Tutti parlano del Papa. Non si tratta però del Capo di un’azienda mondiale, che può piacere o meno; ma di un’invenzione e missione di Cristo Signore

Tu es Petrus


Due mesi fa, dando un primo sguardo a questo 2025 (che è pure Anno Santo), avevamo intitolato la News di marzo “Tramonto o aurora?” (vedi). Non solo il quadro politico internazionale, a cominciare dagli USA, ma la stessa vita ecclesiale, fin dai suoi vertici, ci davano infatti occasione di registrare una progressiva accelerazione degli eventi e ci spingeva a domandarci se si trattasse appunto di un inesorabile tramonto, dai toni incerti se non minacciosi, oppure dei primi segni di nuove luci, come appunto quelli di una possibile aurora.

Oggi non possiamo evidentemente che confermare quell’impressione e ripresentare la stessa domanda. Aspetteremo ovviamente i fatti, per poter ricavarne e offrirne un giudizio più oculato; intanto con la volontà ci impegniamo e nella preghiera chiediamo che si compia sempre più la santa volontà di Dio, che non è fatalismo ma il nostro autentico bene, a cominciare da noi stessi. 

Mentre il panorama mondiale, se va certamente incontro a rapidi e radicali cambiamenti, non ci permette ancora di poter comprendere se all’orizzonte si profili appunto una tempesta dalle proporzioni apocalittiche o albeggino invece nuove luci di speranza, per la Chiesa Cattolica questo tempo pasquale ci ha invece subito condotto a sperimentare ancor più in profondità il mistero di morte e risurrezione. Inutile sottolineare che ci riferiamo alla morte di “Francesco”, avvenuta (da quanto comunicato) nelle prime ore del Lunedì di Pasqua, alla elezione del nuovo Papa, avvenuta subito nel 2° Giorno del Conclave (4° Scrutinio), cioè l’8 maggio, giorno peraltro della Supplica alla Madonna di Pompei (come ha voluto amabilmente e significativamente sottolineare l’Eletto stesso nel Suo primo saluto e Benedizione alla Chiesa e al mondo, vedi). Si tratta com’è noto di Papa Leone XIV, un Cardinale (Robert Francis Prevost) abbastanza in fondo alla lista dei Papabili nelle previsioni dei vaticanisti di tutto il mondo (come è quasi sempre avvenuto negli ultimi 47 anni), ma soprattutto con un nome da Papa che anche i più esperti uomini di Chiesa non potevano certo immaginare, dovendo risalire a un Pontefice di fine ‘800 per trovare lo stesso nome. Si tratta del nuovo Successore di San Pietro (il Capo degli Apostoli e della Chiesa, secondo la scelta stessa di Cristo Signore, cfr. Mt 16,18-19), Guida suprema di tutta la Chiesa Cattolica (che oggi conta circa 1,4 miliardi di fedeli), Vescovo di Roma (in quanto appunto S. Pietro apostolo ne è stato il 1°), Primate d’Italia, Patriarca d’Occidente (titolo soppresso da Benedetto XVI e recuperato da Francesco) e soprattutto Vicario di Cristo (titolo di ampio e fondamentale spessore teologico, soppresso silenziosamente da Francesco e pare già ora recuperato da Leone XIV, visto che ne ha parlato subito ai Cardinali, vedi).

È evidente che qui non vogliamo né azzardare una sintesi delle problematiche emerse in questi ultimi 12 anni della vita della Chiesa (si veda semmai un ampio panorama offerto due anni orsono nel nostro documento “Quale Chiesa?”), né tanto meno sollevare la questione di quanto avvenuto appunto 12 anni fa e che potrebbe persino avere riflessi “canonici” sul presente stesso della Chiesa: la Declaratio di Benedetto XVI dell’11.02.2013, il suo ritiro (senza il previsto documento di Renuntiatio muneris) il 28.02.2013, la sua permanenza in Vaticano (con l’inesistente titolo canonico di “Papa emerito”), fino alla sua morte, avvenuta il 31.12.2022 (ne abbiamo fatto cenno anche in occasione delle Esequie di Benedetto XVI, il 5.01.2023, vedi). È altrettanto evidente che non ci è permesso qui riprendere allora la questione del Conclave del 13.03.2013 e di ciò che ne è seguito, fino all’attuale Conclave, aperto il 7.05.2025 (con un numero esorbitante di Cardinali elettori, di cui la stragrande maggioranza nominati in questi 12 anni, e comunque anche i pochi rimasti di nomina precedente parteciparono al Conclave del 13.03.2013). Sulla questione del significato del Conclave faremo ancora un accenno alla fine.

Ovviamente non ci è neppure lecito azzardare giudizi o presentare auspici sul Pontificato che sta per iniziare (l’elezione è stata appunto l’8.05.2025 ma l’inizio ufficiale del Pontificato è il 18.05.2025, con la S. Messa che un tempo si chiamava di “intronizzazione”), se non appunto che si compia in tutto e in tutti la “santa volontà di Dio”, che ovviamente non è da trascinare dentro i nostri desideri né sotto le mode culturali o ideologiche del tempo (cfr. “Idòla theatri” vedi).

È invece assai stupido lasciarsi catturare dentro la logica, tanto superficiale quanto diffusa e oggi influenzata anche dai social, con appunto i loro like, del “mi piace” o “non mi piace”, “questo sì, quello no” (o viceversa); giudizi che si vogliono addirittura esprimere in tempo reale.

Il Papa deve anzitutto piacere a Dio. Non deve piacere a noi, né alla gente o al mondo; né essere dipendente dal consenso. E il suo compito, nella guida di tutta la Chiesa, è di aiutare ciascuno di noi a fare la volontà di Dio, cioè di piacere a Dio! Perché questo è il vero nostro (e altrui) bene, il senso autentico della vita, la nostra vera felicità e autentica libertà; e la via per raggiungere l’eternità beata del paradiso (che è lode eterna della Santissima Trinità, di Dio-Amore). In fondo è questo il compito (missione) stesso della Chiesa, così come l’ha voluta Cristo Signore.


Sempre, ma soprattutto sulle questioni più decisive della vita (e non c’è cosa più decisiva del proprio e altrui personale destino eterno!), la questione principale, e che ci deve stare allora più a cuore, non è appunto quella del “mi piace”, ma quella della verità.  Però è sempre doveroso ricordare che la verità è indipendente dal consenso e dai tempi; e persino dalla simpatia o meno, addirittura dalla bontà o meno, di chi la afferma.

Se il maestro (anche il sacerdote, il vescovo e il Papa stesso) deve certo essere amorevole e saper presentare bene la verità (e il più possibile esserne pure un testimone credibile), non deve però appunto confondere tale amorevolezza con la verità stessa, magari oscurandola o riducendola, pensando così di essere più amorevole o di ottenere così maggior consenso. Pian piano diventerebbe non un buon “pastore” e segno visibile del “Buon Pastore”, ma un “mercenario” (per usare le espressioni indicate da Gesù stesso, vedi Gv 10,12-13). Diverrebbe un “pastore idolo” (di cui parlano alcuni mistici in riferimento agli ultimi tempi della Chiesa). Attirerebbe cioè le lodi su di sé, non su Dio; e non condurrebbe a Lui (a Dio) ma alle proprie idee, se non addirittura alla propria persona!

Nella ricerca della verità la discussione può essere poi certamente utile e persino doverosa, a condizione però che si riconosca appunto che esiste una verità oggettiva; altrimenti, se si trattasse solo di gusti od opinioni, sarebbe appunto inutile discutere (“de gustibus disputandum non est”) e ognuno potrebbe tenersi la propria opinione, semplicemente perché ne è convinto o gli piace di più (se non addirittura perché gli fa comodo e non lo disturba troppo). Deve poi esserci, nonostante tutte le difficoltà, la possibilità di conoscere la verità, già con un uso corretto della ragione (che ha certo i suoi limiti ma che non è fatta per errare sempre, altrimenti saremmo costretti al silenzio o appunto al vaniloquio), per non parlare poi di ciò che Dio stesso ci ha rivelato! Occorre poi, fin dall’inizio di un dialogo, che si sappia soprattutto di cosa si stia parlando (“explicatio terminorum”).

