Colonizzazione e missione in America latina e in America settentrionale - Rapporto tra la scoperta delle nuove terre, la loro colonizzazione e la missione per portare la verità e la salvezza di Cristo

Colonizzazione e missione
in America latina
e in America settentrionale


[News del 16/8/2022]

Colonizzazione e missione in America latina

Negli ultimi decenni assistiamo in Occidente ad uno strano fenomeno, culturale e sociale, per certi versi inedito nella storia della civiltà mondiale. Si tratta di una sorta di mega suicidio, di odio verso le proprie radici, di annichilimento della propria identità, da parte di un’intera civiltà!
Eppure, nonostante certamente la presenza di numerose, gloriose e persino più antiche civiltà, è evidente che proprio quella occidentale, fondamentalmente plasmata dal cristianesimo, è diventata la civiltà che più ha inciso e incide sul panorama storico e culturale mondiale.
Lo sviluppo filosofico e culturale, teologico (conoscenza di Dio), antropologico (visione dell’uomo e della società), la nascita stessa della scienza, il progresso tecnico ed economico, per non parlare del patrimonio artistico (la massima concentrazione mondiale è addirittura in Italia!), emersi in Occidente (a cominciare dall’Europa, ma si potrebbe dire addirittura appunto dall’Italia) oggettivamente non trovano equivalenze con le civiltà indigene africane, americane, australiane e neppure con le gloriose civiltà orientali, da quella babilonese o persiana a quella cinese, giapponese e indiana. 
Eppure in poco tempo si è passati da un comprensibile orgoglio europeo (e conseguentemente americano) per questa propria storia e identità, ad una sorta di continuo “mea culpa” (cui purtroppo pare si stia associando anche la Chiesa Cattolica), di rinuncia, persino di complesso di inferiorità, appunto di suicidio culturale e identitario, travolti da un ideologico “tribunale della storia” che vede persino in questa identità un peccato storico di cui appunto vergognarsi e chiedere perdono!

Non è semplice individuare i fattori decisivi per compiere un’adeguata diagnosi di questa grave ed inquietante “patologia” storica collettiva.
Potremmo individuare quel tipico “odio per il passato” che caratterizza l’Illuminismo e tutte le “rivoluzioni” che ha generato in questi 250 anni. Sintomatico in tal senso il suo aver gettato tra i rifiuti (come oscurantismo, ignoranza, superstizione, “secoli bui”, vuoto culturale) nientemeno che mille anni della propria storia (Medioevo) e civiltà (proprio perché cristiana), dove l’Occidente affonda appunto le proprie radici. Un’ottusa censura che caratterizza ancora le stesse istituzioni della UE, a cominciare dalla propria Costituzione e dai propri programmi politici. [Sulla “luminosità” del Medioevo vedi l’ampio apposito dossier]
Di fatto, quando si tagliano le radici, l’albero è destinato inevitabilmente a seccare. E chi non accetta di essere “nano sulle spalle di un gigante” si condanna ad una pericolosa miopia o a vagare in orizzonti assai ristretti ed asfissianti, costringendo peraltro la storia a ricominciare sempre daccapo.

Tra i miti (anticattolici) dell’Illuminismo c’è com’è noto anche quello del “buon selvaggio” (come se non ci fosse il “peccato originale”, come se l’uomo fosse naturalmente buono) e quella falsa visione “manichea” che vede negli indigeni (e persino nelle loro religioni) il bene e nell’uomo occidentale (cristiano) il male.

Dentro questo presuntuoso suicidio illuminista si inserisce certo il progetto “massonico” che più che mai in questi ultimi tre secoli vuol dissolvere la stessa parola “verità” in un indecifrabile insieme di opinioni equivalenti (un “globalismo” senza identità, senza volti e senza storia; e per questo più facilmente manipolabile), dove l’ossessiva ripetizione di termini come “tolleranza” (vedi Voltaire) e “dialogo” (passe-partout anche della nuova Chiesa Cattolica) non sono che parole vuote e inconcludenti per coprire un agghiacciante “nichilismo” (vedi documento sui miti della “modernità”), come cieco che guida un altro cieco (cfr. Mt 15,14), verso il terrificante baratro del nulla!

Questa “vergogna” di sé, che attanaglia l’Occidente, dipende certo pure, e in questo caso a ragione, dalla consapevolezza, magari rimossa, che il tradimento illuminista delle proprie radici cristiane, ha portato l’Occidente a pensare nel XIX secolo spaventose ideologie, che si sono inevitabilmente tradotte nel XX secolo in sistemi politici di agghiacciante violenza e ferocia (100 milioni di morti prodotti solo dal comunismo) ed alla tragica esperienza “mondiale” di due guerre che la storia dell’umanità non aveva mai conosciuto!

Comunque – per chi ha la grazia di poter scorgere il senso vero della storia (vedi News/documento 1.03.2022) – in questo suicidio si manifesta ad un livello più profondo, preternaturale, quell’odio per la vita, per la verità, per Cristo, che il “principe di questo mondo” (cfr. Gv 12,31; 14,30; 16,11) vuol gettare nella storia per cercare ormai di annientare l’opera della Redenzione e della stessa Creazione!

Dentro questo orizzonte e panorama, ecco allora un altro documento, di tipo storico, che possa essere utile per superare certi pregiudizi (specie anticristiani e particolarmente anticattolici), certi luoghi comuni, certi falsi storici che contribuiscono da tempo a condurre l’Occidente e la Chiesa stessa dentro un’incomprensibile vergogna di sé, un continuo “mea culpa” (giustificato solo in certi casi e comunque non nascondendo ben altre e più gravi responsabilità!), vittima di una Cancel culture che nasconde il baratro nichilista dove vorrebbe condurci.

Si tratta del rapporto tra la scoperta delle nuove terre, esploso com’è noto dalla fine del XV sec., la loro colonizzazione (da parte appunto dell’Europa) e la doverosa missione per portare la verità e la salvezza di Cristo Signore a quei nuovi popoli indigeni.

Compiamo solo qualche sottolineatura sulla luci (molteplici) ed ombre di questa epopea dalle dimensioni colossali, sui cui si leggono, vedono e ascoltano spesso delle vere e proprie “leggende nere”, miti antistorici, esagerazioni unilaterali, che tra l’altro non tengono conto dell’enorme differenza tra le “missioni” cattoliche (straordinarie esperienze sul campo ma anche interventi della teologia, del diritto, del Magistero e degli stessi Reali Cattolici di Spagna) e quelle assai più spregiudicate dei “protestanti” (un vero spirito ecumenico non deve nasconderle), se non addirittura di un potere economico “laico” talora senza scrupoli.

[Sulla differenza tra l’opera degli Inglesi (e la stessa Chiesa anglicana) e dei Cattolici, vedi pure nel nostro recente documento]

Alcune premesse

Prima di compiere questa rapida analisi sul rapporto tra la colonizzazione delle nuove terre scoperte, in specie le Americhe, e la missione della Chiesa Cattolica, che si è immediatamente attivata per evangelizzare quelle popolazioni indigene (si tratta quindi in particolare della cosiddetta America latina), occorre ricordare quanto segue.

Se ne tenga presente, perché altrimenti, dentro il “relativismo” dominante nella modernità, qualsiasi verità sarebbe una pretesa indebita, e l’annuncio stesso del Vangelo, fosse persino al prossimo e addirittura nell’educazione dei figli, risulterebbe un’ingiustificabile intromissione nella libertà altrui e persino una violenza!

Occorre anzitutto ovviamente ricordare che l’avvenimento di Cristo Signore non ci pone semplicemente di fronte ad una nuova teoria religiosa, una delle tante espressioni religiose di cui è ricca la storia dell’umanità, ma all’Incarnazione stessa di Dio, dell’unico vero Dio; e che aderire a Lui con la fede retta, la grazia data dai sacramenti e l’obbedienza della volontà è condizione della salvezza eterna di ogni uomo.
Non si tratta di una convinzione dogmatica senza alcuna possibilità di spiegazione storica e razionale, ma di un annuncio di salvezza ragionevole e convincente. Tale adesione di fede, libera e ragionevole, è condizione necessaria per la salvezza eterna dell’anima di ogni uomo; è dunque moralmente obbligatorio aderirvi (ciascuno ne risponderà infatti di fronte a Dio per l’eternità), anche se non imponibile.

[Si veda in tal senso, nel sito (sezione “Un aiuto per per capire la fede”), la parte 4 (Gesù Cristo), 5 (la Chiesa Cattolica) e 6 (la vita cristiana)]

Si tenga presente questa sincera certezza di fede quando osserviamo ad esempio i primi missionari cattolici seguire Cristoforo Colombo già nel 2° viaggio nelle Indie; così come la priorità di portare la salvezza eterna alle popolazioni delle terre appena scoperte da parte degli stessi “Re Cattolici” spagnoli; senza sbrigativamente rinchiudere tale passione missionaria in una sorta di ipocrito “instrumentum regni”, attuato semplicemente per arricchirsi (anche se c’è stato certamente pure questo desiderio, peraltro moralmente lecito, sia pur a determinate condizioni).

Come si era già abbondantemente e fecondamente dimostrato lungo tutto il Medioevo (vedi), anche per l’originaria missione cristiana (cattolica) nei confronti di tutti quei popoli che formeranno la civiltà europea, l’annuncio del Vangelo, proprio in quanto Verità suprema, non sopprimeva affatto quanto già di buono poteva esserci nelle popolazioni, culture e religioni precedenti (peraltro come una traccia del Verbo: Logos spermatikos); semmai veniva purificato ed innalzato ad un livello superiore di conoscenza, di fede e di civiltà, capace di armonizzare le sue possibili traduzioni e incarnazioni in una sintesi armonica superiore ed unitaria, che è stata appunto la base già della civiltà europea, nonostante le numerose etnie ed esperienze umane di cui era formata.

Ricordiamo in proposito, com’è abbondantemente documentato anche nel presente sito, che l’Inquisizione non fu affatto un’imposizione della fede cattolica (visto che tale Tribunale non aveva peraltro alcun potere sui non-battezzati), ma una difesa della fede autentica, che gli uomini avevano il diritto conoscere nella sua integrità e non contraffatta, come condizione della loro stessa salvezza eterna (vedi dossierdocumento e notizie). Allo stesso modo l’ampio e variegato mondo delle Crociate non era affatto una guerra di conquista alla fede dei popoli del Medio Oriente (che già erano cristiani, essendo peraltro la Palestina la terra stessa di Gesù e della Chiesa nascente!) o una lotta tra religioni, ma proprio la difesa di quelle terre e di quei popoli (come poi di molti altri, europei compresi) dall’invasione musulmana (mentre la loro jihad era veramente una “guerra santa” di conquista del mondo alla fede islamica) (vedi dossier e documento).

Sottolineiamo fin d’ora che tale capacità di assorbimento, di purificazione e innalzamento delle diverse identità nella più grande unità e verità del cristianesimo, in America lo si riscontrerà con indubbia evidenza nelle missioni cattoliche che hanno costituito la civiltà e la fede cristiana dell’America latina; assai meno nell’America settentrionale (specie USA), dove la conquista inglese è stata molto più violenta e la missione (anglicana e protestante) è stata assai meno rispettosa delle popolazioni indigene (infatti quasi del tutto sparite) (sulla Chiesa anglicana e la conquista del mondo da parte degli Inglesi vedi nell’apposito documento).

Nonostante che il bene e il male siano presenti purtroppo in ogni uomo, sia pur certo in modi e gradi assai diversi, e che anche i Cristiani (persino Cattolici) possano aver compiuto atti, anche storici, contrari al Vangelo stesso, non possiamo però non riconoscere importanti distinzioni e differenze, ad esempio appunto tra missioni cattoliche e protestanti, in riferimento pure al rispetto o meno dei popoli indigeni, come pure sulla grave questione della “tratta degli schiavi”. Persino nel presente possiamo infatti riscontrare un’enorme differenza, nella stessa composizione sociale americana, tra le popolazioni latino-americane (dove il meticciato è tuttora evidente, come pure la minimale componente africana) e quelle statunitensi e canadesi (dove la razza indigena è praticamente sparita e la presenza dei “negri”, frutto in gran parte della “tratta”, è ingente)!

Vediamo dunque di entrare in qualche analisi particolare di tali dati storici autentici, senza farsi catturare dai soliti miti (in genere peraltro anticattolici) che hanno caratterizzato la leggenda nera attorno a questa vicenda, appunto del rapporto tra scoperta (conquista) di queste nuove terre americane, la loro colonizzazione e il ruolo invece delle missioni in quelle nuove terre, specie riguardo alla presenza della Chiesa Cattolica.

 

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1. La sincera passione missionaria dei Cattolici e dei Reali di Spagna

Gesù Cristo, incarnazione del Verbo (Logos) e unico salvatore dell’uomo, ha inviato gli Apostoli e la Chiesa ad evangelizzare il mondo intero (cfr. Mt 28,18-20).

Secondo la tradizione fu lo stesso Apostolo S. Giacomo (il Maggiore, fratello di Giovanni) a portare il Vangelo, e la conseguente salvezza delle anime, nella penisola iberica; e proprio là, sulle rive dell’Ebro (attuale Saragozza, capitale d’Aragona), ebbe perfino il conforto di un’apparizione della Madonna (la prima della storia, in realtà traslazione, in quanto Maria SS.ma era ancora viva su questa terra – v. dossier Miracoli, n. 8.2). In quel luogo sorge il principale Santuario mariano di Spagna (Patrona di Spagna), detto N. S. del Pilar (a motivo del piccolo pilastro, tuttora visibile nell’enorme basilica, sui cui Maria SS.ma apparve). 
Tornato a Gerusalemme, S. Giacomo fu poi ucciso dal re Erode. Proprio per questo particolare legame con la Spagna, le sue spoglie furono poi trasportate in Galizia (estremità nord-occidentale della Spagna, Finis Terrae), dove sorge il celebre Santuario nella città che porta il suo nome (Santiago di Compostela), una delle principali mete di pellegrinaggio della storia (il “Camino de Santiago”).

La penisola iberica fu in gran parte invasa dai musulmani e da essi occupata dall’VIII al XV sec. La piena ripresa dei loro territori (Reconquista) e della propria gloriosa identità cattolica, così come l’unificazione del Regno, avvenne soprattutto per merito dei “Cattolicissimi” (los Reyes Católicos, come vengono denominati) Reali Isabella I (di Castiglia), andata in sposa nel 1469 a Ferdinando (d’Aragona). La Spagna ritrovava così la piena unità e l’orgoglio della propria fede cattolica. Fu il Papa stesso (Alessandro VI) che nel 1496 attribuì a quei sovrani spagnoli il titolo di Los Reyes Católicos, per i loro meriti nella diffusione e difesa della Cattolicità. Ne seguì un secolo d’oro (Siglo de oro, come viene chiamato), che ha visto il rifiorire non solo della ricchezza economica ed artistica della Spagna ma anche di fiori sublimi di santità [basti pensare a S. Teresa d’Avila (la grande mistica che fece rifiorire l’ordine carmelitano, vedi) e S. Ignazio di Loyola (il celebre fondatore della Compagnia di Gesù o Gesuiti)].
Proprio in tale periodo avvenne la scoperta delle Americhe, con tutto ciò che questo rappresentò per la Spagna e per il mondo intero [normalmente si fa coincidere con questo evento la fine del Medioevo (vedi) e l’inizio dell’era moderna (vedi)].
Per garantire l’autentica fede cattolica e per risolvere le spinose questioni dovute pure alla residua presenza in Spagna dei Musulmani, così come del potere economico degli Ebrei (col pericolo pure di loro false conversioni per garantire meglio i loro traffici), si veda la spinosa questione storica (ma anche questo è un altro mito anticattolico) della nascita e sviluppo dell’Inquisizione spagnola, voluta dai sovrani e poi accordata non senza riserve dal Papa [vedi dossier (4.5, 4.6, 4.7), documento (14-15) e News].

