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Quale idea di religione?

La religione, in ogni civiltà della storia, pur nascendo dal profondo dell’uomo e richiedendo che vi alberghi, non è mai stato un fatto solo di coscienza, privato, individuale e senza alcuna incidenza sociale. Lo testimonia ogni civiltà, di ogni tempo e di ogni luogo, da quando l’uomo è apparso sulla faccia della terra. Basti pensare che i luoghi comunitari di culto (cioè di preghiera comunitaria, di incontro speciale con la divinità) sono sempre stati, in ogni tempo e civiltà, quelli più importanti, persino pure dal punto di vista artistico. La storia, la fenomenologia e la sociologia delle religioni stanno lì a dimostrarlo.
La riduzione della religione a fatto solo di coscienza, privato, individuale, senza alcuna incidenza sociale, è propria di una visione innaturale, di stampo illuministico e massonico, dove in fondo ogni religione è ammessa purché non osi presentarsi come “vera” e non abbia un’incidenza sociale.
Il potere, in altri termini, deve rimanere a Lorsignori! Persino l’evangelico “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mc 12,17), che fonda la “vera” laicità di uno Stato e la “relativa” autonomia della politica nei confronti della religione (cosa in fondo presente solo nel cristianesimo e fortemente assente ad esempio nell’islam), viene tradotto in questa logica di potere come un dare a Dio solo l’intimo della coscienza (Dio è invece il Signore di tutto!), mentre tutta la vita sociale e pubblica deve essere stabilita dallo Stato, persino nel decidere cosa è bene e cosa è male. Così il risorgimentale “libera Chiesa in libero Stato” di Cavour si è addirittura tradotto, nel progressivo avanzamento del Piemonte (e della massoneria) alla conquista dell’Italia, in un assoggettamento totale della Chiesa, fino al punto ad esempio di sopprimere gli ordini religiosi e di incamerarne tutti i beni! Insomma, appunto, la libertà di continuare a credere solo nel privato, nella coscienza; in attesa di espropriare anche quella (con le scuole, le università, la stampa, ecc.) (v. documento 1 e 2 ).
Il cristianesimo poi, che nasce come intervento di Dio stesso nella storia a tal punto da farsi uomo (cosa assente in ogni altra religione), ha avuto ed ha una capacità di trasformazione dell’uomo, della società e della storia talmente forte da essere non solo la religione più grande del mondo (con 2,4 miliardi di cristiani) ma ha creato in duemila anni la civiltà trainante del mondo stesso; oltre ovviamente a dare la salvezza eterna! L’Italia è poi il centro del cristianesimo (o almeno della Cattolicità).
Nella logica illuminista-massonica, invece, anche questo è e deve essere relativo e soggettivo.

Quale importanza della fede Cattolica per lo Stato italiano?

