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Anzitutto occorre sempre chiarire che l’aborto, non solo da un punto di vista filosofico e teologico, morale e religioso, ma scientifico, biologico e medico, è l’uccisione di un essere umano; perché nessuno può decidere da quando abbiamo cominciato ad essere degli esseri umani, cioè noi stessi, se non riconoscendo che è dall’istante del concepimento (altrimenti dovremmo entrare in una sorta di sempre mutevoli “convenzioni”dipendenti da giudizi soggettivi o giuridici: dalla percezione del battito cardiaco? dalla formazione del cervello? dall’esistenza di tutti gli organi? dalla possibilità di vivere già fuori dal grembo materno? dalla nascita? dalla pubertà, con la capacità riproduttiva? dalla pienezza della vita adulta? da una vita che qualcuno considera “degna” di essere vissuta? E chi ha il potere di decidere questo?). Infatti assistiamo nella società, anche a livello giuridico, a questa disumana e pare inarrestabile deriva.
No, geneticamente ciascuno di noi è se stesso, siamo noi, l’uomo è uomo, dall’istante del concepimento, cioè da quell’istante in cui non c’è più semplicemente uno spermatozoo + ovulo, ma una nuova cellula vivente che ha tutta la potenzialità già attiva per nascere come bambino dopo 9 mesi e diventare un uomo adulto dopo 20 anni!
Occorre dunque tener presente questo dato anche solo biologico, quando sentiamo parlare di aborto.
[Chi ha poi una conoscenza antropologica più profonda, cioè anche filosofica e teologica, sa che da quell’istante esiste il nostro <io>, cioè la nostra singola anima spirituale e immortale, che è cioè creata proprio in quel momento da Dio (non può infatti derivare dai genitori, essendo appunto spirituale). Chiunque è stato concepito, ha dunque la stessa dignità di qualsiasi altro essere umano! Inoltre esisterà come persona, amata da Dio, per tutta l’eternità, anche se sulla terra avesse vissuto solo come embrione o feto, o avesse nella vita qualsiasi difetto o malformazione!]

Ricordiamo questo dato oggettivo anche quando ormai sentiamo parlare positivamente di drastica diminuzione di bambini “Down” o addirittura di Paesi “Down-free”: non si tratta di aver debellato una malattia (e neppure di aver impedito il concepimento di un possibile bambino portatore di tale difetto), ma di aver ucciso nel grembo della loro madre chi alle analisi prenatali ha presentato questo difetto cromosomico. Non nascondiamoci la realtà: non è stata eliminata una patologia, ma chi l’aveva!

Ebbene, uno studio pubblicato nel dicembre scorso su European Journal of Human Genetics ha registrato che nel periodo 2011-2015 in Europa i bambini nati con la “sindrome di Down” (“trisomia 21”) sono in media diminuiti del 54% (in 5 anni 9.000 in meno: 8.000 invece dei 17.000 dei 5 anni precedenti; 10 invece di 27 ogni 10.000 nascite).

Nello specifico delle zone europee: Europa meridionale (-71%), settentrionale (-51%), orientale (-38%). Nello specifico di alcuni Paesi: Malta (invariata), Regno Unito (-54%), Francia (-68%), Italia (-71%), Portogallo (-80%), Spagna (-83%), Danimarca (-79%; solo 18 bambini Down nati nel 2019 e 20 nel 2020; la Danimarca si vanta di voler diventare in breve tempo un Paese totalmente “Down free”!), Islanda (-69%, praticamente azzerati, solo 2 all’anno, su una popolazione di 400.000 abitanti, e nati solo per errore di screening prenatale).

Il che significa che i relativi test prenatali (Nips o Nipt) hanno ormai un chiaro fine “eugenetico”: cioè per eliminare chi ha questo difetto. 

 

Tra l’altro, proprio in questi giorni (21 gennaio), terminate positivamente le indagini sulle “virtù eroiche”, il Papa ha dichiarato Venerabile (aprendo così la strada alla sua beatificazione e canonizzazione) il grande genetista francese Jérôme Lejeune [nato il 13.06.1926 e morto a Parigi il 3.04.1994 (S. Pasqua)], che fu proprio lo scienziato che scoprì tale difetto cromosomico, detto “trisomia 21” (a motivo di un 47° cromosoma morfologicamente identico agli elementi del 21° paio) o più noto come “sindrome di Down” (J.L. Down fu invece lo scienziato del XIX secolo che si limitò a descrivere i caratteri morfologici delle persone con questo problema).
Ne abbiamo parlato anche l’anno scorso, in occasione della morte della moglie (cfr. News del 6.05.2020). Oltre ad essere uno dei più grandi genetisti del secolo scorso, J. Lejeune cercò per tutta la vita di scoprire, senza riuscirci, se fosse possibile far fronte e curare questa malformazione genetica. Non si limitò però a fare lo scienziato e lo studioso, ma dedicò la sua missione ai malati, e soprattutto ai bambini affetti da tale sindrome, seguiti con evangelica carità e competenza pure in un centro specialistico parigino. Oltre alla splendida dedizione per la sua missione scientifica e medica (era fortemente convinto che la ricerca scientifica fosse un prezioso strumento per conoscere meglio il Creato e quindi pure l’onnipotenza del Creatore; quindi offrì un’ottima testimonianza del felice rapporto tra scienza e fede), e alla vissuta carità cristiana per i suoi ammalati, Lejeune testimoniò pure un evangelico e stupendo amore per sua moglie e la sua famiglia.
All’amore di Dio cercò di conformare ogni pensiero e azione della sua vita, senza mai scendere a compromessi con le logiche del mondo.
A motivo della sua scoperta della “trisomia 21” doveva ricevere il Premio Nobel per la Medicina; ma poi gli fu negato per la sua chiara posizione contro l’aborto! Il che sta purtroppo ad indicare come anche il mondo scientifico possa essere condizionato dalle ideologie e dal potere …
Per queste sue altissime competenze scientifiche, per la sua testimonianza del fecondo rapporto tra scienza e fede, come pure per la sua promozione e difesa della vita in ogni età e condizione, Giovanni Paolo II lo nominò membro della Pontificia Accademia delle Scienze e primo Presidente della Pontificia Accademia della Vita.
Presto sarà appunto venerato come Beato e speriamo poi anche Santo!