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Il mondo ‘satanico’ del male, mentre provoca la dannazione eterna di molte anime e spesso anche la distruzione fisica delle persone e del mondo, può però produrre anche enormi guadagni; fino a incrementare l’economia e la finanza globale; così da condizionare la politica e gli stessi rapporti internazionali.
Il settore “droga” non costituisce in questo senso un capitolo marginale.

Si consideri allora anche sotto quest’ottica la questione dell’Afghanistan.
Si tratta infatti del 1° Paese al mondo per produzione di oppio (il 90% della produzione mondiale). Una produzione che negli ultimi 10 anni è cresciuta addirittura di 10 volte!
Tutto il mondo compra oppio dall’Afghanistan, che ne esporta 3.600 tonnellate all’anno, per un importo di 60 miliardi di dollari.
Il miglior acquirente è l’Europa (una vendita quasi tutta concentrata nell’Europa occidentale, con una parte significativa anche in Italia*): si tratta del 30% di tutto l’oppio prodotto in Afghanistan! (leggi)
[Cfr. ultimo rapporto dell’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime, Agenzia ONU che si occupa del monitoraggio del consumo di droga nel mondo)]

Il papavero da oppio essiccato viene pagato ai contadini $ 250 al kg. (tassato al 5%); ma il 75% del ricavo dell’esportazione finisce in mano a mediatori, milizie locali e governanti.
Negli ultimi anni, invece di esportare solo oppio grezzo, l’Afghanistan ha cominciato anche a raffinarlo in proprio (per la raffinazione si avvale ad esempio dell’anidride acetica comprata dalla Cina, Russia ed Europa; e di esperti chimici iraniani e turchi) e così a vendere già eroina pura, per un valore evidentemente assai maggiore rispetto all’oppio grezzo.

Il turpe commercio di eroina (con tutto ciò che comporta di malavita, distruzione e morte) in Italia deve avere proporzioni mostruose: basterebbe pensare che negli ultimi anni solo la quantità di eroina sequestrata dalle Forze dell’ordine è aumentata del 60% (solo nel 1° semestre del 2021, ultimo dato ufficiale, erano stati sequestrati kg. 256 di eroina, appunto quasi tutta proveniente dall’Afghanistan).


Com’è noto, nell’agosto scorso (2021), mentre ancora le truppe ONU/USA stavano ultimando il loro ritiro, sono tornati prepotentemente al potere i Talebani, che hanno immediatamente costituito l’Emirato Islamico dell’Afghanistan (cfr. News, 19.08.2021).

Gli USA attaccarono e occuparono militarmente l’Afghanistan il 7.10.2001, cioè a neppure un mese dagli attentati dell’11 settembre (peraltro attuati quasi totalmente da terroristi provenienti invece dall’Arabia Saudita, alleata degli USA, che le fornisce armi…).
Non dimentichiamo poi che durante l’occupazione russa (1979/1989) i Talebani furono invece sostenuti dagli USA in chiave appunto antisovietica. Se già il ritiro russo fu di fatto una sconfitta (ma nel 1989 crollò tutto l’impero sovietico), anche l’attuale ritiro ONU/USA, dopo una guerra pressoché inutile e un’occupazione fallimentare, segna di fatto una sconfitta.

È però significativo che prima ancora di salire al potere la vendita dell’oppio rappresentasse il 60% del finanziamento dei Talebani ($ 1,6 miliardi nel 2020).
Nello stesso anno in Afghanistan il terreno coltivato ad oppio è aumentato del 37%, occupando il 10% della popolazione (cioè 4 milioni di persone).
Anche lo SI (ex ISIS, cioè i militanti dello “Stato islamico”), tuttora presente anche in Afghanistan, si autofinanzia con la produzione e vendita di oppio.

Si può dunque osservare che il grande potere economico del mondo islamico, pur continuando ad avere il massimo introito dal petrolio (soprattutto dei Paesi arabi, in gran parte sunniti e alleati degli USA, ma anche dell’Iran, invece sciita e ostile a Israele), trae pure capitali immensi dalla produzione e vendita in tutto il mondo dell’oppio (o eroina); e, come appunto in Afghanistan, si tratta dell’Islam più radicale e integralista.

     Raccogliamo in proposito una notizia di questi ultimi giorni (vedi):I Talebani hanno annunciato la creazione, all’interno dell’esercito afghano, di un battaglione (“Brigate del martirio”) formato da attentatori suicidi. Saranno sotto il controllo diretto del ministero della Difesa. È stato detto che membri di tale reparto verranno impiegati in “operazioni speciali”! Molti hanno parlato di scelta “orribile e spaventosa”! Ma pare che gli interessi internazionali, anche quelli sopra descritti, riescano a silenziare il tutto.
Non dimentichiamo però che, se i russi e gli americani sono usciti di fatto sconfitti dal territorio afghano, ora invece a mettere le mani (soprattutto commerciali) sul Paese è la Cina (tra l’altro Cina e Afghanistan stranamente confinano, anche se solo attraverso l’impervio “corridoio” di Vacan).

