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Di fronte al dilagare della corruzione, anche il Partito Comunista Cinese (cioè il governo) si sente impotente e si appella perfino alle religioni per moralizzare la vita pubblica. Il leader Xi propone infatti come “antidoto” alla corruzione la valorizzazione e il sostegno di confucianesimo, taosimo e buddhismo. Potremmo però chiederci perché, nonostante questa svolta impensabile nell’ortodossia marxista, non si faccia riferimento al cristianesimo e alla Chiesa Cattolica (che, pur perseguitata, è in continua crescita in Cina). La risposta è ovvia, per chi conosce come il Partito/governo si oppone alla Chiesa Cattolica fedele al Papa (e quindi non facilmente assoggettabile alle pretese assolutiste del governo comunista, che vorrebbe addirittura nominarne i Vescovi) e ne ha inventata addirittura un’altra (Chiesa Patriottica), fedele al Partito. Si evidenzia però come la moralità laica e atea non sia in grado di reggere all’urto di una società fondata solo sui dettami di un’economia spietata e sulla ideologia del partito, ma è costretta a riconoscere come l’uomo e la società abbiano bisogno, anche per edificare se stessi, di una dimensione trascendente.