Un aiuto per capire la fede: la vita cristiana
Questione 6.1
Domanda:
Una volta che ho capito che Dio c’è, che è venuto, che Gesù è il mio unico Salvatore, che mi dona la Sua Parola e la Sua Vita attraverso la Chiesa Cattolica, che mi dona il paradiso (v. Questioni precedenti), allora cosa devo fare?
Risposta:
Anche quando Pietro – ravvedutosi dopo il tradimento (cfr. Lc 22,32), dopo aver visto il Risorto (Lc 24,34) e averGli dichiarato il suo amore (Gv 21,15-17), il giorno stesso di Pentecoste in cui era sceso lo Spirito Santo – fa in pubblico la prima predica della Chiesa (At 2,14-41), nata proprio in quel giorno, e annuncia che quel Gesù che pochi giorni prima avevano fatto crocifiggere era davvero risorto, era davvero Dio e solo seguendoLo si avrebbe avuta la salvezza eterna, la gente, “sentendosi trafiggere il cuore, chiesero a Pietro ed agli altri apostoli: <Che cosa dobbiamo fare, fratelli?>” (At 2,37).
Infatti, di fronte ad una notizia così straordinaria (ecco il significato della parola “Vangelo”), non si può rimanere indifferenti. Chi rimane indifferente in fondo è perché non ha ancora capito la posta in gioco: dato che nessuno può essere indifferente sulla propria vita, sulla scelta tra la felicità e la disperazione, tra la vita e la morte, e soprattutto tra la disperazione eterna dell’inferno o la felicità infinita del paradiso, cioè della vita beata nella piena comunione con Dio. Qui infatti la notizia è proprio che con Gesù siamo finalmente di fronte a questa questione, che è la più decisiva della vita, su cui ci giochiamo non solo la riuscita e bellezza della vita terrena ma soprattutto della vita eterna, cioè del “per sempre” che ci attende dopo la morte. Solo Lui, perché è Dio-uomo, può liberarci dal non senso, dal male (peccato) e soprattutto dall’inferno. Ecco perché da duemila anni – ma sarà così fino alla fine del mondo – l’annuncio pieno (cioè non diminuito o edulcorato, come purtroppo spesso avviene) di Gesù, della questione di Chi è Gesù, o affascina e coinvolge a tal punto da cambiare la vita, oppure inquieta e perfino provoca una satanica ribellione.
Di fronte alla domanda “cosa dobbiamo fare?”, sorta dal cuore di chi ha ascoltato il primo annuncio cristiano, Pietro cosa ha risposto? Ecco: “<Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro>. Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: <Salvatevi da questa generazione perversa!>” (At 2,38-40).
Vediamo che non si tratta di aggiungere qualcosa alla vita, fare qualcosa in più, aggiungere qualche pratica religiosa; ma è un capovolgimento totale (conversione). Certamente devo cambiare delle cose da fare (alcune forse non le farò più, altre ne farò che prima non facevo) o come le faccio (con quale criterio, scopo, modalità, fine). Ma cambia anzitutto l’orizzonte globale, cioè il senso totale della mia vita. Perché è l’incontro con Gesù nella mia vita oggi, che mi dona il senso vero della vita e di tutte le cose della vita. Potremmo dire che prima ancora del “fare”, cambia la mia mentalità, la coscienza, il mio “io”.
Non si tratta però appunto dell’incontro con una verità astratta – e sarebbe già tanto, perché siamo fatti per la verità (come ci siamo già detti all’inizio, nella Questione 1) – e perfino neppure con la Legge di Dio (come era ancora nell’Antico testamento) – che ci darebbe già tanta luce ma non ci darebbe ancora la forza per mettere in pratica quella Parola (cfr.Rm 7, ma anche Rm 2–3 e Gal 3) – ma si tratta dell’incontro con Gesù (oggi, in me), dell’essere inseriti in Lui (S. Paolo usa addirittura la parola “innestati” in Lui, Rm 11,23-24), di accoglierLo in me, dell’essere una cosa sola con Lui. Questo porta frutto nella vita, cioè il vero cambiamento, ci cambia la vita, ci rende nuovi (S. Paolo dice: “Se uno è in Cristo è una creatura nova”, 2 Cor 5,17). Essere in Cristo è la radice della vita cristiana (S. Paolo usa innumerevoli volte questa espressione “in Cristo”).
Ecco perché già in quella prima predica cristiana della storia S. Pietro risponde alla domanda “cosa dobbiamo fare?” non solo con una indicazione di tipo morale (cambiamento di vita) ma con un volgersi a Cristo (conversione) e soprattutto con la necessità del sacramento (Battesimo) per essere inseriti in Cristo, per ricevere in noi la Sua vita, così come per ricevere poi il dono dello Spirito Santo (diremmo: la Cresima).
Dal seguito del racconto, cioè nella risposta obbediente (“l’obbedienza della fede”, cfr. Rm 1,5) di 3000 persone che si convertono in quel solo primo giorno della Chiesa, comprendiamo anche che non si può essere cristiani senza la perseveranza non solo nell’ascoltare l’insegnamento di Cristo e della Chiesa (gli Apostoli) ma soprattutto all’Eucaristia (la fractio panis, “lo spezzare il pane”), così come l’unione profonda (comunione, Koinonia) con tutti gli altri fratelli cristiani.
“Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone. Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2, 41-42).