Dobbiamo appunto inserire in questo contesto, storico e di fede, anche la vicenda della scoperta e dell’immediata evangelizzazione delle Americhe.

Com’è noto, il genovese Cristoforo Colombo, anch’egli uomo di profonda fede cattolica, ebbe il sostegno economico (e le tre navi) per tentare la sua impresa (raggiungere le Indie passando per occidente), impresa che poteva sembrare folle e che in effetti sarebbe stata condannata al fallimento, visti i mezzi di allora e la non conoscenza del globo terrestre, se frammezzo non ci fosse stato appunto un altro Continente, che non a caso per lungo tempo si chiamò Nuove Indie e che poi prese nome dal navigatore fiorentino Amerigo Vespucci (America).
Appena sbarcato in quella nuova terra (12.10.1492), Colombo vi impiantò la Croce e vi diede il nome del Salvatore (Gesù Cristo).
Già nel suo 2° viaggio (1493) fu seguito da dei missionari cattolici!
Ciò non era mosso da uno spirito di conquista, ma di portare subito la salvezza eterna di Cristo Signore a quelle popolazioni indigene.
 

È peraltro assai significativo che neppure 40 anni dopo (1531), nell’attuale Messico, non solo fossero presenti numerosi cristiani indigeni, ma che proprio ad uno di loro (Juan Diego, oggi Santo) la Madonna apparisse, tra l’altro proprio con sembianze meticce, offrendo pure uno strepitoso miracolo ancor oggi visibile e studiato persino dalla scienza. Si tratta di N. S. de Guadalupe (vedi dossier Miracoli, punto 8.2; e News 12.12.2020). Sarà la Patrona di tutte le Americhe ed è tuttora il Santuario (oggi inglobato nella megalopoli di Città del Messico) più visitato del mondo (20 milioni di pellegrini annui)!

La Regina Isabella (e la “leggenda nera” anticattolica)

Proprio sulla figura della Regina Isabella (1451-1504; Isabel I di Castiglia; sposa Ferdinando II d’Aragona nel 1469), la Regina Cattolica che non solo unificò il Regno di Spagna ma mirabilmente lo consolidò, specie nella sua identità cattolica, si è costruita una colossale “leggenda nera”, ovviamente alimentata dall’Illuminismo come pure dagli Ebrei, che ne ha fatto un mostro di violenza e intolleranza (specie a motivo delle falsità circa l’Inquisizione spagnola in patria come della presunta oppressione dei popoli indigeni nelle nuove terre appena scoperte); una leggenda sulla quale molti tra gli storici più obiettivi e attenti di oggi sollevano dubbi, operando una seria rivalutazione della grande sovrana spagnola, come del suo reale consorte.

Che la fede cattolica della Regina non fosse una facciata ipocrita, atta a coprire solo interessi economici e di potere, ma un’autentica esperienza interiore e di vita, persino di santità, è dato addirittura dal fatto che è in corso la sua “causa di canonizzazione”! (leggi).

La raccolta di tutta la documentazione storica necessaria per la Causa di beatificazione e canonizzazione fu avviata a Valladolid il 3.05.1958; la fase diocesana si è già conclusa il 26.11.1971. I 30 volumi della rigorosissima documentazione furono inviati a Roma alla Congregazione per le Cause dei Santi il 20.11.1972. Essa, dopo accurata indagine, approvò all’unanimità la “positio historica” il 6.11.1990. Si poteva quindi procedere, secondo la solita rigorosa prassi (che prevede in genere anche due miracoli, documentati scientificamente, ottenuti per l’intercessione della candidata; in questo caso pare già accertati), per un rapido accesso alla Canonizzazione della Regina. Senonché proprio la “leggenda nera” creata falsamente attorno a questa figura ne ha attualmente bloccato o rallentato la procedura!

Gli Ebrei, irritati a motivo della loro espulsione dalla Spagna nel 1492 ad opera di Isabella, si oppongono con veemenza al proseguo di tale causa di canonizzazione. [cfr. V. Messori, Pensare la storia, Ed. Paoline 1992 (Sugarco, 2006), p. 646]

Gli ingenti interessi economici degli Ebrei nella penisola iberica, avvantaggiati da privilegi (concessi dagli stessi Reali!) ed illegalità, erano sorte anche diverse rivolte sociali, talora anche violente.
Destavano preoccupazione anche certe loro presunte conversioni alla fede cattolica, che di fatto servivano solo da copertura per i loro traffici economici e finanziari; esse contribuivano a creare confusione, persino a livello dottrinale (da cui l’intervento dell’Inquisizione) e compromettevano la piena identità cattolica del Regno, appena recuperata (vedi dossier, 4.7).

È bene sottolineare però che gli Ebrei non erano assolutamente perseguitati dalla Chiesa Cattolica, tant’è vero che molti di coloro che lasciarono o furono espulsi dalla Spagna in quegli anni si rifugiarono addirittura a Roma.

Roma, sotto la guida dei Papi, fu peraltro l’unica città europea dove gli Ebrei non furono mai espulsi totalmente. Alcune espulsioni degli Ebrei da Roma avvennero già ai tempi dell’Impero Romano (ad es. sotto Claudio, nel I sec., come riporta Svetonio – cfr. anche At 18,2). Circa le “leggi razziali” (1938) promulgate dal fascismo e che trovarono forte opposizione dalla Chiesa Cattolica e dai Papi stessi (Pio XI e Pio XII), dovrebbe essere noto che proprio a Roma gli Ebrei non solo trovarono protezione nella Chiesa, ma persino rifugio negli ambienti cattolici (con grave rischio per ospitanti stessi) e addirittura in Vaticano. (V. Messori, Ibidem)

Nei terribili anni della “guerra civile” spagnola (1936-1939) – durante la quale il Fronte Popolare, comunista e anarchico, uccise 13 vescovi, 4.184 Sacerdoti, 2.365 religiosi e 283 suore, oltre a migliaia e migliaia di fedeli laici cristiani (molti dei quali sono stati proclamati beati e santi, col titolo di martiri) – la memoria della Regina Isabella fu demonizzata a tal punto da essere considerata una figura “maledetta”.
Sempre in una logica fondamentalmente “comunista”, la Leyenda negra dell’oppressione dei popoli indigeni latino-americani ad opera della Regina Isabella fu alimentata non poco, nella seconda metà del XX sec. (ma per certi versi ancora permane in certi ambienti ecclesiali; con grave danno alla vera fede cattolica e all’autentica vitalità della Chiesa latino-americana) dalla cosiddetta Teologia della Liberazione.
Tra le varianti “classiste” (di stampo prevalentemente marxista; una sorta di “lotta di classe” ante litteram) di questa continua ripresentazione della “leggenda nera” della Chiesa che sarebbe stata alleata non solo dei Reali ma dei terribili “Conquistadores”, se non addirittura dei “negrieri” (schiavisti negri), c’è anche quella che divide in due la stessa Chiesa Cattolica, tra pochi missionari rivoluzionari che stavano “dalla parte del popolo” e degli indigeni ed una Chiesa di alto livello che stava invece dalla parte dei potenti e degli oppressori.



Isabella e gli indigeni americani

La “leggenda nera” (Leyenda negra), il mito, il falso storico – sui cui ci soffermiamo nel presente documento – creati attorno ad Isabella e ai Reali Cattolici di Spagna, verte particolarmente sulla questione della conquista dell’America (detta tuttora appunto “latina”, cioè Messico, America centrale e America meridionale) e delle presunte violenze operate sui popoli indigeni, così come sulla questione degli schiavi.
In realtà, proprio la regina Isabella mostrò sempre una saggia e cristiana politica di difesa di quelle popolazioni indigene, appena scoperte, e si impegnò in tutti i modi perché nessuna violenza fosse inflitta su qualsiasi uomo o popolo.
Come vedremo, fu anzi proprio dalla Spagna cattolica di quel tempo, quindi assai prima dell’Illuminismo, che emersero le fondamenta stessa del “diritto internazionale”!
 

Persino Cristoforo Colombo, che poté scoprire quelle nuove terre col finanziamento e le navi offerte dalla Regina (1492) – che lo proclamò Vice-re nelle Antille – e che, come abbiamo ricordato, egli stesso nutriva non superficiali motivi di fede per desiderare che anche le popolazioni colà incontrate potessero accedere alla salvezza operata da Cristo, subì una non piccola pena (fu portato per breve tempo prigioniero in Spagna) per aver ridotto in schiavitù alcuni indigeni, che la Regina fece immediatamente liberare. [V. Messori, Pensare la storia, Ed. Paoline 1992 (Sugarco, 2006), pp. 637/660]

Era proprio il forte spirito cristiano cattolico a sospingere la Regina, lungo tutto il suo regno, ad opporsi a qualsiasi violenza che potesse essere inflitta dai suoi sudditi sugli altri uomini e sui popoli via via incontrati. Già infatti nel 1478 aveva fatto immediatamente liberare degli indigeni resi schiavi nelle Canarie. Così si adoperò sempre per il rispetto e il progresso umano e cristiano degli Indios. Persino nel suo Testamento (nel 1504) fece aggiungere, morente e a mo’ di ultima sua volontà, un celebre Codicillo dove implorava i suoi sudditi a rispettare ed amare tutti gli uomini della Terra e mai operare su loro alcuna violenza.

Diciamolo fin d’ora: niente di ciò fu mai visto negli altri colonizzatori Protestanti! (Messori, op. cit.)



 

2. Le missioni cattoliche, il rispetto e la promozione umana degli indigeni

Al di là degli innegabili e peraltro non disdicevoli interessi economici e commerciali che spingevano le navi spagnole a varcare l’Oceano per tessere rapporti sempre più intensi con le nuove terre appena scoperte, non si può certo tradurre in questo l’enorme spinta “missionaria” che ne è immediatamente seguita. Non solo sacerdoti e religiosi, compreso quelli degli Ordini religiosi nati nel XIII sec. (Francescani e Domenicani) e quelli che proprio nel XVI sec. nasceranno (soprattutto i Gesuiti), ma anche i laici cristiani sentivano fortemente il dovere di portare la salvezza eterna di Cristo, che ha anche un’enorme capacità di sviluppo umano e sociale, alle popolazione indigene delle nuove terre scoperte. Era la sincera priorità anche de los Reyes Católicos Isabella e Ferdinando, cui il Papa stesso diede persino una sorta di mandato in tal senso.

Nella cattolica consapevolezza del “peccato originale” (che l’Illuminismo negherà, cadendo però nel razzismo, al di là delle belle parole sulla “tolleranza” e sul “buon selvaggio” – leggi il documento in proposito) e delle continue tentazioni di peccato che possono albergare nel cuore umano (sia degli europei che degli indios), era ben chiaro, alla Chiesa ma anche ai sovrani spagnoli, che si doveva vigilare per prevenire abusi da parte dei Conquistadores, così come occorreva un discernimento tra i valori di cui quelle civiltà indigene potevano essere portatrici (e che l’evangelizzazione avrebbe purificato ed esaltato) come pure delle loro talvolta aberranti tradizioni e persino religioni primitive, da cui dovevano essere liberati, per il loro stesso bene!

Il Papa stesso (Alessandro VI, 1492-1503) intervenne subito con autorevoli appositi documenti fin dal 1493 (specie Inter cetera, 3.05.1493, siamo quindi pochi mesi dopo la scoperta dell’America!) sui diritti e doveri dei missionari e sul corretto rapporto che doveva esserci tra evangelizzazione e conquista delle nuove terre, con grande attenzione sia a promuoverne l’evangelizzazione ma pure per difendere le popolazioni indigene).

I Reali spagnoli ebbero subito forte la preoccupazione che l’adesione alla fede cattolica da parte degli indigeni (Indios) non dovesse avere alcuna forma di costrizione, ma dovesse attuarsi in piena libertà, secondo un annuncio evangelico chiaro e convincente ma che lasciava assolutamente liberi di aderirvi o meno. Nelle Instrucciones reales del 1501 si stabiliva con chiarezza che “gli Indios siano evangelizzati senza essere sottoposti ad alcuna costrizione”, siano trattati bene e si riparino pure le offese commesse nei loro confronti. In altre Instrucciones reales del 1503, circa ad esempio la costruzione e organizzazione di “villaggi-tipo” cristiani (sarà poi il metodo delle “Reducciones”, sperimentato all’inizio nelle Antille e poi felicemente attuato dai Gesuiti specie in Paraguay*) si indicò che “si insegni a leggere e scrivere, il catechismo, si pensi all’elevazione culturale degli indigeni e si promuova il meticciato (e i matrimoni misti) (il suono stesso delle campane regolava la vita del villaggio)”.

* Sulle famose Reducciones dei Gesuiti, specie in Paraguay e Argentina settentrionale ma anche in altri territori dell’America latina, si dovrebbe aprire un capitolo a se stante, tanto tali esperienze di “villaggio-modello” cattolico furono esemplari per l’incontro delle culture e dei popoli, per lo sviluppo dei popoli indigeni e per la stessa vita ecclesiale. (leggi)

Abusi, peccati, ingiustizie e violenze che gli Spagnoli potevano commettere, venivano denunciati (persino ai Reali stessi) e puniti.

Ad esempio, già nel 1511 il frate domenicano Antonio de Montesinos, come vedremo, denunciò dei soprusi in una delle prime colonie spagnole, proprio nell’isola che prende il nome dal fondatore del suo Ordine religioso (Santo Domingo). Anche altri frati Domenicani spagnoli (soprattutto Bartolomeo de las Casas) si faranno strenui difensori dei diritti degli Indigeni e implacabili accusatori degli eventuali abusi commessi dagli Spagnoli ai Reali stessi, presso i quali godevano di grande credito e ascolto.

Quasi nulla invece di tale rispetto per gli indigeni troviamo nel nord America, da parte degli Inglesi (e Olandesi), dei loro sovrani e neppure delle loro Chiese (Protestanti).
[Circa la logica di conquista da parte del potente Impero inglese, sempre più esteso a tutti i continenti, abbiamo parlato già altrove (vedi) e ritorneremo dopo].

Com’era avvenuto nel Medioevo per i popoli che vennero così a comporre l’Europa (vedi dossier), l’evangelizzazione di questi nuovi popoli, ad opera della Chiesa Cattolica – a parte certi abusi e peccati che persistono certo anche in essa (ma almeno si chiamano tali e si cerca di combatterli) – fu di vera accoglienza, valorizzazione, purificazione ed elevazione dei valori umani di cui potevano essere portatori (a parte ciò che di aberrante poteva esserci in essi, che andava eliminato e che gli indigeni stessi furono ben lieti di esserne liberati e di abbandonare!), che si fondeva in una nuova armonia con il patrimonio di fede e di cultura che il cristianesimo portava e che era in grado pure di donare una più vasta unità per interi popoli, nazioni e continenti!

