Secondo il rapporto ISTAT, reso noto in questi giorni e riferentesi al 2018, ecco i seguenti dati che riguardano l’Italia.
Nel 2018 i matrimoni sono aumentati di 4.500 rispetto al 2017; ma nell’arco di 10 anni (2008/2018) sono scesi da 246.613 a quasi 195.778.
Per la prima volta nella storia d’Italia, i matrimoni (solo) civili (diciamo “solo” perché i matrimoni religiosi, in genere “concordatari”, sono automaticamente anche civili) hanno sorpassato, sia pur lievemente, quelli religiosi: 50,1% (nel 2008 erano il 36,8%) contro il 49,9% (al nord sono già il 63,9% del totale, al sud invece ancora il 30,4%). Abbiamo avuto infatti 98.182 matrimoni civili sul totale di 195.778 matrimoni. I matrimoni (solo) civili sono cresciuti in un anno di 4.500 unità.

Tale sorpasso è causato soprattutto dal fatto che molti dei matrimoni solo civili sono seconde o addirittura terze nozze (aumentate dal 13,8% al 19,9% in 10 anni); anche perché, se le prime nozze sono state religiose (cattoliche) e valide, ovviamente le seconde o terze nozze non possono essere religiose [secondo le parole stesse di Gesù (Mc 10,9), il Matrimonio – da Lui elevato alla dignità di Sacramento – è “indissolubile” e solo in caso di vedovanza può essere ripetuto un matrimonio religioso], il che fa comprendere che le seconde o terze nozze sono pubblicamente contro i comandamenti di Dio e la fede cristiana.

Infatti le seconde nozze sono (solo) civili al 94,6% civili (cioè tranne un 5,4% che possono essere seconde nozze anche religiose, in caso di ‘riconoscimento di nullità’ delle prime religiose o in caso di vedovanza).

Sceglie poi il matrimonio civile la stragrande maggioranza delle coppie in cui almeno uno è straniero (l’89,5% di tali matrimoni è solo civile, specie al Nord).

E ci si sposa sempre più tardi, oltre i 30 anni [in media, uomini: 33,7 anni (2017: 32,1); donne: 31,5 anni (2017: 29,4)].
Anomala (anche se dovuta pure a fattori economici) anche la forte crescita di coloro che tra i 18 e i 34 anni vivono ancora con i genitori: il 67,5% dei maschi (+1,3% rispetto a 10 anni fa) e il 56,4% delle femmine (+3% in 10 anni).
A dire il vero sotto i 30 anni i matrimoni (solo) civili sono solo il 24,8% del totale; e tra i 35 e 40 anni il 37,8%, Il che sottolinea appunto che il ‘sorpasso’ dei matrimoni civili su quelli religiosi è dovuto alle seconde nozze (in età in genere più avanzata, cioè dopo i divorzi).
Impressionante poi la crescita delle convivenze: passate in 20 anni da 329.000 a 1.368.000.

Anche questo è un dato che indica la perdita della vera fede cristiana cattolica, poiché l’unione voluta da Gesù e da Lui compiuta è solo quella del Matrimonio-Sacramento, unico e per sempre; inoltre i rapporti sessuali prematrimoniali sono contrari alla legge di Dio, cioè sono peccato grave, non corrispondono cioè alla verità dell’amore, e, nel caso della convivenza non sono neppure assolvibili (non permettendo così la vita di grazia e l’accesso alla S. Comunione) in quanto pubblicamente stabili e senza pentimento.

Altro fattore che denota un allontanamento dalla fede e dalla pratica cristiana, cioè dalla volontà di Dio (che indica la stabilità del matrimonio come luogo della nascita e crescita dei figli), è l’enorme aumento dei figli che nascono fuori dal matrimonio: 1 su tre 3 (dato 2017).
Crescono poi anche le unioni libere, cioè ancor più provvisorie se non addirittura occasionali.
Se poi passiamo alle unioni civili tra persone dello stesso sesso (gravemente contrarie alla legge di Dio), contiamo nel 2018 2.808 unioni registrate, con una prevalenza di quelle composte da 2 uomini (64,2%). Il 37,2% di tali coppie omosessuali sono nel Nord d’Italia e il 27,2% al Centro, ma la più grande concentrazione è nella grandi città come Roma e Milano (33%).

L’altro dato impressionante a allarmante, per il futuro stesso del Paese, è il triste primato di denatalità (ne abbiamo già parlato nellaNews del 21.06.2019).
Nel 2018 ci sono state in Italia solo 439.747 nascite (delle quali il 32,3% fuori dal matrimonio; entrano nel calcolo tutti i nuovi nati sul suolo italiano), 18.000 in meno rispetto al 2017, 45.000 in meno rispetto al 2014, 140.000 in meno rispetto al 2008.

Nel 2018 le donne residenti in Italia hanno avuto in media 1,29 figli a testa, in calo rispetto all’1,32 del 2017. Per quanto riguarda le sole italiane, la media è stata di 1,21 figli per donna, in diminuzione rispetto al già misero 1,24 del 2017. E a riempire le culle non basta più nemmeno il contributo delle straniere, passate da un tasso di fecondità di 2,52 figli per donna del 2003 all’attuale 1,94.

E i dati che si riferiscono già al primo semestre del 2019 non fanno che aggravare ulteriormente la situazione (un ulteriore calo del 2%).
Le famiglie più numerose sono ancora quelle che frequentano la Chiesa.
Considerando che nel corso del 2018 ci sono stati 636.000 decessi (13.000 in meno rispetto al 2017), si comprende come la popolazione italiana continui drammaticamente ad invecchiare; e ci sono sempre meno giovani. In dieci anni la fascia della popolazione tra i 16 e i 34 anni è scesa di 12 milioni.
Così si è pronunciata anche la Presidente del Senato della Repubblica, M. E. Alberti Casellati: «Senza più figli, sono a rischio i conti pubblici e le pensioni. L’Italia è ultima in Europa per tasso di nascite ed età media delle madri. Il calo delle nascite che va avanti da dieci anni è un dramma epocale che incide sulla società, sull’economia, sul futuro del Paese» (Corriere della sera, 20.11.2019).
Ma in Italia si fa sempre fatica a vedere politiche seriamente a favore della famiglia e della vita. Anzi …