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La popolazione italiana continua a diminuire dal 1983.
“Siamo il Paese più vecchio del mondo, dopo il Giappone”, come sottolinea l’Istat stesso. Già nel 2018 l’Italia aveva una percentuale di 173,1 anziani (dai 65 anni in su) ogni 100 ragazzi (dai 15 anni in giù). Ma la situazione continua da anni a peggiorare.

Ecco i dati Istat riferentesi al 2019:
Abitanti: 60.317.000.
116.000 in meno rispetto al 2018 (nonostante l’arrivo degli immigrati)

Nascite: 435.000 (2016: 443.000; 2008: 576.000)

1,29 figli per donna (tra i più bassi del mondo; percentuale stabile, ma perché diminuiscono le donne in età fertile, in un anno ridotte di 180.000) (età media di chi partorisce per la prima volta: 32,1)

Decessi: 647.000 (2018: 633.133; 2014: 598.000)

Saldo nati/morti: – 212.000.
Il che significa 67 nascite per 100 morti (2009: 96 nati per 100 morti). Sottolinea l’Istat: “si tratta del più basso livello di ricambio naturale dal 1918”!

Secondo questo trend l’Italia nel 2050 avrebbe un popolazione ridotta del 17%, con oltre il 35% dei cittadini con più di 65 anni (un dato che rende assolutamente impossibile l’assistenza sanitaria e il pagamento delle pensioni).

Età media della popolazione: 45,7 anni

[speranza di vita: 85,3 anni per le donne, 81 per gli uomini (incremento di 1 mese all’anno)]

Stranieri presenti regolarmente in Italia: 5.400.000 [8,9% della popolazione; in alcune regioni (ad es. Emilia R., Lombardia, Lazio) superano l’11%]
Nel 2019 sono venuti ad abitare in Italia 307.000 stranieri (220.000 non europei) (25.000 in meno rispetto al 2018; 34.000 in meno rispetto al 2017).
L’anno scorso hanno ottenuto la cittadinanza italiana 109.000 stranieri.
Delle 435.000 nascite del 2019, 85.000 (quasi 1/5 del totale) hanno uno o entrambi i genitori stranieri (63.000 entrambi i genitori; 22.000 mamma straniera e papà italiano)

Italiani andati ad abitare all’estero: 164.000 (120.000 si sono cancellati dall’anagrafe italiana)

Questa volta si sono finalmente allarmati anche i grandi giornali (Corriere della seraRepubblica); e pure il Presidente della Repubblica Mattarella ha alzato la sua voce: “Occorre fare di tutto per contrastare la denatalità … È un problema per l’esistenza stessa del Paese … Chi è anziano come me ha ben presente l’abbassamento di scala della natalità nelle generazioni. Due generazioni prima della mia, i figli erano numerosi; poi si sono ridotti ancora. E questo è un problema che riguarda l’esistenza del nostro Paese. Le famiglie non sono il tessuto connettivo dell’Italia, le famiglie sono l’Italia. Perché l’Italia non è fatta dalle Istituzioni ma dai suoi cittadini, dalle persone che vi vivono”.

Ci sono persino delle Parrocchie dove si suonano le campane a festa quando nasce un bambino, ad esempio: Cupramontana (AN), Castellammare del Golfo (TP), Cogliate (MB), Taviano (LE), San Martino Valle Caudina (AV), Pescasseroli (AQ), Vittorio Veneto (TV), Bisignano (CS), Verderio (LC), Levico Terme (TN), Lenno (CO) …

Grandi economisti (come Ettore Gotti Tedeschi) sottolineano come proprio la denatalità faccia crollare l’economia, al di là dei luoghi comuni in voga fino a poco tempo fa secondo cui sarebbe la crescita della popolazione a provocarlo. Infatti, al di là dei problemi politici italiani e pure della sfavorevole congiuntura economica internazionale [la questione dei prevalenti interessi franco-tedeschi nella conduzione della UE (ma ora con un abbassamento della produzione perfino in Germania), la ritorsione dei dazi (specie tra superpotenze), il boom dell’economia cinese (ora però minacciata dalle conseguenze del Coronavirus)], la denatalità crea un circolo vizioso che distrugge l’economia. Infatti, oltre al dramma di non poter in futuro sostenere il pagamento delle pensioni e l’assistenza sanitaria degli anziani in continua crescita rispetto alla diminuzione dei giovani e di chi lavora, l’economia, per poter far fronte alla diminuzione della popolazione (e quindi dei consumatori), deve incrementare artificialmente i consumi (iper-consumismo: ci sono meno persone ma devono allora consumare di più), ma ciò richiede di contenere i prezzi (ad esempio con la delocalizzazione delle industrie in altre nazioni a basso costo di mano d’opera e quindi incrementando pure la disoccupazione interna), provoca l’incremento del debito, la difficoltà a formare nuove famiglie, la necessità di lavorare in due e quindi un’ulteriore difficoltà a generare figli.

Crollo dell’economia
La produzione industriale italiana è calata nel 2019 dell’1,3% (dato peggiore da 6 anni). Solo nel mese di dicembre è calata del 2,7% rispetto a novembre, dell’1,4% rispetto al trimestre precedente, del 4,3% rispetto al dicembre 2018 (il settore “auto” è addirittura calato del 13,9% in un anno: il peggiore dal 2012). L’ Ufficio parlamentare di Bilancio stima per il 2020 una crescita del Pil solo dello 0,2%; ma si potrebbe persino cadere nella recessione.
Questo dato allarmante ha anche cause politiche e interne al Paese: si pensi che delle 120 crisi industriali di cui si è occupato il Ministero dello Sviluppo economico nel 2019 (v. Whirlpool, Alitalia, Ilva, Air Italy) non ne è stata risolta neppure una. Oltre ad altre gravi inadempienze, ci sono poi incredibili ritardi delle Regioni, soprattutto del Sud, nell’utilizzare i fondi dell’UE (miliardi di euro che devono tornare alla UE per essere impiegati in altri Paesi).