Nel livore anticattolico che non cessa di serpeggiare in gran parte dei mezzi di comunicazione italiani, con gravi conseguenze sulla formazione dell’opinione pubblica, oltre alle questioni sessuali campeggiano sempre anche le questioni economiche (potere, sesso e denaro sono in fondo i grandi idoli contemporanei; e non si vede l’ora di tirarvi dentro anche la Chiesa).

In un momento di grave crisi economica, con i richiesti pesantissimi sacrifici per ovviare i debiti che lo Stato Italiano ha accumulato (mentre privatamente gli italiani continuano comunque ad essere buoni risparmiatori, contrariamente ad esempio agli americani), ecco che la Chiesa viene tirata dentro coma una delle cause del deficit, in quanto non pagherebbe le tasse dovute (ad es. ICI).

Come stanno le cose?

Sembrerebbe intanto opportuno ricordare come 150 (e 142) anni fa – come abbiamo dimostrato (nel sito, nella sezione Fede e cultura<tutta un’altra storia<quale Risorgimento, ma anche in Dossier<Chiesa e Risorgimento) – il nascente Stato Italiano ha violentemente incamerato tutti i beni della Chiesa (tra l’altro assai spesso frutto di donazioni spontanee di umili cittadini italiani), dal Quirinale all’ultimo convento, senza alcuna forma di risarcimento, se non qualche “obolo” dopo la Conciliazione del 1929. Questo per ricordare che comunque la Chiesa, anche come istituzione, vanta certamente ancor oggi enormi crediti nei confronti dello Stato Italiano.

Dobbiamo poi sempre ricordare che la Chiesa Cattolica, intesa come comunità dei credenti, non è un Ente di fronte allo Stato Italiano – molti confondono ad esempio Chiesa e Città del Vaticano (che invece è un altro Stato indipendente rispetto all’Italia) – ma la Nazione italiana è formata in gran parte (anagraficamente oltre il 90%) da Cattolici, cioè dalla Chiesa Cattolica; per cui quando lo Stato riconosce dei diritti di tali cittadini cattolici (Chiesa) compie semplicemente il proprio dovere (altrimenti sarebbe uno “statalismo” al di sopra del popolo), e non “concede benevolmente” dei privilegi.

La Chiesa Cattolica, con le sue opere caritative (assistenziali ed educative), compie poi un immenso e straordinario aiuto alla società civile dello Stato Italiano, talora perfino un atto di supplenza, visto che gli organismi statali non sarebbero in grado di farvi fronte totalmente.

Senza contare che l’aiuto più grande, anche per la società e quindi per lo Stato, è quello della formazione delle coscienze (un cittadino che rispetta la legge di Dio è anche un buon cittadino!), senza la quale ogni legge e struttura statale rimarrebbe fondamentalmente inefficace.

Precisato questo, arriviamo alla questione delle tasse, e dell’ICI (ora IMU) in particolare.

Lo Stato Italiano prevede giustamente l’esenzione da questa tassa non solo per certi organismi ecclesiali, ma per ogni analogo ente culturale, assistenziale e anche religioso (culto) che svolgono una funzione sociale e non di lucro.

Se pensiamo a certi finanziamenti statali ci sarebbe invece davvero da protestare (ad esempio per i 10 milioni di € elargiti annualmente dal Parlamento a Radio Radicale).

Gli altri enti ecclesiali che sono al di fuori di queste categorie hanno sempre pagato, anche di più del dovuto (come il caso di istituti religiosi che hanno pagato l’ICI per tutto l’edificio, compreso i piani per l’abitazione dei religiosi e per il culto come la cappella, che invece ne erano esenti).

Avvenire ha più volte stampato le ricevute di ICI pagate da Istituti accusati di non farlo in altri giornali.

Chi non avesse pagato poteva essere individuato e denunciato, visto che non godeva di tale privilegio.

Quando invece parliamo di opere caritative o di scuole, allora la richiesta di pagare altre tasse raggiunge davvero il paradosso, visto che proprio la loro esistenza ed il loro servizio sociale supplisce addirittura alle carenze dello Stato, che risparmia così enormemente, oltre ad essere un sacrosanto diritto garantito dalla Costituzione. Cerchiamo di capire.

