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Sono 58 gli Stati che ancora applicano la pena di morte. Tra essi la Russia, la Bielorussia, gli USA e la Cina. Nel 2010 le esecuzioni effettive sono state 5.837 in 22 Paesi (nel 2009 furono 5.741 e 5.735 nel 2008). Sono dunque in aumento. Solo l’Iran è passato in un anno da 402 a 546 esecuzioni. Negli USA sono state effettuate 46 esecuzioni capitali (in 11 Stati federali). Queste ultime normalmente fanno molta notizia e suscitano anche forti contestazioni. Ma la nazione dove più si ricorre alle esecuzioni capitali è sempre la Cina (popolare comunista): nel corso del 2010 sono state 5.000 (l’85,6% di quelle mondiali) e non sono stati uccisi solo i delinquenti (la pena di morte è prevista per 55 tipi di reato, ma fino all’anno scorso erano 68).

Con l’immenso potere economico mondiale che ha assunto in pochi anni la Cina – sta invadendo commercialmente l’Africa, ha percentuali elevatissime di azioni statunitensi, si fa perfino l’ipotesi che potrebbe ora sostenere il debito pubblico italiano – pare che nessuno sollevi protesta, neppure sui grandi network mondiali. Analogo silenzio viene tenuto anche sulle terribili condizioni di lavoro di decine di milioni di cinesi, basti pensare alle innumerevoli morti di minatori.

Il 22.09.2011 il Ministero della Salute di Pechino ha tra l’altro reso noto che in Cina ogni anno muoiono 300.000 bambini sotto i 5 anni (di questi, il 36% per l’impossibilità di avere accesso alle cure mediche).