Ciò che ci deve stare davvero a cuore nella vita stessa, per il nostro stesso bene come per quello altrui, non è appunto il “mi piace o non mi piace” (avremmo dovuto capirlo fin da piccoli che la marmellata o la cioccolata può piacere, ma senza regole poi ci fa piangere dal mal di stomaco o altro), ma ciò che è “vero”, che è appunto autenticamente il “bene”. Dovrebbe infatti essere noto che “verum et bonum convertuntur”, cioè sono la stessa cosa, cioè in fondo l’essere e il significato autentico delle cose.

Con questa indispensabile consapevolezza si muovevano ad esempio le Quaestiones disputatae del Medioevo, che proprio su queste basi (a cominciare appunto dalla “explicatio terminorum”, onde evitare inutili equivoci e vanificare il discorso fin dall’inizio) sapevano condurre un vero “dialogo”, con chiunque, e, partendo da premesse fondate, sapevano raggiungere provate “conclusioni” [ne abbiamo parlato a lungo nel dossier sul Medioevo (vedi)].

Per evitare appunto inutili discussioni e dannosi equivoci, occorre appunto sapere anzitutto ciò di cui si sta parlando;  e gli ignoranti su ciò di cui si sta parlando è meglio che tacciano (come ricordava il filosofo contemporaneo Wittgenstein).

Questa preoccupazione e questo metodo di ricerca è appunto soprattutto doveroso quando in gioco c’è nientemeno che il senso vero della vita, il bene e il male, e la nostra stessa salvezza eterna. Tutto ciò, che sono le verità principali, non dipende dalle nostre opinioni. Infatti saremo giudicati da Dio e non dalle nostre o altrui opinioni. E com’è significativo che i Cardinali in Conclave possano alzare lo sguardo sullo straordinario affresco di Michelangelo riguardante appunto il Giudizio universale; e più su ancora, negli affreschi del soffitto, farsi ricordare ancora dall’estro di quel genio del Rinascimento italiano, se ce ne fossimo dimenticati, che l’uomo è suprema creazione divina, come lo è l’universo stesso.

Di questo stiamo infatti parlando quando parliamo di Chiesa, del suo compito, come di quello del Papa stesso!


In questi giorni è stato più che mai evidente che praticamente in tutto il mondo l’argomento “Chiesa” e soprattutto la questione del “Papa” – visto che, secondo la nota espressione, “morto un Papa se ne fa un altro”; e dunque si chiedono tutti: ma chi sarà? come sarà? cosa dovrà decidere e fare? – hanno tenuto banco ovunque, dalle TV ai giornali, come in internet e sui social. Ciò può fare anche piacere. E ciò dovrebbe anche smentire chi pensa che ormai di Chiesa non ne vuol sentire parlare più nessuno, tanto meno i giovani (che invece hanno riempito appassionati e poi esultanti anche piazza S. Pietro in attesa dell’Habemus Papam), o se ne parla solo per pettegolezzi e preferibilmente per gli scandali.

Tutto, tanto più oggi, dura il tempo di un guizzo, anche quando pretende essere decisivo, moderno e insuperabile. Qui invece siamo di fronte ad un evento di secoli, addirittura già di due millenni! E nell’era dell’elettronica, del “tutto subito”, del “tempo reale” e dell’Intelligenza artificiale, centinaia di milioni di persone, compreso appunto i giovani, sono stati con lo sguardo fisso ad un comignolo, simpaticamente presidiato da una coppia di ignari gabbiani col loro pulcino (vedi).

Certo, occorre non farsi illusioni; perché viviamo in un mondo, specie occidentale, dove “tutto fa spettacolo” e viene travolto dallo spettacolo successivo. Abbiamo infatti visto che persino una bara (di un Papa!) può diventare stupida occasione per fare un selfie da condividere sui social. Così, anche se non si capisce niente di ciò che sta avvenendo, l’importante è dare prova sui social che “io c’ero”!


Sarebbe dunque anzitutto doveroso sapere di che cosa si stia parlando, quando parliamo di Chiesa e del Papa, prima di travolgere tutto sotto l’emozione dell’ultimo spettacolo mondiale cui partecipare, seguire o condividere sui social, ed essere catturati nel tritacarne del “mi piace” o “non mi piace”, “quello di prima” e “quello di adesso”.

Ugualmente non si dovrebbero avere (e invece lo fanno anche alti Prelati) come nuovi paradigmi e criteri di giudizio, i nuovi dogmi, pure ecclesiali, del tipo “indietro non si torna” (come si fosse sulla scia dei nuovi dogmi sociali, del tipo “la 194 non si tocca”, o ai più banali “no-TAV” o agli indiscutibili dogmi sanitari, come quando si è trattato ad esempio di condannare all’ostracismo i catalogati “no-vax”).

In un tempo, anche ecclesiale, in cui infatti molti avrebbero voluto demolire i veri dogmi, ne sono nati invece di nuovi, che non hanno bisogno di pronunciamenti ex-cathedra per dover essere obbligatoriamente creduti da tutti come sicuri e indiscutibili (con tanto di scomuniche per chi non si allinea). Possiamo ancora credere alla Chiesa “una, santa cattolica e apostolica” o si trattava di roba “da tenere in naftalina nel baule” o di “pietre da scagliare contro gli increduli”, perché l’unica cosa importante per la Chiesa è che sia “sinodale”? Si può ancora parlare di necessaria conversione a Cristo o basta la “conversione ecologica”? Ci si deve ancora pentire dei peccati commessi e proporsi, con l’aiuto di Dio, di non commetterli più; oppure abbiamo acquisito il diritto di entrare comunque nella Casa di Dio, che deve avere le porte aperte, anche a ladri e briganti (cfr. Gv 10,8), una casa senza più “chiavi”, che Pietro può oggi tranquillamente gettare a mare?

E poi di che “sinodalità” si tratta, se gli invitati, al di là dei tavoli circolari alla Re Artù (vedi e vedi), sono scrupolosamente e prevalentemente scelti (specie le guide) tra gli innovatori, anche i più spregiudicati e persino laici (ma i Sinodi non sono stati introdotti da Paolo VI solo per i Vescovi?), pure dichiaratamente atei e guide di Ong ideologicamente orientate (leggi)? E quando escono in merito, anche sugli argomenti più controversi e pericolosi, dei dirompenti Documenti ufficiali prima ancora che il Sinodo stesso sia concluso (leggi)? O si trovano dichiarazioni e permessi addirittura avversi al perenne insegnamento della Chiesa e persino alla stessa Parola di Dio, astutamente nascosti in una semplice nota di un documento di 400 pagine (leggi, v. nota 351)? Ma quale viaggiatore (visto che sinodo significa “camminare insieme”) può essere così folle dal far prevalere il camminare insieme rispetto alla meta che si deve raggiungere, per di più col pericolo di precipitare in un abisso eterno?

Abbiamo poi visto, in questi 12 anni, che gli acerrimi nemici della Chiesa, della fede e della morale cristiana, e che tali sono rimasti (!), hanno improvvisamente fatto del Papa un “idolo”, da applaudire comunque e per qualsiasi cosa, da quelle più banali a quelle più gravi. Così che nella Chiesa Cattolica, dopo decenni di contestazione del Magistero e dei Papi stessi, improvvisamente sono piovuti anatemi e impietosi ostracismi (qui l’inclusione è improvvisamente saltata e i “ponti” si sono subito sollevati, per impedire l’accesso al castello dei presunti nemici del re) per chiunque non si prostrasse anche alle scelte più particolari e contingenti, fino a silenziare addirittura dei ragionevoli e autorevoli “dubbi” non solo dell’ultimo fedele (che ha comunque diritto ad essere “confermato nella fede” da Pietro, cfr. Lc 22,31-32) ma anche da parte delle presenze ecclesiali più autorevoli (persino Cardinali).