Come abbiamo appunto ricordato nel documento sul Medioevo, la Chiesa Cattolica, oltre ad essere nella storia (ed anche nel presente) la più grande organizzazione caritativa, ha sempre prestato molta attenzione all’aspetto dell’insegnamento, dell’istruzione, della cultura, del convincimento razionale (in un fecondo rapporto di fede e ragione* – cfr. parte 3), del dialogo culturale (nel Medioevo ciò ha condotto persino all’invenzione delle Università – cfr. parte 4)

* Contrariamente a quello che fa in genere l’Islam (a parte certe rarissime eccezioni storiche, ripudiate poi dagli stessi musulmani), la fede cristiana ha sempre conosciuto un fecondissimo rapporto tra fede e ragione (cfr. Giovanni Paolo II, Enc. Fides et ratio); per cui più che vincere (perché quando si impone una religione, oltre ad essere impossibile perché non nascerebbe da convinzione interiore, in genere è segno di debolezza razionale, cioè di incapacità di “convincere”; e ciò vale anche per qualsiasi filosofia o ideologia), la fede cristiana è sempre stata in grado appunto di convincere, di “portare le ragioni” di sé (cfr. 1Pt 3,15).

Ecco perché, al di là appunto dei possibili abusi, peccati, errori ed ingiustizia, la Chiesa Cattolica ha sempre promosso l’autentico bene e progresso dei popoli che ha evangelizzato e in cui è cresciuta.

Questo è avvenuto anche nell’incontro con i popoli latino-americani, così come è avvenuto pure negli altri continenti.

Significativamente, Giovanni Paolo II, proprio in occasione del 5° Centenario della scoperta dell’America (vedi) (Santo Domingo, 12.10.1992), così ad esempio ricordava: «Rendiamo grazie a Dio per il gran numero di evangelizzatori che hanno lasciato la loro patria e hanno dato la loro vita per seminare nel Nuovo Mondo la vita nuova della fede, la speranza e l’amore. Non erano spinti dalla leggenda dell’“El Dorado”, né da interessi personali, ma dal sollecito richiamo ad evangelizzare quei fratelli che ancora non conoscevano Gesù Cristo. Essi annunciarono “la bontà di Dio, Salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini” (Tt 3, 4) a popolazioni che sacrificavano agli dei perfino vittime umane. Essi testimoniarono, con la vita e le parole, l’umanità che scaturisce dall’incontro con Cristo». E ancora il 14.05.1992 (vedi) sottolineava: «Non può non destare una viva soddisfazione l’esame del contenuto degli atti dei numerosi Concili e Sinodi che vennero celebrati nel primo periodo, così come altri documenti di ricchissimo contenuto, come le Dottrine o Catechismi, che furono centinaia e sono quasi tutti scritti nelle lingue delle etnie e dei paesi in cui i missionari svolgevano la loro missione».

Tra l’altro, come sottolineeremo ancora in seguito, la riprova di questo incontro tra popoli, etnie, culture e sensibilità religiose, avvenuto in tutta l’America latina, dal Messico al Cile e Argentina, lo si può persino constatare tuttora, potremmo dire persino ad un’evidenza visiva, nel senso che è tuttora evidente, persino nei tratti somatici, la persistenza del ceppo genealogico dei popoli indigeni precolombiani e del ceppo genealogico europeo.

Tale coesistenza è purtroppo invece presto sparita nell’America settentrionale, occupata dagli Inglesi, dove i tratti persino somatici sono solo europei o negri (per la tratta degli schiavi dall’Africa) mentre gli indigeni “pellerossa” sono praticamente quasi del tutto spariti.

Come sottolinea ad esempio lo storico Fidel Gonzales-Fernandez [La coscienza cristiana e i problemi della conquista nella formazione dell’America latina, in Franco Cardini (Processi alla Chiesa, PM 1994, pp. 259/328) pp. 281/328]: “Il Cattolicesimo non ha censurato i migliori valori umani e religiosi delle rispettive tradizioni indigene (senza avallare i loro terribili misfatti, aspetti e persino lotte intestine e tra gli stessi popoli indigeni!). 
In America Latina si è verificato un incontro unico e originale di popoli e razze. Non si tratta di un’omogeneità, tanto è vero che la maggior parte del continente è meticcio. Questi popoli latinoamericani non sono né semplicemente di bianchi (tanto meno di neri) né semplicemente aztechi, maya, incas, ma l’evangelizzazione ha permesso la formazione di messicani, guatemaltechi, peruviani, cileni, argentini, brasiliani.

Una clamorosa smentita storica della “leggenda nera” (purtroppo tuttora ampiamente diffusa, soprattutto per la sua valenza anticattolica!) del presunto sterminio degli Indios da parte della Spagna cattolica, viene ad esempio dal testo dello storico Jean Dumont (in trad. it.) Il Vangelo delle Americhe. Dalla barbarie alla civiltà, Effedieffe 1992/2013.

Ancora nel 2021, un libro dello storico argentino Marcelo Gullo sull’evangelizzazione del Messico (Madre Patria: Desmontando la leyenda negra desde Bartolomé de las Casas hasta el separatismo catalán, Espana, 2021) accusa la falsità della persistente “leggenda nera” sui Conquistadores spagnoli, sottolinea con forza che “il Messico che non è stato conquistato, ma piuttosto “liberato” dagli Spagnoli, che posero fine con l’aiuto decisivo delle popolazioni locali al dominio degli Aztechi e alle loro decine di migliaia di sacrifici umani all’anno”. (leggi)


Sulla questione della morte degli indigeni

Spesso si sente dire, per confermare la “leggenda nera” dello sterminio delle popolazioni indigene da parte degli europei, che c’è stata una drastica diminuzione della popolazione locale già subito nel XVI sec.
Qui ci occupiamo solo dell’America latina e dei “Conquistadores” spagnoli (cattolici); perché le popolazioni indigene nord-americane raggiunte dagli inglesi (anglicani e protestanti) sono effettivamente addirittura quasi del tutto sparite.
Raccogliamo questo dato, in riferimento appunto a quelle popolazioni indigene di quei territori che chiamiamo America latina. Nel 1492 (anno della loro scoperta) la popolazione locale era di 11.285.000 di persone (Messico: 4.500.000; Perù: 2.000.000); nel 1570 era già scesa a 9.275.100 indigeni (Messico: 3.555.000; Perù: 1.585.000). Una notevole diminuzione, ma non certo un genocidio.
Tra l’altro, in quei territori (America latina) nel 1570 la popolazione totale era così composta: i bianchi (di origine iberica) erano solo l’1,16%, il 2,26% erano già meticci (nati già da spagnoli e indios; ricordiamo che i matrimoni misti in America latina, a differenza di ciò che avvenne appunto nel nord-America, erano incoraggiati); gli indios (popolazioni indigene) erano il 96,58% della popolazione (8.957.891 abitanti); di questi indigeni, solo il 18% (1.873.370) aveva avuto a che fare con gli Spagnoli. Il che significa che la loro diminuzione non dipendeva da omicidi o guerre da parte dei “Conquistadores”.
Ancora a smentita della leggenda nera sulla presunta strage o genocidio delle popolazioni indigene, sottolineiamo tra l’altro come la Spagna perseguiva politiche che avevano tutto l’interesse, oltre che per motivi umanitari e cristiani (come abbiamo visto), a mantenere le popolazioni locali, anche come forza lavoro e capacità produttiva (non essendoci tra l’altro qui l’importazione di schiavi negri), ed incoraggiava appunto il meticciato, cioè i matrimoni misti, al fine del formarsi, come poi è stato, di civiltà più armoniche e stabili.
Da cosa è dipesa allora quella diminuzione della popolazione indigena dopo l’arrivo degli spagnoli?
Fondamentalmente è dovuto a morti causate da nuove epidemie, quindi a causa di virus e malattie là prima sconosciute. Ciò era dovuto certo, ma involontariamente, all’incontro di due razze o popoli che venivano a contatto per la prima volta e il cui patrimonio genetico e sistema immunitario era notevolmente diversificato. Infatti il sistema immunitario degli indios non era ancora biologicamente attrezzato a combattere virus come quelli del morbillo (che provocò innumerevoli morti), vaiolo, febbre gialla, ma talora anche semplici influenze, che per loro diventavano però letali.
Del resto, ciò ha provocato danni “sanitari” e morti anche tra gli Europei e nell’Europa stessa. Nel XVII sec. ci fu in Europa una terribile epidemia (1676-1681) causata da un virus importato dalle Americhe; la stessa Spagna passò in quel secolo da una popolazione di 8 milioni di abitanti a 7 milioni!

[F. Cardini, Processi alla Chiesa, PM, 1994, pp. 259/328 (Marco Tangheroni, Cristoforo Colombo, l’espansione europea e la scoperta dell’America, pp. 259/279; Fidel Gonzales-Fernandez, La coscienza cristiana e i problemi della conquista nella formazione dell’America latina, pp. 281/328)]



 

3. Le popolazioni e religioni indigene (dell’America latina)

Tra i miti dell’Illuminismo europeo (vedi dossier sulla “modernità”) c’è anche quello dell’uomo naturalmente buono (contrariamente quindi al principio biblico del “peccato originale” e della stessa redenzione operata da Cristo) e di conseguenza del “buon selvaggio”. Così in Voltaire* ed in Rousseau; che peraltro non ne sapevano nulla delle popolazioni indigene ed erano tra l’altro profondamente “razzisti”, ma tutto serviva per accusare la Chiesa (“Écrasez l’infâme!”) ed iniziare quel processo di autodemolizione della propria identità occidentale, che oggi pare allo spudorato epilogo. Non importa se poi, con questa presunta innocenza originaria, non si riesca più a giustificare la presenza del male: colpa della società (che però a sua volta è composta di esseri umani)? O è persino paradossalmente colpa della civiltà cristiana?

* Afferma lo storico Blanning: “Come diversi suoi colleghi, Voltaire utilizzò le civiltà extraeuropee, pur senza saperne quasi nulla, solo per colpire l’Europa cristiana”.

Troviamo quindi in queste radici illuministe il mito, oggi più che mai rinascente e imperante (persino nella Chiesa!), della naturale bontà di tutte le popolazioni indigene, come di tutte le civiltà precristiane ed extra-cristiane, che appunto l’arrivo dei “bianchi” europei e cristiani avrebbe inesorabilmente distrutto! Un pregiudizio antistorico che tra l’altro ha il tono di un irrazionale manicheismo: il bene sono loro, il male siamo noi.
Senza poterci qui addentrare in prolungate analisi storiche, raccogliamo solo alcuni dati sulle usanze tradizionali e pratiche religiose dei popoli indigeni raggiunti dagli Spagnoli nel XVI sec.
Anzitutto va osservato che tali popoli indigeni erano spesso coinvolti in aspre lotte tra loro (altro che innocenza mite e pacifica!); ed ogni invasione da parte di popoli indigeni aveva cura di distruggere la civiltà precedente, impedendo tra l’altro così un vero progresso globale della civiltà americana precolombiana. Mancando poi una lingua comune, non c’era alcuna vera comunicazione tra loro.

Ad esempio i “gloriosi” Aztechi (Messico) e Maya (Yucatan e America centrale), come pure gli Incas (Perù), erano l’incubo delle altre popolazioni indigene, a causa delle loro continue razzie. I Conquistadores spagnoli furono spesso accolti come liberatori da tali razzie [già Colombo fu accolto dagli abitanti delle prime isole (Arawak) come un aiuto piovuto dal cielo contro certe popolazioni dei Caraibi che li opprimevano. Cortés ebbe aiuto da molte città indiane (come Tlaxcala) in lotta tra loro. Pizarro si inserì in una guerra civile in atto tra gli stessi Incas].

Tali civiltà, pur talora gloriose, risultavano comunque immensamente arretrate rispetto al progresso che si era invece realizzato in Europa. Si può dire che erano ancora nella fase della civiltà della pietra e del rame. Non conoscevano ancora l’uso della ruota, dell’aratro, del cavallo; i trasporti delle merci erano effettuati da torme di schiavi indigeni. Di fatto vivevano in condizioni primitive disumane. Solo i Maya avevano raggiunto un livello di civiltà più elevata; ma comunque già in fase di decadenza al momento dell’arrivo degli Europei. [F. Cardini, Processi alla Chiesa, PM 1994, pp. 259/328 (Marco Tangheroni, Cristoforo Colombo, l’espansione europea e la scoperta dell’America, pp. 259/279)]

Gli Aztechi furono uno dei popoli più feroci della storia umana; ed erano l’incubo delle altre popolazioni indigene. [Vittorio Messori, Pensare la storia, Ed. Paoline 1992 (Sugarco, 2006), pp. 637/660]

Gli Incas (più a sud, sulle Ande) avevano un loro sistema sociale strutturato come una sorta di comunismo assoluto, dove il singolo non aveva alcuna importanza e libertà e gli stessi matrimoni venivano permessi secondo una logica che potremmo definire “eugenetica”, cioè per garantire la purezza della razza ed evitare qualsiasi contaminazione razziale. (V. Messori, Ibid.)

Circa la loro “religione”, si registrano riti e usanze raccapriccianti. Gli Aztechi credevano che le divinità, assetate di sangue, dovessero essere placate da continui sacrifici umani. Sulle loro famose piramidi (templi) compivano decine di migliaia di sacrifici umani all’anno, in genere di giovani e persino di bambini. Persino l’invasione delle popolazioni limitrofe erano giustificate anche dalla necessità di procurarsi giovani e bambini da sacrificare agli dei. Ecco la descrizione di un rito azteco: “i sacerdoti scaraventavano continuamente le migliaia e migliaia di vittime sacrificali umane (preferibilmente giovani e ancor più bambini) giù dalle piramidi, ma prima il Gran Sacerdote, sulla pietra sacrificale della cima, doveva estrarre dal loro torace il cuore ancora pulsante, metterlo in una coppa ed offrirlo agli dei. Dopo essere stati scaraventati giù dalla piramide, i corpi delle migliaia e migliaia di vittime venivano scuoiati e poi fatti a pezzi. Le pelli venivano conciate e in genere rese vesti, specie per la classe sacerdotale; i pezzi (resti umani) venivano spesso raccolti dai guerrieri, portati a casa e festeggiati con gli amici”. (V. Messori, Ibid.)
Anche gli Incas avevano questi riti religiosi e questi innumerevoli sacrifici umani, anche se in forme e in proporzioni meno terrificanti di quelli Aztechi. (V. Messori, Ibid.)

Insomma, non è proprio quanto elogiato dei miti illuministi e tuttora propagandato dalla dominante cultura occidentale, che giunge persino a “chiedere perdono” (ora lo fa anche una certa Chiesa Cattolica!) se abbiamo evangelizzato quelle terre e quei popoli!

Tra l’altro, anche solo da questo, si può ben capire che l’incontro con la fede cristiana cattolica, che prenderà cittadinanza nella totalità delle popolazioni dell’America latina, quindi la fede in Cristo, in Dio-Amore, fosse per quei popoli una vera, piena e straordinaria “liberazione”!



