Una nuova bozza di regolamenti sulle attività religiose è stata diffusa in Cina e dovrebbe essere approvata il prossimo 7 ottobre. Nonostante un’apparente maggior apertura (si parla ad esempio di possibilità di costruzioni religiose – dopo le invece anche recenti distruzioni di chiese e di croci – ma con regolamentazione, controlli e un’asfissiante procedura burocratica e politica per ottenere i permessi, tanto che il Partito stabilisce persino l’altezza delle statue e il colore delle croci!), essa rappresenta in realtà un’ulteriore e sempre più invasiva pretesa del Partito Comunista (governo) di gestire in proprio la religione, anche la vita delle comunità cristiane, specie cattoliche. Fra le “attività illegali” vi è ad esempio menzionata la “dipendenza dall’estero” (e quindi anche dal Vaticano e dal Papa); e questo potrebbe rappresentare addirittura la fine della “Chiesa sotterranea” (quella che rimane fedele al Papa e non accetta che i Vescovi siano nominati dal Partito, come vuole il governo e come accetta invece la cosiddetta “Chiesa patriottica”). Ufficialmente si riconosce la libertà religiosa e di culto (come sempre nella storia del comunismo, anche nell’Europa centro-orientale prima del 1989, con eccezioni negative come nel caso dell’Albania, dove l’ateismo era addirittura “religione di stato”), ma di fatto la si nega. Ai membri del partito, ad esempio, è proibito praticare la religione anche in privato, persino quando sono andati in pensione (nonostante ciò giunge notizia di moltissime conversioni a Gesù anche all’interno dello stesso Partito Comunista Cinese).

Nella nuova legge sono considerate “attività religiose fuorilegge” pure i viaggi all’estero e i pellegrinaggi senza il consenso del governo. Le comunità religiose non possono neppure ricevere personale dall’estero senza il permesso del “Dipartimento per gli affari religiosi del Consiglio di Stato”; il che significa pure che sarà arduo accogliere ed avere il sostegno anche di sacerdoti, missionari o insegnanti provenienti dall’estero (già ora se ne vedono i frutti: seminari teologici come quello di Pechino, che una volta ospitava decine di insegnanti stranieri, ora riescono a malapena ad avere il permesso per due o tre).

Nelle scuole di Stato è poi proibito svolgere attività religiose (pure la conoscenza della religione), mentre lo Stato ha il diritto a costringere e far seguire lezioni di ateismo e di marxismo, anche nelle scuole religiose.