Dopo 60 anni in cui molti hanno considerato l’anno “0” della Chiesa l’ultimo Concilio (senza ricordare neppure che esso è stato il 21° Concilio ecumenico della Chiesa e che peraltro ha voluto essere solo “pastorale”), ora il nuovo punto di partenza, senza storia e senza Tradizione (per qualcuno addirittura senza Cristo stesso), è diventato improvvisamente l’ultimo decennio.

Per altri, all’opposto, la storia della Chiesa o dei Papi s’è fermata invece nel 1958 (Pio XII).

Insomma, per alcuni lo Spirito Santo è stato assente per 20 secoli. Per altri è vacante o in ferie da 67 anni. Per altri ancora, per farla più facile, è a “corrente alternata” o forse talora assente perché impegnato in continui corsi di aggiornamento (come uno Spirito Assoluto, un “Dio in divenire”, di stampo hegeliano), fino a smentire lo stesso principio di non contraddizione (perché questa era la vecchia teologia tomista di stampo aristotelico, che impedisce di aprirsi alle nuove problematiche e di essere inclusivi verso le situazioni sempre nuove e soggettive). Abbiamo visto di recente persino sparire l’appellativo “Santo”, perché lo “Spirito” doveva coincidere con i desiderata del Sinodo (o di chi lo conduceva con mani d’acciaio, al di là dei tavoli rotondi). E dopo decenni di “spirito del Concilio”, per poi passare pure allo “spirito di Assisi”, pare che anche “la divina colomba” abbia infine inutilmente cercato di fare un nido nell’Aula Paolo VI, non sapendo su quale tavolo da bar aleggiare. Chissà invece se quella fumata bianca dell’8 maggio scorso, se ha fatto spaventare la famigliola di gabbiani che circondava il comignolo più importante del mondo (vedi), non abbia invece attirato proprio la “divina colomba”?

In questa logica, per non dire in questo clima incandescente (anche se sempre oscurato dai media, anch’essi improvvisamente diventati più “papisti” del Papa), bastavano, bastano e basteranno solo poche parole o qualche piccolo segno per esser subito catalogati ed etichettati, senza possibilità di smentita o di poter godere della tanto sventolata accoglienza e misericordia. Ogni più piccola cosa farà incasellare senza appello, non solo i cittadini o i fedeli ma in primis lo stesso nuovo Pontefice, tra i “progressisti” o tra i “tradizionalisti”, tra gli innovatori ad oltranza e fedeli discepoli di “Francesco” (più che del Papa) o i restauratori seguaci di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, se non appunto di Pio XII.

Intanto, per chi si aspettava un Francesco II o un Giovanni XXIV (questo fu auspicato addirittura, ed in modo inaudito, da Francesco stesso come possibile nome del suo successore!), così come altri sognavano invece magari un Pio XIII, improvvisamente è saltato fuori, dopo 122 anni, un Leone (XIV). Una vera sorpresa, per non dire scherzo, dello Spirito Santo; da far arrossire la previsione anche del più esperto vaticanista, dentro o fuori la Chiesa.


Come uscire da queste trappole manichee, che sono di fatto ideologiche, anche se ormai da tempo pure ecclesiali? Come svincolarsi da queste ormai anacronistiche dicotomie (basterebbe pensare cosa interessa di queste lotte intestine ai ragazzi di oggi) tra progressisti e tradizionalisti, che possono far ormai venire in mente persino le parole di una vecchia canzone, colma di cinica disillusione, di Giorgio Gaber, dove tutto, anche il gesto più banale, doveva ironicamente essere catalogato come di “destra” o di “sinistra” (ascolta)?

In realtà basterebbe compiere una salutare “rivoluzione copernicana” (o contro-rivoluzione). Si tratta cioè di passare finalmente dall’antropocentrismo (quell’ingannevole se non satanico “tutto ruota intorno a noi”, che ad uno sguardo spiritualmente più acuto pare evidente che alla fine poi “tutto ruota attorno a lui”, cioè appunto a Satana), che trova le proprie radici già 500 anni orsono ma ora ha manifestato l’inevitabile esito nichilista dove non poteva che approdare (siamo rimasti terribilmente soli e vaganti appunto nel Nulla e le ali di Icaro si sono inesorabilmente sciolte), al teocentrismo (al centro c’è Dio); ma, per non rimanere nel vago deismo illuminista e massonico, e consapevoli di ciò che Dio ha fatto per amore nostro e per la salvezza dell’umanità intera, si tratta di tornare a far ruotare tutto attorno a Cristo, cioè ad un sano e reale cristocentrismo! (Fu ad esempio assai significativo, in proposito, che Giovanni Paolo II avesse dedicato la sua prima enciclica Redemptor hominis, che in genere è quella programmatica del pontificato, proprio a Cristo, Redentore dell’uomo, come “centro del cosmo e della storia”, vedi).

Sono decenni che la giusta attenzione alle situazioni attuali e all’uomo contemporaneo, con le sue persino soggettive problematiche, ha fatto scivolare progressivamente, al di là appunto delle buone e cristiane intenzioni, in un asfissiante antropocentrismo, appiattito sulla dimensione orizzontale e terrena, se non appunto solo sociale. Persino la liturgia (fino all’orientamento stesso dell’altare e del celebrante) ha risentito di questo antropocentrismo, di questa svolta copernicana (di cui parlava esplicitamente K. Rahner).

Tra l’altro, a ben vedere non esiste appunto né il mondo né l’uomo “d’oggi”, ma l’essere umano di sempre e ovunque: creato da Dio, caduto nel peccato (anche i peccati, a ben vedere, sono sempre gli stessi, anche se oggi offrono nuove possibilità), redento da Cristo, chiamato a partecipare alla vita eterna di Dio; ma essendo libero, con la possibilità di dannarsi eternamente, nonostante l’infinito amore e misericordia di Dio!

Dentro questo cambiamento (copernicano appunto) di paradigma e di orizzonte pian piano anche la Chiesa ha finito per parlare solo di sé, delle proprie strutture e pastorali, apparentemente tutta protesa verso l’esterno (“in uscita”) ma in realtà verso un orizzonte rimasto appunto vuoto; così che anche l’amore per l’uomo non ha saputo poi più dove condurlo, confondendo la carità con un filantropismo e umanitarismo che in fondo potrebbe avere anche un ateo o un ipotetico cappellano dell’ONU, possibilmente a marchio “squadra e compasso”. Così una “Chiesa in uscita” non ha trovato poi più, né per sé né per gli altri, la porta di casa (cfr. Mt 7,13-15; Gv 10,1-10). Intanto proprio l’uomo contemporaneo e il tanto osannato e inseguito “popolo” (lo si è visto e si vede proprio in America Latina) ha finito per stancarsi della Chiesa Cattolica e, non trovando più il sacro e Dio stesso nella Chiesa, s’è messo a cercarlo (perché di Lui l’uomo ha comunque consapevolmente o inconsapevolmente bisogno) altrove, ad esempio in comunità o sette varie.

Siamo così entrati in un vortice autoreferenziale, in una sorta di “ecclesiocentrismo” asfissiante, che moltiplica incontri, progetti e attività pastorali, pur talvolta necessari, fino a consumare in questi ambiti le poche energie e persone rimaste e in cui lo sguardo rimane sostanzialmente sul “noi”.

