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Esattamente 42 anni, il 22.05.1978, veniva approvata in Italia la legge 194, che ha permesso l’aborto di Stato, cioè praticamente liberalizzato (si sono posti dei limiti, poi però progressivamente ed impunemente scavalcati) e gratuito (cioè a spese dei contribuenti), denominata “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”.
L’articolo 1 della legge 194 recita ipocritamente: «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite».
In altri articoli si specifica che lo Stato, i Consultori, ginecologi, psicologi, assistenti sociali, devo cercare di convincere la donna a non ricorrere all’aborto e devono far di tutto anche per rimuovere i problemi che inducono la donna ad abortire!
Un compito assolutamente disatteso, anzi spesso si spinge all’aborto persino quando nella madre c’è ancora una qualche titubanza. È invece la costante missione ed esperienza dei CAV (Centri di Aiuto alla Vita), che dimostrano come una adeguata informazione (ad esempio che il figlio può essere anche partorito in incognito e poi adottato da altri, piuttosto che essere ucciso), un sostegno psicologico, spirituale ed anche economico (il “Progetto Gemma” sostiene economicamente la madre e il bambino per i primi 18 mesi di vita), le madri sono in molti casi ben liete di rinunciare all’aborto (i CAV salvano anche 18.000 bambini all’anno da una morte per aborto già annunciata).

La legge 194 consente di ricorrere all’aborto entro i primi novanta giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Oltre questo termine, l’aborto volontario è ammesso quando la gravidanza o il parto comportano un grave pericolo per la vita della donna, o sono accertate malformazioni del nascituro che possano determinare un grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre.
Il padre del bambino non ha alcuna voce in capitolo (né a favore né contro); eppure si tratta di suo figlio!
L’unico poi a non avere alcun diritto è il figlio, cioè il più piccolo, fragile e innocente (persino nel caso di violenze e stupri): eppure sarà lui il condannato a morte!
Come è possibile in proposito che moltissimi abortisti nel mondo siano poi contraddittoriamente acerrimi avversari della “pena di morte” (che riguarderebbe semmai non degli innocenti ma dei colpevoli dei più efferati delitti)!

Oltre che mezzo comune di regolazione delle nascite, l’aborto è diventato addirittura di fatto un diritto inviolabile della donna!

Chi ha poi deciso che prima dei 90 giorni (3 mesi) dal concepimento noi tutti non eravamo un essere umano, così da poter essere impunemente uccisi e gettati?
Già dal 2° mese il feto possiede tutto ciò che si trova nell’essere umano sviluppato; il cuore batte (dalla 5^ settimana!), i muscoli sono in funzione Al 3° mese di gravidanza l’embrione (quello che viene gettato con l’aborto!) è perfettamente riconoscibile ed ha fattezze umane ben precise. Il tessuto osseo si va formando rapidamente, le braccia e gambe sono già in continuo movimento, piedi e mani sono formati; le dita delle mani hanno addirittura già le proprie uniche e irripetibili impronte digitali! La testa si volta ripetutamente. Il volto è delineato: il naso è un po’ schiacciato, il mento piuttosto marcato, l’orecchio un capolavoro di anatomia in miniatura, gli occhi sono chiusi, ma oltre un sottile strato di epidermide traspare il pigmento della retina, le labbra si aprono e si chiudono.

La legge 194, in 42 anni ha permesso in Italia l’uccisione legale e gratuita di più di 6 milioni di bambini!

Che il diavolo sia “omicida fin da principio” e “padre della menzogna” lo dice Gesù stesso (cfr. Gv 8,44). La legge 194, con quel titolo e quell’art. 1 sopra menzionati, sembra uscita allora proprio dalla sua penna!