 

4. Razzismo e tratta degli schiavi

Come abbiamo anche sopra ricordato, l’Illuminismo e i miti della “modernità”, in opposizione alla fede e alla stessa antropologia cristiana (dignità e uguaglianza dell’uomo di fronte a Dio-Amore), contrariamente alle apparenze e agli slogan tanto declamati, stanno proprio alla base della “moderna” tratta degli schiavi, come del razzismo e persino dell’antisemitismo (vedi dossier sul Medioevo, vedi dossier sulla modernità, vedi documento sull’Anglicanesimo e gli Inglesi).
Nel dossier sul Medioevo abbiamo sottolineato come la vera rivoluzione antropologica, nel senso della visione dell’uomo e della società, operata dal cristianesimo stia alla base anche della abolizione della “schiavitù”, quell’istituzione che troviamo non solo nell’antichità precristiana ma in tutte le civiltà extra-cristiane (anche in quelle indigene americane), secondo cui alcuni uomini sarebbero diversi, sub-umani, addirittura geneticamente strutturati per essere non solo servi di altri uomini, ma persino merce da poter comprare e vendere, senza godere di alcun diritto.
Nello stesso dossier, e più ancora in quello sulla Modernità (vedi), abbiamo visto come l’Illuminismo e poi la rivoluzione industriale, nella sua visione dell’homo faber, abbia di fatto generato nuove forme di schiavitù (non solo per le condizioni talora disumane della nuova classe operaia, ma per un certo modo di intendere le colonie e lo sfruttamento delle loro risorse; del resto lo si potrebbe constatare anche oggi, in una certa promozione dell’immigrazione selvaggia, spesso destinata ad una sorta di lavori forzati, se non di manovalanza della malavita e persino della prostituzione). E ciò, nonostante che proprio dall’Illuminismo in poi ci si vanti di proclamare l’uguaglianza, la tolleranza, i “diritti dell’uomo” e si finga di esecrare il razzismo e la schiavitù.
Già Voltaire (vedi), nonostante la sua tanto declamata tolleranza e fraternità e la sua enfasi sulla bontà delle civiltà non cristiane (non perché le conoscesse ma solo in quanto non cristiane!), era animato da un bieco razzismo, tanto da considerare i “negri” poco più che animali, anzi forse proprio animali (è giunto persino a pensare che fossero nati dall’incrocio di donne con delle scimmie) e proprio nel suo Saggio sui costumi afferma: “I negri sono, per natura, gli schiavi degli altri uomini. Essi vengono dunque acquistati come bestie sulle coste dell’Africa”. Tra l’altro, proprio per passare dalle parole ai fatti, egli stesso investì alcuni dei suoi ingenti capitali in una Compagnia di navigazione che commerciava schiavi neri dall’Africa all’America! [Vittorio Messori, Pensare la storia, Ed. Paoline 1992, pp. 232/234 (ripreso in: Uomini, storia, fede, BUR 2001, pp. 166-169) (ultima ediz.: Sugarco, 2006)]

Si potrebbe aggiungere, sempre riguardo a questo padre dell’Illuminismo e della rivoluzioni moderne, che Voltaire fu pure “uno dei più feroci antisemiti, anzi il padre stesso dell’antisemitismo laico e culturale moderno” (così Joël Borromi, storico dell’Università ebraica di Gerusalemme). Esiste addirittura una raccolta degli scritti antisemiti di Voltaire (H. Labroue, storico francese, 1942), alla quale si ispirò l’antisemitismo francese (X. Vallat).
Come riconosce il grande storico dell’antisemitismo L. Poliakov, “è assurdo che Voltaire passi per l’apostolo della tolleranza”.
Nel Dictionnaire philosophique (1764), che viene fatto passare come “la Bibbia dell’umanità nuova liberata dall’oscurantismo cristiano”, su 118 voci, 30 attaccano gli ebrei. Voltaire è proprio l’autore della voce <Ebrei>: “quello giudeo – vi si legge – è il più abominevole popolo del mondo”. Ed è ancora in quel testo, ripreso poi dal suo Saggio sui costumi, che parla dei “negri” come di “animali, forse nati dall’incrocio tra donne e scimmie”!

Troviamo chiare espressioni razziste, schiaviste ed antisemite anche in altri padri del pensiero moderno e contemporaneo, come Hume [“è la stessa natura a sancire la superiorità della razza bianca” (“Trattato sulla natura umana”, in “Opere”, vol.2, parte I, saggio XXI)], Kant, Hegel [“Chi è di pelle nera non è degno di relazioni umane” (“Filosofia della storia”, vol.1, parte III, par. a “Sull’Africa”)], Marx, Nietzsche, ma anche Benedetto Croce [“ci sono due specie di uomini, una appartenente alla storia, l’altra alla natura (cioè zoologicamente, quindi vanno trattati come animali)”].

Nello dossier sugli Inglesi (vedi) avevamo poi già ricordato come furono proprio gli Inglesi, nella colonizzazione selvaggia e violenta dell’America settentrionale, ad attuare anche quella “tratta degli schiavi”, cioè quella compravendita di negri africani, non considerati “esseri umani”, da deportare come forza lavoro dall’Africa alle loro colonie d’oltreoceano.
Nell’occasione avevamo però ricordato – tanto per constatare ancora una volta che un certo manicheismo che distingue nettamente i cattivi (europei) dai buoni (selvaggi) nasconde visioni ideologiche della storia e compie di conseguenza censure che potrebbero smentire l’ideologia – come la compravendita di questa “merce umana” in terra africana fosse attuata anche da certe tribù indigene (cioè africani che vendevano altri africani, presi prigionieri nelle loro lotte intestine, o persino venduti dai loro capi-tribù e sacerdoti animisti!) e soprattutto dai musulmani (1) – a loro spettava in genere l’appalto del trasporto dai villaggi interni del continente ai porti – che si erano insediati nel continente nero e che attuavano questo turpe commercio già verso l’Oceano Indiano (dalla Tanzania, verso gli stessi Paesi arabi, come pure verso l’Iran e l’India, per un totale di circa 12 milioni di schiavi; praticamente un numero pari a quelli venduti per essere deportati in America) (2).
[Vittorio Messori, Pensare la storia, Ed. Paoline 1992 (Sugarco, 2006), pp. 83/84]

(1) È quasi del tutto censurato il fatto che la “schiavitù” sia considerata normale dalla religione islamica (secondo il Corano la schiavitù è un istituto immutabile della storia) e che venga attuata regolarmente in molti Paesi musulmani dove regna la Sharia. E ciò accade non solo nei paesi arabi, ma anche in altri Paesi musulmani; così anche in Africa, dove cresce la presenza islamica e i negri sono crudelmente asserviti dai musulmani. Ad esempio, in Mauritania (tuttora “Repubblica Islamica della Mauritania”, nell’africa nord-occidentale) la schiavitù è stata ufficialmente abolita solo nel 1981, ma tuttora persiste di fatto.

(2) Così lo storico J. F. Revel: “tra il VII (nascita dell’Islam) e il XX secolo sono circa 20 milioni i negri africani fatti schiavi dai musulmani e trasportati nei Paesi arabi o comunque venduti nelle terre dell’oceano indiano. A Zanzibar (isola della Tanzania sull’Oceano Indiano) a fine ‘800 c’erano 200.000 schiavi (pronti per essere venduti o partire per l’Oriente) su 300.000 abitanti!

Che non si possa avere una visione manichea, neppure nei confronti dei poveri schiavi negri, è reso manifesto, oltre che dal fatto che spesso già in Africa molti negri erano “venduti” agli Occidentali come pure ai Musulmani dai loro stessi popoli e capi tribù africani, anche dal fatto che non furono pochi quei negri che, una volta riscattati e tornati liberi in terra americana, contribuivano a loro volta a fare nuovi schiavi, o persino che, ritornati in Africa (da questo forse il nome di “Liberia” allo stato omonimo) consideravano gli altri negri come a loro “inferiori”.
F. Cardini, Processi alla Chiesa, PM, 1994, pp. 259/328 [Fidel Gonzales-Fernandez, La coscienza cristiana e i problemi della conquista nella formazione dell’America latina, pp. 281/328]

I negri africani trasportati come schiavi in America, dal 1500 al 1863 (anno dell’abolizione ufficiale della schiavitù negli USA) sono stati circa 40 milioni.
Questa terribile “tratta degli schiavi” fu attuata soprattutto dagli Inglesi (Anglicani) e diretta verso l’America settentrionale. Hanno contribuito un poco a questa tratta anche gli Olandesi (Calvinisti), verso le loro isole caraibiche, e i Tedeschi (luterani).

La tratta degli schiavi fu ufficialmente proibita dagli inglesi solo nel 1807.
Invece nelle colonie francesi la schiavitù fu ristabilita da Napoleone nel 1802.

Quando anche alcuni Cattolici (Spagnoli e Portoghesi) hanno cercato di immettersi in questo turpe traffico, per gli immensi territori in cui si erano insidiati (Messico, America centrale e America meridionale, cioè appunto tutta l’America latina), sono stati subito condannati dalla Chiesa (dai vescovi e dal Papa stesso) e sanzionati dai Reali di Spagna!

Lo “schiavismo” (definito dai Pontefici del tempo “abominevole commercio di uomini”) è fortemente condannato ad esempio da espliciti interventi magisteriali di Paolo IV nel 1537, di Pio V nel 1568, di Urbano VIII nel 1639 e di Benedetto XIV nel 1714.


Innumerevoli sono state le opere di carità che la Chiesa Cattolica ha attuato in questi 5 secoli in America, non solo in favore delle popolazioni indigene, ma anche persino per riscattare molti schiavi e ridonare loro la libertà (senza ombra di ricatto, cioè senza chiedere di convertirsi alla fede cristiana cattolica, ma solo proponendola alla loro libertà). Interessante come siano nati allo scopo anche nuovi Ordini religiosi ed opere cristiane specifiche: basterebbe pensare all’opera di San Pietro Claver (1580-1654; gesuita spagnolo, che si è adoperato per oltre 40 anni in favore degli schiavi negri giunti soprattutto a Cartagena in Colombia, leggi e leggi)

 

Ma vediamo quale sia stata in merito la posizione dei Cattolici Reali di Spagna

Come abbiamo già ricordato, e come vedremo ancor meglio tra poco, era anzitutto chiarissima la posizione dei Reali di Spagna a riguardo del rispetto delle popolazioni indigene (Indios). Abbiamo visto che lo stesso Cristoforo Colombo (che ebbe incarichi importanti per quelle terre appena da lui scoperte) osò durante il 2° viaggio (1493) fare alcuni schiavi, la Regina Isabella non esitò a riportarlo in Spagna e ad infliggergli un poco di prigione, liberando immediatamente quegli indigeni. Come aveva già fatto nel 1478 alle Canarie, la Regina voleva in tutti i modi che gli indigeni fossero considerati sudditi della Corona come gli Spagnoli, cioè uomini liberi, rispettati come gli altri e in grado di godere di proprietà.
Proprio la cattolica assenza di pregiudizi razziali favoriva l’incontro dei popoli, i matrimoni misti, il meticciato, nuove generazioni meticce.
Nonostante qualche iniziale incertezza (e la Regina chiese umilmente lumi agli importanti teologi dell’università di Salamanca) – ad esempio un documento reale del 12.04.1495 pareva favorevole alla schiavitù ma fu immediatamente revocato (solo 5 giorni dopo) – già nel 1495 viene definitivamente proibita la schiavitù e nel 1500 tutti gli schiavi vengono obbligatoriamente liberati. La Regina Isabella comanda persino di risarcire con i soldi della Casa reale gli eventuali compratori che potessero vantare diritti d’acquisto, ordina che gli schiavi siano lasciati liberi di tornare nelle loro terre e proibisce in assoluto e ovunque la tratta dei medesimi (Real Cedula, 20.06.1500).
Quando nel 1501 Cristobal Guerra osò portare nuovi schiavi, i Re Cattolici ordinano la loro liberazione e l’incarcerazione dello schiavista (Real Cedula, 2.12.1501).
Anche da parte dei teologi e maestri del diritto il giudizio cattolico è chiarissimo: deve essere vietata ogni forma di schiavitù!

Anche l’imperatore Carlo V confermò la proibizione di qualsiasi forma di schiavitù (Real Provision, 2.08.1530), persino di quelli che risultassero prigionieri di guerra.

A proposito della dibattuta questione della cosiddetta “guerra giusta” (e se quella di “conquista” delle nuove terre potesse essere considerata tale ed a quali condizioni), l’imperatore Carlo V condannò inequivocabilmente i Conquistadores che avessero ferito, ucciso o derubato gli indios (in tal caso anche con obbligo di restituzione). Ogni licenza alla “Conquista” in tal caso veniva revocata.

A questo punto la protesta dei coloni, gravemente danneggiati nei loro interessi economici, fu così forte che la Corona revocò tale legge nel 1534; ma nel 1542 Carlo V emanò una nuova legge definitiva contro ogni tipo di schiavitù, proibendola sia per guerra giusta sia per compera (e tutto ciò entrò nel diritto costituzionale spagnolo).
Le Leyes Nuevas del 1542 proibiva dunque inequivocabilmente ogni forma di riduzione in schiavitù (o di lavori forzati); anche nelle encomiendas (qualcosa di simile al sistema feudale europeo, con campi affidati ad agricoltori terzi) il lavoro agricolo doveva essere libero e regolarmente retribuito. Si è giunti persino ad un livello per cui l’indio (agricoltore delle colonie spagnole sud-americane) godeva di un trattamento economico persino superiore a quello di un suo analogo contadino in Europa! E gli Spagnoli che contravvenivano tali norme venivano severamente puniti.

Anche quando gli altri conquistatori europei, soprattutto inglesi ma anche olandesi, si gettarono sulla tratta degli schiavi negri africani, comprati e trasferiti in America come forza lavoro non retribuita, i Reali spagnoli si opposero a questo turpe commercio umano (nel 1570 erano circa 250.000). Non solo la riduzione in schiavitù degli indigeni (tanto meno la loro eliminazione) ma anche la tratta degli schiavi negri dall’Africa trovò sempre contraria la legislazione spagnola!
Tutto ciò, per i Reali spagnoli costituiva proprio una questione di coscienza cattolica! Ed erano ben consapevoli che tutti gli altri sovrani europei si muovevano su ben altra linea (e quindi potevano risentirne anche pesantemente a livello di commercio e di economia)!
Persino i Portoghesi (che occuparono com’è noto l’attuale Brasile, che ancor oggi parla infatti quella lingua), pur essendo cattolici, all’inizio furono favorevoli a quella tratta degli schiavi. Così i Francesi.
La tratta degli schiavi fu invece addirittura promossa dai calvinisti e luterani olandesi, dai luterani danesi e soprattutto, com’è noto (vedi documento) dagli anglicani inglesi.
Addirittura il Trattato di Utrecht (1713) codificò una sorta di monopolio dell’Inghilterra nella tratta degli schiavi negri! Non a caso la presenza dei negri negli USA ha tuttora proporzioni ingenti.
[F. Cardini, Processi alla Chiesa, PM, 1994, pp. 259/328 (Fidel Gonzales-Fernandez, La coscienza cristiana e i problemi della conquista nella formazione dell’America latina, pp. 281/328)]




 

5. La formulazione dei “diritti dell’uomo” e del “diritto internazionale

A questo punto soffermiamo ancora la nostra attenzione su come la stessa legislazione spagnola, promulgata da los Reyes Católicos, ma formulata tenendo conto delle grandi competenze teologiche e nel campo del Diritto presenti soprattutto nella celebre Università (cattolica) di Salamanca, della straordinaria esperienza missionaria specie degli Ordini religiosi fortemente attivi in America latina (quindi direttamente sul campo), e delle direttive fornite dallo stesso Magistero dei Romani Pontefici, sia stata in grado di fornire le basi di quello che in definitiva è il riconoscimento dei “diritti dell’uomo” e la formulazione dello stesso “diritto internazionale”.
Rispetto alle distorsioni ideologiche operate dall’Illuminismo, che oscillano tra una mitica ed unilaterale esaltazione a priori delle popolazioni indigene non cristiane ed un razzismo che considera certi uomini “non veri esseri umani” e certi popoli (come gli Africani o gli stessi Indios) “servi per natura”, il pensiero cristiano cattolico che si sviluppa in Spagna già dal XVI secolo considera l’uomo portatore di valori inscritti dal Creatore nella sua stessa natura e come tali tanto universali quanto ineliminabili. [F. Cardini, Processi alla Chiesa, PM, 1994, pp. 259/328 (Marco Tangheroni, Cristoforo Colombo, l’espansione europea e la scoperta dell’America, pp. 259/279)]

Il dibattito, che si elevava nella celebre Università cattolica di Salamanca, pur essendo di un profondissimo valore teoretico, non si limitava agli ambienti accademici, ma era foriero di principi da attuarsi concretamente anche nella politica coloniale e internazionale. Veniva così a costituirsi un ‘corpus’ giuridico che fu estremamente fecondo e fondamentale per il costituirsi appunto del diritto internazionale.
I sovrani spagnoli erano molto attenti alle testimonianze che giungevano dalle Americhe, specie dai missionari e dai vescovi; e talora, prima di intervenire con leggi apposite, interpellavano i vertici culturali ed ecclesiali, presenti specialmente in tale gloriosa Università Cattolica.
Non ci si può certo nascondere che soprattutto la conquista del Messico (dell’impero azteco), come quella del Perù (dell’impero Incas), abbia scatenato una cruda e detestabile violenza da parte degli Spagnoli [l’attacco in Messico (1519/1521) impiegò 300.000 spagnoli e provocò 240.000 uccisioni di indigeni; particolarmente violenta fu anche la conquista del Perù (ad opera di Hernando Pizarro)]. Oggi però nessun serio studio storico al riguardo implica la responsabilità diretta della Corona spagnola in tali violenze contro gli indigeni.
Tutte le testimonianze storiche scritte e circostanziate di tali violenze scusano la Corona spagnola, sia politicamente che giuridicamente. 
Quando le notizie di tali violenze giunsero ai Reali di Spagna, essi, ascoltate le testimonianze dei missionari ed interpellando le autorità accademiche di Salamanca (al fine di formulare un corretto intervento non solo giuridicamente efficace ma teologicamente corretto; così che si tennero in tale sede accademica anche importantissime e fondamentali discussioni sulla giusta posizione da prendere), non solo essi presero provvedimenti giuridici severissimi per evitare o punire tali stragi, ma promossero una straordinaria base giuridica che fu decisiva per il costituirsi dell’autentico e duraturo “diritto internazionale”.

