Sulla questione degli immigrati si fa tanta confusione, con tutta probabilità voluta, sotto cui si nascondono neo-ideologie globaliste (un mondo senza identità è più facilmente gestibile dall’economia mondiale e dai ‘poteri forti’), interessi locali (anche di malavita o di lavoro a basso costo come nuove forme di schiavitù) e internazionali (con meschine figure di politica estera, praticamente nulla, da parte dell’Europa per nascondere interessi specifici di singoli Stati, in genere a danno dell’Italia), politiche che speculano a favore dell’immigrazione (con una cecità di fronte al vero problema, politiche oggi peraltro ovunque perdenti) o contro (sfruttando pure l’esasperazione della gente che non riconosce più dove abita e se in certe zone possa uscire tranquillamente la sera) e persino obiettivi del fondamentalismo islamico [è documentato (v. sotto le News del 8.05.2019, 5.04.2019, 5.03.2019, 10.01.2019); si attua così un vero progetto di “invasione dell’Europa” (per loro comunque territori degli ‘infedeli’ e dei ‘crociati’), senza alcuna volontà di integrarsi ma anzi pensando così di riuscire ad ottenere quello che in 1400 anni non sono riusciti davvero ad attuare (anche se quasi tutta la penisola iberica è già stata “califfato” di Cordoba per 700 anni o la zona balcanica è storicamente tappezzata di moschee), nonostante le molte guerre poste in atto per conquistare e islamizzare il nostro continente (ma allora c’era un’Europa con un’identità cristiana che sapeva anche difendersi, basterebbe pensare alla battaglia di Lepanto nel 1571, addirittura voluta dal Papa e vinta miracolosamente per l’intercessione della B. V. del Rosario, che si celebra ogni anno il 7 ottobre proprio nell’anniversario, e a quella di Vienna nel 1683; oggi invece tutta l’Europa occidentale, GB e Svezia in testa, abbandonato il cristianesimo e intrisa di nichilismo, sta diventando sempre più musulmana, con la loro pretesa persino di costituire una “giurisprudenza islamica” accanto a quella dei Paesi ospitanti – v. sotto la notizia del 5.03.2019)].

Su tutto questo si stende purtroppo l’ingenuità (se in buona o cattiva fede lo sa Dio) di moltissimi cristiani (diciamo così, per non dire forti poteri ecclesiali), che ancora scambiano la “carità” con l’accoglienza se non il favoreggiamento di fatto di questi traffici clandestini di esseri umani.

Si fa così confusione tra immigrazione regolare e irregolare, tra immigrati e profughi (profugo è chi è in fuga da situazioni belliche o di estrema povertà o calamità della propria terra), e persino tra carità e inconscio incoraggiamento al perpetuarsi di questi drammi, come se fosse normale e persino da incoraggiare che migliaia di esseri umani siano illusi di trovare qui il ‘paradiso’, quando invece quasi sempre trovano ‘inferni’ peggiori da quelli da cui sono partiti, e che spendano enormi somme di denaro (nella News del 2.12.2017 avevamo già indicato concretamente che con le stesse somme di denaro speso per diventare schiavi e persino per morire potrebbero raggiungere l’Italia in aereo, in business class, con tanto di champagne e caviale) per andare in mano a schiavisti, scafisti, venditori di ‘merce umana’, che non hanno alcuno scrupolo anche a farli morire nel Sahara o nel Mediterraneo.

Questo è ciò che molti confondono con il problema dell’immigrazione, senza andar alle cause vere del fenomeno e quindi in fondo perpetuandolo. Limitarsi all’impressione della persona che rischia di annegare nel Mediterraneo – e che certo a quel punto è chiaramente doveroso salvare – è in fondo nascondersi se non perfino incoraggiare la vera causa di questa tragedia.

Infine c’è poi la questione delle imbarcazioni delle cosiddette Ong: in genere straniere, non si bene da chi lautamente finanziate, spesso in contatto con gli scafisti, che ricevono comunque contributi per ogni immigrato raccolto, da sbarcare comunque in Italia (con intenti talora palesemente politici, come abbiamo visto di recente).

