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Si continua a parlare di “droghe leggere”, della loro legalizzazione e vendita al pubblico!
Il paradosso è che da qualche anno, in seguito a disposizioni europee recepite dal Parlamento italiano, non è invece più possibile usare come un tempo la denominazione “light” per certi tipi di sigarette dette appunto “leggere”, a motivo che tale dicitura potrebbe ingannare sulla pericolosità del prodotto per la salute di chi ne fa uso.

Tra le droghe cosiddette leggere la cannabis marijuana è la più usata.
Pare che il 3,8% della popolazione mondiale ne abbia fatto uso almeno una volta; in Europa (secondo l’Osservatorio europeo delle droghe Emcdda) la percentuale sale addirittura al 20%. La fascia d’età dei maggiori consumatori è quella 15-34 anni, soprattutto 15-24 anni (e statisticamente risulta che chi in questa fascia d’età ne fa uso abituale, continua a farlo anche dopo). Tra i giovanissimi l’uso di cannabis è più frequente nei maschi. Secondo lo studio Hbsc (Health Behaviour in School-aged Children), realizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per esaminare lo stato di salute e gli stili di vita dei giovani in età scolare, l’uso della cannabis è particolarmente presente nei ragazzi vulnerabili, specialmente tra i giovanissimi che commettono reati e che abbandonano la scuola.
Oggi, per far passare la mentalità “antiproibizionista”, cioè favorevole alla liberalizzazione di tali droghe, si sottolineano addirittura i presunti aspetti “medici” della cannabis, i suoi effetti rilassanti e analgesici. Tra gli adolescenti, dove è diffusissima e non ne conoscono la pericolosità, se ne esalta la capacità disinibente, di superamento della timidezza, di euforia; anche se in realtà sono tutti effetti momentanei, che si risolvono poi in direzione opposta, con abbassamento di umore, se non addirittura in vere forme di depressione, come del resto risulta dopo ogni sovraeccitazione mentale (come fa pure l’alcool e il sesso sregolato, per non parlare delle droghe più forti).
Si dice, come al solito, che la sua vendita ‘legalizzata’ la sottrarrebbe dal mondo della criminalità (il solito equivoco, più volte assunto in questi ultimi decenni, che rendere legale un’attività la sottrarrebbe dalla clandestinità o dalla criminalità), quando invece è comprovato, anche dai Paesi che da tempo hanno fatto questo, che crescono entrambe, oltre al condizionamento psicologico che induce a credere che ciò che è legale sia anche moralmente lecito (quando invece, anche in questo caso, è e rimane peccato – v. 5° comandamento nello schema d’esame di coscienza) e dunque con sempre maggiore diffusione sociale.
Rimane poi il problema delle cause: perché una persona, in particolare un ragazzo o un giovane, giunge a far uso di queste sostanze? Non è comunque indice di una “fuga” dalla realtà (alienazione)? Non è forse il segno di una vita vuota di significato? di una non accettazione di sé, di un sottrarsi agli impegni della vita? Con l’aggravante di rendere questa fuga e questo disimpegno sempre più cronici, anche dal punto di vista psicologico? E tra gli effetti, oltre a quelli medici che qui sottolineiamo, non c’è poi la frequente possibilità, ben nota a chi guadagna cifre astronomiche su questi commerci, che chi fa uso di queste droghe cosiddette “leggere” passi poi a dosi e droghe sempre più forti? (ad es. tra chi fa uso abituale di cocaina il 96% rivela di aver iniziato con la “cannabis”; anche chi è passato persino all’eroina ha cominciato così).

Rimaniamo però al livello delle conseguenze cliniche (psichiche e fisiche) di queste sostanze oggi così diffuse e credute così innocue. Conseguenze che possono essere anche molto gravi, tanto più quanto assunte in fase evolutiva (adolescenziale).
La cannabis, col suo principio attivo Thc (anche se ridotto in quella definita più leggera), colpisce comunque a livello neurologico (che come sappiamo non si riproduce!), con particolari danni, appunto irreversibili e apparsi anche dopo anni, nella fase di crescita e adolescenziale (e il danno è tanto maggiore quanto più se ne fa un uso precoce).
I “cannabinoidi sintetici” risultano in questo senso ancor più pericolosi.
Oltre a produrre, come e più di ogni fumo, danni respiratori talora anche gravi, è provato clinicamente che la cannabis provoca un notevole abbassamento di concentrazione e di risposta agli stimoli (essenziale ad esempio per la guida di un autoveicolo, infatti viene controllata dalla polizia stradale), oltre al crescente disimpegno esistenziale e pure all’apatia spirituale.

Abbiamo già più volte parlato di autorevoli studi scientifici sulla pericolosità neurologica e psichica di queste droghe cosiddette “leggere”, come la cannabis (marijuana) [cfr. News del 7.03.2018, 20.02.2014, 29.09.2012, 14.05.2011]. Eccone una sintesi:

Oltre all’ovvia “dipendenza” psicologica e fisica che tale sostanza induce, uno degli effetti ad esempio più devastanti che può emergere, specie in individui con predisposizioni in tal senso, è la “psicosi” (gravissimo disturbo psichico, caratterizzato da allucinazioni, episodi maniacali, gravi disturbi cognitivi) [cfr. gli studi in merito dell’autorevole rivista scientifica americana Jama Psychiatry, che rileva infatti l’esponenziale crescita di questi casi proprio nei Paesi dove la cannabis è legalizzata; così gli studi di Benedict Fischer ripotati dall’American Journal of Public Health, mensile dell’American Public Health Association, dopo aver esaminata la sterminata letteratura sul tema dai database di Medline, Embase, PsycInfo e Cochrane Library; anche secondo il British Medical Journal l’assunzione della cannabis raddoppia il rischio di malattie psicotiche; anche per le autorevoli riviste scientifiche Lancet (2007/7)e Nature (2010/11) la cannabis aumenta l’insorgenza di psicosi come la schizofrenia; per Schizophrenia Research (2009/2) in ragazzi che ne hanno fatto uso anche solo due volte al mese aumenta la possibilità di allucinazioni; per il Journal of Psychopharmacology (2010/2) la marijuana altera riflessi e memoria persino a distanza di giorni dall’assunzione]. Anche per la National Academy of Sciences (USA) sono scientificamente provati i danni cognitivi e psicologici provocati dal fumo di cannabis (disturbi della memoria, dell’attenzione, della concentrazione, mancanza di motivazione) e addirittura i danni cerebrali, con l’aggravante appunto della loro irreversibilità! Risulta infatti da un suo importante studio scientifico (del 2012) che chi inizia a fumare cannabis già nell’adolescenza e giunge poi a farlo anche 4 volte a settimana, il quoziente intellettivo diminuisce persino di 8 punti! Il fumo della cannabis “aumenta di 5 volte il rischio di sviluppare una depressione; addirittura raddoppia quello di manifestare una sindrome ansiosa; e aumentano persino i rischi di gravi patologie psichiche, come la schizofrenia”.

Per questo l’American Academy of Pediatrics (v. Pediatrics, 2004/6), paladina USA della salute dei minori, si schiera assolutamente contro la liberalizzazione, anche dopo aver esaminato gli effetti negativi laddove la liberalizzazione sia stata autorizzata.

Se poi qualcuno, specie tra i giovanissimi, pensasse che in questo modo si accresce l’inibizione e la potenzialità sessuale, una solenne smentita, quando si esaminano gli effetti a scadenza più prolungata, giunge ad esempio dall’European Urology (2007/8), che registra addirittura disfunzioni sessuali nel 26% dei consumatori di hashish e marijuana (mentre la cocaina col tempo agisce negativamente sulle capacità sessuali).

In questi giorni è intervenuto in merito alla cannabis e alla sua vendita libera, il dott. Giovanni Serpelloni, già capo del Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri e direttore dell’Anhpri (Addiction Neuroscience and Health Policy Research Institute). Ecco alcune sue indicazioni: [fonte: Aldo Maria Valli, 8.08.2020]
La cosiddetta cannabis light è un tipo di cannabis a basso contenuto di delta 9 THC (il principale principio attivo). È stata prodotta e commercializzata per aggirare la legge sugli stupefacenti dando origine a catene di negozi che però hanno come loro intento nascosto quello di passare poi alla commercializzazione della cannabis potenziata, una volta che la legalizzazione fosse stata approvata anche in Italia.
La cannabis light non è però affatto innocua perché circa 30 g possono contenere anche più di 15 mg di delta 9 THC (la dose “drogante” è già dai 2-4 mg). Quindi siamo di fronte sicuramente a una sostanza non attiva come la cannabis standard ma in grado di produrre comunque effetti psicoattivi, anche se minori. Lo compravano test tossicologici su urine (infatti se ne serve anche la polizia stradale, per verificarne l’uso, in riferimento al numero enorme di incidenti stradali dovuti all’uso di queste sostanza: si parla del 40% degli incidenti!).
La cannabis normale resta una droga, in grado di dare danni cerebrali anche permanenti, soprattutto nel cervello dei giovani, che è costantemente in sviluppo fino all’età di 25-30 anni e che risulta particolarmente sensibile agli stimoli chimici esogeni. I principali effetti negativi, ormai ben conosciuti, sono: alterazione del senso della realtà e della percezione del pericolo, alterazione del coordinamento psicomotorio (decisivo ad esempio nella guida), diminuzione della motivazione ad affrontare e risolvere i problemi nella vita, calo delle capacità di memorizzazione e quindi dell’apprendimento, disinibizione di comportamenti aggressivi (diminuisce l’effetto inibente del lobo prefrontale, area del controllo comportamentale). Se usata dai minori (-18 anni), può portare nel tempo persino alla diminuzione del quoziente intellettivo. La pericolosità principale però sta nel fatto che si possono instaurare sindromi ansiose importanti fino alle “crisi di panico” e, come osservato da tutte le società scientifiche al mondo, incentivazione dello sviluppo di psicosi giovanili che possono facilmente cronicizzare.
L’uso di cannabis è anche in forte relazione, oltre che agli incidenti stradali, anche a comportamenti antisociali. Il suo uso continuativo è in grado di modificare la struttura cerebrale con processi negativi di neuroplasticità e “down-regulation” dei recettori CB1.
Insomma, un ventaglio di conseguenze che non possono certamente farla ritenere una droga cosiddetta “leggera”.
La cannabis è la droga in assoluto più utilizzata dagli adolescenti, che la considerano molto poco pericolosa. Alcuni di loro (circa il 20%) hanno delle caratteristiche neuropsichiche strutturali che li rendono soggetti molto vulnerabili a sviluppare un consumo cronico e quindi a diventarne dipendenti. Per questi ragazzi spesso la strada non si ferma alla cannabis ma continua verso la ricerca e l’uso di droghe ancora più psicoattive (eroina, cocaina, amfetamine ecc.). In questi casi la cannabis rappresenta una “droga ponte” (si dice effetto gate way). Cosa ben documentata dalle neuroscienze e dagli studi epidemiologici sui soggetti vulnerabili.

Questa è la cosiddetta “droga leggera”!
Ma anche su questo tentativo di liberalizzarla, oltre a forze nichiliste per non dire diaboliche (di distruzione dell’umano, specie nei giovanissimi), ci sono enormi pressioni e interessi commerciali, a livello mondiale!