Fino al 1948 la Corea del nord aveva una fiorente comunità cristiana (50.000 erano i cattolici, con gran numero di chiese, ospedali, scuole, università cristiane). Oggi c’è una sola chiesa cattolica, senza sacerdoti, e in tutto il paese si contano solo 3000 cattolici, la cui professione di fede pubblica è severamente vietata.
È uno dei frutti di 70 anni di terribile “dittatura comunista” dinastica che domina il Paese e che proprio in questi giorni il regime di Kim Jong-un ha celebrato con una grandiosa parata militare a Pyongyang.
Nel 1948 infatti, come frutto della Seconda Guerra Mondiale, anche la Corea (come in Europa la Germania), fu divisa in 2 Stati, a nord e a sud del 38° parallelo: la Corea del nord (la Repubblica Popolare Democratica di Corea, sotto l’influsso comunista sovietico – come si vede “democratico”, come per le 2 Germanie, è sempre stato un appellativo tanto amato dai comunisti, di ieri e di oggi, ma fortemente antitetico alla realtà da loro voluta e attuata!) e la Corea del sud (Repubblica di Corea, sotto l’influsso statunitense). In questi 70 anni la Corea del sud è diventato uno dei Paesi più prosperi (è nota la loro enorme incidenza nel mercato commerciale mondiale) e con una fortissima presenza di cristiani e cattolici; la Corea del nord è diventato invece uno dei Paesi più poveri e violenti del mondo, da decenni al primo posto anche nella persecuzione contro la Chiesa cattolica.
Oltre ad essere uno dei paesi più isolati e poveri del mondo, la Corea del Nord è praticamente l’unico in cui il sistema dei gulag per i prigionieri politici e di coscienza funziona ancora come ai tempi di Stalin. I morti per mano del regime, dal 1948 ad oggi, sono nell’ordine dei milioni! Un’autorevole stima ipotizza dagli 1 ai 3,5 milioni di assassinati, senza contare altri milioni di morti nelle carestie causate dalla collettivizzazione delle terre.

La Chiesa cattolica coreana aveva già conosciuto una violenta persecuzione dal 1785 al 1879, dopo che la monarchia nel 1758 aveva vietato il cristianesimo. La Chiesa fa memoria di questi martiri coreani, sacerdoti e laici, ogni anno il 20 settembre (103 martiri canonizzati da Giovanni Paolo II e 124 beatificati da Francesco).

Quando il 8.08.1945 Stalin dichiarò guerra al Giappone, l’Armata Rossa, conquistata la Corea, cominciò a distruggere totalmente la Chiesa coreana, nazionalizzandone i beni; e nel 1948 il nuovo regime di Kim Il-sung, plasmato sul modello staliniano, diede il via alla violenta persecuzione. I cristiani cercarono allora di fuggire nella Corea del Sud (1,5 milioni di coreani attraversarono il confine, quando si poteva ancora fare). Quando nel 1950 il regime di Kim provò a conquistare il Sud con una guerra lampo, i prigionieri religiosi catturati nel corso della rapida avanzata, soprattutto a Seul, vennero costretti a marciare in pieno inverno verso i campi di concentramento, in una vera e propria marcia della morte. I più anziani e i malati morirono di stenti; chi non riusciva a tenere il passo veniva fucilato dalle guardie. Fra i caduti della marcia della morte ci fu anche il vescovo Delegato apostolico a Seul Patrick James Byrne, di 62 anni e di origine statunitense. Dal 1953, anno dell’armistizio, si stima che 200.000 cristiani siano scomparsi, compreso il vescovo di Pyongyang Francis Hong Yong-ho, e che tuttora 70.000 cristiani sarebbero internati nei gulag.