Esiste certo il diritto ad emigrare. Lo hanno fatto in passato anche milioni di italiani e continuano a farlo tuttora decine di migliaia di nostri giovani, anche laureati e professionisti, in cerca di lavoro o di migliori condizioni di vita. Tutto questo deve però avvenire nella legalità e in modo ‘regolarizzato’ dai Paesi ospitanti, cioè per chi ne ha il diritto, ha reali possibilità di dignitoso lavoro e offre garanzie di onestà, rispetto e possibilità di integrazione, e non clandestinamente, o ancor meno, come forma di schiavitù e di traffico di esseri umani, assai spesso abbandonati poi a se stessi e spesso alla malavita e alla prostituzione.

Esiste però pure il fondamentale diritto a non-emigrare.
Lasciare la propria famiglia, partire dalla propria terra, cultura, etnia, tradizione … è comunque un dolore, una grande ferita. Essere costretti a farlo (per motivi di guerra, è il caso appunto dei profughi, o di povertà assai spesso dovuta a corruzione dei politici al potere se non di forma di neocolonialismo economico internazionale) è comunque il segno di un “fallimento”; ed un ulteriore incremento della povertà dei propri Paesi d’origine.

La partenza delle forze in genere più giovani di un Paese, talora persino le più preparate e per certi versi persino economicamente più agiate, visto i costi esorbitanti di questi viaggi clandestini, sono una sconfitta ed un ulteriore grave impoverimento della propria nazione.
Un vero aiuto ai Paesi di origine, non come nuove forme di colonialismo né come ingenuo cadere nelle mani della corruzione locale, è la prima forma di carità nei confronti di questi Paesi e anche di questi giovani che emigrano dalle loro terre.

Ecco perché è proprio la voce, per non dire il grido, della Chiesa africana che si alza contro l’emigrazione dei loro fratelli africani. Oltre a richiamare i responsabili politici a fare tutto il possibile per sfuggire alla corruzione, a non farsi condizionare economicamente e ideologicamente dall’Occidente, e fare tutto il possibile per incrementare il progresso e lo sviluppo dei propri Paesi (in fondo l’Africa è ricchissima di risorse di ogni tipo) i Vescovi africani supplicano i loro giovani a non emigrare, sia per non incappare nel miraggio di falsi paradisi prospettati sia per non impoverire ulteriormente i propri Paesi d’origine.

Sull’importanza di scoraggiare le partenze dall’Africa, per non impoverire ulteriormente i propri Paesi d’origine, oltre che sui pericoli di un’Europa di fatto invasa dagli islamisti (“il pericolo del disastroso collasso dell’Occidente”!), è intervenuto più volte nientemeno che il cardinale Robert Sarah, arcivescovo di origine della Guinea e attualmente Prefetto della “Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti” (l’importante dicastero della Curia Romana che presiede a nome del Papa alla disciplina della liturgia in tutta la Chiesa). Lo ha fatto anche nel recente libro-intervista significativamente intitolato Le Soir approche et déjà le jour baisse (Si avvicina la sera e il giorno è ormai al termine) (!), uscito in Francia e prossimamente tradotto e pubblicato anche in Italia.

In questa direzione si sono mossi con decisione anche Vescovi e Cardinali dell’Africa, richiamando certo le autorità politiche e i governi dei loro Paesi a far di tutto perché cresca il lavoro e il benessere e nessuno si senta costretto a dover partire per altre terre, impoverendo così ulteriormente il proprio paese, attratti appunto spesso dal miraggio di paradisi che assai spesso risultano per loro inferni e situazioni ben peggiori di quelle da cui sono partiti, se non addirittura incappando in viaggi della morte; ma anche invitando caldamente i loro giovani a non partire, a non lasciare le loro terre, proprio per il bene e il futuro delle loro stesse società.

È quanto ribadito con forza anche da mons. Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe e Presidente della Conferenza Episcopale della Repubblica Democratica del Congo (lo disse già in apertura della riunione della Gioventù Cattolica Panafricana, tenutosi a Kinshasa nel 2015, e lo ha ribadito di recente all’Assemblea delle Conferenze Episcopali dell’Africa occidentale, tenuta ad Ouagadougou, in Burkina Faso, il 13-20.05.2019). Nella stessa assemblea il card. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja (Nigeria), ha invitato i giovani e non emigrare, a non farsi ingannare dall’illusione di facili paradisi, mettendoli in guardia dai pericoli dell’immigrazione irregolare. Ecco alcune delle sue parole: “I nostri giovani devono imparare a non farsi illudere dai messaggi che presentano l’Europa o l’America come il paradiso … devono imparare ad essere pazienti e a lavorare sodo nei loro Paesi d’origine. Anche se ciò può essere difficile, sicuramente non è tanto drammatico quanto finire nel mercato degli schiavi e nelle prigioni della Libia … Molte donne e ragazze emigrano perché è stata loro promessa un’opportunità di lavoro, ma una volta arrivate in Occidente vengono costrette a prostituirsi … Certo noi facciamo forti appelli alle autorità civili dei nostri paesi africani affinchè i nostri giovani non siano costretti ad emigrare per la disoccupazione o la povertà … diciamo ai nostri politici che quando la gioventù abbandona la propria patria per quel Paese non c’è futuro … le migrazioni forzate sono un fallimento a livello politico … E poi, quando i migranti, se riescono a raggiungere i Paesi europei, vengono portati nei campi profughi e viene dato loro cibo gratis, li si priva della loro dignità” (intervista ne Il Timone, n. 186, pp. 13-15).