Tra queste autorità ecclesiastiche e culturali, che hanno fatto storia, abbiamo ad esempio il sacerdote e padre domenicano spagnolo Francisco de Vitoria (1483-1546): docente in diverse università spagnole e uno dei maggiori rappresentanti della scuola filosofica di Salamanca, è considerato uno dei padri fondatori del Diritto internazionale.
L’intervento del padre Francisco de Vitoria (1534), specie per far valere i diritti degli Incas – anche se oggi più rigorosi studi storici sollevano perplessità sull’attendibilità storica dei dati riportati dal padre e professore, in quanto risulterebbero eccessivi (come fece Las Casas) circa i danni subiti da quelle popolazioni indigene – fu comunque decisivo per la nascita appunto del “diritto internazionale”: gli Incas sono esseri umani come tutti gli uomini e devono essere trattati come tali, cioè godendo di quei diritti fondamentali propri della natura umana in quanto tale (da cui l’idea di “diritto naturale”, che fu decisivo per lo sviluppo di una vera giurisprudenza!), come il diritto alla vita, alla libertà, alla obiezione di coscienza, alla proprietà; e se hanno il diritto e dovere, come tutti gli esseri umani, di conoscere il Vangelo, la fede cattolica e di poter così accedere al battesimo, alla grazia e alla salvezza eterna, non possono esservi obbligati!
Significativo che proprio Lima, la capitale del Perù, fu Vescovo (il 2° vescovo dell’immensa diocesi, dal 1580 al 1605) uno spagnolo (fu anche Inquisitore a Granada), che fu uno dei primi santi pastori dell’America latina: san Turibio di Mongrovejo [1538-1606 (leggi e leggi)]. Promosse tanto l’evangelizzazione e la crescita nella fede gli indigeni, quanto la loro promozione umana, il loro sviluppo, i loro diritti. Organizzò anche il III Concilio di Lima (1582-1583), di fondamentale importanza per l’evangelizzazione e rispetto degli Incas e dove tra l’altro per la prima volta si sente formulata l’idea di una “società pluralista”.
Il già menzionato padre domenicano Antonio de Montesinos (1475-1540, spagnolo missionario nell’isola di Hispaniola, oggi Santo Domingo/Haiti; Santo Domingo prende appunto il nome dal fondatore del suo Ordine religioso S. Domenico) denunciò al Re Ferdinando le malefatte compiute dagli Spagnoli in quell’isola caraibica. Il Re ascoltò con molta attenzione tali denunce, vi diede credito e prese subito provvedimenti per evitare tali violenze ed abusi. Ne emersero le “Leggi di Burgos” (1512) e quelle di Valladolid (1513) (poi si legifererà ancora in merito nelle Leggi del 1542), il tutto per disciplinare, a nome del Re, gli ufficiali spagnoli nella loro interazione con le popolazioni indigene.

Una particolare attenzione in tal senso dobbiamo dedicare al padre domenicano spagnolo, poi consacrato vescovo, Bartolomeo de las Casas (1484-1566), che fu uno dei più strenui difensori degli Indios ed un implacabile accusatore dei misfatti compiuti dai Conquistadores. Accusava questi ultimi, se non rispettavano gli indigeni, di essere in stato di peccato mortale, con rischio di dannazione eterna, e se non cambiavano atteggiamento negava l’assoluzione sacramentale.
Anche se considerava ovviamente giusto sottrarre gli Indios alle loro abominevoli pratiche religiose e convertirli alla fede cristiana cattolica, si oppose radicalmente al filosofo e teologo Juan Ginés de Sepúlveda, che ammetteva l’uso anche della forza per sottrarre gli Indigeni a quelle macabre e primitive pratiche religiose da loro perpetuate. 
Fece scalpore ma divenne celebre l’opera di Las Casas Brevisima relacion de la destruccion de las Indias (1542), in cui però il vescovo domenicano si lascia troppo andare ad una visione manichea, dove gli Spagnoli vengono presentati solo come “veri lupi e leoni crudelissimi a caccia solo di ricchezze” (e la Conquista solo una guerra solo di aggressione), mentre presenta gli indigeni in modo idilliaco e unilaterale. In realtà le sue informazioni sono spesso generiche e imprecise ed hanno contribuito alla costituzione della Leyenda negra sulla colonizzazione ed evangelizzazione delle Americhe fatta propria dal laicismo illuminista ed anticlericale, come dai Protestanti (che possono così accusare la Chiesa Cattolica delle malefatte che invece essi hanno davvero compiuto nel nord-America) e ultimamente dalla Cancel culture. Oggi gli storici più obiettivi sollevano molte perplessità sulle denunce di Las Casas; quando parla di milioni di morti, è pressapochista e senza serie documentazioni; anche sulla diminuzione della popolazione indigena è smentito dalle più documentate e attuali ricerche storiche.
[F. Cardini, Processi alla Chiesa, PM 1994, pp. 259/328 (Fidel Gonzales-Fernandez, La coscienza cristiana e i problemi della conquista nella formazione dell’America latina, pp. 281/328)]

Nonostante che nel 2002 si sia dato inizio (in Spagna) al suo Processo di beatificazione (come fulgido esempio della risposta cattolica al genocidio degli indigeni ed allo schiavismo), le perplessità sulla sua denuncia, persino ossessiva, dei Conquistadores spagnoli pare sempre più alterata da una visione unilaterale, che qualcuno giunge a definire persino “delirio ossessivo”.

Già nel 1971 uno storico inglese, poi convertitosi e fattosi domenicano, William S. Maltby, docente universitario di storia sudamericana negli USA, afferma di Las Casas: “Nessuno storico serio prenderebbe oggi per vere certe sue denunce delle ingiustizie degli Spagnoli”!

Lo storico L. Hanke (1984), che pur apprezza Las Casas, afferma che le sue esagerazioni sono gravi errori (“moltiplica milioni, inventa crimini”) e i suoi giudizi storici sono infondati e generici (non indica luoghi e tempi dei misfatti che denuncia). Anche gli studi storici di Marianne Mahn Lot (“Bartolomeo de Las Casas e i diritti degli indiani”, 1985) riconoscono la falsità e ingiustizia della denuncia di Las Casas (“come può parlare di distruzione degli Indios quando in America latina il meticciato varia dal 30 all’80%?”). C’è pure chi oggi ha riscontrato in Las Casas, anche dal punto di vista clinico, un “delirio ossessivo”. [V. Messori, Pensare la storia, Paoline 1992 (Sugarco, 2006), pp. 648/651]

Comunque, il vescovo Bartolomeo de las Casas ha attraversato 12 volte l’Oceano Atlantico per sporgere le sue denunce dei Conquistadores alla Corona spagnola. Fu sempre ascoltato dai Reali e preso molto sul serio, tanto che anche Carlo V promulgo di conseguenza (1542), nuove leggi a protezione degli Indios.


 

Diamo ora uno sguardo più specifico agli
interventi legislativi spagnoli a favore dei popoli indigeni

Abbiamo già osservato come la Regina Isabella si impegnò per impedire qualsiasi violenza sui popoli indigeni americani da parte dei Conquistadores spagnoli. Non temette di imprigionare lo stesso Cristoforo Colombo (già nel 1493) per aver fatto alcuni schiavi, che fece immediatamente liberare. Abbiamo poi sottolineato come la Regina già dal 1495 avesse abolito ogni forma di schiavitù e con la Real Cedula del 20.06.1500 ne proibisse drasticamente la tratta. Il rispetto e il progresso degli Indios, come di tutti i popoli, fu talmente presente nella sua vita e governo, che, abbiamo osservato, persino nel suo testamento (Codicillo del 1504, anno della morte) Isabella implorò gli Spagnoli di amare tutti gli uomini della Terra.

S’è pure detto che il Re Ferdinando, sempre molto attento ai resoconti dei missionari sulla situazione delle popolazioni indigene e sugli eventuali misfatti ad opera dei suoi sudditi spagnoli (specie degli Ufficiali) impegnati nella “Conquista”, assai spesso emanava di conseguenza leggi ancor più rigorose e puntuali per garantire i diritti degli Indios. Avevamo osservato, in conseguenza delle denunce fatte dal padre domenicano Antonio de Montesinos, come il “Re Cattolico” emanasse le “Leggi di Burgos” (1512) e quelle di Valladolid (1513), che regolavano meglio i diritti delle popolazioni indigene, Nell’occasione ebbe il supporto teologico del cardinale Arcivescovo di Toledo Francisco Ximénez de Cisneros (che fu un frate francescano; e fu proprio lui ad inviare in missione in America Bartolomeo de las Casas).

Anche l’imperatore Carlo V, mosso dallo stesso spirito cattolico, si impegna in ogni modo per garantire la salvaguardia e i diritti delle popolazioni indigene dei territori conquistati dagli Spagnoli (quasi tutta l’America Latina). Nel 1526 emana l’Ordenanza sobre el buon tratamiento del los indios (Granada, 17.11.1526). Seguirono altre leggi analoghe nel 1528, 1529, 1530, 1536, 1540, 1541, 1542, 1543. Qualsiasi abuso commesso dall’esercito spagnolo doveva essere severamente punito e i danni procurati agli indigeni prontamente riparati e compensati. Avevamo poi già ricordato come con la Real Provision del 2.08.1530, Carlo V confermava la proibizione di qualsiasi forma di schiavitù come di qualsiasi forma di violenza e di furto nei confronti dei popoli indigeni. E, nonostante le proteste dei Coloni, danneggiati per questo nei loro commerci (per cui nel 1534 mitigò provvisoriamente tale divieto), il 20.11.1542 emanò nuove leggi (Leyes Nuevas) che non solo proibivano definitivamente ogni forma di schiavitù, ma anche il lavoro agricolo degli Indios, nelle encomiendas, doveva essere libero e regolarmente retribuito (in modo persino migliore di quanto avveniva in Europa)! I coloni spagnoli che non avessero rispettato tali leggi venivano severamente puniti. Queste Leyes Nuevas possono essere considerate l’inizio di una vera e propria giurisprudenza in America latina.
Infine, l’Imperatore Carlo V, ascoltando le denunce (anche eccessive e neppure realistiche, come quelle de Las Casas) sulla situazione degli Indios e profondamente amareggiato per il permanere, nonostante tutto il suo impegno, che sentiva sinceramente come un dovere non solo politico ma proprio di sua coscienza cristiana, di notevoli ingiustizie nei confronti delle popolazioni indigene anche da parte dei suoi sudditi spagnoli, nel 1556 (due anni prima di morire) abdica in favore del figlio Filippo II e si ritira in monastero!

 

Tra gli interventi papali di quel periodo, per regolamentare le missioni cattoliche nelle Indie ma anche per garantire il rispetto e i diritti delle popolazioni indigene, oltre ai già citati interventi di Alessandro VI (1492-1503), che subito pochi mesi dopo la scoperta dell’America intervenne (bolla Intere cetera, 3.05.1493) sulle questioni legate alle missioni in America latina, abbiamo ad esempio la bolla Omnimoda (1522; in particolare sulla situazione in Messico) di Adriano VI (1522-1523), come pure la bolla Veritas ipsa (1537) di Paolo III (1534-1549).
L’accento è messo sul rapporto tra missione (doveroso annuncio del Vangelo e “plantatio Ecclesiae”) in quelle nuove terre appena scoperte e il rispetto e la promozione umana di quelle popolazioni indigene. Mentre veniva fortemente ribadito che nessun indigeno doveva subire alcuna costrizione o pressione per aderire alla fede cattolica (neppure per riceverne dei benefici materiali) – dovevano essere attirati alla fede solo con la predicazione e il buon esempio – non mancava l’accento anche su certe loro usanze e religioni, che non potevano essere ammesse dalla Chiesa e costituivano per quei popoli stessi una grave violenza e condizione di vita disumana (sacrifici umani, incesti, poligamia, orge sacre, pratiche sataniche, droghe e alcool).
Si stampavano intanto (ed era solo qualche decennio che la stampa era stata inventata e veniva usata), ad uso dei missionari, dei catechisti e soprattutto degli indigeni stessi cui erano diretti, con l’immane sforzo di imparare e tradurli nelle loro molteplici e difficili lingue (che non permettevano a quei popoli stessi di intendersi tra loro) centinaia di catechismi, di testi evangelici, di preghiere, testi liturgici, pure di manuali per comprendere i peccati e imparare a confessarsi.


