“Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACF) è una Fondazione “di diritto pontificio” nata nel 1947 per sostenere la Chiesa in tutto il mondo, con particolare attenzione laddove è perseguitata.
Si può trovare sul web, per l’Italia, al sito: https://acs-italia.org/
Annualmente ACF redige, in modo rigorosamente documentato, un “Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo”. In questi giorni è stato pubblicato il Rapporto 2018 (in riferimento ai dati 2017). È composto da quasi 900 pagine ricchissime di dati e documenti. Eccone di seguito una sintesi.
Anzitutto si registra nel mondo un generale aggravamento della mancanza di libertà religiosa.
Rispetto al 2016, anno del precedente rapporto, in ben 17 dei 38 Stati classificati di “persecuzione” o di “discriminazione” la situazione è decisamente peggiorata. E vi sono tra questi alcuni dei paesi più popolosi del mondo: Cina, India, Indonesia, Pakistan, Russia, Nigeria … Col risultato che quasi 2/3 della popolazione mondiale, il 61%, vive oggi in paesi in cui la libertà religiosa è sotto attacco.
E tra le religioni, quella cristiana continua ad essere la più colpita. Un cristiano su sette vive oggi in un paese classificato di “persecuzione”!
I 21 paesi classificati di “persecuzione”, nei quali la libertà religiosa è più conculcata, sono i seguenti, in ordine solo alfabetico: Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Cina, Corea del Nord, Eritrea, India, Indonesia, Iraq, Libia, Myanmar, Niger, Nigeria, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan, Turkmenistan, Uzbekistan, Yemen.
Mentre questi altri sono i 17 paesi classificati di “discriminazione”, cioè di oppressione della libertà religiosa un gradino sotto la precedente (sempre in ordine solo alfabetico): Algeria, Azerbaigian, Bhutan, Brunei, Egitto, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Laos, Maldive, Mauritania, Qatar, Russia, Tagikistan, Turchia, Ucraina, Vietnam.
Complessivamente (38 Stati) si è registrato in due anni un aggravamento degli attacchi alla libertà religiosa in: Brunei, Cina, India, Indonesia, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Libia, Maldive, Mauritania, Myanmar, Niger, Pakistan, Somalia, Tagikistan, Turchia, Yemen.
Mentre la mancanza di libertà religiosa è così grave da “non poter di fatto peggiorare” (!) in: Afghanistan, Arabia Saudita, Corea del Nord, Eritrea, Nigeria.
Paradossalmente, pur continuando la persecuzione, la situazione è invece migliorata in Iraq e in Siria (in Iraq, ad esempio, decine di migliaia di cristiani han potuto ritornare nelle loro case, specie a Mosul e nella piana di Ninive, dopo che qualche anno fa erano stati costretti a fuggire, pur di non morire, sotto gli attacchi dello Stato Islamico; e molte delle loro case sono state ricostruite proprio grazie ad Aiuto alla Chiesa che Soffre).
Altro paradosso – visto tra l’altro l’attuale storico, segreto, provvisorio e pericoloso accordo con il Vaticano – è che proprio in Cina si sia registrata “una recrudescenza dell’ostilità nei confronti di tutte le fedi (non solo la cristiana cattolica; ad esempio “anche 100.000 musulmani sono detenuti a tempo indefinito in campi sovraffollati di rieducazione”), con regolamenti ancor più restrittivi, rapimenti di sacerdoti e vescovi (e portati in “campi di rieducazione”) e con distruzioni di luoghi di culto.
Sorprendente poi il caso dell’India: all’esame dei competenti analisti che hanno redatto il rapporto ACF 2018 è infatti questo il paese in cui si è registrato il più forte peggioramento nei confronti della libertà religiosa (rispetto ai dati precedenti, già molto negativi). In questa che viene considerata “la più grande democrazia del mondo” (essendo il 2° paese al mondo per popolazione), l’induismo costituisce la religione della stragrande maggioranza della popolazione (pur non essendo dichiarata una “religione di Stato”), anche se dall’ultimo censimento risulta in calo. Nonostante questa ufficiale struttura democratica ha visto crescere ulteriormente una forte ostilità verso le minoranze musulmane e cristiane, sia da parte di attacchi degli estremisti indù, ma anche a motivo dell’entrata in vigore, in un numero crescente di Stati della federazione, di leggi punitive delle conversioni a religioni diverse dall’induista. Solo nel 2017 sono stati registrati 736 attacchi, spesso mortali, contro i cristiani, in netto aumento rispetto ai 348 del 2016. E tutto questo nell’indifferenza del mondo occidentale, dove continua a valere l’idea che induismo sia sinonimo di pacifismo.
Questa è l’attuale situazione mondiale di violazione del fondamentale diritto umano della libertà religiosa; ma i governi e i media occidentali non ne parlano (non se ne parla neppure oggi al G20 in corso a Buenos Aires, con sorridenti capi di stato provenienti proprio da questi Paesi!), mentre si agitano per presunte o reali discriminazioni a motivo di “razza, sessualità e gender”.