Negli ultimi tempi persino il Papato è diventato “papocentrico”, anzi si è giunti persino a confondere la “missione petrina” data da Cristo con il singolo “personaggio”; se poi c’è l’incenso non più dei turiboli ma dei media e dei poteri forti, la confusione e l’inganno sono ancora più forti e ottundenti le menti e le coscienze. Abbiamo così raggiunto persino la “papolatria”, anzi, ancor peggio, l’idolatria di quel Papa, cioè del “personaggio”. Tutto ruotava attorno a Francesco. Strano peraltro che ciò sia avvenuto in un tempo di ubriacatura ecumenica e di una sorta di deriva protestante della stessa Chiesa cattolica. Evidentemente infatti tale marcata “papolatria” è diametralmente opposta allo spirito luterano, come a quello anglicano, ma a ben vedere anche all’unica questione di fondo di frizione con la Chiesa ortodossa (che riconosce nel Papa solo un Primato d’onore).

L’indizio più forte e più tragico di questa deriva antropocentrica, ecclesiocentrica, se non semplicemente sociologica o addirittura politica, si è reso drammaticamente manifesto proprio nei contenuti annunciati persino nelle omelie e discussi negli infiniti programmi e progetti “pastorali” e “sinodali”, in cui si è parlato sempre meno del soprannaturale, di Dio, della Santissima Trinità (qualcuno ricorda di averne sentito parlare in questi anni?), di Cristo Signore, dell’Eucaristia (che ne è stato ultimamente della sua centralità?), del peccato, della Redenzione e della necessità della conversione, dell’Aldilà e del nostro destino eterno (con l’immane e tragica possibilità pure di dannarci eternamente, nonostante l’infinito amore di Dio per noi).

Tutto ruota appunto attorno a noi. Così, al di là dei proclami e dei programmi – che a ben vedere occupano una cerchia sempre più ristretta di “addetti ai lavori”, con un linguaggio che vorrebbe essere moderno e inclusivo quando invece è diventato comprensibile solo in certi uffici pastorali e decisamente su un altro pianeta ad esempio rispetto al mondo giovanile – tutto questo mondo ecclesiale può portare non pochi, al di là dell’apparenza mediatica, ad una sorta di nausea, di rigetto, che potrebbe persino far correre il pericolo o la tentazione di “fuggire altrove”, in cerca del sacro. Ci sono appunto in tal senso spaventose statistiche ad esempio proprio in America latina, dove, dopo decenni di Chiesa tutta rivolta al sociale e peraltro secondo categorie sociologiche dal sapore più marxista (oggi pure ecologista), come la “Teologia della liberazione”, che di autentica teologia cattolica (una visione particolare e riduttiva che dominava negli anni ’60/’70 e che sembrava finalmente superata con Giovanni Paolo II e che invece s’è voluta in questi anni addirittura universalizzare), gran parte del “popolo”, se non è diventato ateo, è trasmigrato, in cerca del soprannaturale, altrove; e mentre le chiese si sono svuotate, gruppi e movimenti vari, se non addirittura sette, sono invece incredibilmente lievitati; talora trovando un più profondo spirito di preghiera, altre volte semplicemente perché sentimentalmente più coinvolti, in un “noi” dove sentirsi meno soli (quindi rimanendo poi ancora centrati su di sé o sul quel particolare presunto “carisma”). C’è poi, in Occidente, insieme certo ad un ateismo teorico e pratico che attanaglia specie i giovani, soprattutto la tentazione di farsi allora una religione e persino una Chiesa “a modo proprio”. Oppure di attendere un “nuovo” solo appunto perché nuovo (il gusto della novità, non della verità). Non ultima pure la tentazione di rifugiarsi in forme religiose apparentemente tradizionaliste, anche con una sana liturgia, ma poi talora a ben vedere più per un attaccamento estetico, cioè in fondo ancora più per esteriorità se non appunto per una questione di gusti, che non per un reale ritorno a Cristo Signore e ad una vera fede e comunione con Lui.

In tutto questo, il vero grande problema, tragico perché in gioco c’è nientemeno che il destino eterno delle nostre anime, è che a ben vedere il “grande Assente” è ancora Lui, Dio stesso, Cristo Signore, unico Salvatore dell’uomo, magari occasionalmente ancora nominato ma come pretesto per dire e fare altro!


Se possiamo dunque esprimere qualche auspicio, elevando a Dio stesso la nostra “supplica”, per intercessione di Maria Santissima,  è che si si torni davvero a parlare più di Lui (di Cristo stesso) che di “noi”, che si predichi, si conosca, si preghi e si adori Dio stesso, senza più sprofondare e annegare nell’oceano dei nostri logorroici programmi pastorali.

Se questo avverrà (e qualche segno in tal senso s’è immediatamente potuto riscontrare), potremmo e dovremmo tornare ad amare più le fonti (ad esempio quello che il Papa dice veramente e non solo qualche “flash” mediatico) che la nostra opinione e persino la nostra appartenenza a circoli, gruppi, comunità  o movimenti.

In questo mondo mediatico, ovviamente pilotato, ma anche in questa ubriacatura dei social che fa saltare continuamente da una parte all’altra senza mai approfondire nulla, occorrerà prestare molta attenzione a questo, cioè appunto alle fonti – ed oggi abbiamo con internet stesso delle inaudite possibilità di recepirle immediatamente e integralmente, senza passare attraverso i filtri mediatici o accontentarsi di flash e luoghi comuni, vedi ad esempio qui e qui), cominciando appunto da quello che il Papa dice davvero e integralmente, senza accontentarsi appunto di qualche flash di agenzia, di telegiornale o di giornale, di qualche frase, magari estrapolata dal contesto, manipolata e immediatamente ricondotta alla logica dominante o al recondito messaggio che si vuol comunque ideologicamente far passare; così non bastano e non dovranno bastare neppure i flash fatti circolare e condivisi sui social, in genere per approvare o disapprovare senza neppure davvero capire e voler capire il contenuto. L’alibi di non averne il tempo per andare alle fonti è ovviamente falso; basta infatti pensare al tempo impiegato per passare da un sito a un altro, da un commento a un altro, senza mai davvero approfondire nulla, e magari non conoscendo neppure davvero non solo le fonti (ciò che il Papa dice davvero) ma persino i fondamenti stessi della fede.

Facciamo allora solo un esempio, che potremmo già trarre dai primissimi istanti di Papa Leone XIV (senza voler con ciò entrare appunto nell’impietosa e falsa logica di catturare segnali, che pur ci sono, per subito catalogare e incasellare nei soliti schemi il nuovo “personaggio”).

Certo è già stato significativo il suo abito (non solo ovviamente bianco, ma con mozzetta rossa e stola papale), come i suoi primi commossi ma amorevole gesti.

Forse non molti sanno che il cerimoniale dell’Habemus Papam, dopo l’accettazione (è lì che scende sull’Eletto il “munus” petrino di origine divina!) e la scelta del nome, per poi cambiare l’abito nella cosiddetta “camera delle lacrime” (possiamo forse immaginare lo stato d’animo e il battito cardiaco dell’Eletto, anche se fosse dotato del più asettico dei temperamenti), prevede appunto che il nuovo Papa si mostri al popolo di Dio dalla Loggia centrale della Basilica di S. Pietro e dia al popolo presente e al mondo (sono ormai miliardi le persone collegate in diretta o differita!) la prima Benedizione Papale (col dono dell’Indulgenza, significativamente richiamata l’8 maggio scorso). Non sono invece previste nell’occasione altre parole del nuovo Pontefice.

