E’ in corso da tempo, promossa da Avvenire, una mobilitazione nazionale per chiedere la liberazione di Asia Norren Bibi, la giovane donna cristiana del Pakistan, sposata con 5 figli, arrestata e in carcere da quasi 4 anni per l’accusa di blasfemia (la terrificante legge che i musulmani hanno promulgato in Pakistan come in altri Paesi, secondo cui basta che una persona venga accusata di aver detto parole irrispettose verso Maometto, di fatto anche solo non essendo d’accordo con l’Islam o addirittura per motivi di odio o vendetta personale, per essere condannata a morte!).

Si tratta di una raccolta di firme per sostenere una petizione in merito da inviare allo stesso Presidente del Pakistan. Vi hanno già aderito migliaia di italiani, di ogni età ed estrazione culturale o religiosa, tra cui (con apposita lettera) il Presidente del Senato Schifani, il Presidente della Camera Fini e il Presidente del Consiglio Monti.

Nel dicembre scorso (2012) era giunta clandestinamente questa commovente lettera di Asia Bibi, scritta dalla prigione di Sheikhupura (Pakistan):

Scrivo da un a cella senza finestre …

Se mi convertissi all’Islam sarei libera, ma preferisco morire cristiana …

Mi chiamo Asia No­reen Bibi. Scrivo agli uomini e alle donne di buona volontà dalla mia cella senza fi­nestre, nel modulo di isolamento della pri­gione di Sheikhupura, in Pakistan, e non so se leggerete mai questa lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono stata condannata a morte mediante im­piccagione per blasfemia contro il profe­ta Maometto. Dio sa che è una sentenza ingiusta e che il mio unico delitto, in questo mio grande Paese che amo tanto, è di essere cattolica. Non so se queste parole usciranno da questa prigione. Se il Signore misericordioso vuole che ciò avvenga, chiedo agli spagnoli (il 15 dicembre, il marito di Asia era stato invitato a Madrid per ricevere il premio dell’associazione HazteOir) di pregare per me e intercedere presso il presidente del mio bellissimo Paese affinché io possa recuperare la libertà e tornare dalla mia famiglia che mi manca tanto. Sono sposata con un uomo buono che si chiama Ashiq Masih. Abbiamo cinque figli, benedizione del cielo: un maschio, Imran, e quattro ragazze, Nasima, Isha, Sidra e la piccola Isham. Voglio soltanto tornare da loro, vedere il loro sorriso e riportare la serenità. Stanno soffrendo a causa mia, perché sanno che sono in prigione senza giustizia. E temono per la mia vita. Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nella mia cella e, dopo avermi condannata a una morte orribile, mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertita all’islam. Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. «Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto – Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui».

Due uomini giusti sono stati assassinati per aver chiesto per me giustizia e libertà. Il loro destino mi tormenta il cuore. Salman Taseer, governatore della mia regione, il Punjab, venne assassinato il 4 gennaio 2011 da un membro della sua scorta, semplicemente perché aveva chiesto al governo che fossi rilasciata e perché si era opposto alla legge sulla blasfemia in vigore in Pakistan. Due mesi dopo un ministro del governo nazionale, Shahbaz Bhatti, cristiano come me, fu ucciso per lo stesso motivo. Circondarono la sua auto e gli spararono con ferocia.

Mi chiedo quante altre persone debbano morire a causa della giustizia. Prego in ogni momento perché Dio misericordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leggi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato fra persone di differenti religioni nel mio grande Paese. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo proteggere. Ho provato una grande emozione quando ho saputo che il Santo Padre Benedetto XVI era intervenuto a mio favore *. Dio mi permetta di vivere abbastanza per andare in pellegrinaggio fino a Roma e, se possibile, ringraziarlo personalmente.

Penso alla mia famiglia, lo faccio in ogni momento. Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli e chiedo a Dio misericordioso che mi permetta di tornare da loro. Amico o amica a cui scrivo, non so se questa lettera ti giungerà mai. Ma se accadrà, ricordati che ci sono persone nel mondo che sono perseguitate a causa della loro fede e – se puoi – prega il Signore per noi e scrivi al presidente del Pakistan per chiedergli che mi faccia ritornare dai miei familiari. Se leggi questa lettera, è perché Dio lo avrà reso possibile. Lui, che è buono e giusto, ti colmi con la sua Grazia.

* : Papa Benedetto XVI fece questo appello durante l’Udienza generale del 17.11.2010: “In questi giorni la comunità internazionale segue con grande preoccupazione la difficile situazione dei cristiani in Pakistan, che spesso sono vittime di violenze o di discriminazione. In modo particolare oggi esprimo la mia vicinanza spirituale alla Sig.ra Asia Bibi e ai suoi familiari, mentre chiedo che, al più presto, le sia restituita la piena libertà. Inoltre prego per quanti si trovano in situazioni analoghe, affinché anche la loro dignità umana ed i loro diritti fondamentali siano pienamente rispettati”.