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Sulla questione dell’abolizione delle Sante Messe con il popolo in questo tempo di emergenza e sulla difficoltà di confessarsi
(e documento vaticano sull’Indulgenza plenaria concessa in questo tempo, in certi casi e a certe condizioni, e sul modo per potersi ora confessare)

Come sappiamo, la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha deciso, in conseguenza dei Decreti governativi, di abolire la celebrazione delle Sante Messe (feriali e festive) col popolo, cioè con la partecipazione dei fedeli (speriamo però che ogni sacerdote continui a celebrare quotidianamente in privato il Sacrificio eucaristico, che è ciò che di più importante c’è nell’universo, per la gloria di Dio e per la nostra stessa salvezza).
Sono inoltre vietate dal Governo le celebrazioni dei funerali (Esequie cattoliche in chiesa; sono invece ammesse le preghiere al Cimitero!) e dei Matrimoni (permessi però in Comune! dopo essere stata evidenziata la contraddizione, sono stati poi permessi anche in Chiesa, ma solo con gli sposi e i testimoni, oltre al sacerdote); s’è persino specificato che anche per le Confessioni si debba mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro (non quindi alla grata; anche se pare difficile confessare i propri peccati a questa distanza; potrebbe essere compromesso lo stesso “segreto confessionale”, oltre che la dovuta discrezione).
Le ulteriori restrizioni sulle possibilità di uscire di casa (solo per andare al lavoro, al supermercato, dal medico, in farmacia e in tabaccheria! ma non per andare in chiesa) rende poi di fatto vana l’apertura delle chiese e anche la possibilità di confessarsi. 
C’è chi, da competente giuridico e canonico, ha fatto osservare che un Decreto governativo non può disciplinare la vita interna delle chiese, essendo ciò oggetto della Costituzione (libertà di culto) e dello stesso Concordato tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica italiana.
Si potrebbe poi osservare con quali criteri un governo possa stabilire quali siano le principali “necessità” della persona, dando ad esempio la possibilità di spostarsi per andare al supermercato o in tabaccheria e non per le necessità spirituali, in realtà ancora più importanti, come partecipare alla Santa Messa, adorare l’Eucaristia e Confessarsi.
Non si capisce inoltre come si possa in questi termini provvedere alla assistenza spirituale dei fedeli (“salus animarum”: la salvezza delle anime, che è compito e legge suprema della Chiesa!), addirittura ai moribondi!
Quando era ancora possibile tenere aperti bar e ristoranti (sia pur fino alle 18), ci si chiedeva come mai non fosse possibile andare alla S. Messa – specie quelle feriali che in genere vedono la partecipazione di pochissime persone, che possono quindi essere comodamente distanziate tra loro – mentre era appunto possibile andare al supermercato, bar e ristorante.
Rimane infine la discrepanza tra le diverse comunità cristiane cattoliche: in Italia appunto i Vescovi sopprimono le celebrazioni della Sante Messe, mentre ad esempio in Polonia i Vescovi le moltiplicano, per dare modo a tutti (e in Polonia sono davvero tanti!) di parteciparvi senza creare ressa o assembramenti di fedeli.

Da parte della Diocesi di Roma (quella del Papa e centro della cattolicità) si era poi deciso (il 12.03.2020 sera; decisione che si sarebbe presumibilmente e immediatamente allargata a tutte le chiese d’Italia, di cui il Papa è il Primate) addirittura di chiudere tutte le chiese (come del resto risulta chiusa la stessa basilica di S. Pietro in Vaticano!), vietando quindi di fatto anche la preghiera di adorazione personale davanti al SS.mo Sacramento o la Confessione anche in una chiesa aperta ma vuota! Grazie a Dio, anche per l’immediato sconcerto manifestato da moltissimi fedeli e non pochi sacerdoti e vescovi, tale decisione è stata immediatamente ritirata (il 13.03.2020 mattina, dal cardinale Vicario di Roma De Donatis, il quale ha tenuto e precisare che entrambe le decisioni, di fatto contraddittorie, erano state prese in accordo col Papa).
 