Il primo che invece improvvisò subito un discorso fu Giovanni Paolo II [mentre anche le commoventi e timide parole di Giovanni Paolo I, che forse alcuni ricordano, sono state amorevolmente pronunciate il giorno dopo, in occasione dell’Angelus (vedi)], un Papa peraltro straniero (dopo oltre 4 secoli di Papi italiani; forse non ce li siamo più meritati e ciò sembra oggi ovvio) e straordinariamente polacco (che nel 1978 voleva dire ancora proveniente dalla cattolicissima Polonia, costretta però da Yalta ad essere al di là della “cortina di ferro”, cioè sotto il comunismo e l’influenza sovietica), e quindi con qualche simpatico impaccio nella lingua italiana (“se mi sbaglio mi corrigerete!”), tanto più che lo faceva a braccio e certo con intensa carica emotiva, nonostante il chiaro, forte e coinvolgente carattere di un uomo deciso, peraltro temprato dalla storia, e di soli 58 anni (vedi).

A questa nuova tradizione, cioè di dire subito qualche parola, non si sono ovviamente sottratti in seguito né il più timido Benedetto XVI né il più impassibile Francesco [già sconcertante, per l’abito (ovviamente bianco, ma senza mozzetta e stola papale), la rigida postura e il volto inespressivo, per non parlare del suo iniziale e banalissimo “Buonasera!”, in chiara e voluta opposizione al tradizionale e storico “Sia lodato Gesù Cristo!”, saluto cristiano con cui sino a pochi decenni orsono ci si rivolgeva anche all’ultimo parroco di campagna)].

Ebbene, come abbiamo visto (vedi), anche Leone XIV, certamente più affabile e amorevole di quanto visto il 13.03.2013, nonostante l’evidente e comprensibile emozione, oltre al giusto abito (bianco, con mozzetta rossa e stola papale), non solo non ha voluto tralasciare il nuovo uso di dire subito qualche parola di saluto, ma addirittura (ed è la prima volta che ciò accade) ha voluto “leggere” il discorso (leggi o vedi), che è parso scritto a mano (forse dopo aver indossato, appunto tra le lacrime, il nuovo abito bianco), su un foglio sostenuto e nascosto da una solenne cartella. Visto che, nonostante l’origine USA, la sua proprietà delle lingue, compreso l’italiano, non richiedeva certo questo supporto, questo voler leggere un discorso già scritto è certo segno della consapevolezza non solo della diffusione universale e storica di quelle sue parole, ma appunto della particolare e delicata situazione (se non pericolo) che la Chiesa (e certo anche il mondo) sta vivendo.

Senza voler appunto catturare “il personaggio” dentro le stupide e poco cattoliche logiche di chi vuol capire immediatamente “da che parte sta”, possiamo però certo considerare quanto segue.

Il card. Robert F. Prevost, ora Papa Leone XIV, è un uomo molto intelligente e affabile. Nato a Chicago il 14.09.1955 ed entrato già a 14 anni nel Seminario degli Agostiniani, ha conseguito una laurea in Matematica, poi in Filosofia, Teologia e un Dottorato in Diritto Canonico (a Roma, presso l’Ateneo “Angelicum” dei Padri Domenicani). Conosce bene molte lingue. E’ stato missionario e poi vescovo in Perù. Nel 2023 papa Francesco lo ha chiamato in Vaticano, tra i suoi primi collaboratori (Prefetto del Dicastero per i Vescovi: uno tra i compiti più importanti e delicati della Curia Romana, visto cha passano da lì le nomine dei Vescovi di tutto il mondo, per essere poi ovviamente approvate dal Papa) e come tale creato subito Cardinale.

Leone XIV, certo consapevole delle forti tensioni, fin sull’orlo di un possibile “scisma”, esistenti nella Chiesa e lievitate in questi ultimi anni, anche se raramente palesate dai media, era dunque cosciente che le sue prime scelte (a cominciare dal nome scelto) e le sue prime parole sarebbero state facilmente catturate all’interno di quelle dicotomie sopra accennate (conservatore o progressista, tradizionalista o innovatore, seguace di Francesco o dei 166 Papi precedenti)!

Già la scelta del nome (Leone), che nessuno certo aspettava, neppure tra i più informati uomini di Chiesa, è totalmente al di fuori dagli schemi e appunto delle aspettative, un nome avuto l’ultima volta da un Papa che ha governato la Chiesa dal 1878 al 1903 (vedi).

Anche nel saluto iniziale, possiamo certo scorgere un intelligente ed evangelico modo per evitare sia il tradizionale “Sia lodato Gesù Cristo” che il banalissimo “Buonasera” di Bergoglio, ma usando le parole con cui Cristo risorto si è presentato agli Apostoli (cfr. Gv 20,19.21.26) e saluto che un vescovo usa anche all’inizio della S. Messa: “La pace sia con voi”!

Prestiamo però attenzione, per non essere appunto catturati, anche impercettibilmente, dentro i filtri e le logiche mediatiche, mondane, ideologiche. Nonostante la parola “pace” sia risuonata molte volte anche nel proseguo del discorso – e i tempi che stiamo vivendo rendono certo questo auspicio particolarmente pressante – non si trattava però di quella parola facilmente e comunemente esitabile nel consesso umano o abusata pure dal circo mediatico (che infatti l’ha subito così compresa e diffusa), ma appunto del dono di Gesù risorto e che in fondo solo Lui può dare (vedi Gv 14,27). Insomma, si tratta proprio dello specifico cristiano, e non del mondo senza contenuti e omologato della “massoneria“. [A proposito: Leone XIII, a cui evidentemente e significativamente Leone XIV dopo oltre un secolo vuole richiamarsi, non è solo il grande Papa della prima Enciclica sociale Rerum novarum (vedi), ma il Papa che ha redatto ben 4 encicliche contro la massoneria (leggi), di cui la più importante è la Humanum genus (vedi)].

Dunque, se non ci lasciamo appunto catturare dai media e dai luoghi comuni, già il primo importante (tanto da farlo scritto) saluto di Leone XIV, come pure l’omelia tenuta il giorno seguente nella S. Messa coi Cardinali ancora in Cappella Sistina (vedi), sono fortemente “cristocentrici” e non genericamente “umanitari”! [Anche nell’Udienza ai rappresentanti delle Chiese Orientali, incontrate nell’aula Paolo VI in occasione del loro Giubileo (vedi), ha sottolineato l’importanza, peraltro più tipica della sensibilità dell’oriente cristiano, della dimensione del sacro, del mistero e del divino per la vita cristiana].

Come dire: guardate che il Papa non è il Cappellano dell’ONU, ma il Vicario di Cristo (titolo appunto subito recuperato nella stessa prima omelia della S. Messa coi Cardinali); e Cristo non è una vaga divinità (deismo di stampo illuminista e massonico), né tanto meno un “superuomo”, perché ridurlo ancora ad un grande uomo o leader sociale è ancora rimanere in un “ateismo di fatto” (come ha esplicitamente ricordato ancora nella stessa prima importante omelia vedi).


Quello dunque che abbiamo vissuto e stiamo vivendo in questi giorni, e che attira in un modo o nell’altro l’attenzione di miliardi di persone, sarebbe una bella occasione non per fare l’ennesima ubriacatura di discussioni e carrellate da talk-show (tra l’altro nessun vaticanista al mondo immaginava anche solo un Leone XIV), ma occasione privilegiata per compiere un’opera di evangelizzazione.

Dovremmo finalmente e necessariamente chiederci e chiedere: sappiamo di cosa stiamo parlando? Sappiamo chi è il Papa e qual è il suo compito? Chi ha inventato e voluto il Papato? Crediamo o no che Gesù di Nazareth sia Dio fatto uomo, perché abbia voluto la “Sua Chiesa” e a quale scopo? Sapete che non c’è nessuno che sappia davvero chi siamo e qual è il senso vero della vita, se non Dio stesso che ci ha creato e Cristo che ci ha redento?