Ebbene, questo sottofondo culturale, questo pregiudizio, emerge, anche con una certa disinvoltura, pure negli attuali Decreti governativi, che vogliono far fronte all’emergenza sanitaria, così forte in un’Italia che, nonostante tutto, continua però ad essere in gran parte legata alla fede e persino alle devozioni cristiane (ne sono una riprova anche certi atti ufficiali di devozione di molti sindaci italiani in questo tempo, vedi News del 29.03.2020).
Proprio quando le coscienze dei cittadini italiani sono messe a dura prova, a motivo dell’epidemia ma anche delle fortissime restrizioni imposte alla vita personale, familiare, sociale ed economica, al limite del sopportabile (quanto si potrà resistere reclusi in casa, ad esempio per i bambini? quanto potranno essere bloccate le attività produttive senza dover arrivare alla fame o alle rivolte sociali? quanto la salute stessa sarà provata dall’assenza di movimento, di sole, di attività sportive? quanto persino la psiche stessa di molte persone potrà ancora resistere? quanto lo spirito, che è il motore vero di tutta la vita umana, potrà sopravvivere senza i propri alimenti soprannaturali?), ci si deve domandare quali siano le necessità che i Decreti ministeriali ritengono indispensabili per la vita dell’uomo e da autocertificare alle forze dell’ordine per poter uscire di casa.
A questo punto, sotto il pretesto dell’emergenza sanitaria, emerge, persino inevitabilmente (perché la neutralità è impossibile, anche per la politica: non ci si può occupare infatti del “bene comune” senza sapere e svelare quale sia il bene vero dell’uomo), quale sia la logica o il pregiudizio, per non dire l’ideologia, che sottende a certi provvedimenti. Provvedimenti tra l’altro assunti con “pieni poteri” (e pensare che molti, solo pochi mesi orsono, si sono stracciate le vesti per chi accennò all’utilità pubblica di questi pieni poteri – certo non di fronte a emergenze di tale gravità, ma comunque per una situazione economica italiana che era già al limite del tracollo – pieni poteri che sarebbero però stati chiesti al voto democratico dei cittadini e quindi secondo il loro volere e non per capi di governo non votati da nessuno e sostenuti da una maggioranza che di fatto non c’è più da tempo nel Paese), poteri davvero da far invidia alle dittature, fino a toccare quasi i diritti fondamentali dell’uomo (libertà di coscienza, di religione, di culto, di movimento libero, di lavoro, di studio, speriamo anche non della libertà di pensiero, visto che qualcuno l’ha intravisto sul prospettato controllo di notizie per evitare presunte fake-news), diritti sanciti dalla Costituzione stessa; un potere esecutivo che sembra persino oltrepassare quello legislativo (il Parlamento eletto democraticamente dai cittadini) e che si esprime perfino con modalità assai discutibili se non improprie (con eccessiva esposizione mediatica e con importanti comunicazioni notturne preannunciate addirittura sui social network!) per gravi decisioni immediatamente operative (dalla mezzanotte stessa; così da creare panico, come in chi si è gettato ad esempio nel cuore della notte nelle stazioni ferroviarie, nelle farmacie di turno o nei supermercati 24h/24).
Tutto ciò tra l’altro con decisioni che sembrano dogmaticamente certe dei criteri e dei risultati, quando invece altre nazioni (si pensi ad esempio alla Corea del sud) hanno risolto brillantemente il problema dell’epidemia con ben altri metodi (il che significa che certi metodi, sia pur urgenti, sono almeno discutibili e quindi, nonostante l’urgenza, da discutere almeno dal Parlamento). Si comprende certo l’urgenza e la gravità delle decisioni da prendere, come pure la difficoltà di trovarsi impreparati di fronte ad una tale emergenza (ricordando però anche una certa ingenuità o un eccessivo ottimismo manifestati dal Governo ancora a fine gennaio; basterebbe riascoltare certe interviste di allora). 

Confusione e pretese illecite dello Stato sulla vita di fede

Fatta questa fondamentale premessa, ci chiediamo quale senso abbiano certe decisioni del governo, in riferimento proprio alle questioni religiose, per rimanere ai casi più eclatanti, che tra l’altro hanno pure manifestato uno ‘stato confusionale’ da parte del Governo stesso.
Tra Decreti legge, numerosi e incalzanti DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), che si aggiornano continuamente e qualche volta si contraddicono o che hanno comunque bisogno di precisazioni e chiarimenti (cui hanno fatto talora seguito perfino Note del Ministero dell’Interno, che non è invece deputato a chiarire o cambiare un Decreto governativo – v. sotto); ebbene tutto questo crea confusione o abbandona i cittadini in una passività o remissività su propri fondamentali diritti che devono essere invece rispettati.
La stessa Conferenza Episcopale Italiana (CEI) – in genere abbastanza prona a seguire pedissequamente certe direttive governative su materie che peraltro sarebbero di sua competenza (trattandosi appunto della vita interna della Chiesa e questioni di fede o addirittura di liturgia; quindi questioni che toccano la “libertà di culto” sancita dalla Costituzione e sono oggetto pure di accordi internazionali, quali il Concordato tra la Repubblica Italiana e la Chiesa Cattolica Italiana) e che comunque sarebbero almeno discutibili, visto che ad esempio altre Conferenze Episcopali, di fronte alla stessa emergenza, hanno preso in merito decisioni diametralmente opposte (come quella polacca, che proprio per non creare assembramenti di fedeli, che in Polonia ci sono, ha addirittura aumentato il numero delle Sante Messe) – ha richiesto al Governo dei chiarimenti, attraverso il portavoce e sottosegretario mons. Maffeis.
A tale richiesta ha risposto a nome del Governo (poteva farlo? dal punto di vista della legge NO) il 27.03.2020 una Notadel “Dipartimento per le libertà civili” del Ministero dell’Interno.

