Quest’anno, per la prima volta nella storia d’Italia, gli italiani con più di 60 anni (che sono il 28,7% della popolazione) hanno superato quelli con meno di 30 anni (che sono il 28,4%).
Secondo il dato fornito pochi giorni fa dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), l’Italia è uno dei paesi più vecchi del mondo: al 2° posto dopo il Giappone. Il numero degli anziani continua a crescere, mentre il numero dei giovani continua a diminuire (e sono anche per questo sempre più svantaggiati).
L’anno scorso i minorenni erano meno di 11 milioni e gli ultrasessantenni più di 17 milioni.
Nel 2017 la popolazione italiana era di 60.589.445; quest’anno è già scesa a 60.483.973.
Se poi vi aggiungiamo l’enorme espatrio di giovani italiani, anche qualificati, in cerca di lavoro e condizioni di vita più dignitose, allora la situazione diventa ancor più allarmante.
La diminuzione della popolazione è anche una delle cause principali dei problemi economici del nostro Paese. È sempre più difficile che coloro che sono in età lavorativa possano pagare le pensioni degli anziani (ma la spinta delle politiche del recente passato a poter accedere alla pensione in età sempre più avanzata, oltre ad essere talora al limite della dignità umana, ha comunque aggravato la difficoltà di accesso al lavoro delle nuove generazioni), per non parlare della spesa sanitaria, che ovviamente cresce con l’anzianità e pesa in modo abnorme sull’economia generale se la percentuale degli anziani sulla popolazione si eleva a numeri così innaturali rispetto al normale cambio generazionale.
La difesa culturale, politica ed economica della vera famiglia e la promozione e il sostegno della natalità dovrebbero essere una priorità di qualsiasi governo che abbia a cuore il futuro del Paese, pena il suo stesso suicidio, economico ed esistenziale.