A conforto delle anime 
Chi comprende ed assapora un poco di più, per grazia e per impegno, la bellezza e la necessità (non discutibile dalla politica) di partecipare alla S. Messa anche nei giorni feriali (tanto più nell’obbligo morale di partecipare a quella festiva), così come di fare Adorazione Eucaristica (davanti al tabernacolo) e perfino la gioia o talora la necessità (per i peccati mortali, vedi) di ricevere il perdono dei peccati col sacramento della Confessione (Penitenza) prova in questa emergenza e con questi divieti un particolare e profondo dolore spirituale.

Ricordiamo che, nonostante il lodevole aumento in questo periodo delle SS. Messe in TV o on-line, vedere una Santa Messa o fare un’Adorazione eucaristica in modo virtuale (appunto in TV, sul pc o sul telefono) non è parteciparvi (Gesù non è realmente presente nello schermo!). Vederle o ascoltarle, se si aggiunge la propria partecipazione interiore, può servire solo come preghiera o meditazione. Possiamo invece partecipare anche on-line o in Tv alle preghiere anche a distanza (S. Rosario, ecc.), così come passano anche con questi mezzi le Benedizioni (essendo Sacramentali e non Sacramenti) e persino, alle solite condizioni richieste (v. poi), il poter lucrare le Indulgenze (che sono la remissione delle “pene”, applicabile anche alle anime del Purgatorio, e non dei peccati).



Data la particolare situazione che il mondo sta vivendo e l’impossibilità (talora per divieto da parte dei Governi) di poter accedere all’Eucaristia e alla Confessione, a conforto delle anime e per avere comunque una serenità di coscienza ricordiamo quanto segue.

Nessuno può vietare l’obbedienza ai Comandamenti divini, da seguire anche a costo del martirio (ricordiamo ad esempio i 49 martiri di Abitene, nell’attuale Tunisia, che nel 304 si opposero al divieto dell’imperatore Diocleziano, che proibiva le Sante Messe domenicali, e preferirono morire piuttosto che rinunciare alla S. Messa; nota e stupenda la loro pubblica confessione “Sine Dominico non possumus!”).
Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, come disse già S. Pietro (arrestato perché annunciava la Risurrezione di Cristo, appena avvenuta) di fronte al Sinedrio (v. At 4,19-20).
 

Circa la S. Messa (vedi e vedi)
Il 3° Comandamento (“Ricordati di santificare le feste”) obbliga in coscienza a fare del “giorno del Signore” (che nell’Antico Testamento era il sabato, cioè il 7° e ultimo giorno della settimana, e che col Vangelo e il cristianesimo è diventato la domenica, cioè appunto “il giorno del Signore”, ex “giorno del sole” e primo giorno della settimana, quindi sbagliato dire “week end”!) e di tutte le altre feste infrasettimanali da celebrare, un giorno santo, cioè particolarmente dedito a Dio, alla preghiera, alla meditazione, come pure agli affetti, alla carità, oltre che al riposo (è infatti pure vietato lavorare, se non necessario) e allo svago. Ovviamente non c’è cosa più grande per santificarlo, che partecipare alla S. Messa, che è il Sacrificio stesso di Cristo a lode del Padre e per la nostra salvezza, e possibilmente (se si è in grazia di Dio, cioè senza peccati mortali) anche ricevendo in noi Gesù realmente presente nell’Eucaristia.
Che però sia grave obbligo morale partecipare alla Santa Messa, pena commettere un peccato mortale, tutte le domeniche (52 in un anno) e le altre feste “Comandate” [in Italia: 1° gennaio (Maria SS.ma Madre di Dio), 6 gennaio (Epifania di N.S.G.C.), 15 agosto (Assunzione in Cielo di Maria SS.ma), 1° novembre (Tutti i Santi), 8 dicembre (Immacolata Concezione di Maria SS.ma), 25 dicembre (Natale del Signore), mentre tutte le altre feste cadono già di domenica] è il 1° Precetto della Chiesa (che sono 5,  vedi nel file sull’esame di coscienza), che appunto obbliga gravemente in coscienza, pena commettere un peccato mortale se si disobbedisce. Ovviamente tale obbligo riguarda tutti coloro che possono fisicamente parteciparvi: non riguarda infatti gli infermi – che devono però godere della carità di ricevere almeno l’Eucaristia, da parte del sacerdote (così possono anche confessarsi), del diacono, dell’accolito, o in via eccezionale da parte del ministro “straordinario” della Comunione – chi si trovasse necessariamente in viaggio (senza poterlo differire ad altro giorno, in Paesi senza chiese cattoliche, in un volo che occupa l’intera giornata, in una navigazione che occupa l’intera giornata e in cui non è garantito il servizio religioso, ecc.) o non potesse spostarsi da casa per l’assistenza ad un infermo (senza la possibilità di essere sostituito), ecc.
Essendo comunque un “precetto” della Chiesa, essa può eccezionalmente anche disporre diversamente e persino esonerare dall’obbligo morale di partecipare alla S. Messa (rimanendo però l’obbligo di rendere comunque “santo” quel giorno, come appunto recita il 3° Comandamento).
È appunto il caso che si verifica in questi giorni, a motivo della grave epidemia in corso e delle conseguenti decisioni governative (tra l’altro si tratta di garantire la salute personale e pubblica, il che è anche obbligo morale oltre che civile).
In Italia è ad esempio successo, dal 1976 in poi, che, avendo il governo di allora abolito la festività civile ad alcune feste o solennità cristiane [e fino ad allora feste di precetto, come ad esempio il 19 marzo (S. Giuseppe), il 29 giugno (S.S. Pietro e Paolo, tranne che per Roma, poiché essendo patroni della città mantiene la festività civile e quindi rimane l’obbligo di partecipare alla S. Messa), il 4 ottobre (S. Francesco d’Assisi, compatrono d’Italia) e le solennità dell’Ascensione e del Corpus Domini (trasferite alle domeniche successive)], la Conferenza Episcopale Italiana ha esonerato i fedeli cattolici dall’obbligo morale di partecipare in quei giorni alla S. Messa, essendo quasi impossibile per chi ha obblighi di lavoro o di studio.

