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Gran parte dell’Occidente, cioè del mondo più sviluppato ed economicamente più avanzato, è indirizzato verso una “cultura di morte”: non solo perché ha il maggior numero di suicidi (che nell’età giovanile raggiunge cifre impressionanti), ma perché è sospinto da neo-ideologie proprie del pensiero unico dominante che parlano addirittura del diritto all’aborto, all’eutanasia e al ‘suicidio assistito’ dallo Stato. A questo si aggiunge in Occidente un suicidio demografico, dovuto ad una innaturale e tragica denatalità.
A questo dato “fisico”, si somma poi il suicidio “culturale”, che ha portato una bimillenaria civiltà cristiana, che è stata poi quella trainante il mondo appunto più sviluppato, a rinnegare se stessa, le proprie radici, la propria cultura e la propria fede (con un’apocalittica “apostasia” dalla fede in Cristo); esponendosi così ad un vuoto esistenziale, che è rimpiazzato sempre più spesso dall’invasione se non dal fanatismo islamici.

Una recente indagine del National Council on Disability (USA) dimostra che la morte di Stato (leggi pro eutanasia o similari) non introduce affatto una libertà di scelta (l’assurdo diritto a morire) ma di fatto risulta un incentivo ad uccidersi.
Nel rapporto del NCD, che ha esaminato gli Stati americani in cui l’eutanasia è legale, è emerso che “spesso le assicurazioni sanitarie hanno negato ai pazienti trattamenti medici costosi e di supporto alla vita, offrendosi invece di sovvenzionare farmaci letali, portandoli così alla scelta disperata di decidere per il suicidio”.
Molte di queste richieste di suicidio assistito e garantito dallo Stato sono poi dovute al fatto che molti malati, sentendosi “di peso” per le loro famiglie, sono arrivati a sentirsi in colpa nei loro confronti se non optavano per il suicidio (studio di Lydia Dugdale, medico della Columbia University) (fonte: NBQ, 21.10.2019)
Come dimostra l’esperienza di Stati, come in Europa il Belgio (2350 casi di eutanasia nel 2018! erano 235 nel 2003 e 1000 nel 2011) e l’Olanda, che si vantano di aver introdotto assai presto leggi per il suicidio assistito e pro-eutanasia, queste legislazioni conoscono una deriva che sembra non conoscere fine: dall’eutanasia passiva (lasciar morire) a quella attiva (far morire), da quella volontaria (richiesta) a quella involontaria (decisa dai medici), persino per minori e addirittura contro la volontà degli stessi genitori! (si pensi poi al caso della signora belga di 65 anni Godelieva De Troyer, uccisa nell’aprile 2012 dal dottor Wim Distelmans solo perché depressa e senza neppure che i figli della donna ne fossero informati).
Ora si giunge a chiedere la morte, con l’aiuto dello Stato, anche per una depressione o per motivi ancora più oggettivamente insondabili. È il caso di una giovane belga di 23 anni (Kelly) che di recente ha chiesto l’eutanasia perché, pur avendo un fidanzato, “non si sente bella, non si piace ed è timida”! (fonte: NBQ, 15.10.2019)

Questa “cultura di morte”, nata dall’abbandono della fede cristiana, spinge verso un rifiuto della vita, considerata come qualcosa di cui ciascuno è padrone assoluto; non riconoscendo più che è comunque dono di Dio, così come il dolore è partecipazione alla fecondità della Croce di Cristo. Si dimentica inoltre – anche per colpa di una catechesi e predicazione che censura questo dato e obbligo morale, diventandone in qualche modo persino complice – che il suicidio è un peccato gravissimo che, se compiuto in piena coscienza, porta alla dannazione eterna (mancando tra l’altro la possibilità di confessarlo, se il suicidio si attua veramente).