Tra le priorità di questo governo, nonostante la pandemia e la terribile situazione economica da essa aggravata, e persino al di là della spaventosa denatalità che porta il nostro Paese verso un vero e proprio suicidio demografico, sembra proprio ci siano invece le politiche contro la famiglia e la vita, valori (non negoziabili) cardine della società, come si evince anche dalle forti prese di posizione contro la cosiddetta omo-transfobia, cioè per l’ideologia omosessualista e gender (legge Zan-Scalfarotto), e a favore dell’aborto (Linee guida del Ministro della Salute sulla RU486).
Secondo infatti le nuove “Linee guida” diffuse dal Ministro della Salute Roberto Speranza circa l’aborto farmacologico, cioè mediante l’assunzione della pillola RU486, non sarà più necessario un ricovero ospedaliero, ma solo un Day-Hospital, cioè una breve (30’) visita ambulatoriale per l’assunzione del farmaco (ma non può chiamarsi “farmaco” ciò che serve non per la salute ma per l’uccisione di un essere umano!), dopodiché la donna può abortire da sola il suo bambino a domicilio! Inoltre tale pratica sarà possibile sino alla 9^ settimana di gravidanza. 
Finora tale pratica abortiva, già seguita dal 20% di chi decide di abortire, prevedeva un ricovero ospedaliero di 3 gg. (anche per il pericolo di gravi emorragie), anche se molte donne chiedevano prima le dimissioni ospedaliere, ed era praticabile fino alla 7^ settimana di gravidanza.
La legge 194 che da 42 anni regola in Italia la pratica dell’aborto (e che ha provocato l’uccisione legale di 6 milioni di bambini, v. Notizia del 22.05.2020), esclude ovviamente l’aborto domiciliare (ma nel 1978 non c’era ancora la RU486) e prevede comunque un’assistenza, che contempla anche l’aiuto di Consultori e Centri di aiuto alla Vita (sui CAV, che hanno aiutato migliaia e migliaia di donne in difficoltà e salvato altrettante vite umane!, vedi Notizie del 20.08.2019 e del 21.12.2018) per scoraggiare la donna a compiere una scelta così tragica ed aiutarla in tutti i modi ad accogliere la vita del figlio.
Comunque l’AIFA (Agenzia Italia del Farmaco), autorizzando l’immissione in commercio della pillola RU486 (Determinazione n. 1460 del 24.11.2009), aveva stabilito che «deve essere garantito il ricovero […] dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del “prodotto del concepimento”. Tutto il percorso abortivo deve avvenire sotto la sorveglianza di un medico del servizio ostetrico-ginecologico». Infatti, sulla questione delle indicazioni dell’AIFA, alcuni parlamentari dell’opposizione hanno annunciato ricorso. 
Ovviamente tutto ciò è escluso da queste nuove Linee guida, che rende il tragico evento dell’aborto ancor più “privato”, nascosto, persino banale, lasciando in realtà la donna in una tragica solitudine e angoscia, con gravi ripercussioni (psicologiche ma talora anche fisiche) sulla sua stessa vita.
Non sono poche le donne morte dopo aver assunto la RU486 (parliamo delle madri, perché il bambino ovviamente muore sempre). Nel mondo le morti per aborto farmacologico (RU486) sono 10 volte superiori a quelle per aborti chirurgici!

Sui pericoli della RU486, per la salute stessa della donna, avevamo già parlato in News precedenti (v. News del 11.02.2016, 17.04.2014, 22.03.2012). Ad esempio, già nel 2010 una donna morì in Australia. Nel maggio 2011 una ragazza portoghese di 16 anni morì dopo 5 gg. dall’assunzione della RU486 (era già la 32^ morte “ufficiale” per RU486; già in quell’anno (2011) in Italia gli aborti farmacologici erano stati 7.432. Nel 2014 una donna morì d’infarto dopo aver assunto la RU486.

Il Ministro Speranza dice che ha avuto l’approvazione della Società Italiana Ginecologi e Ostetrici (SIGO); ma la questione si tinge di giallo. Infatti tale relazione favorevole della SIGO sulla RU 486 è stata “secretata” (ma non ci sono al governo quelli che parlavano tanto di trasparenza?). Così come il voto dei membri del Consiglio Superiore di Sanità.

Effettivamente il Presidente della SIGO, prof. Antonio Chiantera, afferma la sicurezza di questo uso della pillola abortiva; ma quando si entra nel merito, visto che comunque nella bibliografia fornita al Ministro emergono invece tutti i rischi dell’uso della RU486, si trincera in un «Non posso, fa parte degli atti secretati» (intervista a NBQ, 11.08.2020; ecco però la Bibliografia fornita al Ministero))

Altro mistero: l’organo consultivo del ministero della Salute è composto da 30 membri di diritto e 30 membri su nomina del ministro; ma su 60 tra primari, luminari, dirigenti del ministero e presidenti di associazioni della professione medica, solo uno però è specialista in Ostetricia e Ginecologia ed è il prof. Giovanni Scambia, direttore della Scuola di specializzazione in Ginecologia e Ostetricia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Policlinico Gemelli, Roma), notoriamente contrario alla RU486, ancor più se assunta in queste modalità.

Ma cos’è questo “aborto fai da te” praticato con la RU486?
Si tratta della somministrazione di 2 pillole (da assumersi a distanza di 48 ore l’una dall’altra): mifepristone (che uccide il nascituro!) + prostaglandina (che lo espelle).
Sembrerebbe, detto così, semplice come bere un bicchier d’acqua. La realtà è invece tragica … e talora assai pericolosa.

