Abbiamo già più volte sottolineato (cfr. sotto Notizia del 20.10.2020 e del 27.02.2020) come certe leggi per la protezione se non la propaganda del mondo Lgbt+ (come in Italia la “legge Zan”) creino di fatto una categoria di cittadini “privilegiati” di fonte alla legge (che non sarebbe quindi più, come si dice, “uguale per tutti”).
La riprova viene ora anche da un emendamento, approvato il 20 novembre scorso (pare proprio che su queste ideologie non si perda tempo!) dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera, su proposta delle deputate PD L. Boldrini e B. Pollastrini, al “Testo unico sull’immigrazione”. Tale emendamento prevede che un “immigrato irregolare” che si dichiari omosessuale (tra l’altro la condizione non è empiricamente rilevabile e va registrata con autodichiarazione) non possa essere espulso. Cioè, dichiararsi gay vale quanto un passaporto!
Ufficialmente riguarderebbe solo la provenienza da Stati in cui tale orientamento sessuale sarebbe perseguitato. Il che potrebbe dare una parvenza di giustizia nell’accoglierli, come una sorta di condizione da “rifugiato politico”. In realtà l’emendamento riguarda il comma 1 dell’art. 19, che così già recita nella sua parte iniziale: «In nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali». Quindi anche in questo caso, come per ogni violenza (v. legge Zan), non c’è bisogno di ulteriori specificazioni LGBT.
L’ideologia, portata avanti dal PD, è però chiara e duplice: un’ulteriore esaltazione del mondo Lgbt e l’apertura totale dei confini italiani.
[fonte: NBQ, 23.11.2020]