione di passioni, peccati ed interessi anche politici e commerciali.
Contrariamente però alla “guerra santa” musulmana, nessuno ha mai pensato di fare la Crociata per andare a convertire a Cristo i musulmani con la forza (semmai, come fece S. Francesco, con la predicazione). E non dobbiamo neppure mettere sullo stesso piano, anche moralmente, una “guerra di conquista” – come quella che in un secolo portò l’Islam ad invadere gran parte del mondo antico con l’intento esplicito di invadere il mondo per renderlo musulmano (come iniziò a fare lo stesso Maometto e come prescrive lo stesso Corano) – da una “guerra di difesa”, come fu l’intenzione di fondo delle Crociate (difendere Bisanzio dalla reale minaccia musulmana, difendere le comunità cristiane di Terra Santa, liberare la stessa Terra Santa dall’invasione musulmana).
Le Crociate non sono dunque state “guerre di religione” e tanto meno una forma di “imperialismo religioso”, come si ostina a dire qualcuno secondo i falsi cliché post-illuministici. 
Tra l’altro, specie la prima, la Crociata conservava pure l’aspetto di pellegrinaggio, visto che quelli armati (cavalieri ed altri) erano solo il 10% del totale dei partecipanti. Inoltre era enorme la percentuale di coloro che parteciparono a questo immenso sacrificio, col rischio evidente di morirvi, per spirito di penitenza ed anche come segno di riconciliazione con Cristo e con la Chiesa.
Come abbiamo osservato, non mancava (ma fu anzi uno dei primi moventi) l’aspetto ecumenico, cioè la possibilità che la Crociata contribuisse a ricucire il doloroso strappo dalla Chiesa Cattolica appena attuato dalla Chiesa Ortodossa (Bisanzio), visto che più di una volta proprio Bisanzio chiese aiuto al Papa e all’Europa occidentale (Chiesa latina) per far fronte alla reale minaccia musulmana e come segno di riconciliazione.
Il convogliare verso questa unica impresa le molteplici forze, anche politiche e militari, dell’Europa aveva inoltre il vantaggio di contribuire a riappacificare ed unificare i diversi regni europei, spesso in lotto tra loro.
Tornando alla questione dei possibili interessi politici e commerciali che possono essersi nel tempo infiltrati nello spirito e nei fatti delle Crociate, non si può certo dire che le decine e decine di migliaia di persone che volontariamente vi si arruolavano potessero avere di mira particolari interessi, probabilmente neppure da parte dei nobili, viste non solo le spese che richiedevano ma soprattutto il forte ed evidente pericolo di rimetterci non solo del denaro ma la stessa vita (furono centinaia di migliaia i Crociati uccisi)! Il gran numero di semplici contadini o poveracci che si arruolavano nelle Crociate, e che fanno di tali imprese (specie della Prima) un immenso “movimento di popolo”, non poteva certo sperare di tornare, se tornava!, con delle ricchezze o vantaggi sociali. Tale movimento non si spiega se non a partire da un autentico spirito religioso, da una forte esperienza di fede cristiana.
Se le Crociate non sono riuscite nel loro intento e talora hanno provocato persino più danni di quelli a cui voleva porre rimedio, non si può però misconoscere che impedirono all’Europa di trasformarsi in un insieme di sultanati musulmani, dove la Sharia (legge coranica) sarebbe diventata diritto civile e penale, senza alcuna distinzione tra potere civile e potere religioso, e la civiltà cristiana sarebbe capitolata, con immenso danno culturale e sociale, oltre che con danno eterno delle anime.

C’è chi, anche tra autorevolissimi storici contemporanei (come R. Grousset), riconosce che “con le Crociate la Chiesa ha ricoperto un ruolo enorme per garantire il bene dell’Occidente e del mondo intero. Ha ritardato infatti di tre secoli, e per certi versi in modo determinante per l’Europa e per l’Occidente, l’invasione musulmana (turca) con la sua sostanziale incapacità di garantire una autentica libertà religiosa ed una distinzione tra potere religioso e potere politico”.
 

26. Perché tutto ciò che è fu compiuto durante le Crociate non può essere ascritto alla Chiesa?

Le Crociate medievali, specie la prima, sono dunque state un immenso movimento di popolo, mosse da un vero spirito di fede, di sacrificio e perfino di carità.
Indette da Papi e predicate in Europa anche da santi monaci, hanno certamente conosciuto atti eroici di fede e di santità. La presenza di Santi – non solo S. Francesco d’Assisi, con la sua presenza certo ‘sui generis’ alla V Crociata, ma lo stesso re di Francia San Luigi IX – e persino i severi e cristiani “codici (di comportamento) cavallereschi” ne sono una prova.
Nonostante i severi e cristiani criteri di arruolamento (specie alla prima crociata) dei pellegrini e dei cavalieri che volontariamente parteciparono all’impresa, non è difficile pensare che nell’immensa moltitudine (al di là certo di ogni aspettativa, del Papa stesso) di coloro che partirono si infiltrassero anche persone (nobili o straccioni) che di fatto erano mossi da desideri e volontà che non coincidevano con quelli ufficiali della Crociata stessa. 
L’immensa fatica del viaggio e le condizioni spesso estreme in cui ci si trovava (per condizioni geografiche e per pericoli umani) non tardavano a far emergere anche le peggiori passioni di alcuni.
In questo senso dovremmo distinguere l’autentico spirito della Crociata, così come è stata promossa dalla Chiesa, da ciò che compirono molti Crociati e da molti dolorosi episodi e contro testimonianze che accaddero durante queste imprese.
Dobbiamo inoltre tener presente che, specie alla prima Crociata (anche se fu incredibilmente l’unica a riuscire nell’intento di liberare Gerusalemme), mancava un vero e proprio comandante, in grado di governare e condurre con ordine una folla di decine e decine di migliaia di Crociati. 
Di fronte all’esplodere di un tale movimento popolare, molte grandi potenze europee non tardarono poi a coinvolgersi: si arruolarono così nella prima Crociata persino gli ostili Normanni (Boemondo, che con abilità perfino diplomatica si accaparrò terre in Medio Oriente) e addirittura i musulmani (!) del califfato fatimide d’Egitto in lotta contro quello turco, e nelle seguenti Crociate presero il comando sovrani franchi, tedeschi e ungheresi. E se non mancarono anche tra loro, abbiamo visto, delle figure di santi, non si può certo affermare che ogni loro decisione militare coincidesse col volere della Chiesa (il Barbarossa alla terza Crociata era addirittura scomunicato). La quarta Crociata (su richiesta di Bisanzio, il Papa era contrario ma vi si adattò), quella più dolorosa perché si risolse addirittura contro la stessa Bisanzio e con inaudite violenze (e quindi non ricucendo ma ampliando lo strappo dello “scisma d’Oriente”), fu addirittura condotta dalla Repubblica Marinara di Venezia e chiaramente allo scopo di estendere il predominio veneto sul Mediterraneo orientale.
Come si può capire, non si può certo ascrivere alla Chiesa in quanto tale tutto ciò che è avvenuto nelle Crociate (oltre al fatto che queste decisioni non coinvolgono certo l’infallibilità pontificia).