Il card. Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar es Salaam (Tanzania), ha chiesto inoltre al governo tanzanese di rifiutare pure qualsiasi aiuto dell’Occidente che sia legato, come contropartita, alla forzata apertura del paese alla propaganda Lgbt (!) (“E’ meglio morire di fame che ricevere aiuti ed essere costretti a far cose contrarie alla volontà di Dio!”).

Addirittura le massime autorità cristiane etiopi, in occasione di una loro recente visita in Ungheria (Paese della UE tanto vituperato dalla nomenclatura di Strasburgo e Bruxelles proprio per la sua rivendicata identità cristiana, dopo 70 anni di persecuzione comunista, e per la necessità di porre dei limiti all’immigrazione selvaggia), si sono posti dalla parte del Primo ministro ungherese Victor Orbán. Si tratta nientemeno che del cardinale cattolico Berhaneyesus Demerew Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba, di Samson Bekele Demissie, direttore generale della Società per bambini e famiglie della Chiesa ortodossa etiope, e di Girma Borishie Bati, vicepresidente del sinodo dell’Etiopia Centrale della Chiesa evangelica etiope. Tutti e tre hanno ribadito, di fonte alle autorità magiare, che “le loro chiese sono contro l’emigrazione. Anzi, il loro scopo è quello di sostenere i giovani a restare nella loro patria”. Il governo ungherese ha per questo lodevolmente finanziato delle borse di studio per molti giovani etiopi, i quali ora potranno tornare nel loro paese e «contribuire alla costruzione del proprio paese». Inoltre, come ha ringraziato il cardinale Souraphiel, l’Ungheria sta inviando cospicui aiuti finanziari (il Programma Hungary Helps che ha già aiutato migliaia di persone) destinati ad un campo profughi e ad un ospedale per poveri in Etiopia. E’ stato pure rimarcato il grande pericolo rappresentato dal fondamentalismo islamista che sta crescendo anche nel Paese. In proposito i capi religiosi etiopi hanno detto che l’Ungheria fa bene a rimanere fedele alle sue radici cristiane e l’Occidente non si deve mai vergognare della sua identità cristiana (fonte: Il Timone, 12.07.2019, leggi).

C’è poi la significativa testimonianza di migliaia di suore e dei volontari africani che si oppongono fortemente al traffico di migranti e che girano per le diocesi e paesi africani non solo per aiutare le popolazioni locali ma anche per sensibilizzarle sui rischi dell’emigrazione illegale e scoraggiare i giovani a partire! È ad esempio la missione delle Suore del Sacro Cuore di Gesù di Benin City, città della parte meridionale della Nigeria, che è proprio uno dei centri principali del traffico di migranti diretto verso le coste italiane attraverso la rotta del Nord Africa. Quest’area, non a caso, è stata anche la culla della mafia nigeriana, padrona del business criminale della prostituzione e del traffico d’organi in Europa. L’immigrazione clandestina è la linfa degli affari sporchi di queste organizzazioni molto ramificate in patria e in fase d’espansione anche nei Paesi d’accoglienza. L’esistenza di simili interessi fa meglio comprendere anche il coraggio dei queste Suore: sono infatti consapevoli di sfidare così gruppi che speculano su questi presunti “viaggi della speranza” e che sono noti per la loro crudeltà e spregiudicatezza. Nonostante le minacce, non rinunciano infatti ad andare di villaggio in villaggio, di parrocchia in parrocchia, a mettere in guardia, specialmente le donne, dai pericoli a cui si va incontro intraprendendo questi viaggi verso l’Italia tramite la Libia (vedi la loro straordinaria testimonianza su NBQ del 17.07.2019).