Documento della Direzione Centrale degli Affari dei Culti del Ministero degli Interni avente ad oggetto: Quesiti in ordine alle misure di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Esigenze determinate dall’esercizio del diritto alla libertà di culto.

Pure dopo questo chiarimento, che contraddice persino altre decisioni del governo, il sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri presenta una nuova risposta, entrando in ulteriore contraddizione.

Ecco qualche esempio, peraltro su questioni decisive per la vita di fede.

Si può uscire per andare in chiesa a pregare?

Tenuto presente che per la fede cattolica, che crede (come è) nella “presenza reale” di Gesù nell’Eucaristia, andare anche solo a pregare in una chiesa davanti al tabernacolo, cioè alla presenza del Santissimo Sacramento, è cosa ben diversa e più alta che pregare in casa da soli o in famiglia (sia pur lodevole e doveroso), ci si chiede se sia possibile uscire di casa per questo, visto tra l’altro che le chiese sono aperte.
Come sappiamo, per uscire di casa occorre un’autocertificazione che comprovi (ed è punibile con ammenda di € 400, all’inizio s’è detto addirittura con valenza penale, cioè come “reato”, non obbedire o dichiarare il falso!) il motivo di necessità che giustifichi tale spostamento. E nella confusione attuale si sono già visti spiacevoli e gravi interventi delle forze dell’ordine, non giustificabili se non come falsa interpretazione delle norme se non addirittura come “abuso di potere” (a sua volta impugnabile) (v. alcuni esempi sotto).
Ebbene, come sappiamo, tale autocertificazione contempla solo queste possibilità: per recarsi al lavoro (quando permesso) o in casi di stretta necessità, cioè per recarsi da persona anziana o disabile sola e che necessita di aiuto, o per andare dal medico (nei casi ristretti previsti) o ancora per recarsi in farmacia, al supermercato, all’edicola o in tabaccheria (negli gli esercizi più vicini a casa). Nei primi giorni dell’epidemia era pure permesso, fino alle ore 18, raggiungere bar e ristoranti (possibilità poi eliminata). In altri termini, comprare le sigarette, fare un “gratta vinci” o giocare al lotto, per lo Stato è una necessità (c’è chi in ciò ha visto, persino tra i tabaccai, un malcelato interesse dello Stato sulle accise!), mentre pregare, adorare, confessarsi, partecipare ad una Messa NO! (sia pur con poche persone e alle condizioni richieste).
Ebbene, alla domanda di chiarimento in proposito della CEI, il Ministero dell’Interno ha risposto (nella Nota citata) che se la chiesa si trova nel tragitto per raggiungere tali mete permesse, allora si può entrarvi per pregare.
Ora questo, oltre ad essere una novità, risulta gravemente offensivo, se non ridicolo, nei confronti dell’esperienza religiosa: cioè posso entrare in una chiesa per pregare, per adorare il Signore, persino per Confessarmi, solo se sto andando ad esempio a comprare le sigarette!! Altrimenti NO?

Tra l’altro, appunto, il Ministero non ha questo potere di aggiornare o interpretare i Decreti del Governo o del Presidente del Consiglio dei Ministri. A norma di legge è il Governo stesso che deve fornire chiarimenti sulle norme di cui è autore.

Anche le forze dell’ordine deputate a far rispettare le norme devono avere chiarezza, altrimenti si potrebbe scadere nei vergognosi e umilianti abusi visti già in questo periodo (v. sotto).

L’interpretazione che il Ministero dell’Interno fornisce è poi esatta? Di fatto può essere smentita dai Giudici (amministrativi, civili, penali) cui si rivolgono i destinatari delle norme: ad esempio, un TAR potrebbe annullare un provvedimento, oppure un giudice potrebbe farlo con le sanzioni (civili o penali) comminate per presunte violazioni, affermando che non si tratta affatto di violazione alla norma oppure che la norma è illegittima e deve essere disapplicata. In un sistema come il nostro, l’interpretazione esatta di una norma è quella data dai giudici, non quella del Governo.