Opere caritative

La Chiesa Cattolica Italiana (religiosi, volontari, dipendenti, per un totale di 420.000 persone) eroga in Italia 14.126 opere assistenziali e caritative (nel 41% anche in collaborazione con Comuni e ASL): si tratta di assistenza ad anziani (12,9%) minori (10,7%), famiglie in difficoltà (10,2%), anziani non autosufficienti (6,4%), senza fissa dimore (2,6%), immigrati (2,5%), disabili (1,9%), detenuti (0,9% detenuti), malati di AIDS (0,4%), drogati ed altri (14% ), multiutenza (37,6%).

Un’enorme opera di bene, senza distinzione di provenienza o appartenenza culturale e religiosa, ma semplicemente in favore di tutti i bisognosi. Lo Stato Italiano, nonostante le sue forze e le sue grandi risorse impiegate a questi scopi, non riuscirebbe a farvi fronte. E risparmia così una quantità enorme di denaro. Dovrebbe addirittura tassare queste opere?

Scuole

Lo Stato Italiano, nonostante il diritto garantito dalla Costituzione Italiana (art. 33), non ha mai posto in atto – contrariamente alla maggior parte dei Paesi europei – una vera e propria ”libertà di educazione” (tra l’altro uno dei 3 “valori non negoziabili” per la presenza dei cattolici in politica!), nel senso che la porzione di gettito fiscale (pagata quindi già da tutti i cittadini!) destinata per l’istruzione, non viene ripartita equamente tra tutte le scuole presenti sul territorio (dagli asili alle università), ma di fatto finanzia solo chi sceglie la scuola statale, non garantendo quindi una vera libertà di scelta, cioè appunto la libertà di educazione sancita dalla Costituzione.

Si mantiene in proposito il grave equivoco generato dalla distinzione statale/privato, quando invece la scuola è sempre un servizio pubblico, che può essere statale o non-statale (indipendente, libera).

L’accusa che le scuole non-statali (erroneamente dette “private”) siano troppo costose, e la diceria che tali prezzi garantirebbero automaticamente una promozione (scuole per i “ricchi”, scuole per chi “compra” i titoli di studio), è dovuta proprio a questa ingiusta ripartizione di risorse finanziarie statali; quindi esattamente il contrario di quel che molti pensano e dicono.

Facciamo un po’ di conti sulla attuale (dati 2009) ripartizione economica:

Quanto spende lo Stato italiano per ciascuno studente nelle sue scuole (statali)?

                € 6.351 per scuole d’infanzia e primarie

                € 6.888 per scuole secondarie di 1° e 2° grado

Quanto spende lo Stato italiano per ciascuno studente nelle scuole non-statali (paritarie)?

                € 610 per scuole d’infanzia e primarie

                € 60 per scuole secondarie di 1° e 2° grado

Quanto risparmia lo Stato italiano per ciascuno studente nelle scuole non-statali (paritarie)?

                € 5.741 per scuole d’infanzia e primarie

                € 6.828 per scuole secondarie di 1° e 2° grado

Quanto risparmia lo Stato italiano per tutti gli studenti nelle scuole non-statali (paritarie)?

                € 4.784.000 per scuole d’infanzia e primarie

                € 1.550.000 per scuole secondarie di 1° e 2° grado

Se dunque chiudessero tutte le scuole non statali, lo Stato Italiano – nonostante questa palese ingiustizia – non avrebbe allora le risorse per garantire scuole per tutti! Con ciò, non finanzia adeguatamente le scuole non-statali (tenendo presente che assai spesso le scuole cattoliche, ad esempio, sono scelte per una maggior serietà di conduzione e preparazione, anche da non-cattolici). Nonostante le annuali proteste di milioni di utenti italiani e la chiusura di decine di istituti per impossibilità a contenere i costi relativi (tanto più quanto diminuiscono ad esempio gli insegnanti appartenenti ad  ordini religiosi, che insegnano senza retribuzione), si dovrebbero invece pagare altre tasse?!