La vie della droga

Nonostante che l’Afghanistan sia appunto il 1° produttore mondiale di oppio e lo venda in tutti i continenti (‘in primis’, abbiamo visto, in Europa occidentale), è però un Paese che non ha sbocchi sul mare; e questo è un grave limite nel commercio internazionale.
Al di là delle ovviamente proibitive rotte aeree (visto che non si tratta certo di un commercio che possa essere attuato proprio alla luce del sole), quali sono allora “le vie della droga” che dall’Afghanistan raggiungono tutto il mondo?
C’è la cosiddetta “via del nord”, che dall’Afghanistan raggiunge la Russia e Paesi limitrofi (attraverso il Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakistan) o Tagikistan e Kirghizistan (e da qui la Cina).
Particolarmente importante è la “via del sud”, che dall’Afghanistan trova il proprio trampolino, specie marittimo, nel Pakistan; da qui può raggiungere più agevolmente la Cina (via terra); ma soprattutto trova i porti disponibili per raggiungere via mare l’Africa ad occidente o il sud-est asiatico, l’Australia, l’Oceania e l’America ad oriente (del resto anche il petrolio arabo raggiunge gli USA attraverso l’Oceano Indiano e Pacifico).
Interessante è la “via dell’ovest”, che permette all’Afghanistan, attraverso l’Iran e la Turchia, di raggiungere l’Europa occidentale via terra (quindi persino coi TIR e con percorsi già quasi totalmente autostradali).
            Dall’Afghanistan (Herat) a Istanbul (Europa) ci sono circa km. 3.700.

[Istanbul risulta essere anche un punto di partenza internazionale per i miliziani dello Stato Islamico (leggi)]

Questa via, una volta raggiunto Istanbul, segue due percorsi:
– quello meridionale (che prevede il traghetto sull’Adriatico): attraverso la Grecia settentrionale raggiunge il porto greco di Igoumenitsa, da cui partono i traghetti per l’Italia (BR, BA, AN).
Dal nostro Paese (al di là della vendita interna) la droga raggiunge o il centro Europa (via Brennero), o la Francia meridionale e la Spagna (via GE/Ventimiglia) o, soprattutto, il grande mercato dell’Europa occidentale, specie Francia e Inghilterra (via Torino/Valle Susa/traforo del Frejus). [Istanbul – Torino (via Puglia): km. 2.027] [Istanbul/Igoumenitsa (km. 917) + traghetto per Brindisi (h. 9) + Brindisi/Torino (km. 1.110)] (v. osservazione qui sotto)
[Attualmente più complicato, visto ancora la mancanza di infrastrutture adeguate, il raggiungimento dell’Adriatico attraverso la Bulgaria, la Serbia (e Kosovo), o la Macedonia del Nord, per salpare per l’Italia dai porti dell’Albania (Durazzo) o del Montenegro (Bar)]
– quello settentrionale, che prevede il transito dai Balcani (pare che le cosiddette “mafie dei Balcani” giochino ormai un ruolo da protagoniste in questo losco traffico), quindi attraverso Bulgaria e Serbia; poi attraverso l’Ungheria raggiunge il centro-nord Europa o per la Croazia e Slovenia raggiunge ancora l’Italia e l’Europa occidentale.
[Istanbul – Torino (via Balcani) : km. 2.110. Come possiamo vedere questa “via” è lunga pressoché come la precedente, ma ha il vantaggio di non avere bisogno di traghetti e può oggi fruire di autostrade sempre più moderne]
 

A proposito dell’autostrada adriatica (A14) e di quella della Valle Susa (A32)

Nel documento sulle autostrade (e ferrovie) italiane avevamo fatto anche queste rapide osservazioni, che offrono pure alcune perplessità, forse anche in merito a quanto qui esposto.
L’autostrada “adriatica” (A14) è normalmente percorsa da un intenso traffico di camion, specie esteri, che non è assolutamente giustificato dal commercio interno (vista purtroppo la scarsa presenza industriale in Puglia), ma appunto dal traffico proveniente da oltre Adriatico, cioè dalla Grecia e addirittura dalla Turchia e in genere diretto all’estero (altri Paesi dell’Europa occidentale).
Anche l’autostrada della Valle Susa (A32), che da Torino si dirige verso il traforo del Frejus e la Francia, è in genere intasata di camion (assai inquinanti), specie esteri. Si tratta infatti di uno dei più importanti collegamenti tra Italia e Francia [già ai tempi dell’impero romano (Moncenisio) e nel Medioevo (via Francigena; si veda pure, all’inizio della valle e quindi dello sbocco sull’Italia, la significativa e celebre Sacra di S. Michele)] e tra est ed ovest europeo.
In proposito è veramente irrazionale l’annosa polemica sulla TAV, cioè la linea ferroviaria veloce (con valenza internazionale: Lisbona/Kiev) sulla stessa tratta, ma, a differenza dell’autostrada, ovviamente non inquinante e tra l’altro quasi totalmente in galleria.
Inoltre, per lo stesso transito autostradale italo-francese, è quasi pronto (dovrebbe essere inaugurato nel 2022) il raddoppio autostradale del traforo del Frejus (m. 12.870), che sarà il più lungo traforo autostradale (cioè a doppia canna) d’Europa [primato tenuto finora incredibilmente da quello del Gran Sasso (A24), che collega semplicemente Roma/AQ a Teramo; ma come sappiamo “sotto” c’è dell’altro (il laboratorio nucleare…)]. Però, mentre contro la TAV persistono da anni furibonde e ideologiche proteste, tutto invece stranamente tace su questa intasatissima e assai inquinante autostrada (sulla stessa tratta) e sul raddoppio del traforo autostradale.

A proposito del tratto greco della E90 (Igoumenitsa-Salonicco):
Interessante che la Grecia, nonostante la grave crisi economica in cui è sprofondata (o è stata fatta sprofondare dalla UE a guida tedesca) e le difficoltà del territorio (catene dell’Epiro), abbia dato priorità e realizzato celermente (prima ancora dei collegamenti con Atene) l’ottimo collegamento autostradale (E90) tra Igoumenitsa (scalo marittimo di traghetti da/per l’Italia) e Salonicco e da qui per Istanbul, quindi la Turchia (tornata praticamente “califfato” e porta dell’oriente islamico integralista).

Tutto questo non c’entra nulla con ciò di cui abbiamo sopra parlato?