Nei DPCM (8.03.2020 e successivi) non si dice che il Ministero dell’Interno può stabilire ulteriori regole; e il Ministero non può ad esempio stabilire che la chiesa deve essere necessariamente una “tappa” di un percorso più lungo o quante e quali persone possono trovarsi al suo interno durante una messa (gli accoliti sì, i fedeli no? v. poi).

Infine, per compiere l’opera, il sito della Presidenza del Consiglio (al 3.04.2020), nella rubrica delle “domande frequenti sulle misure adottate dal governo”, corregge ancora il Ministero dell’Interno.
Si aggiunge a quanto già previsto nella Nota citata, ovvero che ci si può recare in chiesa «in occasione degli spostamenti comunque consentiti, cioè quelli determinati da comprovate esigenze lavorative o da necessità, e che si trovino lungo il percorso già previsto, in modo che, in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine, si possa esibire o rendere la prevista autodichiarazione», che «L’accesso ai luoghi di culto è consentito, purché si evitino assembramenti e si assicuri tra i frequentatori la distanza non inferiore a un metro. È possibile raggiungere il luogo di culto più vicino a casa, intendendo tale spostamento per quanto possibile nelle prossimità della propria abitazione». Si apre dunque al diritto di recarsi nella chiesa più vicina e non soltanto se sulla strada per il supermercato o il tabaccaio? Ma tale chiarificazione è stata comunicata anche ai Prefetti e alle forze di polizia? Resta infatti il problema dell’autocertificazione, che non lo contempla (e quindi con la possibilità che le forze dell’ordine sanzionino questa scelta, pur ammessa dal Governo).

È possibile andare a Confessarsi?

Sappiamo quanto ciò sia decisivo per le coscienze e talora persino necessario (in caso di stato di peccato mortale).
Il Governo ha in teoria contemplato la possibilità di confessarsi; anzi, andando ben oltre le sue possibilità e competenze (come ricordato sopra), ha deciso anche come confessarsi, cioè mantenendo tra il Confessore e il penitente la distanza di almeno un metro (tra l’altro, a meno che la chiesa non sia completamente vuota, ciò sarebbe già problematico in ordine alla dovuta discrezione se non addirittura al rispetto del gravissimo “segreto confessionale”).
Circa poi la possibilità o meno di raggiungere la Chiesa o il Confessore si veda sopra: solo se la chiesa è nel tragitto per andare alle altre mete permesse? oppure nella chiesa più vicina? oppure è possibile comunque? e in tal caso come giustificarlo in caso di controllo, visto che ciò non è contemplato nella autocertificazione e forse neppure i Prefetti e quindi le forze dell’ordine ne sono a conoscenza?

È davvero proibito partecipare alla S. Messa?

Com’è noto, o dovrebbe esserlo, la S. Messa è il Sacrificio (della Croce) di N.S. Gesù Cristo, che si rinnova sull’altare, e l’Eucaristia è la Sua presenza reale (in corpo, sangue, anima e divinità). Per la fede cattolica (cioè quella vera) la celebrazione della S. Messa non è semplicemente un rito di fede comunitario (come ad esempio nella deformazione protestante, ora penetrata non poco anche nella Chiesa Cattolica). Pertanto seguire una Santa Messa in modo virtuale (TV, radio, on-line) non è nemmeno paragonabile col parteciparvi di persona e non può sostituirla.
Ci si chiede perché, specie laddove c’è la concreta possibilità di avere spazi sufficienti (come nelle grandi cattedrali) o un numero ridotto di fedeli partecipanti (come in piccole comunità o nelle Messe feriali), e osservando pure le norme di sicurezza anti-contagio (distanza di almeno un metro tra le persone presenti, mascherine, guanti e persino eventuale disinfestazione degli ambienti e degli arredi, come ad esempio delle panche), non sia possibile la partecipazione dei fedeli alla S. Messa, comunque celebrata dai sacerdoti.
In questa proibizione da parte del Governo si manifesta tra l’altro una incredibile equiparazione delle celebrazioni religiose (persino la S. Messa!) ad altre cerimonie o attività sospese (“di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico”), come è stato specificato in riferimento ai DPCM 8.03.2020 e 9.03.2020.