In altre parole: cos’è la verità? E non ci capiti di chiederlo solo come ha fatto Pilato (cfr. Gv 18,38), che pur la Verità ce l’aveva in persona davanti a sé, ma tale domanda gli è almeno esteriormente sfuggita via, insieme al suo “lavarsene le mani”!

Ecco perché Gesù stesso ha voluto il Papa, cioè Pietro, e gli ha garantito non tanto l’impeccabilità (anzi, vediamo in Pietro stesso il peccato e persino il tradimento, cfr. Mt 26,33-35.69-75), ma l’infallibilità, sia pur a gradi diversi*, cioè la fedeltà a Dio nell’insegnamento della Sua Parola (dottrina) e della Sua santa volontà (fede e morale).

* È vero che l’infallibilità del Papa è garantita soprattutto nel suo più alto insegnamento “ex-cathedra”, cioè nella proclamazione dei dogmi; ma è falso invece ridurre il nostro dovere di sequela, cioè di obbedienza al Papa, ai soli dogmi; perché la comunione col Papa (espressa nominalmente non a caso e necessariamente anche nella Preghiera Eucaristica della S. Messa) e l’obbedienza al suo insegnamento riguardano anche il suo Magistero ordinario, in quanto il successore di San Pietro e  Vicario di Cristo (se ovviamente è il vero Papa), gode per questo insegnamento di una costante e speciale assistenza dello Spirito Santo.

Certo, Dio stesso, rivelandosi all’umanità (Bibbia) e addirittura facendosi uomo (Incarnazione) ha dovuto e voluto usare parole umane, addirittura esempi semplici e comprensibili anche dagli umili (vedi ad esempio l’uso delle parabole). Questa parola e volontà di Dio (Rivelazione), dunque, può e deve essere sempre meglio compresa, sotto la guida dello Spirito Santo (cfr. Gv 16,13); ma questo dono e compito di discernimento e comprensione è dato dallo Spirito Santo in modo specifico al Magistero, cioè all’insegnamento degli Apostoli (la Chiesa è infatti “Apostolica”) e del loro successori (Vescovi), sotto la guida e la garanzia appunto di Pietro e dei suoi successori (appunto i Papi). Questa è la garanzia di essere davvero nella volontà di Dio, nell’autentica Chiesa voluta da Cristo, che è quella Cattolica (appunto sotto la guida del Papa).

A nessuno però è concesso, neppure al Papa!, di cambiare la Parola di Dio (la volontà stessa di Dio!), ma anche come essa è stata costantemente compresa e trasmessa (questo il significato e l’etimologia della parola Tradizione), né tanto meno adattarla al mondo che cambia.

È infatti appunto assai significativo che Gesù garantisca a Pietro e ai suoi successori non la loro bontà morale (impeccabilità) ma di insegnare l’autentica fede (dottrina). Ecco perché possono esserci Papi santi ma anche Papi peccatori e persino corrotti; ma non Papi che in modo autorevole e pervicace insegnino errori sulla fede (eresie) (vedi catechesi n. 5 sulla Chiesa, con le 7 domande più comuni). Questo Gesù lo garantisce, per lo stesso bene eterno delle nostre anime.

E com’è significativo – visto che la Parola di Dio (Dei Verbum) comprende non solo la Sacra Scrittura ma anche la Tradizione della Chiesa e il Magistero (vedi II Parte della Cost. Dei Verbum del Concilio Vaticano II) – che in tutti i Papi (quelli autentici, non gli Antipapi, che nella storia sono stati circa 40) della bimillenaria storia della Chiesa, santi o non santi che siano stati, non ci sia mai stata alcuna defezione dall’autentica dottrina, dal Vangelo, e non vi sia in tal senso neppure alcuna contraddizione tra loro (cosa che in 2000 anni sarebbe umanamente impossibile). Anche per questo i Pontefici, di cui nessuno è un alieno o un caso isolato (ne è un bel segno anche il numero progressivo, come ora Leone XIV), hanno sempre amato citare (a dire il vero non si è invece sentito molto in questi ultimi 12 anni), nei propri insegnamenti (magistero), non solo ovviamente la Parola di Dio e la Tradizione perenne della Chiesa, ma pure gli insegnamenti di uno o più dei loro “venerati Predecessori” (così si esprimono i Papi successivi nel citarli), né mai si sono permessi di smentirli (cosa che invece è stato fatto in questi ultimi 12 anni)!


Per concludere, compiamo ancora un’importante distinzione: tra il Papato, che è di origine divina (da Cristo stesso) e come tale non può venir meno fino alla fine del mondo, e il modo di eleggere il Papa, che è certo un supremo atto ecclesiale e regolato secondo il Diritto Canonico, ma comunque di istituzione umana e come tale è mutato nel tempo e ancora potrebbe mutare nel futuro.

Anche in questi giorni tutto il mondo ha parlato del Papa, anche in non credenti e i seguaci di altre religioni. È evidente che non c’è altra autorità morale e religiosa del pianeta che possa godere di tale rilievo e importanza. Tra l’altro nessuna Religione o Confessione cristiana ha un leader unico, come appunto l’hanno gli 1,4 miliardi di Cattolici del mondo nella figura del Papa.

Gli Americani (come amano chiamarsi in modo un po’ megalomane gli abitanti statunitensi, estendendo appunto gli USA a tutta l’America) hanno poi particolarmente esultato per il primo Papa appunto di origine USA (ma Bergoglio è già stato il primo Papa americano, in quanto argentino).

Il Papa è poi certo anche un importante Capo di Stato, anche se del più piccolo e simbolico Stato del mondo (solo kmq 0,4); ma quanto basta perché sia anche per questo nel consesso dei Sovrani, Capi di Stato e di Governo, come abbiamo visto anche in occasione delle Esequie di Francesco e ora per l’inizio di Pontificato di Leone XIV. 

Ma chi è davvero un Papa? Tutti ne parlano e pensano di saperlo; ma invece non sono poi molti, persino tra i credenti, quelli che sanno davvero cosa sia il Papato.

Ovviamente, per capirlo davvero, occorre sapere anzitutto cosa sia la Chiesa Cattolica, fondata da Gesù Cristo (unico vero Dio fatto uomo e unico Salvatore dell’uomo!) e proprio per questo permanente nei secoli e nei millenni, mentre tutto passa, comprese le ideologie e i grandi del mondo.

Il Papato è appunto un compito (munus), una missione, di istituzione divina (viene cioè dalla volontà dello stesso Cristo Signore, vedi Mt 16, 18-19). Un munus consegnato e garantito da Dio stesso all’uomo (successore di S. Pietro) validamente eletto e conferito al momento della sua accettazione. Come tale, il Papato non può né finire, fino alla fine del mondo (secondo appunto le stesse parole e promessa di Gesù), né mutare; e neppure essere sottoposto ad alcuna collegialità o “sinodalità” (i Cardinali stessi della Cappella Sistina, che pur comunque l’hanno eletto, qualche istante dopo la Sua accettazione non solo lo applaudono, nella sua nuova veste bianca, ma gli devono obbedienza).

Potrebbero invece mutare certe modalità del suo esercizio o ministerium.

