Selezione umana?
Anche in occasione del picco dei contagiati da Coronavirus, quando drammaticamente, specie in Lombardia, venivano già a scarseggiare negli ospedali i posti nelle Terapie intensive, Rianimazioni e persino i respiratori, non pochi operatori sanitari si sono trovati di fronte al terribile dilemma di chi far vivere e di chi lasciar tragicamente morire.
A conclusione della fase acuta dell’epidemia è risultato che (dati dell’Istituto Superiore della Sanità del 22.05.2020) l’età media dei deceduti per/con Coronavirus è stata di 80 anni. Il tasso di letalità del virus Covid-19 è stato infatti dello 0,1 % per chi ha un’età inferiore ai 40 anni, del 25% per chi ha un’età tra i 70 e gli 80 anni, del 30% per gli ultra-ottantenni.
Si è trattata dunque di un’emergenza specialmente geriatrica.
Una particolarissima attenzione doveva essere dunque riservata proprio agli anziani. Invece risulta che il 60% dei contagiati ha contratto il virus proprio in una RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali: cioè, secondo la definizione data ad es. dalla Regione Lombardia, “strutture residenziali atte ad accogliere persone anziane non autosufficienti, in cui sono garantiti interventi destinati a migliorarne i livelli di autonomia, a promuoverne il benessere, a prevenire e curare le malattie”).
Pare invece che abbia prevalso, nonostante lodevoli eccezioni, il criterio che a quell’età fosse preferibile porre in atto “accompagnamenti compassionevoli”: cioè lasciarli morire!
Quando poi parliamo di “donazione” e “trapianti” d’organi, la mente corre quasi immediatamente a gesti di carità, da lodare ed imitare. E in certi casi possono esserlo.
Al di là dell’importante questione antropologica (filosofica e teologica) che l’essere umano non è semplicemente un insieme di organi e che il corpo umano (oggi apparentemente tanto esaltato ma in realtà disprezzato e ridotto a ‘cosa’), ma, secondo quanto Dio stesso ci ha rivelato, è destinato alla resurrezione finale e, riunito all’anima, alla vita eterna (beata o dannata), per cui anche da cadavere non può essere semplicemente una “cosa” da cui prelevare organi, a meno che appunto non lo richieda la carità, liberamente scelta, per un’urgenza a favore di altri esseri umani che così possono essere salvati. Rimane poi il gravissimo problema se il “donatore” sia non solo effettivamente morto, ma che non si giunga ad una compravendita di organi, che potrebbe essere assai pericolosa.
Inutile nascondersi che in Paesi meno sviluppati molte persone (persino bambini!) vengono uccise per prelevarvi organi da vendere per i trapianti; così come alcuni giungono, per fame, a privarsi di organi non vitali per averne un piccolo reddito. Per non parlare degli aborti, i cui “prodotti” (feti, cioè esseri umani!) vengono utilizzati per produrre materiale biologico, “vaccini” e persino prodotti cosmetici!
Sta inoltre crescendo, in riferimento appunto ai trapianti (è avvenuto in questi giorni in Inghilterra, ma ci sono già “linee guida” anche per l’Italia), un presunto silenzio-assenso, tranne cioè che in caso di esplicito rifiuto, che renderebbe chiunque (se maggiorenne) un potenziale “donatore”. Ciò sembra appunto una sorta di “obbligo alla carità”, ma le insidie che vi si nascondono sono invece terribili e molteplici, specie in un clima culturale, montante in Occidente, secondo cui ci sono vite “non degne di essere vissute” (feti con difetti, malati cronici o in fase terminale, fino a persone che non sopportano più di vivere o che vengono addirittura spinte a “lasciare il disturbo”, visti anche i costi per la Sanità), e sempre più incline a fare dell’eutanasia un “diritto” (in certi casi persino un “dovere”, già ad esempio in Olanda), addirittura per qualsiasi motivo. Si stabiliscono persino delle “priorità”, cioè qualcuno che è più o meno degno di vivere rispetto ad altri.
Dietro a questa perversa se non diabolica “compassione” potrebbe ora dunque nascondersi, a motivo della compra-vendita di organi, anche un imponente interesse commerciale!