Il ginecologo e presidente della AMCI (Associazione Medici Cattolici Italiani, vedi) Filippo Boscia spiega bene gli effetti della RU486: “Il mifepristone si inserisce nel fine equilibrio ormonale della fisiologia femminile scombinandolo. Il mifepristone è un antiprogestinico, quindi inibisce l’azione del progesterone, l’ormone che garantisce la gravidanza agendo sulle strutture uterine, blocca l’azione progestinica sui recettori inibendo lo sviluppo embrionale e causando il distacco e l’eliminazione della mucosa uterina, con un processo simile a ciò che accade durante le mestruazioni. Ma non finisce qui. Per completare l’azione della RU486 è necessaria l’assunzione di un altro farmaco a base di prostaglandine, che favorisce le contrazioni e l’eliminazione della mucosa e dell’embrione in poche ore. Le contrazioni possono essere più dolorose di quelle del parto e l’emorragia può durare anche settimane. Peraltro “in base a uno studio del British Medical Journal, nel 56% dei casi è visibile alla donna l’espulsione del sacco amniotico con l’embrione”. Un’esperienza angosciante! Infatti il 43% delle donne che l’hanno fatto, se decidono di nuovo di abortire, vogliono la procedura chirurgica.

Oltre alla cosa più grave, cioè l’uccisione di un essere umano (su cosa eravamo tutti noi in queste prime settimane di gravidanza (1), v. Notizia del 22.05.2020), per il corpo stesso della donna (madre) si tratta di un colpo molto duro (costituisce una vera e propria “tempesta ormonale”, con successivi disordini endocrini, che in alcuni casi ha portato fino alla morte!). Ecco i possibili effetti collaterali: abbondanti e prolungate emorragie, svenimenti, aumento della pressione, nausea, vomito, dolori e crampi addominali, endometriosi, aborto incompleto (2).

(1): Alla nona settimana il feto (scientificamente a quell’età si passa dalla definizione di embrione a quella di feto) è quasi completamente formato e mostra, nonostante i suoi cm 2,5, tutte le caratteristiche proprie della specie (persino gli occhi hanno una loro pigmentazione)

(2): il 5% delle donne che hanno assunto la RU486 hanno avuto poi bisogno di ricovero ospedaliero per completare la procedura abortiva, cioè di un intervento chirurgico.

Non parliamo poi delle ripercussioni psicologiche (ricordiamo appunto che a questo livello di gravidanza il piccolo ha già fattezze umane ben precise; pensiamo quando la madre lo vede uscire e lo deve gettare!). Non a caso persino queste nuove Linee guida lo sconsigliano alle donne particolarmente “ansiose”!

Ecco la testimonianza di una donna (Natascia) che ha abortito con la RU486, sia pur in ospedale: «Mi avevano detto: “Sarà come una mestruazione, ma più abbondante”. Invece mi sono trovata a contorcermi dal dolore per i crampi e gli svenimenti. I denti battevano e dopo aver vomitato tutto ero disidrata. E quando ho espulso il mio bambino ero sul bidet e l’ho gettato nel water mentre le infermiere mi chiedevano se avevo finito. È stato atroce, ho avuto incubi per un anno e ora mi hanno trovato un fibroma». [fonte: NBQ, 12.08.2020]

Le nuove Linee guida permettono poi, come s’è detto, di usare questa pratica abortiva domiciliare fino alla 9^ settimana di gravidanza.
A parte il tenore un po’ ideologico e propagandistico, visto che di fatto la RU486 dopo 49-50 giorni diminuisce in modo importante la sua efficacia, si fa osservare che i pericolosi e talora drammatici effetti collaterali possono in tal caso aumentare.
Lo sottolinea ad esempio il prof. Pino Noia, ginecologo e presidente dell’AIGOC (Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici): «La letteratura scientifica ha sempre evidenziato rischi maggiori per la donna proprio con l’avanzare della gravidanza, fino anche al decesso. Lo attesta anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms)».

Oltre la sua comprovata pericolosità, il permettere l’uso della RU486 fino alla 9^ settimana di gravidanza, ne aumenta i rischi per la salute stessa della donna. Lo afferma pure un report dell’American College Obstetricians Gynecologists (ACOG) già nel 2014: «Il rischio di perdite di sangue importanti e di trasfusioni è minore nelle donne che si sottopongono ad aborto medico in gravidanze fino a 49 giorni rispetto a quelle che si sottopongono ad aborto medico oltre 49 giorni di gestione (fino a 7 settimane)”. Cioè: spostare a 9 settimane il termine ultimo comporta un ulteriore maggiore rischio per la salute della donna, come riconosciuto da tutti i ginecologi. Anche una pubblicazione dell’inglese Royal College Obstetricians Gynecologists (RCOG) afferma: le prove complessive suggeriscono che le donne hanno maggiori probabilità di soffrire di forti emorragie a seguito di aborto farmacologico rispetto all’aborto chirurgico per un durata media delle perdite di sangue con crampi accertata per 10 giorni”.

Infine, anche nel report 2020 di Nice, un organismo britannico che stabilisce le buone pratiche di condotta clinica, si sottolinea che “il rischio di insuccesso del metodo farmacologico di aborto è più elevato e aumenta con la crescita dell’epoca di gestazione”. [fonte: NBQ, 11.08.2020]

Si sono opposti a queste nuove Linee guida sulla RU486 anche il MpV (Movimento per la vita), l’AMCI (Associazione Medici Cattolici Italiani) e l’AIGOC (Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici).

Oltre a rappresentare un nuovo tragico passo verso la dissoluzione “nichilista” dell’uomo e della società, non ci si nasconde inoltre che queste nuove Linee guida rappresentino per lo Stato (Ministero della Salute) anche un notevole risparmio.