 

Il fondamento teologico e antropologico cattolico
della nuova giurisprudenza (diritti umani)

Proprio a partire dalla concezione biblica della “Creazione” (ogni uomo è creato da Dio “a Sua immagine e somiglianza” e quindi ha una dignità immensamente superiore al resto della Natura e che nessuno può permettersi di violare) e della “Redenzione” (ogni uomo è redento da Cristo Signore con la Sua morte e risurrezione; anche se nella singola persona tale grazia e rinnovamento, nell’incorporazione non solo alla Chiesa Cattolica ma nella stessa vita divina della Santissima Trinità, avviene attraverso il Battesimo e gli altri Sacramenti, se ricevuti con autentica fede cristiana cattolica) emerge la consapevolezza della dignità di ogni uomo e di ogni popolo (sia pur chiamato a ricevere la vita divina e la salvezza eterna attraverso appunto la fede e i sacramenti donatici dallo Spirito Santo attraverso la Chiesa.
Per questo, proprio dall’autentica teologia e dottrina cattolica, emerge anche una consapevolezza sempre più grande dei diritti (e doveri) dell’uomo e di ogni popolo!
Ogni uomo della storia ed ogni popolo della Terra ha il diritto e il dovere di cercare la Verità e di trovarla in pienezza in Cristo, unico Salvatore; nello stesso tempo ha il diritto di essere lasciato libero, cioè senza alcuna costrizione (fisica, psicologica, giuridica, sociale, politica), nell’aderire alla vera fede cattolica, condizione per raggiungere la salvezza eterna (e quindi con l’obbligo morale di aderirvi, come fondamentale Comandamento di Dio)!
Questa concezione, che come si può notare, è ben lontana dal “relativismo” (soggettivismo, sincretismo) oggi dominante (e attualmente penetrato persino nella mentalità cattolica!), coniuga mirabilmente sia il diritto/dovere di cercare la Verità (e quindi il sacrosanto dovere di annunciarla a tutti gli uomini di ogni tempo e luogo! cfr. Mt 28,18-20) come quello di aderirvi liberamente (pur non essendo facoltativa per la propria salvezza eterna).
Nello stesso tempo, l’incontro con la pienezza della Verità (Cristo, Logos) è in grado sia di eliminare l’errore (e il male) e nello stesso tempo di valorizzare, purificare, innalzare ed armonizzare (nell’unico Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, composto però di molte membra, cioè carismi ma anche proprie spiritualità e tradizioni, comunque pienamente cattoliche) tutti quei valori e quelle ricchezze culturali che possono essere presenti ovunque (Logos spermatikos).
Emerge con chiarezza la consapevolezza che, nonostante il “peccato originale” [concezione fondamentale della fede cristiana cattolica, esasperato invece dalla teologia protestante (fino a cadere nella terrificante concezione della natura umana definitivamente corrotte, della impossibilità di non peccare neppure con la grazia di Dio, persino della predestinazione di alcuni alla salvezza eterna e di altri alla dannazione eterna, ed annullato invece dall’Illuminismo (appunto l’idea del “buon selvaggio” e della visione paradisiaca delle popolazioni indigene, salvo poi scadere nel più bieco razzismo, come abbiamo visto)] e i peccati personali e sociali (anche dei cristiani), però la legge di Dio (Comandamenti) sia già inscritta nella natura umana e quindi per sé già avvertibili dalla coscienza di ogni uomo. Anche per questo l’evangelizzazione, l’incontro con Cristo e il dono della Sua grazia, non veniva semplicemente ad apportare qualcosa dall’esterno dell’uomo, ma a rivelare pienamente l’uomo all’uomo e a rendergli possibile di essere pienamente se stesso, oltre ovviamente che a salvarsi eternamente!
Proprio queste riflessioni teologiche, e conseguentemente giuridiche, sulla “natura umana” (e l’incontro con la “grazia soprannaturale”, che secondo la dottrina cattolica, cioè vera, non distrugge la natura ma l’esalta!) permettono in questo frangente storico e proprio in Spagna (specie dall’Università di Salamanca) di formulare meglio le basi del futuro e universale “diritto internazionale”!
Se questo principio di rapporto tra evangelizzazione e culture, di differenze armonicamente unite nell’unica fede cattolica, si è sempre mirabilmente realizzato e fin dall’inizio del Medioevo (vedi dossier) ha permesso la formazione dell’identità e unità europea, così come della stessa civiltà occidentale*, ciò è avvenuto anche con la scoperta ed evangelizzazione delle Americhe, specie appunto nell’America latina, proprio ad opera degli Spagnoli.

* [cfr. T. E. Woods Jr., How the Catholic Church built western civilization, Washington D.C., 2001 (trad. it., Cantagalli SI, 2007: “Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà occidentale”)]

Nello stesso tempo, proprio le problematiche storiche (e gli abusi) emerse in questa grande opera di incontro (talora scontro) con i popoli e civiltà indigene americane, ha ancor più obbligato, specie appunto la cultura, la Chiesa e i sovrani spagnoli, a meglio formulare anche la questione dei diritti dei popoli, gettando le basi dello stesso attuale “diritto internazionale”.

Che la fede cristiana, pur necessaria per la salvezza eterna (altrimenti sarebbe vana la stessa Incarnazione e Redenzione operata da Cristo Signore!), richiedesse necessariamente un’adesione libera (pur essendo appunto un obbligo morale della coscienza di fronte al giudizio stesso di Dio!) è sempre stato chiaro nella storia del cristianesimo e della Chiesa Cattolica. [Non lo è invece quasi mai stato ad esempio nell’Islam!] Tra l’altro, una fede obbligata sarebbe una “contraddizione in termini”, in quanto potrebbero essere ingiustamente obbligati degli atti esterni, ma non certo un’adesione della coscienza (che in sé rimane infatti libera), condizione necessaria per un vero e meritorio atto di fede (di fronte a Dio).

Ricordiamo ancora che anche l’Inquisizione medievale – vedi dossierdocumento e Notizie – non significava assolutamente un’imposizione della fede, infatti quei tribunali non avevano alcun potere sui non-cattolici, ma solo una difesa dell’autentica fede (contro ogni eresia), condizione di salvezza eterna delle anime, per chi volesse aderirvi o addirittura la predicasse.

Il Concilio di Toledo (del 633) lo aveva riaffermato con forza (anche a riguardo degli Ebrei presenti in Europa).
Questa condizione di libertà, indispensabile per un vero atto di fede, era poi già stato ampiamente descritto e sviluppato anche nella grande teologia di S. Tommaso d’Aquino.
Si può quindi affermare che paradossalmente proprio a partire da certi abusi degli stessi Spagnoli sorsero le basi (su fondamento cattolico) del diritto internazionale. Certi diritti che oggi sembrano ovvii in realtà “sorgono dai teologi cattolici che insegnavano nelle università spagnole”.
Soprattutto emerse l’idea fondamentale (assente in tutte le altre civiltà) che ogni singolo uomo ha un valore tale che il potere stesso (lo Stato) deve riconoscere (quello che è invece eliminato dal Machiavelli), cioè che lo Stato stesso, come ogni potere, deve essere sottomesso a criteri oggettivi di moralità. [cfr. T. E. Woods Jr., How the Catholic Church built western civilization, Washington D.C., 2001 (trad. it., Cantagalli SI, 2007: “Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà occidentale”)], pp. 141-159.]
Sono ormai molti gli storici, anche sul piano della giurisprudenza, che riconoscono come la Chiesa Cattolica, non solo in Europa ma proprio anche in America (latina), sia stata all’avanguardia e decisiva nel riconoscimento e nella codificazione giuridica dei “diritti umani”, assai prima dell’Illuminismo e delle celebri formulazioni settecentesche.
Da parte di alcuni storici si fa invece osservare come in seguito proprio l’avvento di Napoleone, come comportò notevoli trasformazioni nei territori europei, lasciò una traccia sociale negativa anche nelle Americhe. Inoltre, proprio la rivoluzione industriale e la nascita di un capitalismo selvaggio – che ha trovato dal XIX sec. negli USA, sotto gli Inglesi (e nel protestantesimo stesso), come già in Inghilterra, un propulsore potente e senza troppi scrupoli sociali – ha condizionato non poco, se non altro per la concorrenza, anche il mondo latino-americano, rendendo più precario quell’importante equilibrio e fecondo rapporto tra europei ed indigeni attuato dagli Spagnoli in quelle terre, con grande attenzione non solo umana e cristiana ma anche sul piano della giurisprudenza (per interventi diretti dei Reali spagnoli, come abbiamo visto), al fine di garantire i diritti e lo sviluppo stesso dei popoli indigeni americani.
[F. Cardini, Processi alla Chiesa, PM, 1994, pp. 259/328 (Fidel Gonzales-Fernandez, La coscienza cristiana e i problemi della conquista nella formazione dell’America latina, pp. 281/328)]



 

6. La differenza con l’America settentrionale (colonizzazione inglese, massoneria, missioni protestanti)

Come abbiamo già più volte sottolineato, unificare sotto un unico giudizio tutta la questione della colonizzazione e missione dell’America è un grave errore storico, un pregiudizio diffuso non solo dalla cultura dominante (normalmente in chiave anticattolica) ma attraverso lo stesso insegnamento scolastico. Ci sono infatti enormi differenze tra la colonizzazione inglese del nord-America (tanto da far quasi del tutto sparire le popolazioni indigene!) e quella spagnola dell’America latina (Messico, centro e sud-America; dove le tracce persino somatiche delle popolazioni indigene precolombiane sono tuttora ben visibili), così come in genere tra le missioni anglicane e protestanti (al nord) e quelle cattoliche (appunto in America latina). C’è poi chi attribuisce alla Chiesa le malefatte compiute invece dal potere civile o dagli eserciti europei, quando invece, laddove sono realmente accadute, sono state compiute proprio in disobbedienza alla Chiesa Cattolica (e talora persino ai Reali spagnoli)!
Che poi certe false accuse alla Chiesa cattolica provengano dalle ideologie sorte dall’Illuminismo in poi (e in opposizione ad essa), che hanno provocato invece ideologie disumane, immani tragedie, violenze senza precedenti, due guerre mondiali e decine di milioni di morti, è quantomeno disonesto! [vedi documento sulle “rivoluzioni” della modernità]
È poi non solo culturalmente disonesto ma persino grottesco, che tutte le volte che un singolo o un popolo aderisca alla fede e Chiesa Cattolica, ciò sarebbe frutto di una violente “imposizione”; mentre tutte le volte che vi si oppone sarebbe un “libero pensatore”!



Gli Inglesi e la colonizzazione del nord-America

[cfr. pure il documento sugli Inglesi (e la Chiesa anglicana), anche riguardo ai rapporti con la Chiesa Cattolica (e persecuzione dei Cattolici), alla loro conquista del mondo (compiendo pure genocidi) e alla formazione degli USA (eliminazione degli indigeni e sfruttamento dei negri d’Africa)]
 

Nel XVIII secolo, Inglesi (Anglicani) e i Francesi (Cattolici) si contesero il predominio sull’America settentrionale (attuali USA e Canada). Con tutta probabilità, se avessero vinto i Francesi, non solo la storia del nord-America (specie USA) sarebbe stata diversa [non ci sarebbe stata neppure la dolorosa “Guerra di Secessione” (1861-1865)], ma assai diversa sarebbe stata la storia contemporanea dell’Occidente e in fondo del mondo intero (basti pensare a quanto accaduto nel XX sec. e al decisivo ruolo avuto dagli USA nel panorama geopolitico, nelle vicende belliche mondiali e nello sviluppo economico, tecnico e commerciale a livello planetario).

Ponendo qui l’accento sulla questione della colonizzazione del “Nuovo Mondo” da parte degli Europei (e il rapporto con la missione cristiana), possiamo senza dubbio riconoscere l’enorme differenza tra il sostanziale rispetto degli indigeni ad opera degli Spagnoli (Cattolici) in America latina (raggiunta ed evangelizzata dai Cattolici, specie Spagnoli) e il “genocidio” operato degli Inglesi (Anglicani) nel nord-America delle popolazioni indigene precolombiane (i “Pellerossa”, gli “Indiani”), praticamente annientati e tuttora quasi del tutti inesistenti (a differenza appunto delle popolazioni indigene, Indios, latinoamericane, tuttora esistenti nell’insieme della popolazione latino-americana).

I Francesi avevano invece in genere un rapporto ben diverso con le popolazioni indigene dei territori da essi raggiunti (“Nouvelle France”). Quando ad esempio i missionari cattolici francesi battezzavano un indio (pellerossa), questi diventava automaticamente anche un suddito del Re di Francia; e come tale poteva godere degli stessi diritti dei Francesi.

Se appunto nel duro scontro tra Francia e Inghilterra [si giunse alla cosiddetta “Guerra dei sette Anni” (1756-1763), vinta dagli Inglesi; uno scontro che ebbe riverberi nel mondo intero] avessero vinto i Francesi, con tutta probabilità esisterebbero ancora i “pellerossa” e forse neppure sarebbero esistiti gli schiavi negri africani.
La vittoria degli Inglesi scatenò invece il predominio e l’orgoglio stesso della loro “milizia coloniale” [Comandante in Capo dell’esercito continentale fu George Washington (1732-1799), artefice della “rivoluzione americana” (1776) e 1° Presidente USA (1789-1797)]. Non furono certo gli Indigeni a fare la “rivoluzione” contro gli Inglesi e ad ottenere il riconoscimento dei loro diritti, ma furono gli Inglesi stessi (il nuovo potere economico e commerciale) a volere ed ottenere l’indipendenza da Londra, per liberarsi dai vincoli (soprattutto fiscali) della Corona. Ed a farne crudelmente le spese furono invece proprio gli indigeni (“Indiani”)!
Anche quella “rivoluzione” nasceva dalle ideologie illuministe europee (vedi documento sulla “modernità”, capitolo sulla “Rivoluzione americana”), fondamentalmente ostili al cristianesimo, in particolare alla Chiesa Cattolica (i “Papisti” – vedi documento sugli Anglicani) e sospinta dalla Massoneria, che prese praticamente le redini del potere dei nuovi Stati Uniti di America.

Furono ufficialmente Massoni (Fratelli Liberi Muratori) sia George Washington (come del resto numerosi Presidenti della storia degli USA), Benjamin Franklin [(1706-1790); uno dei protagonisti della rivoluzione e tra i Padri fondatori degli USA] e Thomas Jefferson [(1743-1826), uno dei Padri fondatori degli USA e 3° Presidente USA (1801-1809)]. Tra gli altri Presidenti USA dichiaratamente massoni abbiamo ad esempio Theodore Roosevelt [(1858-1919); 26° Presidente USA (1901-1909)], Woodrow Wilson [(1856-1924), 28° Presidente (1913-1921)], Franklin Delano Roosevelt [(1882-1945), 32° Presidente (1933-1945)], Harry Truman [(1884-1972), 33° Presidente: 1945-1953) [Gioele Magaldi, Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges, Ed. Chiarelettere (MI), (2014) 2021]

La colonizzazione inglese del nord-America ha drasticamente cancellato le etnie, culture, civiltà e religioni indigene. Non c’è stato alcun incontro, alcun rispetto, alcun meticciato. Lo si riscontra ancor oggi, non solo per il numero irrisorio dei discendenti di quelle popolazioni indigene, ma persino per la quasi totale assenza dei loro stessi tratti somatici nella popolazione statunitense e canadese (cosa invece assai presente ed evidente anche nelle attuali popolazioni messicane, centro-americane e sud-americane)!

 

Raccogliamo ancora qualche dato, riportato da alcuni storici o da autorevoli scrittori, circa la notevole differenza tra colonizzazione e missione operata dai Protestanti (inglesi e olandesi) nel nord-America e quella attuata dai Cattolici (spagnoli e portoghesi) nell’America latina.

