La nostra identità e persino le scelte personali sono sempre più tracciabili e archiviabili (v. nel sito il documento apposito). L’inarrestabile progresso tecnologico lo permette.
Non solo lo smartphone, ormai vera protesi umana, e le sue diverse app (v. Immuni) sono ormai una sorta di braccialetto elettronico per tenerci a bada, come abbiamo visto nel documento citato; anche la nuova Carta d’Identità Elettronica porta in sé non solo le nostre impronte digitali ma anche certe nostre scelte pure di notevole spessore morale (come la nostra decisione sulla donazione degli organi). Qualcuno sostiene da anni, non si sa se a ragione, che anche la Tessera Sanitaria, che contiene pure i nostri dati fiscali, nasconda persino informazioni personali assai rilevanti e riservate.

In Cina, dove sia il retaggio culturale (non caratterizzato certo dal ‘personalismo’ cristiano) che la ferrea ideologia comunista al potere (come sovrano assoluto) offrono un presupposto particolarmente idoneo per un’invasione indebita dello Stato nella vita privata del cittadino, l’uso della tecnologia sempre più avanzata e invasiva rende questa volontà di controllo di massa particolarmente perseguita e attuata. E, come e più che in tutto il mondo, la pandemia da Covid-19 offre un’occasione privilegiata e insperata (o voluta?!) per attuarla. 
Nella Repubblica Popolare Cinese tutto è già infatti controllato e giudicato, con relativi premi o punizioni, dal Partito Comunista Cinese (vedi sotto la Notizia del 2.03.2020). E appunto il Covid-19 (virus di fatto da loro prodotto e da cui pare solo loro sappiano efficacemente difendersi – v. sotto la Notizia del 27.10.2020) rappresenta un’occasione unica per esercitare questo controllo, per non dire dittatura, sociale.

Ecco infatti l’ultima proposta lanciata del Presidente cinese Xi Jinping addirittura a livello planetario (nel recente G20 tenuto in Arabia Saudita, seguito in modo virtuale, il 21-22 novembre): l’utilizzo dei codici a barre e sistema <Qr> per gestire i viaggi internazionali, il tutto sotto il controllo di una “comunità cyber condivisa” a livello globale.
I codici a barre (presenti anche nello smartphone) in Cina sono già utilizzati dal febbraio scorso per permettere o vietare i viaggi interni al Paese (un Qr verde significa che il titolare è sano e può viaggiare; uno arancione o rosso comporta l’obbligo di quarantena).

Contro questa proposta cinese, solo apparentemente spinta da intenti sanitari e per più agevoli comunicazioni internazionali, ha infatti sollevato obiezioni anche Human Rights Watch, temendo che questo metodo per la prevenzione sanitaria possa rivelarsi un “cavallo di Troia” per esercitare allo stesso tempo un “controllo ed esclusione” anche in politica! Quando il progetto viene da una dittatura comunista come quella … questo sospetto non è un congettura astratta!
Il timore del mondo è che Pechino voglia imporre in qualche modo i propri standard di controllo sociale, inclusi quelli sull’accesso al web. Infatti anche il 23 novembre scorso, in un messaggio letto alla cerimonia di apertura della Conferenza mondiale su internet, organizzata dalla Cina a Wuzhen (Zhejiang), il presidente Xi Jinping ha invitato ancora tutte le nazioni a lavorare insieme per la creazione appunto di una “comunità cyber condivisa” (invece nell’attuale linguaggio massonico internazionale avrebbe potuto dire “inclusiva”).
Gli stessi USA (almeno fino all’amministrazione Trump) hanno sollevato obiezioni contro questo tentativo cinese di controllo totale, tra l’altro portando avanti pure una campagna internazionale (cfr. iniziativa Clean Network, cui aderiscono già decine di Paesi in Europa, Asia, America del nord e Sudamerica) per boicottare la tecnologia internet 5G del colosso cinese Huawei, accusato di spiare il mondo per conto della stessa intelligence di Pechino. [fonte: AsiaNews, 23.11.2020]