Giovanni Paolo II, per agevolare l’ecumenismo e il rientro degli Ortodossi (che riconoscono al Vescovo di Roma, successore di S. Pietro, e Patriarca d’Occidente, solo un “primato d’onore” tra tutti i vescovi e patriarchi della Chiesa), ha prospettato la possibilità che tale modalità dell’esercizio del Papato (“ministerium”) possa essere anche ridiscussa. Si pensi ad esempio alla questione della nomina dei Vescovi: attualmente tutti i vescovi del mondo sono nominati dal Papa. Esistono però ad esempio diocesi che possono presentare al Papa una triade di possibili loro vescovi. Così il Papa approva delle nomine di vescovi fatte da certe Chiese Orientali. C’è poi in questi anni la terribile questione (politica) della Cina, dove (secondo accordi segreti e provvisori col Vaticano, siglati nel 2018 e sempre prorogati!) il Governo comunista vuole nominare i Vescovi (che il Papa approva o in teoria può non approvare); ma si pensi che proprio in questi giorni di “Sede vacante” (senza Papa), il governo comunista cinese ha nominato 2 vescovi! Se la Santa Sede è giunta ad accettare questo – mentre la Chiesa Cattolica “clandestina” cinese ha pagato nei decenni col sangue la propria fedeltà al Papa e il proprio voler essere indipendente dalle pretese del Governo (dittatura) comunista sulla Chiesa Cattolica! – non si potrebbe allora prospettare qualche diversa modalità nella nomina dei Vescovi (si ricordi che il Card. Prevost, dal 2023, era proprio Prefetto del Dicastero della Curia Romana deputato ad aiutare il Papa in questo arduo compito che riguarda la nomina dei Vescovi del mondo intero), così ad esempio da agevolare la piena comunione coi Cristiani Ortodossi (mentre la loro scomunica, a causa dello scisma del 1054, fu già revocata da Paolo VI)?

Potrebbe invece mutare il modo con cui il Papa viene eletto; perché ciò non è di origine divina. Attualmente è però regolato fin nei particolari dal Codice di Diritto Canonico e da specifici documenti pontifici, con pena di scomunica per i Cardinali elettori e di invalidità (nullità: non è Papa) dell’Eletto, se tali norme non venissero scrupolosamente rispettate (all’inizio abbiamo in proposito fatto ancora cenno a certe non ben risolte questioni canoniche circa il Conclave del 2013).

Da circa un millennio il Papa è poi eletto da un Conclave di Cardinali. Tale modalità è stata confermata anche dal magistero di Giovanni Paolo II, che ha escluso la possibilità di scelta del Papa per acclamazione (scelto dal popolo o dai vescovi). Egli ha pure confermato che il Conclave debba essere tenuto in Vaticano ed ha stabilito che i Cardinali (elettori) non abbiano compiuto o superato gli 80 anni al momento in cui la Sede s’è resa vacante (per morte o “valida” rinuncia del Pontefice).

Tali Cardinali, che sono creati liberamente dai Pontefici, provengono oggi da tutto il mondo. Conservano comunque obbligatoriamente il titolo di una parrocchia romana, perché tali erano i cardinali, cioè vescovi, presbiteri o diaconi “cardini” della Chiesa di Roma o zone limitrofe [il Card. Prevost ha avuto da Francesco prima il titolo della “diaconia” di Santa Monica (significativamente la chiesa romana, non lontana da Piazza Navona, dove si conservano le spoglie della santa, madre di S. Agostino) e poi quello “vescovile” della sede suburbicaria (diocesi suffraganea di Roma) di Albano].

L’Eletto (Papa) potrebbe invece essere scelto anche al di fuori dei membri del Conclave e persino del Collegio cardinalizio; addirittura potrebbe in teoria essere eletto Papa un qualsiasi “fedele (cioè battezzato) maschio celibe” della Chiesa cattolica (se non fosse già sacerdote e vescovo lo si consacra tale, dovendo essere pure Vescovo di Roma).

In questo ultimo Conclave abbiamo visto inoltre un numero esorbitante (133, 13 più del numero massimo previsto) di Cardinali elettori, di cui oltre l’80% creati dall’ultimo Pontefice, peraltro secondo criteri molto particolari (per la prima volta non c’erano ad esempio l’Arcivescovo di Milano, la diocesi più grande del mondo per numero di fedeli, e il Patriarca di Venezia, sede che nel XX secolo ci ha dato addirittura 3 Papi). E se c’è stato il pregio di un’ancor più visibile universalità della Chiesa – però non è ben comprensibile il motivo per cui Bergoglio ha creato ad esempio Cardinale il vescovo di Como e non quello di Milano (ascolta mons. Delpini), oppure ancora perché il cardinale più giovane (50 anni) sia un italiano (Giorgio Marengo) che però è vescovo in Mongolia – c’è stato certamente pure il limite di forse neppure conoscersi e persino comprendersi (forse sarebbe bene che i Cardinali, per l’origine storica del Cardinalato, cioè appunto per il titolo di una Parrocchia romana che posseggono, se non sanno più il latino, sappiano almeno l’italiano). Sotto questo aspetto ha davvero un po’ del miracoloso che già solo al 4° scrutinio (8 maggio) così tanti e variegati Cardinali siano stati in grado di eleggere il Papa con la grande maggioranza richiesta!

Nella bimillenaria storia della Chiesa abbiamo peraltro osservato come, nonostante pure pesanti interferenze o veti dei potenti di Roma e del mondo, il Papa (almeno fino al 2013), santo o corrotto che sia stato, ha sempre esercitato senza manifeste e pertinaci eresie (tanto meno apostasia!) il proprio supremo compito di Maestro della fede e guida della Chiesa. Un vero ed evidente miracolo dello Spirito Santo!

In futuro però, essendo non di istituzione divina ma umana, sia pur consolidata da molti secoli, il Papa (se non addirittura pure la scelta dei Vescovi) potrebbe essere chiamato da Dio e dalla Chiesa secondo altre modalità. Appunto il Conclave non esisteva nel I millennio: ad esempio il grande Papa San Gregorio Magno era un noto monaco di Roma (al Celio) e venne appunto eletto per acclamazione, cioè “a furor di popolo”. Per la scelta dei Vescovi potremmo pensare ai grandi e straordinari pastori come San Martino di Tours (uno dei primissimi vescovi e patrono di Francia) o lo stesso Sant’Ambrogio a Milano (che neppure era già stato battezzato e quindi neppure era ovviamente sacerdote!), entrambi eletti appunto per acclamazione, eppure sono tra i più grandi vescovi della storia della Chiesa!

Se poi volessimo fare solo un accenno alla storia della Chiesa e a certi assai tormentati periodi, anche del Papato, potremmo ad esempio ricordare come nel XIV secolo il Papa andò addirittura a vivere ad Avignone e subiva certamente le pressioni del re di Francia (la cosiddetta “cattività avignonese”). Dopo questo strano periodo del Papato, a cavallo tra il XIV e XV secolo, ci fu addirittura il cosiddetto “Scisma d’Occidente”, quando si giunse persino ad avere in contemporanea 3 Papi (cosa impossibile perché il Papa non può che essere uno), eletti da 3 diversi Conclavi, senza quindi che i fedeli sapessero esattamente quale fosse quello vero. Tra questi Papi ci fu anche un Giovanni XXIII: pur essendo poi deposto e dichiarato Antipapa (ma anch’egli non fu eretico), per molto tempo la sua posizione canonica non fu perfettamente chiara. Per raggiungere una certezza assoluta che non fosse stato Papa dobbiamo in fondo arrivare addirittura al 1958, quando un altro Papa (Roncalli) prese lo stesso nome, appunto Giovanni XXIII, e quindi rendendo finalmente evidente che il precedente Giovanni XXIII non era dunque mai stato un legittimo Papa.  

