Un aiuto per capire la fede: Gesù Cristo

Questione 4.3


Domanda:

Cosa ci garantisce che il Vangelo ci dica la verità su Gesù?

Risposta:

Dobbiamo anzitutto ricordare quanto già accennato nella Questione 1.7 e che cioè la maggior parte delle nostre conoscenze l’abbiamo non per esperienza diretta, ma possiamo dire per fiducia. Questo riguarda particolarmente i “fatti” di cui non siamo testimoni oculari diretti, ma perfino la conoscenze apprese per studio (che tranne eccezioni si rifanno a studi di altri). Questo “conoscere per fiducia” non è indice di scarsa ragionevolezza o di ingenua facile credenza. Il “sospetto” infatti è doveroso fino a quando è ragionevole, cioè se abbiamo seri motivi per dubitare di chi ci riporta una notizia. Se non dessimo ragionevole fiducia a conoscenze riportateci da altri ci rinchiuderemmo ben presto nel più totale isolamento se non nella follia. Tutta la questione della verità di un fatto si sposta allora sulla questione della credibilità o meno dei testimoni oculari di esso, cioè sugli indizi che ci inducono a ritenere che non stiano mentendoci e che non abbiano alcun motivo per farlo.

Premesso questo, dobbiamo allora chiederci se possiamo avere ragionevoli motivi per credere a quanto ci raccontano coloro – soprattutto gli Apostoli – che sono stati con Gesù per circa tre anni, soprattutto riguardo alla Sua risurrezione (cfr. At 1,21-22), sia attraverso la loro predicazione come attraverso gli scritti (Vangeli). Concentreremo la nostra attenzione sul fatto centrale della Risurrezione. Ma ci chiediamo brevemente quali motivi di credibilità ci vengono offerti dai Vangeli scritti (tralasciando qui di citare gli innumerevoli e autorevolissimi studi in proposito).
Oltre all’infallibile garanzia offerta dagli Apostoli e dalla Chiesa, come abbiamo sopra accennato, i 4 Vangeli scritti (canonici) ci presentano infatti al loro stesso interno numerosi e ragionevoli motivi di credibilità. Perfino proprio alcuni problemi che sembrerebbero poter minare la loro credibilità (non uguaglianza e incongruenze tra loro, ad esempio), ad uno studio più attento ne confermano invece la verità.

I vangeli infatti non sono delle “cronache” in senso moderno, ma ci presentano alcuni fatti e parole di Gesù soprattutto con l’intenzione di condurci a riconoscere che Lui è l’unico vero Dio; e fanno questo anche con prospettive diverse, a seconda della propria sensibilità teologica (v. ad es. la profondissima visione teologica di Gv, l’ultimo dei Vangeli scritti), della documentazione cui si riferiscono (v. l’introduzione di Lc 1,1-4) e anche della comunità a cui quei testi erano originariamente diretti (v. Mt che scrive per una comunità di origine ebraica, che quindi conosce bene l’Antico Testamento, cui questo vangelo si riferisce particolarmente). Questo determina appunto – pur nella sostanziale unità e concordanza sull’essenziale – dei diversi modi di presentare gli eventi e la loro successione. Ma se i Vangeli fossero dei falsi, artificialmente redatti per creare un mito, avrebbero fatto ben attenzione ad eliminare queste differenze e incongruenze. Cioè, proprio un’apparente difficoltà diventa invece per gli studiosi un motivo per riconoscere la loro autenticità.

Abbiamo già osservato come l’assoluta originalità e superiorità della persona e delle parole di Gesù rendano difficile pensare ad una invenzione umana. Gesù infatti, pur inserendosi nella mentalità ebraica e nel solco della Rivelazione dell’Antico Testamento, deborda da un qualsiasi schema e risulta assolutamente originale, anche rispetto alla mentalità ebraica. Chi avrebbe potuto inventare un personaggio così, con dei fatti e delle parole così inimmaginabili come quelli riportati?
Perfino certi appellativi di Gesù, come ad esempio “Figlio dell’uomo”, che Egli stesso si attribuisce e che i vangeli onestamente riportano, sono un segno di autenticità, in quanto già quando i vangeli sono scritti questo titolo sarà meno usato di quello “Figlio di Dio”, che rende meno possibile l’equivoco di ridurlo ad un semplice uomo.
Inoltre, poiché appunto il Vangelo vuole soprattutto condurci a riconoscere la Sua divinità, come mai si attardano in modo sproporzionato (lo si vede anche nel numero dei capitoli) a parlare proprio della Passione di Gesù (il suo arresto, processo, flagellazione, incoronazione di spine, derisione, e soprattutto crocifissione e morte), in cui la Sua natura divina sembra particolarmente nascosta sotto la debolezza della Sua natura umana?
Visto poi che i Vangeli o sono scritti dagli Apostoli (Gv e Mt) o comunque sono riconosciuti come autentici da loro (ad esempio Mc che è seguace e forse interprete di Pietro, anche a Roma, da dove Pietro come primo vescovo e papa guida, secondo le parole di Gesù, l’intera Chiesa), come mai gli Apostoli e Pietro stesso non ci offrono certo sempre una bella testimonianza, sia nei tre anni di sequela (Mc 9,33-35; Mt 20,17-28; Lc 22,24) e soprattutto nella Passione di Gesù (venduto da uno di loro, rinnegato dallo stesso Pietro, abbandonato praticamente da tutti)?
Infine, pur non entrando nel merito della questione di come si possa giungere al testo originario dei Vangeli partendo dalle copie più antiche di cui siamo in possesso, ci basti sottolineare che siamo qui di fronte al caso letterario più documentato tra le opere dell’antichità.

Abbiamo infatti più di 4000 manoscritti completi dei Vangeli e tra loro identici dopo soli 3 secoli ed in aree geografiche più disparate (e questo identica evidentemente una fonte comune) [si pensi che invece – tra l’originale e la più antica copia completa pervenutaci – ci sono 400 anni di distanza per le opere di Virgilio, 1300 per quelle di Platone, 2300 per quelle di Omero]. Abbiamo poi brani dei Vangeli (su papiro) quasi contemporanei ai fatti. Alcuni dei più antichi manoscritti del IV-V secolo, redatti su pergamena e cuciti in quaderni (detti Codici), sono molto famosi, come il Codex Vaticanus (conservato nei Musei Vaticani), il Codex Sinaiticus (scoperto nel XIX sec. ai piedi del Sinai, conservato al British Museum di Londra) ed il Codex Alexandrinus (conservato anch’esso al British Museum).