Quindi, sia pur rattristati dall’impossibilità, per discutibili decisioni governative ed ecclesiali, di partecipare alla S. Messa (nemmeno a Pasqua! ed è la prima volta che accade nella storia bimillenaria della Chiesa!), i fedeli non devono però avere alcuno scrupolo di coscienza per questo (in altre parole: non si fa peccato mortale, come invece sarebbe nelle normali condizioni), ricordando però di rendere comunque “santo” (quindi particolarmente “di Dio”, cioè con abbondanti preghiere, meditazioni, oltre all’ascolto o visione della S. Messa in TV o con altri mezzi) il “giorno del Signore” (domenica) e tutte le feste “di precetto” (non parliamo poi della S. Pasqua, centro di tutto l’anno liturgico).


Circa la S. Confessione  (vedi e vedi)
Circa poi il desiderio (per i peccati veniali) o la necessità (per i peccati mortali) di confessarsi, ma essendo in questi giorni di domicilio coatto di fatto molto difficile accostarvisi, il fedele si ricordi che, se rimane l’obbligo di confessare i peccati davanti al sacerdote (è falso dire che ci si può confessare direttamente con Dio!) e di essere da lui assolto (se ce ne sono le condizioni), per essere perdonato da Dio e tornare nella Sua “grazia”, Dio, che legge nei cuori, accoglie già un atto di “contrizione” perfetto (cioè con il dolore sincero non solo di “aver meritato i castighi a motivo dei peccati”, cioè di essersi rovinati spiritualmente, che sarebbe l’“attrizione”, ma di aver “offeso Dio”, cioè di essere venuti meno all’amore di Dio, come recitiamo appunto nell’Atto di dolore) e dona il Suo perdono. Cioè questo atto sincero di dolore per i propri peccati (ovviamente col proposito fermo, “col Suo santo aiuto, di non commetterli più”) e di vero amore per Dio ci ottiene già il perdono dei peccati (e quindi la pace del cuore); rimane però l’obbligo di confessare davanti al sacerdote quei peccati mortali commessi e non confessati non appena sarà di nuovo possibile farlo (come ha stabilito Gesù stesso, vedi Gv 20,23).
 

Sul Decreto della Penitenzeria Apostolica circa il dono dell’Indulgenza plenaria, concesso in questo periodo di calamità in certi casi e a certe condizioni, e la concomitante Nota sul Sacramento della Confessione in queste attuali condizioni, vedi (documenti del 19.03.2020).