In proposito, potremmo raccogliere un monito anche per il presente. Infatti, senza attenderci una perfezione morale che in questo pellegrinaggio terreno possiamo contemplare solo in Gesù e per grazia anche nella Sua Santissima Madre, e quindi mettendo certo in conto la debolezza e il peccato dell’uomo, una maggiore vigilanza nel “reclutamento” di chi aderisce ad un’opera cristiana (una associazione, istituzione, opera “cattolica”, fino ai Seminari/Noviziati) e nel mantenimento dell’ideale originario (impresa certo tanto più ardua quanto più alto è l’ideale) eviterebbe di andare poi incontro a scandali e contro testimonianze, che purtroppo non riguardano solo le Crociate o eventi del passato, ma anche fatti ed istituzioni ecclesiali del presente.

26.1. E’ vero che oggi la Chiesa ha chiesto perdono di quel che ha fatto nel passato?

Come abbiamo già osservato anche riguardo ad un altro “caso” storico [v. punto 20 del caso Galileo e relativo Dossier], spesso si sente dire che finalmente la Chiesa (con Giovanni Paolo II) ha riconosciuto i suoi torti, i suoi errori ed il male che ha compiuto nella storia, chiedendone pubblicamente (e tardivamente!) perdono. Questo è falso! oltre ad essere particolarmente pericoloso per la fede (e quindi per la salvezza della propria anima), perché crollerebbe in questo modo la certezza che la Chiesa annuncia senza possibilità di errore la Verità che salva ed in essa opera lo Spirito Santo per il bene eterno delle nostre anime. Questa ammissione di errori nel passato ci autorizzerebbe inoltre a dissentire da ciò che la Chiesa ci annuncia oggi, perché un domani potrebbe appunto riconoscere di aver sbagliato a dirci quello oggi che ci dice!

Così arriva infatti a pensare la gente, ben guidata – senza forse neppure accorgersene – da un pensiero ostile alla Chiesa e ai fondamenti stessi del cristianesimo: la Chiesa è arretrata, si sbaglia, … e dopo secoli ci arriva pure lei stessa finalmente a riconoscerlo!

Chiariamo allora ancora una volta questo pericoloso equivoco.

La Chiesa è santa perché è il “Corpo mistico” di Cristo stesso e Suo segno e strumento; mentre i suoi componenti (cristiani) possono essere santi – come lo sono stati migliaia e migliaia, in ogni tempo e luogo, anche se il laicismo si ostina a non volerli neppure conoscere – ma anche peccatori (anzi, tutti più o meno ancora lo sono) e quindi sempre bisognosi di conversione (anche i Crociati). Così il Papa è infallibile quando insegna la via di Dio (fede e morale) ma non quando prende decisioni su questioni temporali (ad esempio se indice una Crociata).

L’umile richiesta di perdono a Dio per i peccati compiuti dai cristiani, così come pure per certi metodi talora usati per difendere la Verità, non intacca dunque assolutamente la verità del Vangelo e la santità della Chiesa Cattolica.

Il Papa Giovanni Paolo II – che proprio durante il suo pontificato ha compiuto il maggior numero di beatificazioni e canonizzazioni (proclamato cioè Santi o Beati) nella storia della Chiesa e proprio in occasione del Giubileo del 2000 ha voluto ci fosse anche un giorno (questo non è invece ricordato da nessuno!) di solenne memoria degli innumerevoli (40 milioni!) di martiri cristiani del XX secolo – ha  desiderato che in occasione dello stesso Giubileo ci fossa anche una “purificazione della memoria” ed una richiesta di perdono a Dio dei peccati dei cristiani (in particolare quelli che hanno avuto appunto anche un grande risvolto storico) e se talora i metodi per annunciare la Verità non sono sempre stati evangelici.

Dunque nessun passo indietro (sarebbe del resto assurdo ed eretico, un suicidio del cristianesimo stesso!) nei confronti della Verità da sempre annunciata e donata dalla Chiesa, cioè della fede cristiana, ma un dolore per le gravi incoerenze di tanti cristiani e di certi metodi talora usati (in buona fede e a fin di bene, in fondo per la salvezza stessa delle anime!) per diffondere e difendere la Verità, senza per questo dimenticare l’influsso di condizionamenti culturali del momento, da cui non può appunto prescindere un corretto giudizio storico.