I decreti governativi hanno sospeso tutte le attività “di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico”. La CEI ha accolto tali provvedimenti sospendendo le Messe con il concorso di fedeli.

Il governo ha di fatto equiparato le cerimonie religiose a tutti gli altri eventi che si svolgono in luoghi pubblici, come cinema, teatri, discoteche, stadi, fiere, sale scommesse e sale bingo. E la CEI, decidendo di non far celebrare le Messe in pubblico, ha aderito a tale equiparazione.

È dunque urgente riflettere persino sul rapporto tra lo Stato e la Chiesa!

Però la citata Nota del Ministero dell’Interno del 27.03.2020 afferma incredibilmente che “le celebrazioni (liturgiche) non sono in sé vietate”, che “non è prevista la chiusura delle chiese” e che “è evidente (!?) che l’apertura delle chiese non può precludere alla preghiera dei fedeli”.
Lo sanno il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Governo intero, i Prefetti e le forze dell’ordine?!

È possibile che le celebrazioni pasquali, sia pur senza popolo, abbiano una giusta solennità?

Nella richiesta di chiarimenti presentata dalla Cei al Governo, si chiedeva pure se nelle celebrazioni pasquali (e della Settimana Santa), sia pur senza concorso di fedeli ma per il giusto decoro di celebrazioni comunque così solenni, fosse possibile garantire un numero sia pur ristretto di servizi liturgici (accoliti all’altare, coro, organista, …).
La risposta del Ministero dell’Interno (ancora entrando impropriamente addirittura nel merito della liturgia!) è stata affermativa: è possibile che vi partecipino anche “il diacono, l’accolito, il lettore, l’organista e il cantore”, ma solo per la Settimana Santa e la Pasqua (cioè il Ministero decide persino quali siano i servizi liturgici necessari e quali siano le celebrazioni liturgiche più importanti! Questo è davvero inammissibile).
Tra l’altro la Nota del Ministero degli Interni è appunto del 27.03.2020 e in questo riferimento alla Settimana Santa (5-12 aprile), oltre come abbiamo visto a non poter correggere o interpretare un Decreto governativo né tanto meno entrare nel merito di competenze liturgiche, non tiene neppure conto che il DPCM in oggetto sarebbe per sé scaduto il 3.04.2020 (anche se poi prorogato), quindi prima della Settimana Santa.

È possibile celebrare Matrimoni in chiesa?

Era stato chiarito subito che la celebrazione dei Matrimoni in chiesa (cioè come Sacramento, che è l’unica unione permessa da Dio stesso, cfr. Mc 10,9) non fossero permessi. Incredibilmente venivano però permessi i Matrimoni civili in Comune (sia pur con la sola presenza degli sposi, dei testimoni e ovviamente del Sindaco)!
Qui la richiesta della CEI è stata stringente (“perché in Comune sì e in Chiesa no?”). La risposta data dal Ministero dell’Interno, dopo aver incredibilmente affermato che “i matrimoni non sono vietati in sé” (contraddicendo il decreto precedente), ha ammesso che si possano celebrare i matrimoni anche in chiesa, però con lo stesso numero di partecipanti, cioè sposi, testimoni e sacerdote (tra l’altro il sacerdote, avendo in genere i matrimoni religiosi, in virtù del Concordato, anche valore civile, è in questo frangente anche ufficiale di Stato).

A questo punto sorgono però nuove incongruenze: perché queste celebrazioni matrimoniali non possono avere ad esempio coro e organista (permessi invece a Pasqua, v. sopra)? E perché allora altre celebrazioni (Messe con sempre lo stesso numero ridotto di persone, oppure altri Sacramenti come Battesimi, Cresime, Ordinazioni e persino le Esequie cristiane) alle stesse condizioni non sono permesse? Il governo ha deciso allora quali siano le celebrazioni e persino i Sacramenti che contano e quelli che non contano?

Perché non è possibile celebrare i funerali in chiesa?