Come abbiamo ricordato, che il Papa sia eletto oggi dai Cardinali (gli elettori non devono avere più di 80 anni al momento della Sede vacante), riuniti in Conclave in Vaticano, è stato solennemente confermato anche da Giovanni Paolo II. Fu tra l’altro lui che provvide pure, dato il grande numero di cardinali oggi esistenti, a far costruire il più che dignitoso albergo, detto “Casa Santa Marta”, per il loro alloggio all’interno del Vaticano. I Conclavi si tengono da circa un millennio e si sono tenuti in diverse città oltre a Roma. Si sono tenuti stabilmente nella Cappella Sistina solo del 1878. Il nome “Conclave” sta appunto per “chiusi a chiave”, scelta che fu fatta appunto per evitare interferenze esterne, ma perfino per sollecitare l’elezione, quando i tempi diventavano troppo lunghi (in un interminabile Conclave tenuto a Viterbo si giunse persino a tagliare ai cardinali anche i viveri, così si sbrigarono ad eleggere finalmente il Papa). La questione delle interferenze esterne, specie delle grandi famiglie romane e dei potenti del mondo, è sempre stata di gravissimo rilievo, data appunto l’importanza che il Papa riveste non solo per la Chiesa ma (specie nei secoli passati) per l’intera società e umanità. Nella storia abbiamo avuto certo promozioni, sotterranee o palesi, e persino possibilità di “veto” di non pochi sovrani europei. Non possiamo però pensare che oggi, sia pur in modo più raffinato ma non per questo meno pressanti, certe interferenze siano sparite.

Comunque, per evitarle (ogni accordo previo renderebbe “invalido” il Conclave e l’Eletto) o almeno per impedire interferenze durante il Conclave stesso, si pensi che ancor oggi, dal celebre “extra omnes” che dà inizio ai lavori per l’elezione del Pontefice, i Cardinali elettori sono effettivamente non solo blindati, ma addirittura, visto le moderne possibilità tecnologiche, si provvede ad impedire in Vaticano ogni contatto radio (anche i cellulari non funzionano); ed ogni contatto con l’esterno cadrebbe addirittura sotto la pena di “scomunica” (vedi il giuramento previo, non solo dei cardinali ma persino dei pochi necessari addetti laici, ad esempio alle pulizie o alla cucina, anche in Casa Santa Marta, dove i Cardinali alloggiano e pranzano).

I Cardinali sono certo assistiti dallo Spirito Santo, ma non pensiamo che siano sulla Luna o non abbiamo ancor oggi condizionamenti esterni, anche di grande rilevo!

A proposito degli USA è ad esempio inutile negare (vedi quanto emerso ad esempio con WikiLeaks e Vatileaks) che l’amministrazione Obama fece di tutto per destituire Benedetto XVI; oppure si potrebbe ricordare come al contrario Francesco si oppose platealmente a Trump (“non è cristiano!”) addirittura durante una campagna elettorale USA.

La Francia, anche se non si può certo più permettere lo storico “gallicanesimo”, tanto più dopo il furore anticattolico della Rivoluzione, qualche aspirazione a tenere un piede in Vaticano la conserva certamente: intanto il Presidente francese ha diritto ad avere uno scanno tra i Canonici della Cattedrale di Roma (S. Giovanni in Laterano; di cui Leone XIV prende possesso come Vescovo di Roma il 25.05.2025); poi Macron, nonostante le sempre ostentata “laïcité“, dopo aver quasi pontificato il 7.12.2024 all’inaugurazione della restaurata cattedrale parigina (vedi in fondo alla News di dicembre e relativi link) e visto che Francesco aveva declinato l’invito a Notre Dame, s’è precipitato a raggiungerlo, salutarlo e come di consueto abbracciarlo e baciarlo, qualche giorno dopo in Corsica; s’è poi visto in amabile conversazione col card. Zuppi a pochi metri dalla bara di Francesco (vedi; a proposito della scelta degli ultimi!); e comunque non ha nascosto qualche auspicio pure per il cardinale di Marsiglia.

Tornando poi agli USA e ricordando quanto appunto sottolineato nella News di marzo (vedi), se non si può certo parlare di un particolare “feeling” tra il card. Prevost e la nuova Amministrazione USA, non è certo casuale che Trump, in occasione delle Esequie di Francesco, abbia voluto non solo essere in prima fila al solenne Rito in piazza San Pietro, ma com’è noto ha scelto di prendere “due sedie” (vedi) dentro la stessa Basilica di S. Pietro (non c’erano proprio altri posti riservati?), sotto i riflettori mediatici che passeranno alla storia, per parlare a quattr’occhi con Zelensky (tra l’altro escludendo platealmente il vicino Macron vedi). Non si può peraltro dimenticare che Leone XIV, pur possedendo un ricco “curriculum vitae” che lo ha portato ad avere importanti compiti in Perù e negli ultimi due anni in Vaticano, non è certo casuale che sia comunque il primo Papa “made in USA” (Chicago) della storia. 


Per non essere però catturati dal potere mediatico, dall’opinione comune e in inutili discussioni, dobbiamo dunque porci seriamente alcune domande sulla nostra formazione cristiana. E chi vuol sentenziare sulla Chiesa e sul Papa senza sapere neppure cosa siano, sarebbe appunto meglio che conservasse un più coerente e rispettoso silenzio ed ossequio.

Si tenga peraltro presente che proprio la nascita della televisione (in Italia nel 1954) ha improvvisamente dettato al popolo delle categorie e dei criteri di giudizio sui fatti di Chiesa non proprio maturati da una conoscenza reale delle cose della fede cattolica. Fu così già per il Concilio (ne fece cenno anche Benedetto XVI in uno dei suoi ultimi discorsi vedi) e per lo stesso Papa Giovanni XXIII (“il Papa buono”; perché Pio XII non lo era?), per non dire di quanto visto in questi ultimi 12 anni (una vera infatuazione mediatica).

Ripetiamolo ancora. È più che mai urgente e doveroso domandarsi: cos’è il Papato? cos’è davvero la Chiesa Cattolica? A che cosa ci serve?

Così, per sapere che cosa il Papa ha effettivamente detto e insegnato, è più che mai necessario e urgente risalire alle fonti, cioè ai suoi discorsi od omelie integrali, oggi facilmente reperibili anche su internet (vedi).

La Chiesa non è una struttura come le altre, né un’azienda internazionale né un’agenzia umanitaria (anche se è la più grande agenzia di carità al mondo – vedi ad es. nella News di febbraio). Non si tratta neppure di fare della Chiesa (e del Papa stesso) una sorta di Cappellania di questo o quel potere (neppure dell’ONU), né di alcuna Ong, tanto meno di “benedire” o rincorrere vecchie o nuove ideologie.

Nella sua essenza e nella sua missione la Chiesa (e il Papato) non è appunto un’opera umana, ma divina.

Dio, venendo nella storia e “incarnandosi” per la nostra salvezza eterna (come diciamo nel Credo, perché lì è il fondamento vedi), poteva fare tutto Lui; ma invece, come chiede l’accesso alla nostra libertà (non è vero infatti che siamo “comunque” salvi, al di là delle nostre scelte religiose e morali! E proprio S. Agostino, che ovviamente sentiremo molto citare in questo Pontificato, ma era pure un Padre della Chiesa prediletto da Benedetto XVI, ci ricordava che “Colui che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te”) e dunque richiede la nostra conversione e la collaborazione alla Sua grazia, ha voluto proseguire la Sua opera di salvezza attraverso la “Sua” Chiesa (anche se lo Spirito Santo è certo libero di pure sorpassarla – cfr. Lc 9,49-50), la Sua Parola e i Suoi Sacramenti.

Nessuno ne è padrone! Neppure il Papa. Né può pretendere di cambiarla come fosse cosa sua o “cosa nostra”!

Pur conoscendo la nostra pochezza, debolezza e persino i nostri peccati, anche di Pietro (Mt 16,23; Mt 26,33-34), Cristo Signore ha voluto affidare la Sua opera di salvezza, alla “Sua Chiesa” (Cattolica), ma le “chiavi” di casa, quelle del Suo Regno, le ha affidate soprattutto a Pietro!

« Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam; et portae inferi non prevalebunt adversum eam et tibi dabo claves regni caelorum. Quodcumque ligaveris super terram, erit ligatum et in caelis; et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in caelis » (Mt 16,18-19).

“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli. Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.