Così lo storico G. Martina: “È interessante notare che, mentre la legislazione spagnola era favorevole agli indigeni, quella delle colonie anglosassoni continuava a mostrarsi irriducibilmente ostile: le leggi della Virginia nella seconda metà del ‘600 non solo proibivano matrimoni misti, ma negavano a meticci e mulatti il diritto di proprietà, consideravano schiavi perpetui i prigionieri indiani, autorizzavano i bianchi a catturare gli “Indiani” in riparazione di eventuali danni arrecati, stabilivano il principio della responsabilità collettiva per tutto un villaggio nel caso dell’uccisione di un bianco” (G. Martina, La Chiesa nell’età dell’assolutismo, BS 1980, pp. 245-246). [F. Cardini, Processi alla Chiesa, PM, 1994, pp. 259/328 (Fidel Gonzales-Fernandez, La coscienza cristiana e i problemi della conquista nella formazione dell’America latina, p. 318)]

Vittorio Messori fa osservare, dati anagrafici alla mano, la presenza degli Spagnoli in America ebbe proporzioni limitate, all’inizio addirittura esigue. Nei primi 50 anni (1509-1559) giunsero in America solo 27.787 Spagnoli (quindi poco più di 500 all’anno), per un territorio immenso (dal Messico al Perù/Argentina). Ancor oggi, la maggioranza della popolazione dell’America latina è di origine india [nel Messico, nei Paesi che occupano gli altopiani delle Ande e nel Brasile (occupato però dai Portoghesi) la percentuale della popolazione composta dai discendenti degli Indios o meticci è del 90%]
Gli indigeni (indiani, pellerossa) del nord-America invaso dagli Inglesi sono stati invece assai presto decimati e tuttora i loro discendenti (anche chi ha anche solo un nonno di origine indigena) sono negli USA solo 1,5 milioni. Questa percentuale pressoché irrilevante degli indigeni sul totale della popolazione, ha contribuito ad alimentare una visione razzista contro i pellerossa, che si è ovviamente estesa anche agli schiavi negri arrivati dall’Africa. Ha contribuito non poco alla visione razzista e discriminante di questi popoli anche la sconcertante concezione protestante di “predestinazione”.
Queste differenze si riscontrano ovviamente anche a livello di cultura e lingua: negli USA quelle indigene sono praticamente del tutto sparite, mentre hanno lasciato notevoli tracce nel Messico e in tutto il centro e sud America.
È poi significativo che i territori raggiunti e occupati dai Cattolici (Spagnoli e Portoghesi) fossero chiamati “province”, mentre “colonie” quelli occupati dagli Inglesi (Anglicani; fino a fine ‘800 il Re d’Inghilterra e Regno Unito conservò pure il titolo di “Imperatore delle Indie”).
Fu poi decisivo che in America latina gli Spagnoli affidassero agli indigeni la coltivazione delle terre secondo la forma delle “encomiendas”, assai simile al sistema feudale europeo [abbiamo sopra osservato come le Leyes Nuevas spagnole del 1542 garantivano che nelle encomiendas i contadini indigeni potessero lavorare la terra in modo libero e regolarmente retribuito; e si garantì un trattamento anche economico persino superiore a quello europeo!]. Invece nel nord-America, gli Inglesi si sentivano proprietari esclusivi dei terreni occupati; per cui gli indigeni, tranne quei pochissimi che potevano permettersi di “comprare” quei terreni dagli inglesi, dovevano abbandonarli e fuggire; spesso venivano uccisi. Anche da questo, se non soprattutto da questo, nacque la necessità di importare e utilizzare gli schiavi negri per la coltivazione degli immensi territori occupati dagli Inglesi. Si potrebbero ricordare in proposito, per quei negri che si fecero poi cristiani, la nascita di quel genere musicale che va sotto il nome di “Negro spirituals”, venuto di moda negli anni ’60/’70 anche in Italia, pure come canti utilizzati nella liturgia.
Infine ancora un dato, assai macabro. Nel nord-America (inglese e protestante) si mantenne e persino si incrementò la raccapricciante usanza dello “scotennamento”, cioè di togliere lo “scalpo”. Nel XVII sec. i coloni inglesi arrivarono a dare un premio per ciascuno scalpo (nel Massachusetts nel 1703 si pagavano 12 sterline per scalpo), per cui la “caccia all’indiano” divenne una sorta di attività e persino di sport redditizio. Inutile ricordare come tutto ciò fosse totalmente proibito, e forse neppure immaginabile! [V. Messori, Pensare la storia, Ed. Paoline 1992 (Sugarco, 2006), pp. 637/660]

Chiesa anglicana e Protestanti

Il costituirsi degli Stati Uniti d’America da parte inglese ha risentito non poco dei pregiudizi anticattolici, sia di stampo anglicano (vedi documento) e protestante come di matrice massonica (sia pur in modo più morbido rispetto appunto a quello che avvenne poi in Messico agli inizi del XX sec.).
Il cittadino americano (USA) doveva essere WASP (White, Anglo-Saxon, Protestant). Non c’era posto per i Cattolici.
Tra i primi missionari che raggiunsero quelle terre ci furono o “Padri Pellegrini” (Pilgrim Fathers), protestanti così fanatici da essere alla fine scacciati dai protestanti stessi.
Ci vorranno due secoli perché negli USA fossero ammessi i Cattolici nella vita pubblica (sulla persecuzione e poi discriminazione dei cattolici in Inghilterra vedi documento).  
È stato raro se non impossibile che grandi ruoli di potere, a cominciare dal Presidente USA, siano stati occupati da Cattolici.

Quando (1848) gli USA sottrassero al Messico numerosi territori (Stati USA sud-occidentali, in particolare la California), si trovarono al proprio interno una cospicua presenza cattolica (a tal punto che pare per questo motivo lasciarono al Messico la penisola californiana, per non sbilanciare troppo le proporzioni USA tra Protestanti e Cattolici). Quei territori erano già stati evangelizzati dai Cattolici spagnoli, specie dai Francescani [figura di spicco fu Junìpero Serra (1713-1784), missionario spagnolo francescano, fondatore di diverse missioni nell’Alta California. Nonostante le critiche di molti, che cercano di associare anche questa figura cattolica ai crimini operati dai coloni inglesi, fu proclamato Beato nel 1988 e Santo nel 2015. Sua è l’unica statua di un Cattolico al Campidoglio di Washington].
Per questo quella zona sud-occidentale USA mantiene, anche a livello sociale, una propria fisionomia e soprattutto rimane evidente la matrice cattolica (persino il nome spagnolo) di molte città (di chiara impronta devozionale cattolica e non certo protestante, essendo dedicate alla Madonna, ai Santi, persino all’Eucaristia!): v. San Francisco (nome rimasto appunto in spagnolo e riferentesi a S. Francesco d’Assisi), Los Angeles (in realtà il nome intero è “El Pueblo de Nuestra Señora la Reina Virgen de los Ángeles del Rio de la Porciúncula de Asís”, in riferimento nientemeno che alla basilica francescana di S. Maria degli Angeli, che comprende la celebre Porziuncola di S. Francesco, ad Assisi!), Santa Monica, San Diego, San Jose, Sacramento, Santa Fe (nel Nuovo Messico) e San Antonio e Corpus Christi (queste due città sono oggi in Texas).

Il ruolo della Massoneria

Abbiamo sopra ricordato come la colonizzazione inglese del nord-America, col suo sterminio delle popolazioni indigene, così come la rivoluzione americana e il costituirsi deli Stati Uniti di America, fosse di stampo illuminista (vedi nel documento sulle “Ideologie della modernità”, capitolo sulla “Rivoluzione americana”), risentisse di una certa cultura anglosassone (sul “razzismo” e persino posizioni di indirizzo “eugenetico” di grandi autori e scienziati inglesi, vedi ancora il documento citato), così come della confessione “anglicana” (ibidem); ma fosse ampiamente plasmata e sostenuta dalla Massoneria (non a caso nata ufficialmente in Inghilterra nel 1717 e poi diffusa in tutto l’immenso Impero inglese, idem).
La tanto declamata “libertà”, rappresentata a mo’ di mito-divinità pagana nella gigantesca e massonica statua che domina simbolicamente l’ingresso del porto di New York, spariva quando si trattava di applicarla ai popoli indigeni e ai Cattolici (chiamati dagli Inglesi i “Papisti”).

La celebre “Statua della libertà”, che domina l’ingresso del porto di New York e simbolicamente l’ingresso stesso negli USA (e così era per i piroscafi di tutto il mondo che vi approdavano per i loro commerci o per sbarcarvi i sempre numerosi ma regolari immigrati, che provenivano da oltre oceano), rappresenta il simbolo stesso degli USA nel mondo! Tale gigantesca statua rappresenta appunto la “libertà” la cui fiaccola illumina il mondo (il titolo esatto è infatti “Liberty Enlightening the World”, in francese “La Liberté éclairant le monde”; non è più Cristo “la luce del mondo” ma questo mito illuminista e rivoluzionario). Volutamente senza alcun simbolo cristiano ma invece ricchissima di simboli massonici (specie nella sua base), fu infatti donata dai massoni francesi (ufficialmente dal “popolo” francese): realizzata dal francese Frédéric Auguste Bartholdi, con la collaborazione dello stesso Gustave Eiffel (l’ingegnere che, forte della sua esperienza nella celebre torre parigina che porta il suo nome, ne progettò gli interni) e inaugurata nel 1886.


Quando invece, agli inizi del XX secolo, la Massoneria, certamente sostenuta dagli USA, volle occupare il cattolicissimo Messico (ricordiamo come proprio qui la Madonna apparve già nel 1531 a Guadalupe!), lo fece in modo violentissimo (una persecuzione cruenta dei Cattolici), fino a dichiarare (rimase paradossalmente fino a poco fa) l’ateismo come “religione di Stato”. Ciò, come sappiamo, provocò non solo un’eroica resistenza fino al martirio dei Cattolici messicani, ma persino una loro difesa e rivolta armata (la famosa epopea dei Cristeros).

[vedi News del 16.10.2016 (in occasione della Canonizzazione dell’eroico ragazzino Cristeros José Sanchez del Rio); vedi scene del film Cristiada (2011);  https://www.youtube.com/watch?v=puc0imvThoQ]


Nonostante questo potere culturale e politico sostanzialmente ostile, i Cattolici riuscirono a penetrare negli USA e, con le loro missioni e la loro carità, riuscirono a diventare poli di attrazione per altri. Furono i Cattolici ad esempio ad aprire negli USA le scuole agli indiani e ai negri.
L’esempio di carità, offerta dai Cattolici a tutti, senza distinzioni, attirò l’attenzione e la simpatia di molti, provocando sincere conversioni alla Chiesa Cattolica: si fecero cattolici anche i celebri Buffalo Bill, Toro Seduto, Kit Carson e Alce Nero.
Anche nei confronti degli immigrati (legali, ma innumerevoli e spesso in condizioni di vita e di lavoro disumane) fu esemplare l’opera di carità fattiva posta in atto dai cattolici negli USA. La carestia, persino aggravata dagli Inglesi (vedi), che colpì l’Irlanda tra il 1845 e il 1849, provocò oltre 1 milione di morti, ma anche 2 milioni di emigrati, specie diretti verso gli USA (ancor oggi evidente questa porzione di Irlandesi nella popolazione USA).
Tra la fine del XIX sec. e gli inizi del XX sec. (possiamo certo dire in conseguenza pure delle condizioni economiche che si erano create dopo la cosiddetta “unità d’Italia” – vedi dossier e documento sul Risorgimento) furono invece circa 5 milioni gli Italiani che emigrarono sulle coste atlantiche americane [proprio l’arrivo di queste folle di disperati, ha permesso ad alcuni di cominciare un’ascesa sociale ed economica che li ha portati ad ottenere ingenti ricchezze; ma ha costretto molti a rifugiarsi nella delinquenza organizzata; da cui l’idea o il pregiudizio, specie a New York e nelle città atlantiche degli USA, degli Italiani come delinquenti, mafiosi, “Pizza connection”, ecc.]
Straordinarie (tanto più ad opera di una giovane suora italiana) furono le opere di carità, assistenza ed educazione poste in atto in tutta l’America per gli immigrati dalla santa (lombarda) Francesca Cabrini (1850-1917) e dall’Ordine da lei fondato (“Missionarie del Sacro Cuore di Gesù”). Proclamata Beata nel 1938 e Santa nel 1946 [fu la prima cittadina ufficialmente statunitense ad essere canonizzata, anche se appunto di origine italiana: nata a S. Angelo L. (Lodi), dove è veneratissima, e sepolta a Chicago], nel 1950 è stata pure proclamata “Patrona degli emigranti”.




La situazione attuale

Le barbarie e perfino il genocidio delle popolazioni indigene perpetrati dai colonizzatori inglesi (Anglicani) non ebbero certo l’appoggio dei Cattolici (abbiamo visto quale fu la posizione e quali furono le politiche attuate dei Cattolici spagnoli nell’America latina) o dei Papi!
Così, l’impostazione massonica e anticattolica che soggiaceva alla “rivoluzione americana” (vedi il capitolo apposito nel documento sulle “Ideologie della modernità”) e al costituirsi degli Stati Uniti d’America, non trovavano certo il plauso della Chiesa Cattolica e del suo Magistero.

Nonostante ciò, non poteva non essere accolto benevolmente, anche dalla Chiesa Cattolica e dai Papi) quel sia pur vago riferimento religioso che la nascita degli USA ha voluto mantenere e che segna non solo la vita privata dei suoi cittadini [che mettono Dio (God) dappertutto e in ogni loro esclamazione (“Oh my God!”)] ma perfino la vita pubblica ed istituzionale [Dio è pure sui dollari (“In God we trust”); perfino lo stesso Presidente USA deve giurare sulla Bibbia all’inizio del proprio mandato e non è raro trovare riferimenti a Dio e alla religione cristiana anche nei discorsi ufficiali]. Tutte cose ormai inimmaginabili non solo nella laicista Europa (UE) ma persino in Italia, centro mondiale della Cattolicità (qualcosa del genere farebbe gridare alla mancata “laicità” o all’ingerenza della Chiesa)!
Per questo, nonostante il ripudio netto di tutto ciò che la colonizzazione inglese ha compiuto di esecrabile nell’America settentrionale, proprio per questi segni di maggior apertura religiosa e sostanziale rispetto per la Chiesa cattolica – profondamente diversi da ciò che fece la “rivoluzione francese” nel 1789 (e ciò che ne seguì di persecuzione anticattolica – vedi) o appunto quella messicana del XX sec., per non dire quella bolscevica russa (vedi) ed altre del XX sec. nel mondo – la Chiesa Cattolica e il Magistero ufficiale non si opposero né alla rivoluzione americana, né alla costituzione stessa degli USA, come poi né al costituirsi dell’ONU (da Paolo VI in poi i Pontefici vi hanno addirittura parlato, con importanti discorsi tenuti di fronte al mondo nella sede di New York … ed ora sembra addirittura che il Vaticano ne segue persino l’agenda!) o alla Dichiarazione universale dei diritti umani (ONU, 1948; nonostante che si sia in essa invece volutamente rifiutato ogni riferimento a Dio come fondamento e proprio per questo è rimasta una dichiarazione filosoficamente fragile).

Sulle differenze tra la rivoluzione americana, più morbida e rispettosa della religione e della Chiesa, e la rivoluzione francese (più rigida, violenta e apertamente anticattolica), fece cenno Benedetto XVI (fu per questo criticato per una apparente apertura alla modernità!), nell’importantissimo discorso tenuto alla Curia romana il 22.12.2005, all’inizio del suo pontificato. (vedi)

Per questi motivi, se quello americano (USA) può rimanere un modello, per altri versi (anche valoriali, oggi fondamentalmente in crisi se non già precipitato nel baratro del nichilismo, dove si cerca solo di imporre sempre nuovi e presunti “diritti”, persino contro-natura) rimane fortemente criticabile. Così pure nell’ambito della politica internazionale.

Come abbiamo già ricordato, a causa proprio dell’impostazione data fin dall’inizio alla costituzione degli Stati Uniti di America, è stato raro se non talora impossibile per i Cattolici accedere alle leve del potere culturale, economico e politico, fondamentalmente in mano alla Massoneria e ad un’oligarchia, che poi spesso s’è rivelata di matrice ebraica (specie di grandi famiglie che posseggono un immenso potere economico).

Abbiamo accennato a quanti Presidenti USA siano stati ufficialmente “massoni” (a cominciare dallo stesso G. Washington). Tra i 45 Presidenti USA della storia (escluso l’attuale), l’unico che fu cattolico fu John F. Kennedy (1917-1963, Presidente dal 20.01.1961): appartenente ad una storica famiglia di provenienza irlandese, figura politica anche carismatica, ma di cui ci sono tracce di affiliazione massonica, oltre a discussi problemi di moralità nella vita privata; comunque, com’è noto, è stato assassinato a Dallas il 22.11.1963!
Attualmente (2022) abbiamo invece le più alte cariche istituzionali USA, a cominciare dal Presidente J. Biden, cattoliche; il problema s’è però capovolto, forse in modo ancor più pericoloso, in quanto quasi tutte le scelte politiche e legislative sono in chiara opposizione alla dottrina sociale della Chiesa (vedi), a cominciare dai fondamentali valori della vita e della famiglia.