A questo punto, viste le eccezioni stabilite (inventate? possibili? efficaci?) dal Ministero dell’Interno, risulta ancor più incomprensibile – tra l’altro in questo drammatico frangente di dolore e di morte – perché siano leciti i riti (piccole preghiere, elogi funebri, ecc.) di commiato da un defunto al cimitero e non in chiesa, sia pur con il solo sacerdote e pochissime persone sufficientemente distanziate.
Su questa discrepanza se non discriminazione non c’è ancora risposta.
Tra l’altro, ci si potrebbe chiedere, se il governo abbia pure deciso che i morti per/con Coronavirus debbano essere cremati (pratica proibita dalla Chiesa se fatta ancora, come in passato, in opposizione alla fede nella risurrezione dei corpi; e comunque cristianamente le ceneri devono avere regolare sepoltura; qualcuno obietta perfino che in tal modo non siano neppure possibili autopsie, peraltro in questo frangente forse particolarmente necessarie).

Abusi delle forze dell’ordine?

Isteria da Coronavirus? Visione ideologica?
Alcuni esempi.

Domenica 15.03.2020, Marina di Cerveteri (RM).
La polizia municipale irrompe in una chiesa (Parrocchia S. Francesco), dove il sacerdote sta celebrando da solo la S. Messa (trasmessa in streaming ai parrocchiani), mentre pochissimi fedeli, distanziati tra loro secondo le norme, stanno assistendo fuori del portone della chiesa, lasciato aperto, con ingresso sbarrato da un leggio. Gli agenti entrano in chiesa, vanno all’altare, interrompono la S. Messa (!), prendono il microfono e dicono al Celebrante che non può celebrare e obbligano i pochissimi fedeli che sono all’esterno a tornare a casa.
Questo è illegale (tra l’altro secondo la Costituzione e lo stesso Concordato) e perseguibile: i due uomini della polizia municipale non hanno tenuto conto della sacralità del luogo e del momento e nemmeno del Codice Penale che punisce il turbamento di una funzione religiosa. Semmai gli agenti avrebbero potuto parlare con i pochi che seguivano devoti e distanziati all’esterno, invece di irrompere in chiesa, brandire il microfono e minacciare parroco e fedeli in piena celebrazione (tra l’altro trasmessa pure in diretta streaming).

25.03.2020, Giulianova (TE).
Il Sindaco Costantini, insieme ai 4 parroci di Giulianova, compie nel santuario cittadino della “Madonna dello Splendore” un Atto pubblico di affidamento della città alla Madonna (cfr. sotto News del 29.03.2020), rito trasmesso in streaming. Non sono presenti in totale più di 12 persone. Ma al termine della celebrazione sono raggiunti dai Carabinieri, che hanno poi trasmesso l’informativa in Procura, la quale è stata così costretta ad aprire un fascicolo: «Dovranno rispondere della violazione dei provvedimenti disposti dal decreto governativo del 9 marzo. Stando alle ultime disposizioni, le sanzioni saranno però di carattere amministrativo e non penale». Si tratta di un’interpretazione estrema alle norme peraltro incerte del governo o fastidio ideologico di alcuni per questa iniziativa civile e religiosa del sindaco?

2.04.2020, Rocca Imperiale (CS).
Il Parroco don Domenico Cirigliano (76 anni) è stato sanzionato con la multa di € 400 per aver fatto da solo (con un aiutante a distanza) una processione col Crocifisso, per benedire la città!

5.04.2020 (Domenica delle Palme), Frascati (RM).
Addirittura il vescovo diocesano, mons. Martinelli, è stato sanzionato per aver avuto un piccolo gruppo di fedeli, ben distanziati (qualcuno in più è entrato poi in chiesa per prendere l’ulivo benedetto), alla celebrazione privata nell’ampia cattedrale. Sono intervenute le forze dell’ordine, che avrebbero voluto addirittura interrompere la Messa e mandare via le persone (dicendo che doveva farlo il vescovo stesso).

5.04.2020 (Domenica delle Palme). San Vito di Fagagna (Friuli).
Il Parroco celebra con 3 persone (tra loro distanziate): multati tutti 4.