Proprio sulle grandi questioni etiche (la questione dell’aborto, l’attacco alla famiglia naturale, il restringimento della libertà di coscienza per le stesse scuole e negli ospedali cattolici; lo sbriciolamento nichilista delle identità sessuali, con le ideologie gender e Lgbt+, l’enorme potere raggiunto dal mondo gay), noi vediamo comunque che il grande potere economico, politico, culturale e mediatico USA rimane fondamentalmente ostile non solo alla morale cattolica ma persino a quella “naturale”!
Nello stesso tempo, emerge sempre più quel “suicidio culturale” cui accennavamo all’inizio, che porta ad una sorta di rifiuto netto delle proprie radici (“Cancel culture”) e della propria storia, magari col pretesto antirazzista (“Black Lives Matters”) o contro ogni presunta o reale forma di discriminazione, una sorta di “complesso d’inferiorità” (e rifiuto della civiltà cristiana) che sembra osannare e voler ritornare alle civiltà e alle religioni primitive, pagane, fino ad una nuova idolatria della Natura (come Madre). 
Perfino la Chiesa Cattolica pare sempre più spesso paradossalmente adeguarsi a questa a agenda massonica e globalista.
Nonostante ciò, persiste però negli USA anche una componente sociale cattolica fortemente determinata a compiere anche a livello sociale e politico delle scelte coerenti e moralmente corrette.

Per concludere, ricordiamo alcuni dati statistici (2021) sulla componente religiosa negli USA (una società fortemente multietnica e multireligiosa). I Cristiani sono il 75% della popolazione degli USA (che conta 316.253.000 abitanti). I Protestanti sono il 48% della popolazione; quindi “in totale” la confessione religiosa con più seguaci. Essendo però suddivisi in molte “Chiese riformate” (di cui quella più seguita è quella Battista: il 7% della popolazione), nessuna di queste raggiunge il numero di fedeli della Chiesa Cattolica (che, essendo “una” e seguita dal 22,7% della popolazione, rimane la comunità religiosa col maggior numero di seguaci) [cfr. News del 2.05.2021].

 

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Appendice

… sugli impropri “mea culpa” della Chiesa Cattolica, tanto enfatizzati dalla cultura laica (al fine di ulteriormente denigrarla e possibilmente distruggere), talora su dati storici persino falsi o che non la riguardano.

Non entriamo qua nel merito degli scandali che riguardano il campo della vita sessuale, specie (perché per il resto la cultura dominante esalta come “diritto” anche ogni forma di perversione!) il gravissimo peccato e reato della “pedofilia”, anche se in genere si tratta non di “pederastia” (rapporti con bambini) ma di “efebofilia” (rapporti con adolescenti) e in gran parte legati alla realtà omosessuale (ma non si può sottolineare questo dato, perché quella è ormai una “specie protetta ed intoccabile”!). Si tratta tra l’altro spesso di scandali ampiamente enfatizzati e persino falsamente creati; che non sono invece sottolineati quando riguardano altre realtà. Si tenga tra l’altro presente che negli USA la Chiesa cattolica è ufficialmente considerata alla stregua di un’azienda e quindi di certi reati (di suoi dipendenti) ne risponde direttamente, anche dal punto di vista economico (e si tratta di risarcimenti milionari, di cui una cospicua porzione va agli avvocati!). 
Si veda comunque in proposito un documento specifico, mantenuto in Archivio).

Ci soffermiamo brevemente sugli impropri “mea culpa” – elevati pubblicamente non tanto a Dio quanto alla società e persino alla cultura dominante (ed ascoltati anche recentissimamente) – che riguardano certi fatti storici, che tra l’altro dovrebbero essere se non altro meglio studiati, per non cadere appunto nella “mitologia”, “leggende nere”, luoghi comuni (oggi smentiti anche da seri studi storici, anche di non credenti), in genere usati e ostinatamente divulgati dall’Illuminismo in poi solo contro la Chiesa Cattolica, diffusi fin dalle scuole e sui mezzi di comunicazione.
[Nel sito abbiamo una discreta documentazione storica di ciò tra i Dossier e nella sezione Fede & Cultura].

Ecco dunque qualche autorevole precisazione riguardo ad esempio alla colonizzazione del Canada, che avrebbe addirittura coinvolto la missione della Chiesa Cattolica persino in esecrabili crimini di massa (s’è persino sentito parlare di “genocidi” perpetrati anche dalla Chiesa cattolica!).

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ex Nunzio Apostolico (cioè Ambasciatore del Papa) negli USA, ha in tal proposito tra l’altro precisato (vedi; 1°.08.2022):
(Oltre a ricordare le raccapriccianti atrocità subite dagli innumerevoli martiri cattolici in terra canadese ad opera degli “Indiani Irochesi”) circa “le presunte accuse relative alle Indian residential schools che lo Stato aveva affidato alla Chiesa cattolica e agli anglicani per civilizzare gli indigeni e favorire l’assimilazione della cultura cristiana del Paese, scopriamo che «gli Oblati [di Maria Immacolata] erano gli unici difensori della lingua e del modo di vita tradizionale degli Indiani del Canada, a differenza del governo e della chiesa anglicana, che insistevano per una integrazione che sradicava gli indigeni dalle loro origini». Apprendiamo parimenti che il presunto <genocidio culturale> degli indigeni di cui doveva occuparsi la Commission de vérité et réconciliation nel 2008 si è poi trasformato, senza alcuna base di verità né di verosimiglianza, in “genocidio fisico”, grazie a una campagna mediatica assolutamente falsa, sostenuta dal premier Justin Trudeau, pupillo di Klaus Schwab e notorio fautore del globalismo e dell’Agenda di Davos. Ma se la verità è stata riconosciuta anche ufficialmente da esperti e da storici non di parte, ciononostante il culto della menzogna ha proseguito il proprio inesorabile iter, per culminare nelle scuse ufficiali del capo della Chiesa Cattolica, pretese da Trudeau e immediatamente presentate”. Pur di assecondare la narrazione ufficiale, imposta dalla cultura dominante, pare sia stato considerato “un trascurabile dettaglio la totale inesistenza di prove sulle fantomatiche fosse comuni in cui sarebbero stati sepolti segretamente centinaia di bambini”. “Chiedere perdono per le colpe inesistenti dei Missionari è un atto spregevole e sacrilego di sottomissione al Nuovo Ordine Mondiale”. “Lo scopo di questa turpe operazione mediatica è sin troppo scontato: gettare discredito sul passato della Chiesa cattolica, colpevole delle peggiori efferatezze, per legittimare la sua persecuzione presente”.

Anche l’autorevole storico italiano, prof. Roberto de Mattei, il 27.07.2022 ha precisato in proposito, tra l’altro. quanto segue (leggi): 
“In Canada, la prima missione gesuita tra i pellirosse irochesi, diretta dal padre Charles Lallemant (1587-1674), sbarcò a Quebec nel 1625. Una nuova missione arrivò nel 1632, guidata dal padre Paul Le Jeune (1591-1664). Il padre Giovanni de Brébeuf (1593-1649), ritornò nel 1633 con due padri. Di capanna in capanna, cominciarono ad insegnare il catechismo a fanciulli e ad adulti. Ma alcuni stregoni convinsero gli Indiani che la presenza dei padri causava la siccità, le epidemie e ogni altra disgrazia. I gesuiti decisero allora di proteggere i catecumeni isolandoli in villaggi cristiani. Il primo fu edificato a 4 miglia da Québec. Ebbe il suo fortino, la sua cappella, le sue case, l’ospedale, la residenza dei Padri. Contemporaneamente alcuni volontari si offrivano per convertire gl’Indiani: santa Maria dell’Incarnazione Guyart Martin (1599-1672), un’orsolina di Tours, che aveva fondato con altre due religiose un pensionato a Québec per l’istruzione dei fanciulli indiani; la signora Marie-Madeleine de la Peltrie (1603-1671), una vedova francese, che aveva creato con alcune suore ospedaliere di Dieppe un ospedale, sempre a Québec; i membri della Società di Nostra Signora che, aiutati dal sacerdote sulpiziano Jean-Jacques Olier (1608-1657) e dalla Compagnia del Santissimo Sacramento, costruirono nel 1642 Ville Marie, dalla quale sarebbe nata Montreal.
Gli Indiani Irochesi però si mostrarono irriducibilmente ostili. Essi avevano orribilmente mutilato il padre Isacco Jogues (1607-1646) e il suo coadiutore René Goupil (1608-1642) versando loro addosso carboni ardenti. Nel marzo 1649, gli Irochesi martirizzarono i padri de Brébeuf e Gabriele Lallemant (1610-1649). Il padre Brébeuf fu trafitto con aste arroventate e gli Irochesi gli strapparono brandelli di carne, divorandola sotto i suoi occhi. Poiché il martire continuava a lodare Dio, gli strapparono le labbra e la lingua e gli ficcarono in gola tizzoni ardenti. Il padre Lallemant fu torturato subito dopo con ferocia ancora maggiore. Poi un selvaggio gli fracassò la testa con la scure e gli strappò il cuore, bevendone il sangue, per assimilarne la forza e il coraggio. Un’altra ondata d’odio fece, nel mese di dicembre, due nuovi martiri, i padri Charles Garnier (1605-1649) e Noël Chabanel (1613-1649). Gli otto missionari gesuiti, conosciuti come Martiri canadesi furono proclamati beati da papa Benedetto XV nel 1925 e canonizzati da papa Pio XI nel 1930. Questi episodi fanno parte della memoria storica del Canada e non possono essere dimenticati”. [cfr. il testo del gesuita Celestino Testore, I santi martiri canadesi, stampato già nel 1941 e ripubblicato in Italia dall’editore Chirico nel 2007].
Circa il “caso” della presunta scoperta di fosse comuni nelle cosiddette Indian residential schools del Canada, una rete di collegi per gli indigeni canadesi fondate dal governo e affidate prevalentemente alla Chiesa cattolica, ma anche in parte alla chiesa anglicana del Canada (30%), con l’idea di integrare i giovani nella cultura del paese, secondo il Gradual Civilization Act, approvato dal Parlamento canadese nel 1857. Negli ultimi decenni però la Chiesa cattolica fu accusata di aver partecipato a un piano di sterminio culturale dei popoli aborigeni, i cui giovani venivano sequestrati alle famiglie, indottrinati e talvolta sottoposti ad abusi, per essere “assimilati” dalla cultura dominante, Nel mese di giugno 2008 il governò canadese, su posizioni “indigeniste”, fece le sue scuse ufficiali agli indigeni e istituì una Commission de vérité et réconciliation (CVR), per le scuole residenziali indiane. I ricercatori della Commissione, malgrado i 71 milioni di dollari ricevuti, hanno lavorato sette anni, senza trovare il tempo di consultare gli archivi degli Oblati di Maria Immacolata, l’ordine religioso che, alla fine dell’Ottocento, iniziò a gestire le Residential Schools. Basandosi, invece, proprio su questi archivi, lo storico Henri Goulet, nella sua Histoire des pensionnats indiens catholiques au Québec. Le rôle déterminant des pères oblats (Presses de l’Université de Montréal, 2016) ha dimostrato che gli Oblati erano gli unici difensori della lingua e del modo di vita tradizionale degli Indiani del Canada, a differenza del governo e della chiesa anglicana, che insistevano per una integrazione che sradicava gli indigeni dalle loro origini. Questa linea storiografica trova conferma nelle opere di uno dei maggiori studiosi internazionali della storia religiosa del Canada, il prof. Luca Codignola Bo, dell’Università di Genova. Dall’accusa di “genocidio culturale” si è intanto passati a quella di “genocidio fisico”. Nel maggio 2021, la giovane antropologa Sarah Beaulieu, dopo aver analizzato con un georadar il terreno vicino all’ex scuola residenziale di Kamloops, ha lanciato l’ipotesi dell’esistenza di una fossa comune, pur senza aver fatto nemmeno uno scavo. Le affermazioni dell’antropologa, divulgate sui grandi media e avallate dal premier Justin Trudeau, si sono trasformate in narrative diverse, alcune delle quali affermano che «centinaia di bambini» sarebbero «stati uccisi» e «sepolti segretamente» in «fosse comuni» o in tumuli irregolari nei terreni di «scuole cattoliche» di «tutto il Canada». 
Questa notizia è semplicemente priva di qualsiasi fondamento, visto che non sono mai stati riesumati dei cadaveri, come già ha documentato Vik van Brantegem il 22.02.2022 sul suo blog Korazym.org. Il 1°.04.2022, sul blog Uccr è apparsa un’accurata intervista allo storico Jacques Rouillard, professore emerito della Facoltà di Storia dell’Università di Montreal, che smentisce categoricamente il genocidio culturale e quello fisico degli indigeni canadesi, negando l’esistenza di fosse comuni nelle scuole residenziali. Egli è convinto che, dietro a tutto, ci sia solo un tentativo di risarcimento milionario. Lo scorso 11.01.2022 lo stesso prof. Rouillard ha pubblicato sul portale canadese Dorchester Review un ampio articolo in cui afferma che nessun corpo di bambino è stato trovato nelle presunte fosse comuni, in sepolture clandestine o in qualsiasi altra forma di sepoltura irregolare nella scuola di Kamloops. Dietro i collegi ci sono solo semplici cimiteri, in cui venivano sepolti gli studenti delle scuole, ma anche i membri della comunità locale e gli stessi missionari. In base ai documenti presentati da Rouillard, 51 bambini sono morti in quell’internato tra il 1915 e il 1964. Nel caso di 35 di loro sono stati trovati documenti che provano la causa della morte, soprattutto malattie e in alcuni casi incidenti. Un nuovo articolo del professor Tom Flanagan e del magistrato Brian Gesbrecht, pubblicato il 1°.03.2022 sul Dorchester Review con il titolo The False Narrative of the Residental Schools Burials, ribadisce come non c’è traccia di un solo studente ucciso nei 113 anni di storia delle scuole residenziali cattoliche. Secondo gli stessi dati forniti dalla Commission de vérité et réconciliation (CVR) il tasso di mortalità nei giovani che frequentavano le scuole residenziali era in media di circa 4 decessi all’anno ogni 1.000 giovani e la causa principale era dovuta a tubercolosi ed influenza. Sembra che finalmente si siano autorizzati gli scavi a Kamloops, ma, come afferma il prof. Rouillard, sarebbe stato meglio si fossero svolti lo scorso autunno, così da conoscere la verità ed impedire a papa Francesco di venire a scusarsi sulla base di ipotesi non provate. Queste le parole dell’accademico canadese: «È incredibile che una ricerca preliminare su una presunta fossa comune in un frutteto abbia potuto portare a una tale spirale di affermazioni avallate dal governo canadese e riprese dai media di tutto il mondo. Non si tratta di un conflitto tra storia e storia orale aborigena, ma tra quest’ultima e il buon senso. Sono necessarie prove concrete prima che le accuse contro gli Oblati e le Suore di Sant’Anna possano essere scritte nella storia. Le esumazioni non sono ancora iniziate e non sono stati trovati resti. Un crimine commesso richiede prove verificabili, soprattutto se gli accusati sono morti da tempo. È quindi importante che gli scavi avvengano al più presto, affinché la verità prevalga sulla fantasia e sull’emozione”.